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PSYCHOMEDIA
LIBRI - Recensioni e Presentazioni



Emanuele Toniolo e Antonello Grossi (Ulss 18 di Rovigo)

Oltre lo stigma. Strategie di prevenzione in psichiatria
La promozione della salute mentale in un più stretto rapporto tra scuola e strutture sanitarie


Centro Scientifico Editore





    In pochi sono disposti a riconoscerla e solo perché fa paura. La malattia mentale spesso non si previene perché quando comincia a manifestarsi, al cinquanta per cento dei casi prima dei quattordici anni, genitori, insegnanti e anche il personale sanitario che ruota attorno alla scuola spesso rifiutano di individuarla e di chiamarla con il suo nome. Ma questo complotto del silenzio, che nasce dallo stigma generalizzato nei confronti del disturbo psichico, è il primo ostacolo alla prevenzione e all’assistenza precoce del soggetto infermo, che diversamente, in un ambiente più ricettivo, troverebbe una pronta risposta ai propri problemi. Questa limpida analisi è alla base di Oltre lo stigma. Strategie di prevenzione in psichiatria, il volume, uscito per i tipi del Centro Scientifico Editore e firmato dagli psicoterapeuti Emanuele Toniolo e Antonello Grossi. Il primo psichiatra e direttore del Dipartimento di Salute mentale dell’Azienda Ulss 18 di Rovigo, il secondo psicologo, impegnato presso il medesimo centro in progetti di prevenzione e promozione della salute, in particolare in ambito scolastico, i due affrontano il tema della malattia da un punto di vista “relazionale”, guardando cioè prima ancora che alle tecniche di cura, al contesto sociale in cui si muovono la vittima e la sua famiglia. Di qui l’invito, rivolto non solo agli operatori specializzati, ma anche a insegnanti, assistenti sociali e sanitari, famigliari e tutte le persone che vengono sia pure incidentalmente a contatto con il problema, a dare corso ad azioni sinergiche, coerenti e prolungate, senza soluzioni di continuità.
    Pratico il carattere del volume, che pur partendo dalle teorie a sostegno della promozione della salute mentale e della prevenzione dei disturbi psichici, si sofferma sullo stigma e sul pregiudizio suscitati dalla malattia psichiatrica per aprirsi ad articolate descrizioni di programmi e interventi già in atto in ambito nazionale e internazionale. Un taglio di sicuro interesse multidisciplinare.
    Recenti indagini condotte dall’Organizzazione mondiale della sanità hanno dimostrato che i mezzi impegnati per la salute mentale risultano spesso insufficienti, non solo nei paesi a basso e medio reddito, ma anche in quelli sviluppati. Un fenomeno con tutta probabilità connesso da un lato alla scarsa priorità data alla salute mentale in tutto il comparto sanitario e dall’altro alla tendenza diffusa a concentrarsi sui trattamenti dei casi gravi, piuttosto che alla prevenzione dei soggetti a rischio. I segni del disagio sono molti. Basta volerli vedere: insuccessi scolastici, deficit di attenzione, disabilità fisiche e sensoriali, malattie croniche, gravidanze precoci, conflitti familiari, disorganizzazione, uso di sostanze. “Tutti gli interventi di salute pubblica dovrebbero essere basati sull’evidenza”, ammonisce non a caso Shekhar Saxena, coordinatore dell’Evidence and Research Department of Mental Health and Substance Abuse della World Health Organisation di Ginevra, nella puntuale prefazione al testo. “Alcune strategie preventive, specialmente quelle dirette ai bambini e agli adolescenti hanno adeguate evidenze della loro efficacia.” Non mancano i problemi, magari legati alla scarsa applicabilità di certi modelli in culture differenti da quelle in cui sono stati concepiti. “Gli interventi psicosociali ed educativi dipendono soprattutto dall’ambiente culturale”, argomenta ancora Saxena. Di qua l’importanza di progetti mirati al campo di riferimento e l’urgenza di una più stretta collaborazione tra educatori, personale sociale e sanitario, famigliari, la necessità di far convergere gli sforzi nei campi di welfare, pubblica istruzione, pediatria, salute scolastica, mass-media. “La sfida – conclude Saxena - è convertire l’evidenza scientifica in programmi di vita reale”.


    SOMMARIO


      PREFAZIONE .................................................................................................................. IX
      Shekhar Saxena

      INTRODUZIONE ......................................................................................................... XIII
      Emanuele Toniolo e Antonello Grossi

      Parte I
      L’approccio preventivo in psichiatria

      1. UNA TEORIA GENERALE PER LA PROMOZIONE DELLA SALUTE MENTALE
      E LA PREVENZIONE DEI DISTURBI PSICHICI ............................................................. 3
      Alessandro Grispini

      2. LA PREVENZIONE IN PSICHIATRIA. COSA FUNZIONA? ............................................ 17
      Richard Warner

      3. FATTORI DI RISCHIO. IPOTESI, RIFLESSIONI, POLITICHE DEI SERVIZI .................... 41
      Angelo Cocchi, Claudia Caprin

      4. INDIVIDUAZIONE E TRATTAMENTO PRECOCE DELLE PSICOSI:
      UN PERCORSO REALISTICO DI PREVENZIONE ........................................................ 51
      Anna Meneghelli, Laura Bislenghi

      Parte II
      Stigma e pregiudizio nel disturbo psichico

      5. STIGMA E VIOLENZA: LO SPETTRO DEL PREGIUDIZIO............................................ 71
      Franco Spinogatti, Emilia Agrimi, Roberto Poli

      6. LO STIGMA DI CHI SOFFRE DI UN DISTURBO MENTALE E DEI LORO FAMILIARI ..... 82
      Rita Roncone, Massimo Casacchia

      7. LA RAPPRESENTAZIONE MEDIATICA DELLA MALATTIA MENTALE E LO STIGMA ..... 98
      Bernardo Carpiniello

      8. LA PSICHIATRIA NEI MEDIA: OPPORTUNITÀ O RISCHIO?....................................... 105
      Daniela Boresi

      9. DISAGIO MENTALE E MASS MEDIA ....................................................................... 117
      Giuseppe Mascambruno

      10. L’EMPOWERMENT DEI PAZIENTI COME CHIAVE DI VOLTA
      PER LA DESTIGMATIZZAZIONE ............................................................................. 122
      Marta Anczewska, Joanna Roszczyn´ska


      Parte III
      Programmi di prevenzione e lotta allo stigma

      11. MINDMATTERS: UN PROGRAMMA AUSTRALIANO PER LA PROMOZIONE
      E LA PREVENZIONE DELLA SALUTE MENTALE ...................................................... 135
      Luise Rowling

      12. PROGRAMMI PER LA RIDUZIONE DELLO STIGMA:
      LE LINEE GUIDA DELLA WORLD PSYCHIATRIC ASSOCIATION.............................. 149
      Rosaria Pioli, Chiara Buizza

      13. COME IMPLEMENTARE UNA CAMPAGNA LOCALE PER LA RIDUZIONE
      DELLO STIGMA CHE ACCOMPAGNA LA MALATTIA MENTALE ................................ 156
      Richard Warner

      14. UN PROGETTO PILOTA DI PREVENZIONE AL DISAGIO PSICHICO
      E LOTTA ALLO STIGMA VERSO LA MALATTIA MENTALE NEGLI ISTITUTI
      DI SCUOLA MEDIA SUPERIORE .............................................................................. 167
      Antonello Grossi, Laura Andreotti, Emanuele Toniolo

      15. L’EFFICACIA DI UN INTERVENTO INFORMATIVO NELLA RIDUZIONE
      DELLO STIGMA: UNO STUDIO PILOTA .................................................................. 190
      Chiara Buizza, Rosaria Pioli

      16. ESPERIENZE DI PREVENZIONE NEL CAMPO DELLE TOSSICODIPENDENZE.
      LA DIPENDENZA DA EROINA FRA I GIOVANI: LA PREVENZIONE
      E LE PROSPETTIVE EUROPEE PER PRESCRIZIONE DEL METADONE ......................... 199
      Alex Baldacchino, Michael Kehoe


    AUTORI

      EMILIA AGRIMI
      Direttore Unità Operativa di Psichiatria 29, Cremona
      MARTA ANCZEWSKA
      Medico, Filosofo; Assistent Professor Dipartimento di Psichiatria, Istituto di Psichiatria e
      Neurologia, Università di Varsavia
      LAURA ANDREOTTI
      Psicologa, Progetto «Salute Mentale e Scuola», Dipartimento Salute Mentale, Azienda
      ULSS 18, Rovigo
      ALEXANDER BALDACCHINO
      Consultant Psychiatrist/Senior Lecturer in Addiction, Università di Dundee, Scozia/Regno
      Unito
      LAURA BISLENGHI
      Psicologa, «PROGRAMMA 2000», Azienda Ospedaliera Ospedale Niguarda Ca’ Granda,
      Milano
      DANIELA BORESI
      Giornalista del «Gazzettino del Nordest»; Docente Master Post Laurea in Comunicazione
      delle Scienze, Università di Padova
      CHIARA BUIZZA
      Psicologa, Ricercatrice dell’IRCCS «Centro S. Giovanni di Dio» Fatebenefratelli di Brescia;
      Docente a contratto, Università degli Studi di Brescia
      BERNARDO CARPINIELLO
      Professore ordinario di Psichiatria, Direttore Clinica Psichiatrica e Direttore Scuola di
      Specializzazione in Psichiatria, Università degli Studi di Cagliari
      MASSIMO CASACCHIA
      Professore ordinario di Psichiatria, Direttore Clinica Psichiatrica e Direttore Scuola di
      Specializzazione in Psichiatria, Università degli Studi di L’Aquila
      CLAUDIA CAPRIN
      Psicologa, Dottore di ricerca in Psicologia. «PROGRAMMA 2000», Azienda Ospedaliera
      Ospedale Niguarda Ca’ Granda, Milano
      ANGELO COCCHI
      Direttore del Dipartimento di Salute Mentale, Azienda Ospedaliera Ospedale Niguarda
      Ca’ Granda, Milano
      ALESSANDRO GRISPINI
      Responsabile del Centro di Salute Mentale «Plinio» (DSM Roma E); Professore a contratto
      e docente di Clinica Psichiatrica, II Università «La Sapienza», Roma
      ANTONELLO GROSSI
      Psicologo, Dipartimento Salute Mentale, Azienda ULSS 18, Rovigo; Coordinatore Progetto
      «Salute Mentale e Scuola»
      MICHAEL KEHOE
      Psichiatra, Specialist Registrar in Addiction Psychiatry, Università di Dundee, Scozia/Regno
      Unito
      GIUSEPPE MASCAMBRUNO
      Giornalista, Vicedirettore del «Quotidiano Nazionale»
      ANNA MENEGHELLI
      Psicologa, Coordinatore e Supervisore del «PROGRAMMA 2000», Azienda Ospedaliera
      Ospedale Niguarda Ca’ Granda, Milano
      ROSARIA PIOLI
      Responsabile U.O. Riabilitazione Psichiatrica, IRCCS «Centro S. Giovanni di Dio» Fatebenefratelli,
      Brescia
      ROBERTO POLI
      Responsabile Strutture Residenziali, Unità Operativa di Psichiatria 29, Cremona
      RITA RONCONE
      Professore associato di Psichiatria, Università degli Studi di L’Aquila
      JOANNA ROSZCZYN´SKA
      Medico, Dipartimento di Psichiatria, Facoltà di Medicina, Università di Varsavia
      LOUISE ROWLING
      A/Professor School of Policy and Practice-University of Sydney; Presidente dell’«International
      Alliance of Child and Adolescent Mental Health» (Intercamhs)
      SHEKHAR SAXENA
      Coordinatore Mental Health: Evidence and Research; Department of Mental Health and
      Substance Abuse, World Health Organisation
      FRANCO SPINOGATTI
      Psichiatra, Responsabile Servizi Psichiatrici Territoriali, Unità Operativa di Psichiatria 29,
      Cremona
      EMANUELE TONIOLO
      Direttore Dipartimento Salute Mentale, Azienda ULSS 18, Rovigo
      RICHARD WARNER
      Direttore medico del Mental Health Center of Boulder County in Colorado; Professore di
      Psichiatria e Professore aggiunto di Antropologia dell’Università del Colorado (USA)

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    INTRODUZIONE

      Mettendo in ordine degli appunti per questo libro, ci siamo imbattuti in queste citazioni dove, nella prima McGlashan rinvia, riferendosi a pazienti psicotici, alla sensazione soggettiva di come, in un certo numero di casi, si abbia la percezione di aver perso un’opportunità per la persona che si ha di fronte, di come «se fosse arrivata prima al servizio», forse le cose sarebbero andate diversamente.
      «Sento con certezza – scriveva Sullivan (1927) – che molti casi incipienti potrebbero essere fermati prima che un efficace contatto con la realtà sia completamente interrotto e si renda necessario un ricovero prolungato in un’istituzione.» L’espressione «se fosse arrivata al servizio prima», tuttavia, rinvia a una posizione eliocentrica dell’istituzione cui gli utenti dovrebbero rivolgersi, anche se noi sappiamo come i nostri utenti possano, talora, fare molto rumore, ma facciano molta fatica a far sentire la propria voce.
      Montaigne, nella seconda citazione, sembra venirci incontro ricordandoci di come «dovremmo tenere i nostri occhi, puntati sugli inizi», data la «fragilità» dell’oggetto (soggetto) di cui quotidianamente ci occupiamo: la persona. Questo suggerimento, riportandoci al tema del libro, la prevenzione in psichiatria, pone questioni quali la possibilità dei Dipartimenti di Salute Mentale (DSM) di adempiere al loro mandato istituzionale di occuparsi, accanto alla cura e alla riabilitazione, anche di prevenzione; aprendo così una finestra su argomenti critici relativi alla possibilità di una promozione della salute mentale e di una prevenzione dei disturbi psichici, alla prospettiva da cui partire per progettare strategie di intervento, alla tipologia di psichiatria (istituzione) espressa dall’organizzazione di un DSM e «dalle teorie» sulla malattia mentale dei professionisti che vi operano.
      Pensare alla possibilità di strategie di promozione della salute mentale e di prevenzione dei disturbi psichici implica avere in mente un modello della malattia mentale di tipo relazionale e multifattoriale (modello biopsicosociale), in cui si tenga conto «delle componenti bio-organiche dell’individuo e della sua famiglia, delle modalità con cui si sono costruite le relazioni intra- e interpsichiche dell’individuo, il contesto micro e macrosociale dentro cui egli vive» (Pirfo, 2002). Da questo deriva la necessità di attivare, nel processo di tutela della salute mentale, tutta la rete dal sanitario al sociale, dal quotidiano territoriale all’emergenza specialistica. Un’ottica di promozione della salute mentale e di prevenzione non è tanto fare cose in più, quanto adottare una prospettiva che può contribuire a dare coerenza e continuità alle azioni che quotidianamente costituiscono la prassi psichiatrica, tenendo conto, oltre che del paziente, anche del contesto in cui la persona è inserita nella sua globalità.
      Questo si traduce sul piano operativo nel dover:

      • tenere conto della salute mentale dell’intera popolazione;

      • tenere conto del contesto socioeconomico nel quale i pazienti vivono;

      • raccogliere e produrre le informazioni e i dati utili per la prevenzione primaria, oltre a quelli necessari per la terapia e la riabilitazione dei disturbi mentali;

      • svolgere attività di prevenzione secondaria e terziaria a livello sia della popolazione generale sia individuale;

      • sviluppare i servizi di salute mentale in una determinata area in modo coordinato e integrato;

      • favorire l’accesso di tutti i cittadini ai servizi di salute mentale e organizzare tali servizi per rispondere ai bisogni dell’intera popolazione;

      • organizzare il lavoro in modo che le risposte possano essere fornite da team multidisciplinari, oltre che da terapeuti individuali;

      • utilizzare una prospettiva longitudinale e a lungo termine, sia nel lavoro terapeutico sia in quello riabilitativo;

      • valutare i costi dell’assistenza in relazione alla sua efficacia pratica, con riferimento alla popolazione generale alla quale i servizi sono destinati (Thornicroft & Tansella, 1999).

      Il che significa che le strategie d’intervento potranno essere definite solo partendo da una prospettiva di tipo public health. Approccio che per essere attuato richiede, per quanto attiene al sanitario, un’organizzazione (il Dipartimento di Salute Mentale) che operi all’interno di un territorio definito, sulla base di una filosofia in cui non possono mancare elementi quali: la dimensione gruppale che caratterizza sia il livello sociale sia quello terapeutico; l’importanza del lavoro in équipe e il valore del superamento delle differenze attraverso l’integrazione fra competenze, gruppi e modelli diversi; la definizione di una dimensione spazio-temporale che può consentire di predisporre condizioni affettive favorevoli a esperienze di transizione fra soggettività e condivisione. Da questo sfondo teorico discende la prassi che caratterizza la Psichiatria di Comunità in cui un’équipe multiprofessionale, all’interno di un territorio ben definito, eroga interventi a domicilio, in ambulatorio, nei centri diurni, in ospedale, in residenze a vario grado di protezione. Una psichiatria che si muove all’interno di una rete che comprende i comuni, i distretti sociosanitari, le associazioni di familiari, il volontariato, le agenzie produttive profit e no profit; attuando trattamenti che intervengono sui livelli biologico, psicologico, sociale e culturale.
      Date queste premesse, nel presente volume si snoda un percorso che, partendo dalle teorie sulla promozione della salute mentale e la prevenzione dei disturbi psichici, passando attraverso l’approfondimento di alcuni temi specifici, arriva a descrivere esempi di programmi e interventi.
      Nella sezione iniziale «L’approccio preventivo in psichiatria», Alessandro Grispini, nel primo capitolo, descrive le ragioni a sostegno della diffusione di strategie di promozione della salute mentale e di prevenzione dei disturbi psichici, ne approfondisce i concetti base e il ruolo dei fattori di rischio e di protezione. Nell’analisi di alcune strategie d’intervento, uno spazio particolare viene dato al tema scuola e salute mentale.
      Nel secondo capitolo, Richard Warner s’interroga, partendo da una prospettiva public health, sull’efficacia degli interventi preventivi nell’area della salute mentale, mettendo in evidenza aree e patologie in cui programmi specifici si sono dimostrati in grado d’incidere positivamente, a fronte di altre in cui l’esito è stato nullo o negativo. Angelo Cocchi e Claudia Caprin, nel terzo capitolo, introducono il modello «Early intervention» che sarà descritto in dettaglio nel capitolo successivo da Anna Meneghelli e Laura Bislenghi.
      In particolare, dopo aver approfondito lo stato delle conoscenze sui fattori di vulnerabilità biologici, psicologici e relazionali per la schizofrenia, Cocchi solleva alcune questioni cruciali per quanto riguarda i servizi quali: il reale interesse dei professionisti e degli amministratori per l’ottica preventiva; i pregiudizi degli stessi relativi alla prognosi del disturbo mentale («il pessimismo kraepeliniano»); la difficoltà a mettere in atto un approccio unitario alla persona che si traduce in segmentazioni orizzontali: servizi diversi e spesso non coordinati, competenti per fasce d’età e verticali; servizi che si focalizzano esclusivamente o prevalentemente su approcci specifici (farmacologici o relazionali o sociali), perdendo di vista i bisogni della persona nella sua globalità. Anna Meneghelli e Laura Bislenghi, come dicevamo, approfondiscono nel quarto capitolo il tema dell’intervento precoce nella definizione di Larsen (2001), come un intervento attuato «prima di quanto sia usuale», con una tempestività e una pregnanza maggiori di quanto non accada di solito nelle pratiche standard dei servizi; mettendone in evidenza le differenze rispetto all’intervento standard.
      La due Autrici danno ampio spazio alle problematiche connesse all’individuazione precoce di persone a rischio di psicosi, dopo aver esplorato l’area dei trattamenti fase specifici (prima, durante e dopo l’esordio), passano a descrivere il «Programma 2000» avviato nella città di Milano nel 1999, nel Dipartimento di Salute Mentale dell’Azienda Ospedaliera Ospedale Niguarda Ca’ Granda di Milano. Nella seconda parte del libro «Stigma e pregiudizio nel disturbo psichico», sono raccolti contributi che affrontano tale tema da più prospettive.
      Franco Spinogatti, Emilia Agrimi e Roberto Poli (cap. 5) ripercorrono le fasi del processo di stigmatizzazione e approfondiscono le connessioni fra la malattia mentale e la violenza che spesso ne connota la rappresentazione sociale; Rita Roncone e Massimo Casacchia (cap. 6) propongono la questione dello stigma percepito dai familiari e gli elementi che lo condizionano; mentre Bernardo Carpiniello (cap. 7), attraverso i concetti di stereotipo, pregiudizio e stigma, analizza il ruolo che le opinioni e gli atteggiamenti delle persone verso la malattia mentale hanno sui pazienti, i familiari e i servizi; muovendo dalla sua prospettiva di psichiatra, descrive, inoltre, il ruolo che i media hanno nel produrre, e possono avere nel modificare la rappresentazione della malattia mentale e lo stigma che vi si collega.
      Il tema viene poi ripreso dalla prospettiva dei media attraverso i contributi di Daniela Boresi (cap. 8) e Giuseppe Mascambruno (cap. 9), entrambi giornalisti.
      La prima, partendo da fatti di cronaca e memorie personali, affronta l’uso che i mezzi di comunicazione e, i giornali in particolare, fanno di questo materiale umano; propone tre modelli di relazione fra malattia mentale e media: lo scoop (il «mostro da sbattere in prima pagina»), in cui i media usano i disturbi psichici; l’autopromozione, in cui i professionisti usano i media; l’auto-aiuto, dove la malattia racconta se stessa per chiedere un intervento e richiamare l’attenzione, situazione in cui media e professionisti operano in funzione del loro oggetto: le persone che soffrono di un disturbo mentale.
      Si interroga, inoltre, sul potenziale dei media sia come fonte di stigma sia come strumento per la promozione di una nuova cultura.
      Mascambruno prosegue individuando alcuni elementi che influenzano la scelta di una notizia rispetto a un’altra e le modalità con cui viene presentata, menziona l’«ignoranza consapevole» di alcuni temi, l’occasionalità di approfondimenti su determinati argomenti, spesso legata a fattori contingenti e, vorrei sottolineare, al ruolo dei professionisti in quello che chiama il «filtro degli esperti» e le «fonti silenti», vale a dire la difficoltà della comunità scientifica a comunicare con un linguaggio che sia accessibile ai mezzi d’informazione e utilizzabile dai giornalisti per «confezionare» prodotti fruibili.
      Nel decimo capitolo Marta Anczewska, Joanna Roszczyn´ska ripercorrono l’evoluzione
      del concetto di guarigione in psichiatria ed esaminano i fattori relazionali che ne influenzano il tragitto, attribuiscono, fra l’altro, agli operatori la funzione di promuovere l’empowerment del paziente dove «per empowerment s’intende che il nostro fine dovrebbe essere quello di aumentare le possibilità per le persone di controllare le proprie vite»; come antidoto a una posizione di self-stigma.
      Nella terza parte del volume, «Programmi di prevenzione e lotta allo stigma», sono raccolti contributi relativi a programmi di promozione della salute mentale e prevenzione in particolare, per quanto riguarda la lotta allo stigma.
      Apre la sezione Luise Rowling (cap. 11) che descrive le caratteristiche di un programma, «MindMatters», avviato in Australia nel 1996 e focalizzato sulle scuole, attualmente in fase di diffusione in tutto lo stato; tale programma, nella versione Mindmatters Plus (2002), sembra in grado di combinare promozione della salute, prevenzione e intervento precoce, il tutto all’interno di un approccio scolastico globale. Questa, come altre progettualità nel campo della salute mentale in corso in questa parte del mondo, dovrebbero a nostro parere essere guardate con particolare attenzione, anche per cogliere elementi di trasferibilità, sviluppandosi in un contesto caratterizzato da un solido sistema sanitario nazionale e da una diffusa pratica di Psichiatria di Comunità.
      Rosaria Pioli e Chiara Buizza (cap. 12) presentano il programma della World Psychiatric Association, «Open the doors», avviato nel 1996 con l’obiettivo di aumentare le conoscenze sulla natura della schizofrenia e sulle possibilità di trattamento; migliorare l’atteggiamento generale verso le persone affette da tale malattia e i loro familiari; promuovere azioni che prevengano e/o eliminino la discriminazione e il pregiudizio in specifici gruppi target della popolazione.
      Richard Warner (cap. 13) esemplifica l’attuazione di questo programma e fornisce utili suggerimenti per l’implementazione di iniziative locali contro lo stigma. Nel capitolo 14, gli scriventi, assieme a Laura Andreotti, presentano un progetto pilota di promozione della salute mentale e di contrasto dello stigma in corso a Rovigo e Brescia, ne ripercorrono la metodologia e ne esaminano i risultati in termini di cambiamento di opinione e di atteggiamenti, aumento delle conoscenze e delle competenze nel campo della salute mentale da parte di studenti degli ultimi due anni delle scuole superiori.
      Chiara Buizza e Rosaria Pioli (cap. 15) approfondiscono l’efficacia di un intervento informativo nella riduzione dello stigma, sempre su un target di popolazione simile a quello del contributo precedente.
      Alex Baldacchino e Michael Kehoe (cap. 16) affrontano, allargando il panorama, il tema delle esperienze di prevenzione nel campo delle tossicodipendenze, in particolare nei ragazzi che vanno a scuola. Dopo aver scorso i vari capitoli, pensiamo che questo volume possa contribuire a risvegliare o aumentare l’interesse dei professionisti e degli amministratori sul tema della promozione della salute mentale e dei disturbi psichici, perché crediamo che «cosa sia inevitabile e cosa non lo sia risulta sempre e soltanto dall’esame di ciò che è stato davvero evitato o meno...dopo seri tentativi» (Hans Jonas, 1979).

      Emanuele Toniolo
      Antonello Grossi

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