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PSYCHOMEDIA
LIBRI - Recensioni e Presentazioni


Luigi Scoppola

La parola non trovata, mente, corpo e istituzione

Franco Angeli Editore Milano, 2011, p.270

Recensione a cura di Gianluca Biggio



Quarta di copertina



Recensione a cura di Gianluca Biggio

    Come si legge nell’introduzione il libro raccoglie alcuni scritti sul tema del disagio somatopsichico. Il testo è diviso in sei capitoli che raccolgono altrettanti contributi presentati in convegni scientifici e pubblicati in un arco temporale che va dal 1990 al 2010.

    Ci troviamo di fronte ad un percorso che l’autore ha, con generosa meticolosità, messo a disposizione della comunità professionale. Si tratta a mio avviso di un libro sentito e sostenuto da Luigi Scoppola con altrettanta passione per la ricerca e l’indagine sia clinica sia scientifica, un libro che arricchisce il nostro orizzonte e la nostra profondità di riflessione. La struttura stessa del contenuto e in qualche modo la tensione interiore dell’autore sembrano costantemente muoversi su più livelli; il piano orizzontale dell’ampliamento osservativo del campo fenomenico (pensiamo allo sforzo presente per esplorare le connessioni gruppali, istituzionali e sociali del disagio somatopsichico), il piano verticale dell’approfondimento psicologico teorico e clinico (pensiamo alla riflessione sul confronto tra le i dati emersi dalla infant research, e le ipotesi sui primi stadi di organizzazione della mente presenti già in Freud e poi in Bion, Winnicott, Gaddini, Scoppola e altri ancora). Infine un ulteriore livello; ovvero il piano storico clinico, dato dalla descrizione delle applicazioni che si sono nel tempo aggregate dando luogo a sperimentazioni istituzionali, di ricerca clinica e infine epistemologica.

    Il pensiero non procede per giustapposizione tra livelli ma, al contrario, si cerca continuamente di trovare i “punti di intersezione” tra diversi modi guardare i fenomeni. Proprio nel punto di intersezione infatti si può cogliere una comprensione nuova, una sorta di apres coup del senso che invece si coglie quando vi è una statica separazione dei livelli di osservazione.

    Gli sguardi, i tre sguardi forse convergenti, rappresentati nella copertina del libro sembrano implicitamente annunciare questa modalità di intersezione tra diversi punti di osservazione. Ma al di là della suggestione legata all’immagine dei volti in copertina, l’aspetto della relazione tra piani differenti pare essere un filo conduttore del libro come detto nell’introduzione: “La relazionalità resta dunque il primo fondamento della vita e tutto il contenuto del libro si muove intorno alla ricerca di scoprire e riprodurre, attraverso la relazione di transferenza, segni e vestigia di quella peculiare relazione, originaria e sofferta, che è stata centrale per la storia di quell’individuo.”.


    Leggendo il libro di Scoppola mi viene da pensare alla visione binoculare di Bion, una modalità che ci permette di osservare gli oggetti da diversi punti di vista, aumentando la nostra capacità di investigare l’ambiente in cui tali oggetti operano. Come afferma Ogden (2010), il modello concettuale bioniano non va visto tanto come una teoria che trova il suo posto fra le altre teorie psicoanalitiche, esso è piuttosto un contributo psicoanalitico di carattere epistemologico e meta-teorico che ci aiuta a riflettere sui fenomeni clinici, utilizzando griglie concettuali sfaccettate con le quali sia possibile comprenderne la profondità stereoscopica. In questo senso modalità stessa di presentazione di Luigi Scoppola – inter e intrasistemica - conduce il lettore in una visione profondamente analitica.

    Il libro inizia affrontando il tema della richiesta nel rapporto medico paziente, della semiologia dell’incontro, cioè della fenomenologia somatopsichica della relazione medico-paziente.

    Si passa da questo al tema dell’ascolto e della parola, non solo attraverso la sintonizzazione empatica sul dolore come campo in cui in cui lo psichico e il somatico si esprimono simultaneamente (e con questo primo passo si cerca una prima integrazione tra livello biologico e psichico); si va oltre, collegando il dolore alla sua storia e al suo ambiente relazionale attraverso un metodo di intervista-osservazione implementato in un contesto istituzionale. Scrive l’autore: “Tale studio ha la finalità di esplorare quel vasto sistema di relazioni intrasoggettive e intersoggettive che il paziente è venuto sviluppando sia a livello conscio che a livello inconscio, in rapporto alle diverse vicende del proprio assetto di funzionamento somatico, l’ipotesi di aree lacunari, le quali di continuo si confrontano con le proprie vicende evolutive.”.

    Un elemento importante sembra essere l’introduzione di un uso clinico, non psicoterapeutico ma psicodinamico, nella rilevazione dei dati del paziente. Viene introdotto il modello della Osservazione–Intervista, un modello che vede una registrazione “binoculare dei dati” da parte di due operatori. Il modello sostiene trasformazioni e ritrascrizioni narrative da parte del paziente e la possibilità di riconoscere relazioni di psicosomatosi in fase diagnostica da parte del terapeuta.

    Avvicinatici al tema della psicosomatica vista come integrazione tra i livelli biologico, psichico e storico-evolutivo del paziente, nel capitolo terzo, ci si confronta con il tema del contenitore istituzionale; l’Ospedale. Trovo questo approfondimento particolarmente stimolante – a prescindere dai miei interessi verso la dinamica istituzionale – perché ci troviamo di fronte alla descrizione di un “esperimento di intervento di tipo psicodinamico sull’istituzione di malattia, condotto dall’interno della struttura stessa.”. Un esperimento direi coraggioso sia nei confronti della sperimentazione clinica che istituzionale. Anche qui le tradizionali scissioni del pensiero contenute nella procedura burocratica istituzionale e anche professionale, vengono integrate. Si tenta di ricomporre la tradizionale frammentazione del caso clinico tra i livelli biologico, psichico e psicosociale cui corrisponde una simmetrica frammentazione della organizzazione di cura e anche degli operatori curanti. Nel libro si parla di “riconoscere il ruolo dell’interazione bio-psico-sociale” nel disagio, di superare “l’inadeguatezza di una diagnosi fisiopatologica, la patologia somatica “borderline”. Si descrive la fondazione di una organizzazione, il Servizio di Medicina Psicosomatica e Psicologia Medica, definita “come luogo fisico e mentale, all’interno del quale sia superabile la scissione clinica, culturale ed esistenziale tra evento somatico ed evento psichico.”.

    Nella parte centrale del libro, una volta definiti i contorni dei fenomeni psicosomatici, Luigi Scoppola approfondisce ulteriormente il rapporto tra questi fenomeni e la clinica; ciò lo spinge ad indirizzare la sua indagine sugli ordinamenti mentali primitivi “in quell’area della vita psichica nella quale risulta arduo distinguere il corporeo e il concreto dal mentale.”. L’assetto centrale della riflessione sembra essere quello di definire una interazione madre-bambino-ambiente nella quale si costituiscono gli assetti mentali primitivi; ciò viene fatto armonizzando riflessioni proprie e di psicoanalisti ben noti come innovatori in questo campo.

    Ad esempio, secondo Eugenio Gaddini (1989), a fondamento dell’organizzazione mentale originaria - Organizzazione Mentale di Base, OMB - esiste un processo di integrazione che fa riferimento a una organizzazione primitiva, frammentaria, gruppale non integrata, presente in ogni individuo. Vi è una realtà biologica che regola il funzionamento percettivo sensoriale che caratterizza le epoche prenatali, perinatali e neonatali. Aggiunge l’autore citando Ammanniti: “questi principi sono rappresentati in primo luogo dall’autoregolazione dei sistemi viventi, in secondo luogo dalla predisposizione a partecipare alle interazioni sociali, come il contatto occhio ad occhio, dall’essere attivato e tranquillizzato dall’abbraccio umano, dalle carezze e infine dal monitoraggio affettivo per mezzo della piacevolezza o meno dell’esperienza” (Ammanniti 1999). Citando Eugenio ancora Gaddini (1989) inoltre si afferma che: “lo sviluppo mentale del bambino può essere considerato come un processo maturativo caratterizzato dalla continuità di interrelazioni fisiologiche e psicologiche tra il bambino, l’utero e le braccia della madre, la famiglia, la scuola e la società.”.

    Non credo sia opportuno addentrarmi ulteriormente nei contenuti del libro anche se ne sarei tentato dalla ricchezza di connessioni stimolate dal libro stesso. Ma questi ultimi riferimenti danno l’idea della poliedricità della visione dell’autore; un sistema biologico che si complessifica progressivamente di connessioni, in una evoluzione che va “dall’utero alla società”.

    Ma se la neuropsicologia e la psicologia genetica sono uno strumento per registrare quello che avviene, la psicoanalisi diviene il modello di comprensione del senso di ciò che avviene o non avviene nella esperienza mentale della persona. Il concetto delle aree lacunari del Sé si colloca all’interno di questa cornice; più precisamente all’interno di un paradigma psicoanalitico che elabora cognizioni provenienti dalla ricerca scientifica.

    Si afferma infatti che per cercare di comprendere il disagio psicosomatico è opportuno fare riferimento alla teoria dello “psiche-soma” di Winnicott (1966), al protomentale e al modello della mente di Bion (1961), alla “Organizzazione Mentale di Base” di Gaddini (1989), alle ricerche sulla “osservazione del bambino” di Spitz (1958) e quelle sull’ “attaccamento” di Bowlby (1988). Oltre a ciò occorre tenere presenti i progressi delle neuroscienze (Damasio,1999) e Edelmann (1987) dato che questi accorciano sempre più il noto salto dalla mente al corpo cui fa riferimento Freud nelle origini dell’accadere psichico.

    Da questa base di riferimenti il pensiero e la ricerca dell’autore si articolano in costellazioni associative e guizzi concettuali che costituiscono la ricchezza del libro (una ricchezza anche per chi volesse proseguire la ricerca) e che per vastità non sono qui interamente riassumibili.

    Forse si possono restituire alcuni dei numerosi snodi concettuali che guidano con vivacità la lettura del libro. Nei ultimi due capitoli in particolare, nei capitoli recenti, appare una strutturazione teorica più complessiva che ci permette di intravvedere le coordinate della ricerca di Luigi Scoppola.

    Da una parte vi è una integrazione tra il progetto freudiano, la ricerca neuro scientifica, la psicoanalisi che si sono occupate dell’interazione primaria madre-bambino, formulando ipotesi psicopatologiche e ipotesi di funzionamento della mente.

    Dall’altra si cerca di definire il concetto di aree lacunari e di sofferenza (depressione) lacunare come un particolare esito di una fenomenologia osservabile entro la teoria dello sviluppo della mente e la psicopatologia psicoanalitica. La sofferenza lacunare, definita come assenza, viene differenziata dal trauma così come dalla depressione e dalla melanconia. E’ accostata alla “loneliness” descritta da Modell (1993).

    Si tracciano dei rapporti di interdipendenza tra psicosomatosi e lacunarità differenziando la sofferenza psicosomatica dalla conversione somatica tradizionale. La collocazione della sofferenza lacunare è in relazione al processo esperienza-percezione-sensazione-emozione-sentimento/affetto. Laddove non è avvenuta una integrazione tra esperienza sensoriale ed affetti.

    Trovo infine veramente particolare l’intuizione sul gruppo come campo di ulteriore espressione della sofferenza psicosomatica. Semplificando un po’ la questione si potrebbe dire che nel gruppo terapeutico possono essere espressi i derivati della sofferenza psicosomatica e possono essere svolte delle inferenze cliniche; la relazionalità del gruppo può aiutare a riattualizzare e forse perimetrare dall’esterno la sofferenza lacunare.

    I principi di simmetria e asimmetria, l’oscillazione evolutiva tra individualità e gruppalità sembrano essere una costante nel nostro sviluppo dalla biologia, alla simbolizzione individuale, al sociale (dall’utero alla società come si diceva citando Gaddini). La parola non trovata sembra essere un accaduto, non esperito entro queste modalità, ma comunque esistito e presente.

    Nel primo livello e in particolare in quell’area tra corporeo e mentale, tra il biologico e lo psichico vengono fatti riferimenti alle neuroscienze e alla neuro psicoanalisi affrontano il tema della catena. Citando una ampia base di ricerca neuro scientifica



Indice

    1. La richiesta

    1. Il rapporto medico-paziente

    2. L’esperienza di malattia

    3. La formazione psicologica del medico ed il rapporto con la

    malattia

    4. Il malato deve conoscere la propria diagnosi?

    5. Dalla parte del medico

    Bibliografia

    2. L’ascolto e la parola

    1. Il rapporto mente-corpo

    2. La risposta e la struttura

    3. Il metodo della intervista-osservazione

    4. Percorsi nella diagnosi psicoanalitica dei fenomeni psico-

    somatici

    5. La griglia diagnostica degli stati delSé

    6. Un caso clinico di isteria. Analisi dei testi di trascrizione

    Bibliografia

    3. Psicosomatica e istituzione

    1. Epicrisi

    2. Annotazioni istituzionali

    3. Servizi e istituzioni

    Bibliografia

    4. I fenomeni psicosomatici e la clinica

    1. La ricerca di un codice: ovvero la parola non trovata

    2. Il disagio psicosomatico. Lacunarità e interazioni separati-

    ve: un caso clinico

    3. Considerazioni cliniche

    4. Fenomeni psicosomatici e identità di genere

    5. Il paziente cardiolgico: risonanze psicosomatiche

    6. La rottura e i frammenti dell’“Io-Pelle”

    7. Il disagio psicosomatico nell’adolescenza narrato da un

    adulto

    Bibliografia

    5. Il disagio e la cura

    1. Il disagio psicosomatico: l’incontro, la relazione e il mondo

    2. Orientamenti psicoanalitici nella diagnosi e terapia delle

    psicosomatosi

    3. Disagio psicosomatico e mondo emozionale

    4. Depressione e sofferenza lacunare del Sé: depressione

    melanconica e depressione “lacunare”

    5. Spazi condivisi della cura e integrazione somatopsichica

    Bibliografia pag.

    6. Il percorso e le origini

    1. Attività presimbolica della mente, imitazione, neuroscien-

    ze e bi-logica dell’inconscio

    2. Ordinamenti mentali primitivi, gruppalità e fenomeni psi-

    cosomatici

    3. La lacunarità psicosomatica e la bi-logica di Matte Blanco

    4. Trauma e lacunarità

    5. La memoria del trauma ed il trauma della memoria

    6. Psicoanalisi e psicosomatica

    Bibliografia




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