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CONTEMPORARY PSYCHOANALYSIS
VOL. 47, N. 1 / 2011

Lapsus Linguae, or a Slip of the Tongue?
A Sexual Violation in an Analytic Treatment
and its Personal and Theoretical Aftermath 

Muriel Dimen


Questo articolo merita di essere segnalato perchè si può ritenere un esempio di un trend oggi molto diffuso, quello delle "confessioni" di aspetti personali della propria vita da parte degli psicoanalisti. Qui non si tratta per la verità di una vera e propria self-revelation o self-disclosure, poichè l'autrice racconta la sua analisi fatta molti anni fa, quindi nel ruolo di paziente. Però si può dire sia anche una self-disclosure nella misura in cui parla molto di episodi privati della sua vita e dei propri genitori, in un certo senso insomma "denudandosi" di fronte al lettore (viene in mente Įl'analista in mutandeČ di cui ha parlato P.F. Galli a p. 154 del suo articolo "Tecnica e teoria della tecnica in psicoanalisi tra arcaico e postmoderno", in Psicoterapia e Scienze Umane, n. 2/2006). In breve, ecco il curioso episodio alluso in modo divertente dal gioco di parole del titolo ("Lapsus linguae o scivolamento di lingua"): una volta il suo analista mentre la salutava alla fine di una seduta la baciò e le mise la lingua in bocca, e abbracciandola le fece ben sentire che aveva una erezione. Non solo, ma lungo tutta l'analisi nè questo analista "ortodosso" nè la paziente parlarono di questo episodio, come se non fosse mai accaduto. L'autrice è Muriel Dimen, analista colta e nota per i suoi numerosi contributi (tra i tanti suoi lavori si può ricordare il libro Sexuality, Intimacy, Power. Hillsdale, NJ: Analytic Press, 2003), e questo articolo - lungo ben 45 pagine e di qualità letteraria - sembra anche un pretesto per prendere in rassegna svariate problematiche della psicoanalisi. Gli autori citati però sono così tanti e provenienti da contesti teorici storici disparati, che si rimane un po' frastornati. A titolo di esempio, eccone alcuni: Lewis Aron, Jessica Benjamin, Wilfred Bion, Dale Boesky, il Boston Group di Daniel N. Stern, John Bowlby, Charles Brenner, Philip Bromberg, Judith Butler, Marie Cardinal (autrice francese del libro del 1976 Le parole per dirlo), èmile Durkheim, Michael Eigen, Ronald Fairbairn, Sandor Ferenczi, Peter Fonagy, Michel Foucault, Glen Gabbard, Erving Goffman, Andrè Green, Harry Guntrip, Otto Kernberg, Masud Khan, Heinz Kohut, Julia Kristeva, Jaques Lacan, Jean Laplanche, Edgar Levenson, Joseph Lichtenberg, Margaret Little, Hans Loewald, Joice McDougall, Herbert Meltzer, Juliet Mitchell, Steve Mitchell, Tom Ogden, Owen Renik, James Strachey, Harry Stack Sullivan, Daniel Widlocher, Donald Winnicott, ecc.; viene persino citata Histoire d'O di Anne Declos (e l'analista viene liberamente chiamato "Mr. O"). Di fronte a tale sfoggio di cultura (psicoanalitica e non), si paga però il prezzo di una ridotta coerenza interna, come se le varie teorizzazioni fossero accostate l'una all'altra in un susseguirsi di suggestive evocazioni. Non viene citato, tra l'altro, il libro di Tilmann Moser del 1974 Lo psicoanalista sul divano (Milano: Feltrinelli, 1975), che si può dire sia stato l'antesignano del "genere", con la polemica che ne seguì circa la neutralità analitica, tanto nella prefazione al testo scritta da Kohut quanto nella critica fatta poi da Yela Lowenfeld; interessante fu anche la posizione di Helmuth Dahmer, all'epoca direttore della rivista tedesca Psyche, che sosteneva che l'unico problema fosse la riuscita o meno dell'analisi di Moser (si rimanda alla Nota redazionale della rubrica "Tracce" del n. 2/2010 di Psicoterapia e Scienze Umane dove è stata ripubblicata la introduzione di Marianna Bolko alla edizione italiana del libro di Moser).

Questo articolo di Muriel Dimen può essere scaricato full-text in PDF dalla pagina Internet http://www.wawhite.org/uploads/Journals/CP47-1-DIMEN.pdf.


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