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EUROPEAN EATING DISORDERS REVIEW: - N. 1 / 1999

RECENSIONE DEGLI ARTICOLI 


Why are Gay Men a High Risk Group for Eating Disorders?
I. Williamson

Uno dei più intriganti, e pruriginosi, temi della pubblicistica dei disturbi alimentari è: perché i gay sono a rischio per i disturbi alimentari? Sappiamo, infatti, che ben un terzo dei pochi uomini affetti da un disturbo alimentare sono omosessuali. Williamson ci scrive sopra un buon theoretical paper, e discute le due ipotesi più in voga. La prima spiegazione è l'egodistonia, che -quando presente- motiverebbe comportamenti auto-punitivi: disturbi alimentari (soprattutto bulimia purging), ma anche abuso d'alcol, depressione e suicidalità. Secondo Williamson, l'evidenza appoggia questa spiegazione. La seconda spiegazione punta il dito contro la cultura gay, molto fondata sui valori della bellezza corporea, della magrezza, e della giovinezza. Williamson riporta un recente studio, il quale dimostra come i giovani gay mediamente confrontano il proprio aspetto corporeo a quello dei loro coetanei molto più frequentemente di quanto facciano i giovani eterosessuali, ed in misura invece eguale a quanto facciano le donne eterosessuali. I gay-magazines mostrano una enfasi verso magrezza e bellezza pari öse non superiore- solo a quella dimostrata dai giornali femminili. I problemi dell'immagine corporea sono molto più diffusi tra i gay che tra gli eterosessuali maschi.
Williamson accetta naturalmente queste spiegazioni. Tuttavia mette in guardia gli psicoterapeuti contro alcune possibili intepretazioni colpevolizzanti di queste ipotesi esplicative. L'ipotesi dell'ego-distonia, infatti, potrebbe portare il terapeuta alla condanna dell'omosessualità in sé. L'ipotesi sulla patogenicità della cultura gay può compromettere l'alleanza terapeutica.
 

Preventing Eating Disorders ö Time to Change Programmes or Paradigms? Current Update and Further Reccomandations 
J.H. Rosevinge and R. Børresen

Altro articolo molto intrigante: ci mette paradossalmente in guardia contro i rischi della prevenzione. Gli autori prendono in considerazione i due possibili approcci: 1) i programmi basati sull'informazione della malattia, molto (troppo! come scopriremo) in voga nelle scuole; 2) ed i programmi di sviluppo salute. Il primo tipo di prevenzione in genere è fatto di lezioni di esperti sulle conseguenze insalubri dei disturbi alimentari, sull'identificazione degli stimoli culturali che spingono alla magrezza, il miglioramento delle abitudini alimentari, l'informazione sulle modificazioni corporee della pubertà. Questi programmi, però, si sono dimostrati non soltanto inefficaci, ma talvolta addirittura dannosi. Quando valutati scientificamemente mediante confronti con dei controlli, questi programmi di prevenzione miglioravano l'informazione, ma erano incapaci di modificare positivamente i comportamenti alimentari e gli ideali di bellezza corporea. Di più: qualche volta si è notato purtroppo che gli studenti apprendevano ed applicavano le tecniche devianti di controllo del peso delle bulimiche.
Il secondo modello non si basa sull'informazione, ma sulla prevenzione di alcune cause predisponenti. I momenti-chiave sono due, secondo gli autori: l'apprendimento da parte dei genitori al buon child-rearing dell'infante, e l'apprendimento da parte dei ragazzi della auto-gestione corretta dello stres e dell'autostima durante l'adolescenza. In entrambi casi, si tratta non di conoscere "la malattia", ma di imparare la salute. Questo secondo tipo di tecnica si è rivelato effettivamente in grado di produrre reali miglioramenti nei soggetti che ne avevano usufruito.
 

A Sequenced Group Psychotherapy Model for Bulimia Nervosa Patients: A Pilot Study
L. Nevonen, A.G. Broberg, M. Lindström and B. Levin

Ventinove pazienti affette da bulimia o da disturbo alimentare non altrimenti specificato hanno partecipato a questo studio, che esplorava un trattamento sequenziato costituito da sette sedute öuna volta a settimana- di psicoterapia cognitivo-comportamentale focalizzata sui sintomi alimentari, seguito da tredici sedute öuna volta a settimana- di psicoterapia interpersonale non focalizzata sui sintomi alimentari. I due trattamenti sono quelli dimostrati come più efficaci dalla ricerca basata sull'evidenza (vedi i lavori di Fairburn su Archives negli anni '90). In questo studio, le pazienti naturalmente migliorano, sia alla fine della terapia che al follow-up di un anno rispetto al T0. Tuttavia lo studio ha alcune non veniali limitazioni metodologiche: non ha un gruppo di controllo, e non è in grado di discriminare il contributo dato dalle singole tecniche al risultato finale. Interessante un'osservazione clinica aneddotica: le pazienti ebbero qualche difficoltà nel momento di passare dalla cognitiva alla interpersonale. Le autrici notano che, sebbene nella bulimia problemi interpersonali e sintomi alimentari si sostengano circolarmente a vicenda, e quindi in teoria si potrebbe indifferentemente inziare sia con la cognitiva che con la interpersonale, è comunque più opportuno iniziare con l'affrontare cognitivamente i sintomi. Osservazione che probabilmente troverà d'accordo la stragrande maggioranza dei praticanti del nostro settore.
 

Abnormalities of Liver Function in Severe Anorexia Nervosa
S.C. Jones, L.F. Pieri, and M.S. Losowsky

Lo studio conferma precedenti studi sulle anormalità cui vanno incontro ALT (alanina transferasi) e AST (aspartato transferasi) nelle anoressiche. Questo studio presenta sei casi, di cui quattro con enzimi alterati. Quando le quattro pazienti riuscirono a tornare al peso normale, tre normalizzarono i valori, mentre la quarta li mantenne solo leggermente alterati. Naturalmente sono state accuratamente escluse tutte le altre possibili cause di alterazione degli enzimi epatici.
 

Application of the Family Relations Scale to a Sample of Anorexics, Bulimics and Non-Psychiatric Controls: A Preliminary Study
C.P. Szabo, J. Goldin, and D. Le Grange

Confronto delle interazioni familiari di diciassette pazienti anoressiche o bulimche e venti controlli non psichiatrici di età confrontabile, esplorate mediante la Family Relations Scale (FRS). La FRS misura le seguenti dimensioni, come percepite da ogni membro familiare e dalla famiglia intera: 1) Differenziazione tra i membri della famiglia; 2) Supporto reciproco; 3) Flessibilità alle circostanze; 4) Permeabilità al mondo esterno; 5) Presenza di gerarchia; 6) Idealizzazione della famiglia. I risultati sono stati che le famiglie -come unità singole- delle pazienti percepivano signficativamante meno permeabilità, gerarchia e idealizzazione delle famiglie dei controlli. I padri delle pazienti percepivano significativamente meno supporto, flessibilità e gerarchia. Le pazienti percepivano significativamente meno differenziazione, gerarchia ed idealizzazione. Le madri delle pazienti non mostravano differenza significativa alcuna con le madri dei controlli.
 

Psychological Correlates of Dieting in Swedish Adolescents: A Cross-Sectional Study
B. Edlund, K Halvarsson, M Gebre-Medhin, and P. Sjöden

Studio condotto confrontando studenti di 10-16 anni a dieta e non a dieta. A tutti vennero somministrati lo Eating Attitudes Test e lo Eating Disorder Inventory, versione per ragazzi. Naturalmente i ragazzi a dieta mostrarono punteggi significativamente più elevati.
 

Dietitians: Are They a Risk Group for Eating Disorders?
J.F. Kinzl, C.M. Traweger, E. Trefalt, B. Mangweth, and W. Biebl

Esplorazione delle abitudini e dei disturbi alimentari di cinquecento austriache a dieta. Trecentoventi compilarono lo Eating Disorder Inventory. Ventiquattro (il 7.5% dei soggetti) risultarono avere punteggi maggiori di alcuni cut-off del questionario. Otto (il 2.5%) risultarono anoressiche, e undici (il 3.4%) bulimiche. Queste donne a dieta apparvero quindi per la maggior parte abbastanza normali per peso, profilo psicologico ed abitudini alimentari. La percentuale di donne a rischio e di donne con disturbo conclamato era però leggermente superiore alla media nella popolazione generale.

Eating Disorders and Post-Traumatic Stress Disorder: Walls and Bridges
M. Mantero

Muri e ponti gettati tra disturbi alimentari e disturbo post-traumatico da stress, citando John Lennon ed il suo LP del 1974. Un ottimo e breve articolo della rubrica Nibbles (traducibile in italiano con "scherzetti"). L'autore passa in rassegna alcuni seminal papers, tutti che dimostrano sia l'alta prevalenza di traumi e di disturbo port-traumatico tra le pazienti con disturbo alimentare, sia la presenza di devianze alimentari e di alte prevalenze di disturbi alimentari tra i post-traumatizzati.

Give me Guidance
B. Palmer

Saluto finale dell'editor, che confessa di non saper che scrivere, almeno questa volta. E' disorientato, ha bisogno di guidelines. Questa paroletta gli fa venire in mente come le guidelines siano il nuovo totem del mondo moderno. Soprattutto sono il totem dei direttori amministrativi del sistema sanitario inglese. Un po' come succede in Italia.
 


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