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CONTEMPORARY PSYCHOANALYSIS
VOL. 39, N. 4 / 2003
Discussions of Eisold's ÇProfession of Psychoanalysis: 

Arnold Cooper


In questo commento all'articolo di Eisold, Arnold Cooper (che fu presidente dell'American Psychoanalytic Association) si dice in gran parte d'accordo con l'analisi fatta dall'autore, ma dissente in vari punti. Ad esempio, è meno pessimista riguardo alla mancanza di autorevolezza professionale degli psicoanalisti e alla supposta persistente ambiguità sul tipo di servizio che loro forniscono al pubblico. Di fatto, dice Cooper, tutti noi sappiamo bene che se una professione non gode delle simpatie del pubblico, questo può non significare affatto che l'autorevolezza di quella professione sia minacciata, basti pensare agli avvocati che sono invisi a tutti e anche oggetto di barzellette sarcastiche, e ciò non toglie che in caso di bisogno tutti subito corrano da loro, esattamente come dagli psicoanalisti (inoltre bisogna stare attenti a non confondere il successo sociale con la "scientificità" di un intervento). Inoltre, a proposito di frammentazione teorica, neppure altre professioni navigano in buone acque, si pensi alla medicina o alla chirurgia dove vi sono aree di dissenso sulla terapia di determinate malattie, e vi è un acceso dibattito che non viene nascosto al pubblico, anzi, può essere addirittura un vanto il fatto che si cerca sempre di raggiungere una cura ottimale e che si vagliano diverse possibilità. E non è neppure vero, dice ancora Cooper, che vi sia una persistente ambiguità sul tipo di servizio fornito dagli psicoanalisti, poiché, nonostante vi siano frammentazioni teoriche, vi è una base comune che unisce tutti gli psicoanalisti: ad esempio l'effetto dello svelamento di significati rimossi, della risoluzione dei conflitti interni, e così via, cioè l'intento di utilizzare quel "corpo di conoscenze della psicoanalisi" (che costituisce appunto uno dei tre poli della definizione freudiana) per "alleviare la sofferenza" dei pazienti (che è un altro dei tre poli definitori della psicoanalisi, quello terapeutico, e non per fare ricerca e basta, che è l'altro dei tre poli). E con questo Cooper chiarisce che la identità professionale è una questione a se stante, con le sue regole, cioè non è da confondersi con le altre questioni. Inoltre dice che, se è vero ö come ricorda Eisold ö che Freud disse che la psicoanalisi è una "professione impossibile" e la equiparò ad altri due mestieri "impossibili" (l'educazione dei figli e il dirigere una nazione), su questo Freud fu ambiguo o misterioso, perché a ben vedere l'allevare i figli e il dirigere una nazione non sono affatto professioni! Quindi sembra che Freud volesse dire che neppure la psicoanalisi è una professione, ma un mestiere più simile a una attività umana, e questo è un modo forse con cui Freud voleva farci riflettere sulla complessità del mestiere della psicoanalisi, che comunque, una volta che di fatto diventa una professione, deve avere le sue regole come tutte le altre professioni.


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