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Richard e Piggle
Studi psicoanalitici del bambino e dell'adolescente
(Il Pensiero Scientifico Editore)
Sommari Anno 2003
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Richard e Piggle. Volume 11, numero 1 gennaio /aprile 2003

Teoria e tecnica

Tyson Phyllis. Le sfide della teoria psicoanalitica dello sviluppo. Pag. 1-30.

Riassunto: Freud abbandonò lo studio del cervello ed il laboratorio fisiologico per concentrarsi sulla mente e sul laboratorio psicologico costituito dalla stanza d’analisi. Presto la sua ricerca giunse ad includere i precursori del funzionamento mentale nella prima infanzia, con l’emergere di un punto di vista genetico e poi evolutivo come pietre angolari della teoria psicoanalitica. Tuttavia, il punto di vista evolutivo, in quanto derivante da dati tratti non solo dall’analisi infantile, ma anche dalla ricerca osservativa sullo sviluppo ad orientamento psicoanalitico, ha costituito una fonte di continue sfide per la teoria psicoanalitica.
Il riconoscimento da parte di Freud della sessualità infantile precoce e dei passaggi evolutivi nell’organizzazione sessuale ha costituito una scoperta notevole per la sua epoca, ed ha continuato a costituire un tema fondamentale della teoria evolutiva, ma si è trattato di una sfida enorme per le concezioni allora correnti. Anche se per questo commento ho scelto una direzione diversa, si sarebbero potute sollevare altrettanto facilmente le sfide poste dalla teoria evolutiva seguendo lo sviluppo dai Tre saggi (1905) fino agli studi attuali sull’identità di genere, e gli studi più recenti sull’omosessualità (Isay, 1986, 1987; Friedman e Downey, 1994; Friedman, 2001; Phillips, 2001; Goldsmith, 2001). Se avessi scelto questa direzione, sarebbe risultato ugualmente chiaro che la sfida ad accogliere le idee è nata dall’esperienza clinica psicoanalitica con bambini ed adulti, insieme ai dati degli studi osservativi sullo sviluppo ad orientamento psicoanalitico e della ricerca nelle discipline limitrofe.
Invece, ho utilizzato le teorie degli affetti per strutturare questa discussione. L’ho fatto in parte a causa della continua battaglia di Freud per comprendere gli affetti, ma anche per la pressante necessità clinica attuale di trovare efficaci strumenti di prevenzione e cura per bambini che non sono in grado di regolare gli affetti. Anche se Freud non ha mai composto pienamente le sue diverse concezioni sull’affetto, forse uno dei suoi contributi più importanti è stato la teoria segnale degli affetti. Quella teoria, associata alla comprensione dello sviluppo che emergeva dall’analisi dei bambini e dalla ricerca sull’infanzia e che avrebbe condotto alle formulazioni di Bowlby (1960) e Sander (1960), ha posto in discussione il primato della teoria del dualismo pulsionale ed ha mostrato come questo fosse uno dei punti più deboli delle teorie psicoanalitiche (Sandler, 1989). Mentre l’attenzione della ricerca si concentrava su stadi di sviluppo sempre più precoci, le preoccupazioni sugli effetti duraturi degli scambi affettivi patologici fra bambini e figure di accudimento (effetti dimostrati in modo convincente dalla ricerca sull’attaccamento) hanno condotto ad un interesse crescente per la ricerca sugli affetti e per il dialogo con la neurobiologia. I ricercatori dei campi della neurobiologia, della psicologia dello sviluppo, delle scienze comportamentali, e la psicoanalisi, sono giunti a riconoscere in modo indipendente il ruolo di quello che chiamiamo la funzione segnale, e cioè, il riconoscimento dell’affetto e la riflessione del Sé nella regolazione dell’affetto. La convergenza dei dati della ricerca ci permette di osservare questo processo secondo le prospettive neurobiologica, evolutiva e psicoanalitica. Questa convergenza rappresenta anch’essa un’enorme sfida, in quanto indica il bisogno urgente di prevenire ed intervenire precocemente nel trattamento dei bambini il cui sviluppo è a rischio (cfr. ad esempio Fenichel e Provence, 1993; Greenspan e coll., 1987; Osofsky, 1995, 1997; Osofsky e Fenichel, 1994, 1996; Fonagy e coll. 1997; Fonagy, Moran e Target, 1993; Fonagy, 2000 a, b).
I modelli concettuali utilizzati in questi altri domini, in particolare i principi dei sistemi dinamici complessi non lineari, pongono importanti sfide alla teoria psicoanalitica. Ho suggerito che questi principi forniscano una impalcatura per una evoluzione naturale della teoria strutturale, ed una migliore struttura organizzativa per la teoria psicoanalitica dello sviluppo, in quanto preservano i concetti dinamici centrali della psicoanalisi. Appare chiaro che l’uso di questi principi può facilitare la comunicazione fra discipline; per questo concordo con l’opinione di Emde e Fonagy (1997) e Friedman (2001) secondo cui la continua valutazione critica della relazione fra psicoanalisi e ricerca in altri domini scientifici costituisce una sfida fondamentale per la psicoanalisi del ventunesimo secolo.

Voci bibliografiche n. 185


Richard e Piggle. Volume 11, numero 1 gennaio /aprile 2003

Bonassi Elena. Anoressia – bulimia e funzione paterna. Pag. 31-49

Riassunto: L’articolo è una riflessione sulla dimensione paterna nei disturbi alimentari anoressia e bulimia, che costituiscono una patologia prevalentemente e tipicamente femminile e che riconoscono spesso la loro origine in una difficoltà relazionale precoce.
Viene individuata una funzione paterna, che l’Autore definisce come “il padre nella mente della madre” precedente a quella edipica propriamente detta. Attraverso il materiale clinico viene visto il ruolo che entrambe queste funzioni paterne giocano nello sviluppo psicologico normale e, quando carenti o anomale, nel determinismo della psicopatologia che sta alla base dei disturbi alimentari in adolescenza.


Parole chiave: anoressia-bulimia, funzione paterna, figura paterna, padre preedipico, padre edipico

Voci bibliografiche n. 63


Richard e Piggle. Volume 11, numero 1 gennaio /aprile 2003

Messeca Susanna. Comunicare o non comunicare? Vicissitudini del linguaggio nella psico-terapia di una bambina. Pag. 50- 71

Riassunto: Nel descrivere il caso di una bambina psicotica mi sono proposta di mettere a fuoco alcuni passaggi relativi all’evoluzione della capacità di pensare e di comunicare, a partire dall’esperienza del ritmo e della musicalità, intesi come ponte tra corpo e mente, fra strumenti pre-verbali e verbali. Intrecciata a questa è presente la complessa problematica riguardo all’instaurarsi della terza dimensione nella mente, all’accettazione della separatezza corporea e del mondo interno e alla possibilità di relazioni appassionate, come quelle relative all’esperienza edipica.

Parole chiave: linguaggio del corpo, linguaggio imitativo, linguaggio musicale, separatezza, terza dimensione della mente.

Voci bibliografiche n. 25

Diario Clinico


Richard e Piggle. Volume 11, numero 1 gennaio /aprile 2003

Lucariello Maria Antonietta, Gritti Antonella, Franzese Adriana. “Non guardare...non mangiare....” : diabete e anoressia in una bambina di sei anni. Pag. 72- 90

Riassunto: Attraverso la descrizione del trattamento psicoterapeutico di una bambina anoressica di sei anni, diabetica dall’età di quattro, si discute la correlazione tra l’insorgenza del un severo disturbo alimentare e la trama delle rappresentazioni del Sé. Si prende in esame il rapporto tra l’ organizzazione patologica e l’insorgenza del diabete. Questa malattia viene esaminata come fattore traumatico per la specificità delle cure richieste che slatentizza la conflittualità intrapsichica incentrata sul corpo, luogo del controllo medico e teatro di produzioni legate all’attività fantasmatica. Si descrive l’uso della funzione visiva al servizio dell’incorporazione orale e la compromissione della simbolizzazione attestata all’equazione simbolica. Il processo terapeutico giunge alla remissione del sintomo anoressico ed a nuove soluzioni di ordine simbolico.

Parole chiave: anoressia, corpo, diabete, equazione simbolica.

Voci bibliografiche n. 23


Richard e Piggle. Volume 11, numero 1 gennaio /aprile 2003

Interventi nelle istituzioni

Grossi Annaluisa. Note sulla consulenza ospedaliera con bambini o adolescenti affetti da diabete. Pag. 92- 98

Riassunto: L’autrice analizza, all’interno della consulenza ospedaliera, le varie problematiche inerenti l’insorgere del diabete nei bambini, negli adolescenti e il problema dell’autogestione terapeutica.

Parole chiave: diabete, insulina autogestita, fantasie corporee.

Voci bibliografiche n. 6


Richard e Piggle. Volume 11, numero 2 maggio/agosto 2003

Norman Johan. Lo psicoanalista e il bambino: una nuova prospettiva nel lavoro con i bambini piccoli. Pag. 124-147.

Riassunto: L’autore sostiene che le obiezioni sulla possibilità di coinvolgere il bambino che non ha ancora acquisito il linguaggio in una relazione con un analista hanno portato gli psicoanalisti a trascurare la possibilità che l’interazione fra il bambino piccolo e l’analista abbia la potenzialità di attivare e recuperare quelle parti del mondo interno del bambino che sono state escluse dal contenimento e possa contribuire a vitalizzare il disturbo emozionale, che può allora venire elaborato all’interno della relazione madre-bambino. Nel periodo in cui l’Io del bambino è debole, il bambino e la madre hanno una flessibilità peculiare che li pone in grado di riparare i disturbi nella loro relazione quando viene (ri-)stabilito il legame emozionale contenitore-contenuto. In base agli assunti secondo cui (1) è possibile stabilire una relazione fra il bambino che non ha acquisito il linguaggio e l’analista, (2) il bambino piccolo è dotato di una soggettività e di un Sé primordiali come base per l’intersoggettività e la ricerca di contenimento, (2) possiede una flessibilità peculiare nel modificare le rappresentazioni di se stesso e degli altri che termina con lo sviluppo dell’Io, e (4) è in grado di processare aspetti del linguaggio, sono presentati tre casi, alle età di sei, diciotto e venti mesi, al fine di illustrare quello che viene considerato un approccio originale al lavoro con i bambini.

Voci bibliografiche n. 43


Richard e Piggle. Volume 11, numero 2 maggio/agosto 2003

Teoria e tecnica

Martinetti Maria Grazia, Stefanini Maria Cristina. Deficit delle capacità genitoriali e trauma evolutivo nei figli. Possibili aree di vulnerabilità nei processi evolutivi. Pag. 168-191.

Riassunto: In questo lavoro si delinea il passaggio teorico, clinico e culturale, dal concetto di trauma-evento al concetto di trauma-evolutivo, partendo dall’elaborazione dei dati di una ricerca/intervento longitudinale sulla genitorialità e sui percorsi evolutivi dei bambini di famiglie multiproblema-maltrattanti. Si evidenzia come il trauma evolutivo, per la matrice relazionale, incida precocemente nella strutturazione del sé. I percorsi evolutivi evidenziano come aree di vulnerabilità quelle legate ai processi di mentalizzazione; clinicamente si evidenziano comportamenti agiti, difficoltà nelle competenze cognitive, problematiche narcisistiche e depressive, disturbi dissociativi. Alla luce della teoria dell’attaccamento e della relazione oggettuale vengono valutati gli aspetti inerenti la reificazione relazionale dei modelli relazionali distorti. Vengono discussi i fattori protettivi e terapeutici che possano permettere nuove strade identificatorie e movimenti evolutivi in successivi periodi di modificazione del sé.

Voci bibliografiche n. 68

Richard e Piggle. Volume 11, numero 2 maggio/agosto 2003

Teoria e tecnica

Claudio Miglioli, Raffaella Roseghini. Dall’aggressività primaria all’uso dell’oggetto. Riflessioni sull’analisi di M. Little con D. W. Winnicott. Pag.192-203.

Riassunto: In questo lavoro, riflettendo sul resoconto che M. Little fa della sua analisi con Winnicott , ci si occupa della trasformazione dell’ aggressività primaria nell’uso creativo dell’oggetto attraverso la sua elaborazione nel transfert/controtransfert.
La dipendenza quasi assoluta che si esprime e trova il suo senso in un’ esperienza di mutualità che rimanda alla relazione primaria madre-bambino si scontra con l’inevitabile processo di disillusione.
Little arriva all’uso dell’oggetto attraverso l’esperienza ripetuta di una rabbia contenuta e valorizzata da Winnicott come gesto spontaneo, ricerca del limite e del contatto, della differenziazione di sé e dell’altro.

Voci bibliografiche n. 7


Richard e Piggle. Volume 11, numero 2 maggio/agosto 2003

Garms Veronika, Gilarska Johanna Maria, Lanza Anna Maria. “A me piace mangiare solo l’acqua”. Riflessioni sui disturbi alimentari nella prima e seconda infanzia ” Pag. 204-222.

Riassunto: Le Autrici riflettono sulle dinamiche profonde, individuali e relazionali, presenti nei disturbi alimentari significativi della prima infanzia, prendendo in considerazione quattro esempi clinici. Una particolare attenzione è riservata alla qualità della relazione primaria madre-bambino e alle dinamiche che si sviluppano nella fase della separazione e differenziazione, con specifico riferimento al periodo dello svezzamento. Vengono inoltre individuati i principali meccanismi di difesa del bambino che sostengono tali disturbi alimentari. A loro volta questi meccanismi di difesa vengono posti in correlazione con quelli che alimentano la collusione patologica della coppia genitoriale. Si esplora infine la relazione padre-bambino.

Voci bibliografiche n. 18


Richard e Piggle. Volume 11, numero 2 maggio/agosto 2003

Norman Johan. Lo psicoanalista e il bambino: una nuova prospettiva nel lavoro con i bambini piccoli. Pag. 124-147.

Riassunto: L’autore sostiene che le obiezioni sulla possibilità di coinvolgere il bambino che non ha ancora acquisito il linguaggio in una relazione con un analista hanno portato gli psicoanalisti a trascurare la possibilità che l’interazione fra il bambino piccolo e l’analista abbia la potenzialità di attivare e recuperare quelle parti del mondo interno del bambino che sono state escluse dal contenimento e possa contribuire a vitalizzare il disturbo emozionale, che può allora venire elaborato all’interno della relazione madre-bambino. Nel periodo in cui l’Io del bambino è debole, il bambino e la madre hanno una flessibilità peculiare che li pone in grado di riparare i disturbi nella loro relazione quando viene (ri-)stabilito il legame emozionale contenitore-contenuto. In base agli assunti secondo cui (1) è possibile stabilire una relazione fra il bambino che non ha acquisito il linguaggio e l’analista, (2) il bambino piccolo è dotato di una soggettività e di un Sé primordiali come base per l’intersoggettività e la ricerca di contenimento, (2) possiede una flessibilità peculiare nel modificare le rappresentazioni di se stesso e degli altri che termina con lo sviluppo dell’Io, e (4) è in grado di processare aspetti del linguaggio, sono presentati tre casi, alle età di sei, diciotto e venti mesi, al fine di illustrare quello che viene considerato un approccio originale al lavoro con i bambini.

Voci bibliografiche n. 43


Richard e Piggle. Volume 11, numero 2 maggio/agosto 2003

Teoria e tecnica

Martinetti Maria Grazia, Stefanini Maria Cristina. Deficit delle capacità genitoriali e trauma evolutivo nei figli. Possibili aree di vulnerabilità nei processi evolutivi. Pag. 168-191.

Riassunto: In questo lavoro si delinea il passaggio teorico, clinico e culturale, dal concetto di trauma-evento al concetto di trauma-evolutivo, partendo dall’elaborazione dei dati di una ricerca/intervento longitudinale sulla genitorialità e sui percorsi evolutivi dei bambini di famiglie multiproblema-maltrattanti. Si evidenzia come il trauma evolutivo, per la matrice relazionale, incida precocemente nella strutturazione del sé. I percorsi evolutivi evidenziano come aree di vulnerabilità quelle legate ai processi di mentalizzazione; clinicamente si evidenziano comportamenti agiti, difficoltà nelle competenze cognitive, problematiche narcisistiche e depressive, disturbi dissociativi. Alla luce della teoria dell’attaccamento e della relazione oggettuale vengono valutati gli aspetti inerenti la reificazione relazionale dei modelli relazionali distorti. Vengono discussi i fattori protettivi e terapeutici che possano permettere nuove strade identificatorie e movimenti evolutivi in successivi periodi di modificazione del sé.

Voci bibliografiche n. 68


Richard e Piggle. Volume 11, numero 2 maggio/agosto 2003

Teoria e tecnica

Claudio Miglioli, Raffaella Roseghini. Dall’aggressività primaria all’uso dell’oggetto. Riflessioni sull’analisi di M. Little con D. W. Winnicott. Pag.192-203.

Riassunto: In questo lavoro, riflettendo sul resoconto che M. Little fa della sua analisi con Winnicott , ci si occupa della trasformazione dell’ aggressività primaria nell’uso creativo dell’oggetto attraverso la sua elaborazione nel transfert/controtransfert.
La dipendenza quasi assoluta che si esprime e trova il suo senso in un’ esperienza di mutualità che rimanda alla relazione primaria madre-bambino si scontra con l’inevitabile processo di disillusione.
Little arriva all’uso dell’oggetto attraverso l’esperienza ripetuta di una rabbia contenuta e valorizzata da Winnicott come gesto spontaneo, ricerca del limite e del contatto, della differenziazione di sé e dell’altro.

Voci bibliografiche n. 7


Richard e Piggle. Volume 11, numero 2 maggio/agosto 2003

Garms Veronika, Gilarska Johanna Maria, Lanza Anna Maria. “A me piace mangiare solo l’acqua”. Riflessioni sui disturbi alimentari nella prima e seconda infanzia ” Pag. 204-222.

Riassunto: Le Autrici riflettono sulle dinamiche profonde, individuali e relazionali, presenti nei disturbi alimentari significativi della prima infanzia, prendendo in considerazione quattro esempi clinici. Una particolare attenzione è riservata alla qualità della relazione primaria madre-bambino e alle dinamiche che si sviluppano nella fase della separazione e differenziazione, con specifico riferimento al periodo dello svezzamento. Vengono inoltre individuati i principali meccanismi di difesa del bambino che sostengono tali disturbi alimentari. A loro volta questi meccanismi di difesa vengono posti in correlazione con quelli che alimentano la collusione patologica della coppia genitoriale. Si esplora infine la relazione padre-bambino.

Voci bibliografiche n. 18


Richard e Piggle. Volume 11, numero 2 maggio/agosto 2003

Norman Johan. Lo psicoanalista e il bambino: una nuova prospettiva nel lavoro con i bambini piccoli. Pag. 124-147.

Riassunto: L’autore sostiene che le obiezioni sulla possibilità di coinvolgere il bambino che non ha ancora acquisito il linguaggio in una relazione con un analista hanno portato gli psicoanalisti a trascurare la possibilità che l’interazione fra il bambino piccolo e l’analista abbia la potenzialità di attivare e recuperare quelle parti del mondo interno del bambino che sono state escluse dal contenimento e possa contribuire a vitalizzare il disturbo emozionale, che può allora venire elaborato all’interno della relazione madre-bambino. Nel periodo in cui l’Io del bambino è debole, il bambino e la madre hanno una flessibilità peculiare che li pone in grado di riparare i disturbi nella loro relazione quando viene (ri-)stabilito il legame emozionale contenitore-contenuto. In base agli assunti secondo cui (1) è possibile stabilire una relazione fra il bambino che non ha acquisito il linguaggio e l’analista, (2) il bambino piccolo è dotato di una soggettività e di un Sé primordiali come base per l’intersoggettività e la ricerca di contenimento, (2) possiede una flessibilità peculiare nel modificare le rappresentazioni di se stesso e degli altri che termina con lo sviluppo dell’Io, e (4) è in grado di processare aspetti del linguaggio, sono presentati tre casi, alle età di sei, diciotto e venti mesi, al fine di illustrare quello che viene considerato un approccio originale al lavoro con i bambini.

Voci bibliografiche n. 43


Richard e Piggle. Volume 11, numero 2 maggio/agosto 2003

Teoria e tecnica

Martinetti Maria Grazia, Stefanini Maria Cristina. Deficit delle capacità genitoriali e trauma evolutivo nei figli. Possibili aree di vulnerabilità nei processi evolutivi. Pag. 168-191.

Riassunto: In questo lavoro si delinea il passaggio teorico, clinico e culturale, dal concetto di trauma-evento al concetto di trauma-evolutivo, partendo dall’elaborazione dei dati di una ricerca/intervento longitudinale sulla genitorialità e sui percorsi evolutivi dei bambini di famiglie multiproblema-maltrattanti. Si evidenzia come il trauma evolutivo, per la matrice relazionale, incida precocemente nella strutturazione del sé. I percorsi evolutivi evidenziano come aree di vulnerabilità quelle legate ai processi di mentalizzazione; clinicamente si evidenziano comportamenti agiti, difficoltà nelle competenze cognitive, problematiche narcisistiche e depressive, disturbi dissociativi. Alla luce della teoria dell’attaccamento e della relazione oggettuale vengono valutati gli aspetti inerenti la reificazione relazionale dei modelli relazionali distorti. Vengono discussi i fattori protettivi e terapeutici che possano permettere nuove strade identificatorie e movimenti evolutivi in successivi periodi di modificazione del sé.

Voci bibliografiche n. 68


Richard e Piggle. Volume 11, numero 2 maggio/agosto 2003

Teoria e tecnica

Claudio Miglioli, Raffaella Roseghini. Dall’aggressività primaria all’uso dell’oggetto. Riflessioni sull’analisi di M. Little con D. W. Winnicott. Pag.192-203.

Riassunto: In questo lavoro, riflettendo sul resoconto che M. Little fa della sua analisi con Winnicott , ci si occupa della trasformazione dell’ aggressività primaria nell’uso creativo dell’oggetto attraverso la sua elaborazione nel transfert/controtransfert.
La dipendenza quasi assoluta che si esprime e trova il suo senso in un’ esperienza di mutualità che rimanda alla relazione primaria madre-bambino si scontra con l’inevitabile processo di disillusione.
Little arriva all’uso dell’oggetto attraverso l’esperienza ripetuta di una rabbia contenuta e valorizzata da Winnicott come gesto spontaneo, ricerca del limite e del contatto, della differenziazione di sé e dell’altro.

Voci bibliografiche n. 7


Richard e Piggle. Volume 11, numero 2 maggio/agosto 2003

Garms Veronika, Gilarska Johanna Maria, Lanza Anna Maria. “A me piace mangiare solo l’acqua”. Riflessioni sui disturbi alimentari nella prima e seconda infanzia ” Pag. 204-222.

Riassunto: Le Autrici riflettono sulle dinamiche profonde, individuali e relazionali, presenti nei disturbi alimentari significativi della prima infanzia, prendendo in considerazione quattro esempi clinici. Una particolare attenzione è riservata alla qualità della relazione primaria madre-bambino e alle dinamiche che si sviluppano nella fase della separazione e differenziazione, con specifico riferimento al periodo dello svezzamento. Vengono inoltre individuati i principali meccanismi di difesa del bambino che sostengono tali disturbi alimentari. A loro volta questi meccanismi di difesa vengono posti in correlazione con quelli che alimentano la collusione patologica della coppia genitoriale. Si esplora infine la relazione padre-bambino.

Voci bibliografiche n. 18


Richard e Piggle. Volume 11, numero 2 maggio/agosto 2003

Teoria e tecnica

Martinetti Maria Grazia, Stefanini Maria Cristina. Deficit delle capacità genitoriali e trauma evolutivo nei figli. Possibili aree di vulnerabilità nei processi evolutivi. Pag. 168-191.

Riassunto: In questo lavoro si delinea il passaggio teorico, clinico e culturale, dal concetto di trauma-evento al concetto di trauma-evolutivo, partendo dall’elaborazione dei dati di una ricerca/intervento longitudinale sulla genitorialità e sui percorsi evolutivi dei bambini di famiglie multiproblema-maltrattanti. Si evidenzia come il trauma evolutivo, per la matrice relazionale, incida precocemente nella strutturazione del sé. I percorsi evolutivi evidenziano come aree di vulnerabilità quelle legate ai processi di mentalizzazione; clinicamente si evidenziano comportamenti agiti, difficoltà nelle competenze cognitive, problematiche narcisistiche e depressive, disturbi dissociativi. Alla luce della teoria dell’attaccamento e della relazione oggettuale vengono valutati gli aspetti inerenti la reificazione relazionale dei modelli relazionali distorti. Vengono discussi i fattori protettivi e terapeutici che possano permettere nuove strade identificatorie e movimenti evolutivi in successivi periodi di modificazione del sé.

Voci bibliografiche n. 68


Richard e Piggle. Volume 11, numero 2 maggio/agosto 2003

Teoria e tecnica

Claudio Miglioli, Raffaella Roseghini. Dall’aggressività primaria all’uso dell’oggetto. Riflessioni sull’analisi di M. Little con D. W. Winnicott. Pag.192-203.

Riassunto: In questo lavoro, riflettendo sul resoconto che M. Little fa della sua analisi con Winnicott , ci si occupa della trasformazione dell’ aggressività primaria nell’uso creativo dell’oggetto attraverso la sua elaborazione nel transfert/controtransfert.
La dipendenza quasi assoluta che si esprime e trova il suo senso in un’ esperienza di mutualità che rimanda alla relazione primaria madre-bambino si scontra con l’inevitabile processo di disillusione.
Little arriva all’uso dell’oggetto attraverso l’esperienza ripetuta di una rabbia contenuta e valorizzata da Winnicott come gesto spontaneo, ricerca del limite e del contatto, della differenziazione di sé e dell’altro.

Voci bibliografiche n. 7


Richard e Piggle. Volume 11, numero 2 maggio/agosto 2003

Garms Veronika, Gilarska Johanna Maria, Lanza Anna Maria. “A me piace mangiare solo l’acqua”. Riflessioni sui disturbi alimentari nella prima e seconda infanzia ” Pag. 204-222.

Riassunto: Le Autrici riflettono sulle dinamiche profonde, individuali e relazionali, presenti nei disturbi alimentari significativi della prima infanzia, prendendo in considerazione quattro esempi clinici. Una particolare attenzione è riservata alla qualità della relazione primaria madre-bambino e alle dinamiche che si sviluppano nella fase della separazione e differenziazione, con specifico riferimento al periodo dello svezzamento. Vengono inoltre individuati i principali meccanismi di difesa del bambino che sostengono tali disturbi alimentari. A loro volta questi meccanismi di difesa vengono posti in correlazione con quelli che alimentano la collusione patologica della coppia genitoriale. Si esplora infine la relazione padre-bambino.

Voci bibliografiche n. 18


Richard & Piggle. Volume 11, numero 3 settembre/dicembre 2003

Zalusky S. L’infertilità nell’era della tecnologia . Pag. 250-270

Riassunto: I rapidi progressi nel campo delle tecnologie mediche e biologiche stanno cambiando il nostro modo di nascere, vivere e morire. La biotecnologia ci sollecita a riconsiderare le nostre nozioni di ciò che è possibile, e attinge nel profondo delle nostre fantasie onnipotenti più primitive. Per la maggior parte queste nuove tecniche non sono state ancora integrate in una consapevolezza sociale condivisa. Questo articolo esamina, attraverso lo studio del caso di una donna che ha condotto una gravidanza, alla fine, grazie alla donazione di ovuli, ed in una vignetta clinica più breve, come la nuova tecnologia influenza il processo analitico. L’attenzione viene concentrata sulla permeabilità dei confini fra analista e paziente e fra fantasia ed azione. Lo studio mostra come analista e paziente, insieme e spesso per la prima volta, devono affrontare le difficili questioni morali ed etiche sollevate da tali procedure, come le angosce e le fantasie sottostanti che queste evocano. La peculiarità e l’intensità di questa esperienza pervadono i confini, stimolano emozioni tanto nel paziente che nell’analista, ed hanno la potenzialità di approfondire il legame analitico. Lo studio sottolinea la necessità che l’analista sia flessibile spostandosi fra l’interpretare ed il creare il necessario ambiente di holding. Infine, l’articolo sottolinea la tensione fra i ruoli tradizionali della maternità, della paternità e della famiglia e quelli che si creano in questo mondo ad alta tecnologia.

Voci bibliografiche n. 20


Richard & Piggle. Volume 11, numero 3 settembre/dicembre 2003

De Toffoli Carla. Il lavoro somato-psichico della coppia materno-fetale: come “ciò’” diviene un “tu”. Pag. 271-284

Riassunto: Viene proposta l’ipotesi che la protoesperienza di sé come unità psicosomatica origini fin dalla vita intrauterina e sia in rapporto con gli stati affettivi e mentali della madre, oltre che –ovviamente- con le sue funzioni somatiche. Le emozioni, per il loro duplice statuto psichico e somatico, possono essere il tramite di integrazioni, trasformazioni ed oscillazioni mente-corpo reciprocamente riverberatisi tra i due membri della coppia materno-fetale. Tale bipolarità del campo bipersonale in evoluzione offrirebbe al feto uno spazio di autoriflessione , attivando in lui una funzione rappresentativo-onirica, come primo abbozzo del senso di sé e dell’altro. L’ipotesi è confrontata con l’esperienza clinica tratta dal lavoro psicoanalitico.

Voci bibliografiche n. 22


Richard & Piggle. Volume 11, numero 3 settembre/dicembre 2003

Vigneri Matilde. Mater dolorosa (sulle donne e la procreazione assistita). Pag. 285-300

Riassunto: La procreazione medicalmente assistita prevede una lunga e laboriosa prassi che influisce profondamente sull’esistenza della coppia coinvolta nella terapia. La portata emotiva di un’ esperienza che mese dopo mese, a volte per lunghi anni, pone l’animo a contatto con la speranza, l’attesa, la delusione e la sconfitta, mette a dura prova i protagonisti della vicenda: la coppia ed i medici dell’equipe operativa. Nell’arco dei 25 anni dalla nascita di Louise Brown, prima “bimba in provetta”, le tecniche relative alla fecondazione assistita si sono arricchite di nuove acquisizioni, e se da un lato le capacità diagnostiche e le tecniche impiantatorie si affinano sempre di più, d’altro canto l’iter medico diviene sempre più complesso e difficile da tollerare.
Nel lavoro vengono presi in considerazione vari dettagli clinici: dalla descrizione delle tecniche operative, alle evoluzioni dei principi metodologici dell’equipe e degli specialisti, all’estendersi dei criteri diagnostici agli aspetti psicologici. Vengono sottolineate le più attuali riflessioni etiche e giuridiche relative alla genesi delle “nuove realtà” che le innovazioni tecnologiche comportano. Dal lavoro psicoanalitico con una paziente infertile che decide durante il trattamento di affidarsi alla fecondazione assistita emergono, quali profonde implicazioni inconsce, rappresentazioni psichiche e meccanismi di difesa corollari all’esperienza vissuta.

Voci bibliografiche n.13

Teoria e tecnica


Richard & Piggle. Volume 11, numero 3 settembre/dicembre 2003

Carau Bachisio. Considerazioni cliniche sulla depressione in adolescenza. Pag. 301-318

Riassunto: L’ autore prende in considerazione nella sua articolazione dinamica teorico-clinica la problematica del dolore depressivo in adolescenza . Un tema ampio che si può discutere a vari livelli e fa parte di un dibattito ancora aperto in ambito psicoanalitico perché coinvolge, per molti versi, il significato e la natura stessa del processo e del tempo adolescenziale. Se da una parte, infatti, si trova un fondamentale accordo sui livelli di depressività che comporta la dinamica adolescenziale e sulle differenze dagli stati depressivi nell’adulto, dall’altra c’é altrettanta divergenza e ambiguità nel definire la qualità e il significato della problematica del dolore depressivo.
La depressività in adolescenza s’inscrive nel contesto specifico di trasformazioni e di ridispiegamento degli investimenti affettivi oggettuali e narcisistici diventando così un parametro essenziale in questo periodo di sviluppo come si evidenzia anche clinicamente nel riferimento a una situazione particolare nel lavoro clinico con un’adolescente.

Voci bibliografiche n. 22


Richard & Piggle. Volume 11, numero 3 settembre/dicembre 2003

Ciardulli Grazia, Gentile Adele, Carratelli J. Teresa. Ricordi e lavoro di costruzione nelle consultazioni prolungate con le coppie genitoriali. Pag. 319-332

Riassunto: Gli Autori rendono disponibili alcuni spunti di riflessione scaturiti dal lavoro clinico, svolto in ambito istituzionale, relativo a consultazioni psicodiagnostiche prolungate con coppie di genitori. Vengono discussi gli effetti potenzialmente “terapeutici” di tali consultazioni legati all’offerta di una cornice relazionale di ascolto e di pensabilità. Attraverso la “lente” della memoria, quale vertice di osservazione e possibile chiave di lettura e rilegatura, vengono sondate, utilizzando due esperienze cliniche, le potenzialità di mutamento e di trasformazione delle dinamiche coniugali in relazione alle capacità della coppia di con-tattare e di “mettere a fuoco” o di “sfuocare” memorie mai nate, perdute o sempre vive.

Voci bibliografiche n. 14

Diario clinico


Richard & Piggle. Volume 11, numero 3 settembre/dicembre 2003

Bozzi Donata. "I bambini crescono piccoli". Ansie e difese in una bambina di 5 anni. Pag. 340-352.

Riassunto: In questo breve lavoro descrivo una fase del trattamento di Tea, una bambina di 4 anni in analisi dall’aprile del 1999 per gravi disturbi del sonno, difficoltà nell’alimentazione e nelle funzioni escretorie.
Tea è nata al sesto mese di gravidanza con parto indotto e pesava 600 grammi perché la placenta non la nutriva. Ha passato lunghi mesi nell’incubatrice superando gravi infezioni che spesso l’hanno avvicinata pericolosamente alla morte.
È una bambina sana dal punto di vista organico, di vivida intelligenza e con un linguaggio estremamente ricco, espressivo ed appropriato.
Discuto nel lavoro alcune modalità interpretative e il loro risultato nello smussare le rigide difese della bambina che, dopo la ripresa seguita all’interruzione estiva, tende ad esercitare sull’analista un ferreo controllo, allo scopo di evitare il contatto con sentimenti di fragilità, di impotenza e di bisogno per lei in questo momento intollerabili.

Interventi nelle Istituzioni


Richard & Piggle. Volume 11, numero 3 settembre/dicembre 2003

D’Agostino Rosa. Gruppi finalizzati alla prevenzione delle malattie psicosomatiche: una nuova esperienza per i genitori dei bambini inseriti al nido. Pag. 340-352.

Riassunto: In questo lavoro l’autrice illustra le differenze fra gruppo preventivo e gruppo terapeutico e propone, partendo dalle teorizzazioni psicodinamiche della malattia psicosomatica, un gruppo di genitori di bambini inseriti al nido, finalizzato alla prevenzione delle malattie psicosomatiche utilizzando una “analisi patobiografica” generazionale e transgenerazionale. E’ riportato come esemplificazione clinica, il primo incontro di gruppo con i genitori.

Voci bibliografiche n.18



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