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PSYCHOMEDIA
LIBRI - Recensioni e Presentazioni


Genitori e Figli nel Tempo
per un disegno guida nella psicoterapia delle psicosi

a cura di Maria Pierri

Pàtron editore - Bologna 1999



INDICE

"Una introduzione"

Maria Pierri
Il disegno-puzzle della cicogna

Maria Pierri, Carla Cremonese
Il racconto della nascita, primo disegno fra veglia e sogno


"ultime notizie dalla famiglia"

Mario Cusinato
Lo stato degli studi riguardanti le relazioni familiari in Europa

Paolo Zatti
Lo specchio giuridico

Maria Beltrano
Famiglia e narrazione in un atelier di scrittura

Adone Brandalise
Desiderati o voluti?

Franco la Cecla
Somigliare agli autentici


"genitori e figli nel tempo: narrazioni psicoanalitiche"

Antonio Fazio
"Uno per tutti": la terapia della famiglia con gli adolescenti

Barbara Piovano
Esperienze parallele: percorsi dal bambino al genitore

Maria Pagliarani Zanetta
La psicoterapia del bambino psicotico

Josef-Oriol Esteve
Contributo sul mistero della trinità impossibile dell'adolescente psicotico


"la ricerca in psichiatria: modelli a confronto"

Vittorio Volterra
Aspetti differenziati e integrati della presa in carico dei soggetti schizofrenici

Paolo Bertrando
La visione sistemica nell'intervento familiare sulla schizofrenia

Rita Roncone, Massimo Casacchia
A scuola dai familiari delle persone affette da disturbi mentali gravi

Massimo Clerici
Psicoeducazione e self-help nei disturbi mentali gravi

Anna Maria Pandolfi
Lo psicoanalista e la famiglia dei pazienti gravi

Maria Pierri
in coll: A. Filippi, M. Sartoretto, S. Menardi, E. Milan, R. Melcarne, F. Brunello, R. Brocca, V. Pezzani
L'Ambulatorio per Genitori e Figli: un'esperienza psicoanalitica in psichiatria


"esperienze e circostanze cliniche"

Emilia Ferruzza
Il lavoro terapeutico con genitori e figli in età evolutiva.

Carla Cremonese
Quando i genitori non ci sono: come modulare il lavoro in un reparto psichiatrico

Leopoldo Giannini
La bambina maltrattata: dall'atto della presentazione scenica alla metafora narrativa

Paolo Rossaro
Esperienze nei gruppi. tre racconti

Angela Favaro, Paolo Santonastaso
La famiglia nei disturbi del comportamento alimentare

Giuseppe Borgherini
I genitori e la compliance del figlio al trattamento farmacologico nella patologia schizofrenica

Gerardo Favaretto, Barbare Masseroli
Quando è difficile essere figli: riflessioni, con alcuni casi emblematici, su maternità e salute mentale

Renzo Rizzardo
Famiglia e politica assistenziale in un Servizio Psichiatrico



AUTORI

Maria Beltrano - insegnante conduttrice di atelier di scrittura, Padova
Paolo Bertrando - psichiatra psicoterapeuta didatta Centro Milanese di Terapia della Famiglia
Giuseppe Borgherini - psichiatra direzione clinica casa di cura "Parco dei Tigli", Padova
Adone Brandalise - ricercatore ins. di Teoria e Metodologia Gen. della Letteratura, Padova
Roberto Brocca - psichiatra in formazione Clinica Psichiatrica Padova
Fausto Brunello - psichiatra in formazione Clinica Psichiatrica Padova
Massimo Casacchia - prof. ordinario di Clinica Psichiatrica, L'Aquila
Massimo Clerici - ricercatore Istituto di Scienze Biomediche Ospedale S.Paolo, Milano
Carla Cremonese - psichiatra, dirigente I liv., Clinica Psichiatrica, Padova
Mario Cusinato - prof.associato Psicodinamica dello Sviluppo e Relazioni Familiari, Padova
Josef-Oriol Esteve - psicoanalista ordinario Sociedad Espanola de Psicoanàlisis, Barcellona
Gerardo Favaretto - psichiatra, dirigente I liv., Dipart. di Salute Mentale, Padova
Angela Favaro - dottore di ricerca in scienze psichiatriche Clinica Psichiatrica, Padova
Antonio Fazio - psicoanalista British Psychoanal.Soc., Brit.Ass.Group Psychother. Londra
Emilia Ferruzza - psicoterapeuta, ins. di Psicologia Dinamica, Padova
Adriana Filippi - psichiatra psicoterapeuta
Leopoldo Giannini - psichiatra, dirigente I liv., ULSS 15, Camposampiero
Franco La Cecla - ricercatore ins. di Antropologia Culturale (Bologna), Parigi
Barbara Masseroli - psicologa specializzanda della Scuola di Psicologia Clinica
Rocco Melcarne - psichiatra Clinica Psichiatrica Padova
Sonia Menardi - psichiatra in formazione Clinica Psichiatrica Padova
Enrica Milan - psichiatra in formazione Clinica Psichiatrica Padova
Maria Pagliarani - psicoanalista ordinario Swiss Psychoanalytical Society, Vacallo
Anna Maria Pandolfi - psicoanalista ordinario Società Psicoanalitica Italiana (S.P.I.), Milano
Valeria Pezzani - psicologa specializzanda della Scuola di Psicologia del Ciclo di vita
Maria Pierri - ricercatrice ins. di Psicoterapia, psicoanalista S.P.I., Padova
Barbara Piovano - psicoanalista S.P.I., Roma
Renzo Rizzardo - ricercatore ins. di Psicoterapia, Clinica Psichiatrica, Padova
Rita Roncone - ricercatrice ins. di Psicologia Medica, Clinica Psichiatrica, L’Aquila
Paolo Rossaro - psichiatra responsabile Dipart.di Salute Mentale Terraferma VE ULSS 12
Paolo Santonastaso - prof. associato di Clinica Psichiatrica, Padova
Monica Sartoretto - psichiatra Clinica Psichiatrica Padova
Vittorio Volterra - prof. ordinario di Clinica Psichiatrica, Bologna
Paolo Zatti - prof. ordinario di Istituzioni di Diritto Privato, Padova



UNA INTRODUZIONE:

Il disegno-puzzle della cicogna.
Maria Pierri*


Questa raccolta di lavori, che prende la sua occasione dal convegno organizzato a Padova il 7 e 8 maggio 1999, rappresenta il tentativo di far incontrare e far reciprocamente conoscere le teorie e le pratiche cliniche che, sorte sotto diverse prospettive e orientate secondo differenti punti di vista, si confrontano quotidianamente con la cura delle psicosi.
C’è anche il desiderio di far maggiormente comunicare l’ambito di cura della psicopatologia infantile con quella dell’età adulta: il tema prescelto, la relazione genitori figli, può servire come area di incontro per operatori che a volte sembrano essersi divisi troppo rigidamente il campo, e si arrestano sul confine determinato dallo scorrere del tempo, che impone ad un certo punto il passaggio del paziente in fine adolescenza ai nuovi curanti.
L’adolescenza in particolare, che è ormai riconosciuta come importante tappa di maturazione non solo dei figli ma anche dei genitori, è età che non ha dei propri "specialisti" forse appunto per l’impegno e la conflittualità che comporta, per gli operatori che si cimentano in questo ambito, il sostenere e conciliare dentro di sé le identificazioni con i due versanti della relazione genitori figli.
La problematicità di questa fase evolutiva, la sua violenza vitale e l’interesse che essa è in grado di suscitare, ben si esprimono nelle fantasie che in tutti i tempi hanno accompagnato i percorsi di questo passaggio generazionale: dal mito antico di Laio Giocasta ed Edipo, alla sua ri-lettura e ri-narrazione psicoanalitica, fatta da Freud all’inizio del novecento.
Genitori e figli nel tempo, recuperando e modificando il titolo di un romanzo di McEwan, suggerisce la necessità di ritrovare la continuità e identità genitori figli, continuità di cui le fantasie e i miti attuali sull’iniziazione sembrano denunciare la perdita.
Ben diversi appaiono infatti le narrazioni sull’ingresso del giovane nel mondo adulto adesso rispetto all’inizio del secolo: la crisi attuale sembra preannunciata nel dopoguerra dal successo di quel famoso "giovane Holden" di Salinger che, anche grazie alla sua trasposizione cinematografica, divenne un mito per una generazione di adolescenti, tanto da costituire il capostipite di una nuova serie di adolescenti in crisi e critici, che segnalavano la messa in discussione e la rottura del modello familiare tradizionale. E Holden, a suo tempo, scriveva da una clinica "psicoanalitica", quasi ammiccando non solo alla crisi della famiglia ma anche a quella della psicoanalisi.
Il lavoro rappresentativo interno, che suscita poi le narrazioni culturali, mentre costituisce un modo per elaborare e riformulare i cambiamenti avvenuti nella realtà relazionale, è già il segnale che prepara e annuncia le prossime novità.
Da questa prospettiva, se la sofferenza psicotica può essere vista come difficoltà ad elaborare rappresentativamente e narrativamente la realtà, a costruire metafore che permettano di mantenere vitali e condivisibili i significati affettivi rilanciandoli nella relazione (Modell, 1997), la salute di un cultura, del singolo o di un gruppo, si definisce proprio nel suo incessante lavoro di riproposizione simbolica e metaforica.
Leggendo le narrazioni attuali possiamo vedervi riflesse le nuove difficoltà delle famiglie: in "Bambini nel tempo" si tratta di genitori disperati e sperduti, alla ricerca di un figlio "scomparso al supermercato", quasi a presentarci l’altra parte, non ancora scritta, della vecchia fiaba di Pollicino, narrata dalla parte di genitori abbandonati. Da parte sua Daniel Pennac ci annuncia nei suoi romanzi le "ultime notizie" di una famiglia un po’ sgangherata, ma sopravvissuta, composta ormai soltanto dal gruppo di fratelli e da qualche nonno, nucleo che sa fare a meno dei genitori, anzi in cui sono i genitori a scappare di casa. Infine il recentissimo e ambiguo "Dei bambini non si sa niente" di Simona Vinci, presenta una cronaca in diretta dall’"orda dei fratelli", che ormai priva di genitori da uccidere o sedurre, si abbandona pigramente a sadismo e infanticidio, in una nursery senza più fantasmi.
Dopo i conflitti e le fantasie della più conosciuta scena nevrotica, basata sul tabù dell'incesto e sul desiderio edipico, questi temi narrativi e le fantasie che accompagnano i notevoli cambiamenti del costume delle "nuove" famiglie, suggeriscono che la richiesta di comprensione si pone ora per la concretezza di quella realtà primitiva che era rimasta celata nella prima parte della storia di Edipo, quella lasciata in secondo piano nella tragedia di Sofocle, la sua preistoria, e per quegli aspetti che noi chiamiamo "psicotici", in quanto "primitivi", della relazione genitori figli. Si tratta di quella misteriosa realtà, antica e sempre attuale, sostanza prima della nostra umanità, che ci identifica fra appartenenza e insieme singolarità, fra necessità e desiderio, e che ci fa nascere come soggetti nella relazione di dipendenza dall'oggetto.
Iniziare un convegno sulla psicosi con un incontro multidisciplinare è recuperare alla psichiatria il senso del contesto in cui si trova ad operare e rianimare i legami affettivi e rappresentativi, e un linguaggio in comune, con il gruppo sociale e culturale più allargato.
Il confronto con il pensiero psicoanalitico, e in particolare con i suoi importanti sviluppi nel campo della relazione, dei legami familiari e delle fasi precoci dello sviluppo maturativo, ha l’intento di rilanciare una collaborazione fra psichiatria e psicoanalisi, favorita, come vedremo, dai progressi raggiunti dalle due discipline nel campo delle patologie più impegnative, e al giorno d’oggi forse meglio realizzabile che in passato.
Il mio lavoro di "frontiera", come psichiatra e psicoanalista, mi rende particolarmente interessata a promuovere l’interesse per questa area privilegiata di intervento, la relazione genitori Ð figli, che è per me oggetto di teorizzazione e pratica clinica da molti anni (vedi: Pierri M. 1992, 1994, 1995, 1999; Pierri et al. 1988, 1989, 1990, 1996).
A mio parere esiste una consistente e diffusa esperienza clinica in psichiatria che mutua, a volte anche inconsapevolmente, il suo disegno guida dalla teorizzazione psicoanalitica. Essa ha maturato nel corso degli anni una prospettiva che orienta le linee guida psichiatriche nello spazio della relazione e nel tempo della generazione, che suggerisce uno spessore narrativo a teorie e tecniche. Il lavoro con i genitori può costituire il luogo di confronto dove la psichiatria apre i suoi orizzonti verso la dimensione delle storie condivise della cultura in cui viviamo.
Le storie condivise sono fatte di immagini e disegni che si incontrano e che proprio nel loro incontrarsi assumono un certo spessore, come la fiaba della Cicogna riferita dalla Blixen e raccontata ai bambini dalle mamme del Nord Europa, fiaba che ha un doppio registro narrativo, e forse anche di più. Leggiamola insieme:
"Quando ero bambina mi mostravano spesso un disegno Ð un disegno animato in un certo senso: tracciandolo sotto i miei occhi, raccontavano anche una fiaba, che diceva così:
Un uomo viveva in una casupola tonda con una finestra tonda e un giardinetto a triangolo. Non lontano da quella casupola c’era uno stagno pieno di pesci. Una notte l’uomo fu svegliato da un rumore tremendo e uscì di casa per vedere cosa fosse accaduto. E nel buio si diresse subito verso lo stagno.
A questo punto il narratore cominciava a disegnare la pianta delle strade percorse dall’uomo come si fa quando si indicano sulla carta gli spostamenti di un esercito.
Prima l’uomo corse verso sud, ma inciampò in un gran pietrone nel mezzo della strada; poi, dopo pochi passi, cadde in un fosso; si levò; cadde in un altro fosso, si levò, cadde in un terzo fosso e per la terza volta si rimise in piedi.
Allora capì di essersi sbagliato e rifece di corsa la strada verso nord. Ma ecco che gli parve di nuovo di sentire il rumore a sud e si buttò a correre in quella direzione. Prima inciampò in un gran pietrone nel bel mezzo della strada, poi dopo pochi passi, cadde in un fosso, si levò, cadde in un altro fosso, si levò, cadde in un terzo fosso e per la terza volta si rimise in piedi. Il rumore, ora lo avvertiva distintamente, proveniva dall’argine dello stagno. Si precipitò e vide che avevan fatto un grande buco, da cui usciva tutta l’acqua insieme con i pesci. Si mise subito al lavoro per tappare la falla, e solo quando ebbe finito se ne tornò a letto.
La mattina dipoi, affacciandosi alla finestrella tonda Ð il racconto finisce così, in maniera drammatica Ð che vide? Una cicogna!
Son contenta che mi abbiano raccontato questa fiaba. Al momento giusto mi sarà d’aiuto. L’avevano imbrogliato, l’ometto, e gli avevano messo fra i piedi tutti quegli ostacoli: "quanto mi toccherà correre su e giù?" si sarà detto. "Che nottata di disdetta! E si sarà chiesto il perché di tante tribolazioni: non lo poteva sapere davvero che quel perché era una cicogna. Ma con tutto ciò non perse mai di vista il suo proposito, non ci fu verso che cambiasse idea e se ne tornasse a casa, tenne duro fino in fondo. Ed ebbe la sua ricompensa: la mattina dopo vide la cicogna. Che bella risata si dovette fare.
Questo buco dove mi muovo appena, questa fossa buia in cui giaccio, è forse il tallone di un uccello? Quando il disegno della mia vita sarà completo, vedrò, o altri vedranno una cicogna? "1
La storia dell’uomo che non può dormire il suo sonno tranquillo se prima non ha riparato l’argine dello stagno, è la cronaca del percorso accidentato che lo porta, nel corso della notte, ad individuare e a tappare la falla dello stagno, ma è insieme il contemporaneo e accurato lavoro di rappresentazione, che lo porta a tracciare, inconsapevolmente ma tenacemente, con le proprie orme il disegno della cicogna, che potrà osservare solo al mattino, da un nuovo vertice osservativo, il risveglio.
La fiaba rimanda ancora alla forma assunta dal racconto dei genitori, quando cominciano ad insegnare la realtà ai bambini, e parlano del rapporto che hanno con loro, di come li hanno messi al mondo, e del misterioso e drammatico dispiegarsi dell’esistenza nella duplice tramatura della veglia e del sonno.
Devo ringraziare la filosofa Adriana Cavarero per questa fiaba, che pone all’inizio del suo libro "Tu che mi guardi , tu che mi racconti": saper narrare è un talento, ed è il suo modo di narrarla, di riscriverla, che mi ha fatto ritrovare nel racconto della Blixen e nel disegno animato che accompagna la narrazione, insieme alla magia inquieta delle prime narrazioni infantili, qualcosa di un po’ più recente, che appartiene agli inizi del mio lavoro di psichiatra e di psicoanalista con genitori e figli. Ed è questo il motivo della scelta della cicogna come immagine per questo incontro intorno al tema della famiglia e come logo dell’Ambulatorio per Genitori e Figli.

Il racconto della nascita, primo "disegno" fra veglia e sogno

Maria Pierri* e Carla Cremonese**


C’è dunque un’altra storia da raccontare. Diversi anni orsono, quando ero ancora agli inizi della mia esperienza psicoterapeutica con pazienti psicotici e con i familiari, mentre ascoltavo la relazione di un collega che aveva condotto un gruppo di art therapy con i ricoverati del nostro Servizio, e osservavo la serie di diapositive delle tempere dipinte dai pazienti, una di queste immagini mi colpì immediatamente. Era una tempera che giocava quasi esclusivamente sulle sfumature del blu, azzurro e verde, con una banda di colore più intenso e scuro che delimitava un’area ristretta, in un angolo, all’interno della quale era raffigurato un grande pesce, che si arcuava in un guizzo fra qualche chiazza rossa.
Allora avevo cominciato a seguire, in collaborazione con la dr.ssa Cremonese, il caso di un giovane che era al primo ricovero psichiatrico, avvenuto in seguito ad una violenta crisi di rabbia nei confronti della madre. La collega aveva cominciato ad incontrare il ragazzo con un setting definito ,per tre volte la settimana, io avevo dei colloqui individuali con la madre, un terzo collega incontrava la coppia dei genitori, e discutevamo insieme del caso.
Il padre di Giorgio non sembrava essere mai stato stabilmente presente e nell'attuale appariva piuttosto ritirato in se stesso a causa di una grave malattia, localizzata alla gola, il cui esordio recente minacciava la sua vita e insieme in parte costituiva l'evento scatenante il crollo psicotico del figlio.
Il dipinto mi aveva ricordato l’immagine del primo sogno raccontato dal paziente, che chiameremo Giorgio: in effetti il disegno stesso risultò opera prima di Giorgio. Egli di solito prestava al gruppo di pittura una partecipazione assente e vaga, che era poi la qualità specifica della sua esperienza esistenziale, una specie di dormiveglia da cui emergeva drammaticamente con le esplosioni di rabbia.
Il dipinto però, così mi fu detto poi, era stato eseguito di getto e sotto la spinta di un interesse vivace e insolito per Giorgio: l’ispirazione sembrava sorta sull’onda delle emozioni suscitate in lui da un evento riferito dal telegiornale, che per la prima volta aveva incontrato e ravvivato la sua attenzione verso la realtà esterna, segnalando l’inizio di un risveglio dal suo stato di depersonalizzazione. Giorgio, questa volta ben sveglio, aveva eseguito il dipinto e, successivamente, recuperato anche il sonno, aveva costruito dentro di sé un sogno e lo aveva raccontato alla sua psicoterapeuta.
Nella ricostruzione che ci fu allora possibile (Pierri e Cremonese, 1988; Cremonese e Pierri, 1988), la sequenza di questo risveglio poteva essere collegata al processo avviato in psicoterapia e può essere descritta nel modo seguente.
La madre aveva cominciato a mettere a fuoco alcuni aspetti della relazione col figlio, legate al suo breakdown attuale, ed era diventata più attenta a lui, rinunciando all’idea cui tenacemente si era aggrappata dentro di sé, cioè che Giorgio avesse fumato qualche spinello di troppo con cattive compagnie. Si trovò allora nella condizione di saper cogliere il significato di una frase che il figlio le ripeteva (che era "sempre" stato male, da quando aveva sofferto di asma). Ricordando le circostanze di quell’episodio di asma, così strano e tardivo, la madre fu in grado di attribuire a quell’evento un senso affettivo e relazionale "traumatico, e per questo anche "organizzatore di un inizio".
Ricostruì che allora Giorgio aveva sei anni: lei stessa era dovuta andar via una sera improvvisamente e per un lungo periodo da casa, per assistere in ospedale il figlio maggiore, in fin di vita a causa di un incidente. Realizzò che nel corso della sua assenza, in quell’ospedale fuori provincia, aveva del tutto dimenticato, era "scomparso dai suoi pensieri", questo bambino, ultimogenito, che fino a quel momento era cresciuto silenziosamente accanto a lei, come fossero tutt’uno. Al suo rientro in famiglia allora non aveva collegato con le difficoltà della loro separazione l’esplosione improvvisa in Giorgio di una patologia asmatica acuta che l’aveva costretta questa volta al suo capezzale: era il primo segnale somatico della fragilità del suo Sé.
Questo riconoscimento sembra restituire a Giorgio una parte di se stesso, che ritorna insieme alla madre solo ora affettivamente nella relazione e porta il senso di realtà perduto nella sua condizione di depersonalizzazione, che descriveva proprio come un "sentire di essere andato via".
Giorgio torna presente e la realtà esterna prende vitalità ai suoi occhi: la notizia del telegiornale Ð si trattava del naufragio di una barca di profughi cubani che erano stati divorati dagli squali Ð gli serve come evento attuale, con cui cominciare ad elaborare preconsciamente la rottura esistenziale del passato e quella recente, adolescenziale: il lavoro onirico riprende contatto con la realtà diurna, attraversa le immagini del disegno e del sogno fino ad arrivare alle parole con cui Giorgio lo narra in psicoterapia.
Il disegno e il sogno condensano i significati della ricostruzione affettiva che riguarda lui stesso e la madre, e come vedremo è tentativo di rappresentare il trauma interno, la catastrofe del passato, attraverso una forma nuova in grado di contenerla, scoperta nella realtà esterna. Ci troviamo di fronte ad una sconvolgente, ma non più traumatica, immagine di "nascita psicologica" come naufragio ( con perdita della barca e dei passeggeri, in cui la pulsionalità non addomesticata si fa divorante e selvaggia per il soggetto stesso), immagine che può essere messa a fuoco ora che nella relazione con la madre e all’interno del soggetto si è potuto ricostituire, insieme all’argine-sponda tra veglia e sonno, un Sé sopravvissuto alla separazione dall’oggetto, il soggetto che dopo aver costruito le immagini della veglia e del sogno le può osservare dalla riva, il testimone.
E' interessante a questo punto, in riferimento al "racconto della cicogna" della Blixen-Cavarero, il contenuto del sogno di Giorgio. Nel riferirlo egli, solitamente molto silenzioso, si disse sorpreso di aver fatto per la prima volta un sogno, un sogno vero con una storia, da poter raccontare.
"Mi trovavo davanti ad una diga, tiravo un sassolino e la diga crollava ed io camminavo con degli amici in mezzo al fango rimasto dopo lo stravaso dell’acqua: raccoglievo un pesce, che nel fango boccheggiava, e questo pesce mi mordeva sul collo."
Similmente al lavoro notturno dell’omino della favola, il lavoro onirico preconscio, costruttore di narrazioni per eccellenza, e grande organizzatore della psiche (Lopez e Zorzi Lopez, 1997) rimesso in moto dalla riparazione psicoterapeutica, che rinforza nella relazione i confini-diga fra Sé e l’ambiente materno e, all’interno del Sé, le distinzioni fra esperienza conscia e inconscia, comincia a ricostruire nella memoria e definire temporalmente l’esperienza, a narrare storie del presente e del passato, della veglia e del sogno, a disegnare rappresentazioni visive "pregnanti" di esperienze che diventano affettive (l'asma di Giorgio, l'incidente del fratello, la malattia alla gola del padre) che sono latenti nelle esplosioni di rabbia dolorosa verso la madre che introduce alla nascita e alla morte.
Nella immagine della rottura delle acque, del sogno di Giorgio ma anche della vicenda della cicogna, si avvia la rappresentazione interna della nascita, evento che possiede ora un posto psichico separato, spazialmente e temporalmente, nella realtà interna, dove poter essere collocato e rievocato. Ora che molti argini sono stati ripristinati - e con essi il funzionamento di confine "paterno" che separa e insieme fa comunicare -, può essere riconosciuto il crollo della diga, dove sono rappresentate parti del paziente e parti dei genitori che non hanno "tenuto": il morso al collo recupera il dolore della ferita traumatica, primo senso affettivo che era rimasto dapprima incarcerato nelle crisi asmatiche (racchiuso nel soma-pesce in cerca di psiche-respiro) e poi ritornato nelle esplosioni di rabbia adolescenziale di Giorgio.
Come affermava giustamente Freud, il sogno è "un risveglio che comincia" ma, come ci ha insegnato Winnicott, il risveglio comincia un po’ prima, nella capacità "materna" di "avere in mente" e sognare il figlio, e trova il suo compimento un po’ dopo, in quel ritorno nella relazione, quando il bambino racconta il sogno alla madre, e completa il viaggio della notte, discriminando il sogni ad occhi chiusi dalle fantasie ad occhi aperti e dal mondo esterno (Cremonese Pierri 1994).
Il lavoro psicoanalitico è in qualche modo un lavoro di ispessimento di confini, che separino e permettano di comunicare, dove, in particolare con i pazienti gravi, l’analista può trovarsi a partecipare più che alla rimemorazione, alla prima costruzione in diretta di quella realtà relazionale, che potrà essere solo successivamente oggetto, di sogni e ricordi, e di desiderio, concretamente riparando gli argini come l’omino della favola, e insieme tracciando con il paziente il processo della nascita.
Tra genitori e figli, nelle psicosi è lo sviluppo della storia che può fare naufragio e le narrazioni della realtà rimangono cronache in diretta dal disastro.
Come l’omino della favola ci possiamo scoprire disturbati nel nostro sonno dal rumore, parole inespresse in cerca di aiuto, a lavorare pur impacciati e al buio, incespicando nel percorso, spesso inconsapevolmente partecipando alla costruzione di un disegno che solo in un secondo tempo, e solo in alcune felici occasioni, potrà essere visto e riconosciuto. Questo può avvenire da un vertice osservativo particolare, dove come nel nostro caso è possibile collegare le esperienze dell’art therapy e delle due stanze di psicoterapia.
Mi sorge spontaneo alla mente a questo punto il confronto con il famoso spettatore, immaginato da Lucrezio, che contempla a distanza, dalla riva, lo "spettacolo magnifico" del naufragio della nave.
La mia idea è che nello spessore di quella ben nota metafora ( che allude allo sguardo indifferente ) la scena stessa può essere diversamente letta e interpretata se collocata in una prospettiva di "reverie" transizionale: il testimone che assiste estatico e, collocato forse sulla riva del sogno, si chiede se il naufragio sia realtà di cui angosciarsi o finzione spettacolare di cui godere, può attingere per un attimo alla preconscia consapevolezza di essere il soggetto sopravvissuto della scena stessa, visione che gli balena nell'a-posteriori ripresentandogli quell’evento misterioso, drammatico e sconvolgente che è la propria nascita e l'attualità e la pericolosità del sentirsi esistente.
A ragione i genitori su questo mistero della nascita sono soliti proteggere e insieme cominciare ad istruire i figli con favole come quella della cicogna.

BIBLIOGRAFIA

Blixen Karen (1952) "La mia Africa" Feltrinelli Milano
Cavarero Adriana (1997) "Tu che mi guardi , tu che mi racconti" Feltrinelli Milano
Cremonese C., Pierri M. (1988): "Il dolore nella non integrazione: esordio psicotico in un adolescente". in Atti del Congresso Internazionale "Il lavoro clinico con gli adolescenti", Padova 24-26 novembre 1988,: 306-311
Cremonese C.,Pierri M.(1994) "Spazio e percorsi dell'esperienza. Il viaggio, costruzione della realtà tra il sogno e la veglia." Gli Argonauti 61,129-136.
Kaës R., Faimberg H., Enriquez M., Baranes J.J. (1993) Trasmissione della vita psichica tra le generazioni Borla ed. Roma 1995.
Lopez D., Zorzi Lopez (1997) La vita come sogno Gli Argonauti 75, 291-299.
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Pierri M., Ceola A., Filippi A., Scolaro C., Zulpo L., Casagrande G.M. (1989): "L'esordio della malattia schizofrenica nel vissuto dei parenti: esperienza di un ambulatorio per i familiari dei pazienti ricoverati". Relazione XXXVII Congresso Nazionale della Società Italiana di Psichiatria, Roma 6-11 febbraio 1989 , Atti : relazioni IV, parte seconda, 769-773, CIC ed., Roma.
Pierri M., Cremonese C. (1988): "La presenza del dolore nei sintomi di un paziente tra l'angoscia psicotica e la malattia somatica". IX International Symposium on the Psychotherapy of Schizophrenia, Torino 14-17 settembre 1988. Abstract: 245
Pierri M., Santonastaso P. (1988): "Il trattamento integrato, un lavoro di ricostruzione con lo psicotico e la sua famiglia". Relazione al IX International Symposium on the Psychotherapy of Schizophrenia, Torino 14-17 settembre 1988. Abstract: 197
Pierri M., Santonastaso P. (1990): "Ricovero e dimissione: riflessioni sul setting istituzionale tra azione e parola". in A.Racalbuto e M.R. De Zordo (a cura di) Simbolo, alla ricerca dell'oggetto perduto. Lubrina ed. Bergamo, 59-74.
Pierri M., Sartoretto M., Brocca R., Menardi S. (1996): "New contributions to psychoanalytic approach to psychotherapy and comprehemsive treatment of family of schizophrenic patients." in Famiglia Interdisciplinarietà Ricerca 2, 5-13.
Pierri M. (a cura di) 1992 Genitori Reali, Genitori Immaginari nella Relazione Terapeutica Kendall ed . Padova ., pagg. 97.
Pierri M. (1994) "In tema di psicoterapia e riabilitazione familiare delle psicosi. La funzione paterna nell'incontro con la realtà: fuga evasione e nascita." Prospettive Psicoanal. nel lavoro Istituzionale, vol.12, 3:209-225
Pierri M. (1995) "Il lavoro terapeutico con i genitori dei pazienti schizofrenici" in Pavan L. (a cura di) Psicologia Clinica e Clinica Psichiatrica , 275-291, Cleup ed Padova. 1995
Pierri M. (1999) "Un "Ambulatorio per Genitori e Figli" nel trattamento delle psicosi" Giornali Italiano di Piscopatologia vol. 5 pag.34, intervento al 4° Congresso Nazionale della Società Italiana di Psicopatologia: Psicopatologia Neuroscienze e Umanesimo Firenze 3-7 marzo 1999
Winnicott D.W. (1965) La famiglia e lo sviluppo dell'individuo trad. it Armando ed. Roma 1986.

* ricercatrice Universitaria, docente di Psicoterapia, Clinica Psichiatrica, Dipartimento di Scienze Neurologiche e Psichiatriche Università di Padova, membro Associato della Società Psicoanalitica Italiana

1 Karen Blixen Le strade della vita da "La mia Africa", 1952 Feltrinelli

** psichiatra dirigente I liv., Cl. Psichiatrica Dip. di Scienze Neurologiche e Psichiatriche Università di Padova


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