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CONTEMPORARY PSYCHOANALYSIS
VOL. 53, N. 4 / 2017

Jean Petrucelli, Guest Editor

The Aftermath and the Inauguration:
Democracy Encounters the Unknown


Questo n. 4/2017 di Contemporary Psychoanalysis, curato da Jean Petrucelli come guest editor, è interamente dedicato al "trauma" provocato a colleghi e pazienti dalla vittoria di Donald Trump alle elezioni presidenziali americane dell'8 novembre 2016, e presenta le relazioni di un convegno, organizzato dalla stessa Jean Petrucelli, intitolato "The Aftermath and the Inauguration: Democracy Encounters the Unknown" ("Le conseguenze della vittoria di Trump: la democrazia incontra l'ignoto") e tenuto il 4 febbraio 2017 alla Fordham University di New York sotto gli auspici del William Alanson White Institute (la cui rivista è appunto Contemporary Psychoanalysis). Jean Petrucelli, che è una esperta di disturbi alimentari, racconta ad esempio che molti dei suoi pazienti, alla inquietante notizia della vittoria di Trump, si sono buttati in incontrollate abbuffate di cibo come per anestetizzarsi di fronte a questa "calamità".

 

Questo n. 4/2017 si divide in tre parti. La prima si intitola "Pensieri psicoanalitici sul terrore senza nome: cosa significano queste elezioni", e nel primo articolo, dal titolo "Chi di spada ferisce", Charles B. Strozier (uno storico e psicoanalista, noto tra le altre cose per la sua biografia di Kohut del 2001, tradotta in italiano – Heinz Kohut: biografia di uno psicoanalista. Roma: Astrolabio, 2005) parla di etica e della necessità di impegno politico da parte degli psicoanalisti di fronte ai nuovi fondamentalismi. Nell'articolo seguente Eyal Rozmarin argomenta che "il sociale è l'inconscio dell'inconscio della psicoanalisi", nel senso che la psicoanalisi, diversamente dall'inconscio che si propone di svelare (le pulsioni, le relazioni oggettuali, etc.), è riluttante ad analizzare, sia in teoria che in pratica, le forze sociali che strutturano il nostro stesso essere e le nostre vite (in questo articolo vengono menzionati vari testi tra cui alcuni libri di René Girard, l'Anti-Edipo di Deleuze e Guattari del 1972, Homo sacer di Agamben del 1995, e anche Marx, ma di sfuggita e senza fare cenno alla sua concettualizzazione del rapporto tra struttura e sovrastruttura); la psicoanalisi è così riluttante che potremmo addirittura pensare che il sociale sia rimosso in un inconscio ancor più profondo, che scompare completamente dalla vista; le ragioni di questa riluttanza – suggerisce Eyal Rozmarin – potrebbero risiedere nel trauma collettivo subìto da una disciplina creata in gran parte da rifugiati e da persone che sono dovute scappare. Jessica Benjamin, in un articolo dal titolo "'Il dizionario del lupo': affrontare il trionfo di una visione del mondo predatoria", parla di una fantasia radicata e diffusa secondo la quale "solo uno può sopravvivere", e che prevede una polarità tra "loro" e "noi", nel senso che un gruppo sottomesso è visto come minaccia da parte di un gruppo dominante per cui viene perseguitato; storicamente, negli Stati Uniti vi è sempre stato un conflitto tra i valori di uguaglianza e solidarietà, da una parte, e una ideologia che prevede l'aggressione come modalità di autoconservazione, dall'altra (una volta vi era la schiavitù, ora il capitalismo che mira al profitto e allo sfruttamento, il neoliberismo e la concentrazione del potere in mano a pochi). Jill Gentile, analizzando il primo discorso presidenziale di Trump, con un gioco di parole che non si può rendere in italiano – "the race was about race" – dice che la corsa (race) alla Casa Bianca riguardava la "razza" (race), cioè il razzismo, e tutta una serie di altri "ismi": classismo, nazionalismo, fondamentalismo, negazionismo del riscaldamento globale, sessimo, etc. Tra le altre cose viene rimosso il fatto che il predecessore di Donald Trump, il nero Barack Obama, è nato anche lui nello stesso Paese e con gli stessi diritti.

 

La seconda parte del n. 4/2017 si intitola "Psicoanalisi e faziosità estreme nell'era di Trump". Nel primo articolo, Steven Tublin ("Le faziosità nella comunità psicoanalitica: vivere i ruoli conflittuali del cittadino e dell'analista nella polarizzazione dell'era di Trump"), dice che gli psicoanalisti, essendo in genere quasi tutti di sinistra, fanno fatica a empatizzare con i pazienti conservatori o apertamente di destra, e se in tempi normali (praticamente sempre, tranne periodi difficili come durante la Guerra Civile e anche adesso con Trump) era più possibile mantenere un maggiore distacco emotivo su certe tematiche, oggi è più difficile. Nel successivo articolo, intitolato, provocatoriamente, "Come la campagna Trump ha costruito un sito porno politico per vendere il piacere dell'odio: e adesso cosa facciamo?", Todd Essig parla del senso di oltraggio e tradimento suo e dei suoi pazienti nei confronti del proprio Paese per aver eletto un personaggio come Trump, che nella campagna elettorale sarebbe stato trasformato in un "cyber-oggetto" al solo scopo di riprodurre all'infinito sentimenti di trionfo e di odio. Nell'articolo successivo Ghislaine Boulanger parla di due sue pazienti che durante le elezioni presidenziali erano solite consolarsi guardando alla televisione, all'insaputa l'una dell'altra, lo stesso reality show, di cui poi parlavano in seduta, quasi per evadere da una realtà incredibile.

 

La terza parte del n. 4/2017 si intitola "Altri pensieri". Il primo articolo è di Grant H. Brenner, il quale parla della "ferita morale collettiva" che in America ha fatto sèguito alle elezioni presidenziali dell'8 novembre 2016. Il successivo è di Eugenio Duarte, che parla della "in/negabile minaccia alle persone LGBTQ" (questo acronimo, come è noto, significa "lesbian, gay, bisexual, transgender, queer or questioning"): inizialmente si pensava che la minaccia di Trump ai diritti civili delle persone LGBTQ fosse minima dato che raramente ne parlava in termini negativi, ma poi, anche per i suoi stretti legami con gruppi conservatori apertamente omofobi, sono emersi sempre più messaggi mascherati di disprezzo e odio, precedentemente repressi. L'ultimo articolo di questa terza parte, di Susan Kolod e intitolato "Il mondo di Trump: cosa vogliono le donne?", parla degli effetti negativi che i valori di Trump possono avere sulle donne, anche su quelle che lo hanno votato. 


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