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PSYCHOMEDIA
LIBRI - Recensioni e Presentazioni


Girolamo Lo Verso, Marie Di Blasi

Gruppoanalisi soggettuale
Cortina Raffaello Editore (collana Psicologia clinica e psicoterapia), 2011



    Recensione di Alba Fiorito*

    Gruppoanalisi soggettuale offre un modo di pensare e fare clinica rispettoso della complessità umana e delle diverse realtà che vi si intrecciano, proponendo seriamente e piacevolmente riflessioni teoriche e principi deontologici insieme ad esperienze calde e vitali.

    Il libro di Girolamo Lo Verso e collaboratori è suddiviso in quattro sezioni, che comprendono vari contributi in ambito teorico, clinico, antropologico e di ricerca. La scelta di un approccio di tipo gruppoanalitico non comporta un arroccamento sulle proprie posizioni bensì un’apertura verso altri modi di pensare e di gestire gli interventi psicoterapeutici, e più generalmente di cura, purché ci siano rigore metodologico ed onestà intellettuale.

    «Crediamo che occuparsi di scientificità possa essere tradotto operativamente nella scelta di non richiudersi nel proprio apparato teorico-metodologico, ma di lasciarsi stimolare dal confronto tra i vari paradigmi che costituiscono l’universo della ricerca scientifica e della clinica in psicoterapia» (p. 357). Questa disponibilità all’ascolto di altre voci non va confusa con eclettismo. Infatti, nel lavoro proposto, il modello gruppoanalitico appare forte e consolidato sia nell’esposizione e nell’elaborazione di riferimenti a principi epistemologici, metodologici e deontologici, sia nel suo dispiegarsi in diversi rami del lavoro psicologico e nel suo declinarsi attraverso esperienze cliniche ed attività di ricerca.

    Gruppoanalisi soggettuale consente un approccio al lavoro clinico connotato da una raffinata e proficua integrazione tra aspetti teorici ed esperienze vissute. Sollecita la riflessione su come si lavora, su quali sono i riferimenti teorici e le modalità operative, i contesti istituzionali e gli sfondi socioculturali.

    «E’ diventato chiaro, altresì, come (e quanto) quelle che potrebbero apparire soltanto “questioni di carattere squisitamente teorico” abbiano invece un profondo riverbero sul modo in cui interveniamo sulle cose e sul tipo di trasformazioni che proviamo ad avviare: proprio tali “questioni teoriche”, infatti, dispongono la prassi (e la nostra esperienza) orientando le nostre concezioni, i nostri atteggiamenti, e finanche i metodi e gli strumenti che ci diamo nella messa in questione del mondo» (p. 20). Nel libro sono analizzati con attenzione aspetti socioculturali pregnanti, come quelli ‘classici’ sui gruppi e le istituzioni, la formazione e la ricerca; ma anche alcuni di tipo più ‘comunitario’ e ‘adulto’, come i beni relazionali e il pensiero mafioso, e di tipo più ‘intimo’ e ‘infantile’, come il mondo delle fiabe e dei miti.

    C’è un interessante contributo sulle recenti acquisizioni nel campo delle neuroscienze, che consentono di concepire la mente come un frutto di relazioni, una soggettualità che comprende processi organici e culturali, intrecciati nel loro divenire. Come ci diceva Franco Fasolo (2009), definendo la mente qualcosa di “sopravveniente” alla psiche ed al cervello, « … oggi dunque, una tecnica di terapia di gruppo che non utilizzi sistematicamente i fattori terapeutici dell’area del rispecchiamento (apprendimento interpersonale, apprendimento vicario, universalità, altruismo e feedback) non si può dire, a rigor di termini, “biologica” […] L’efficacia di un certo modo di fare terapia di gruppo in queste situazioni indubbiamente “biologiche” è confortata ulteriormente dalla ampia letteratura empirica sull’influenza positiva che un preciso metodo di costruire, coinvolgere, e rammendare le reti sociali sia naturali che artificiali (di servizio) esercita su alcuni disturbi cardiovascolari e perfino sulla demenza di Alzheimer» (p.160).

    Gruppoanalisi soggettuale conferma il superamento della posizione ‘tradizionale’ delle istituzioni curanti, in cui il paziente è purtroppo considerato come un ‘oggetto’ estrapolato da tutta la complessità del mondo di cui egli è espressione e con il quale si intreccia ogni suo aspetto (cfr. particolarmente capp 3, 5, 17). Gli autori si domandano come poter offrire modalità terapeutiche più soddisfacenti sia per un miglioramento della qualità degli interventi sia per una maggiore quantità di persone per le quali poter elaborare progetti di cura adeguati. Propongono di utilizzare diversi dispositivi terapeutici, ciò che è importante è saperli scegliere e modulare. Girolamo Lo Verso, uomo di mare appassionato e competente, ci indica come ‘navigare a vista’ usufruendo di un buon bagaglio di strumenti e di ‘mestiere’ nel gestirli. Questa attenzione al ‘mestiere’ si ritrova anche nel bel libro di Pellizzari L’apprendista terapeuta (Bollati Boringhieri, Torino, 2002), dove l’autore afferma che la psicoterapia è un lavoro artigianale, non un semplice lavoro standard bensì un ‘mestiere’ frutto di tecnica e arte.

    La competenza sugli aspetti teorici e il rigore metodologico riguardano strettamente il lavoro di psicoterapia e i suoi potenziali buoni esiti. I presupposti di un buon percorso di cura consistono in «un’adeguata cura personale, epistemologica ed esperenziale dei terapeuti, nella capacità di pensiero clinico-gruppale che aiuta a reggere e integrare situazioni di cura complesse, nonché nella competenza a pensare un adeguato progetto di cura per ogni specifico paziente muovendosi all’interno della ampie possibilità succitate» (p. 137). Un esempio riguarda la concezione dell’intervento terapeutico per le patologie più impegnative e spesso trascurate perché giudicate ‘inguaribili’. «Concludiamo dicendo che, nei casi più gravi, la psicoterapia (individuale, gruppale, familiare) si configura a volte come il “punto di arrivo” di un percorso terapeutico complesso, il cui obiettivo primario è ristabilire connessioni (mentali e operative) tra i soggetti che da diverse prospettive dovrebbero prendersi cura del paziente. La guarigione, in questo senso, è legata a una progettualità terapeutica multipersonale, alla possibilità di creare contesti di cura in cui le azioni terapeutiche acquistino significato per il soggetto sofferente, per le sue reti gruppali, familiari e sociali, e non ultimo anche per la sua rete curante» (p. 141).

    Gruppoanalisi soggettuale rappresenta quindi un prezioso contributo alla riflessione sulle possibili concezioni e declinazioni professionali della psicologia umana. Il libro è, secondo il suo autore, “un compendio di loversitudine”. A me sembra un “frutto maturo” di un “gruppo maturo”, quello di Girolamo Lo Verso e altri colleghi che hanno contribuito al prestigio scientifico della Gruppoanalisi di e a Palermo.

    Gruppoanalisi soggettuale testimonia un lavoro di elaborazione che mi pare rappresenti un percorso di crescita di gruppo ed evoca in me due considerazioni.

    La prima riguarda la coesione e la coerenza. Franco Fasolo (1992) diceva che il processo di guarigione passa dal presupposto essenziale della coesione al processo di coerenza: «La coesione è un processo più primitivo, consistente nel tenere insieme, non fusi ma ‘organicamente’, i ‘pezzi’ della mente; la coerenza si basa su una già sufficiente coesione, e riguarda un’organizzazione mentale capace di sviluppare una crescente integrazione verso livelli superiori di armonia, unità e significato esistentivo» (p. 329). Il passaggio verso il benessere di una persona, così come di un gruppo, (e dei suoi elaborati, come un libro, direi) consiste nell’individuarsi come punto nodale in una rete di relazioni significative con gli altri in un percorso di un senso di sé integrato.

    L’altra considerazione riguarda il concetto di funzione auxologica della storia nel gruppo, proposto da Silvia Corbella nel suo lavoro su La terapia di gruppo (1988) «La storia infatti, in alcune situazioni, diventa per il gruppo e per il singolo cultura di riferimento, magistra vitae, momento maturativo emancipativi» (p. 816). Silvia Corbella sottolinea l’importante punto di snodo nel gruppo tra aspetti del passato, del presente e del futuro, la potenzialità trasformativa della “dimensione storico-comunitaria”, e successivamente, in Storie e luoghi del gruppo (2003) afferma: «Personalmente, come ho spesso sostenuto, ritengo anche specifico di qualsivoglia gruppo (anche quelli con un numero molto ridotto di incontri) la costituzione di una storia comune condivisa che insieme a un positivo e continuato senso di appartenenza al gruppo (che, se ben condotto, viene vissuto come oggetto avente valore) stimola il costituirsi della consapevolezza di sé come oggetti aventi valore e (quando si protrae nel tempo) il riemergere di ricordi individuanti. Il gruppo poi, offrendo una nuova rete relazionale, a diversi livelli, può permettere esperienze affettive e cognitive che possono assumere una funzione riparativa del passato e prospettare soluzioni diverse rispetto ai “soliti” problemi» (p. 58).

    Alla luce di queste considerazioni, io proporrei di considerare Gruppoanalisi soggettuale anche un gruppo di per sé.

    Un gruppo perché scritto a più voci.

    Un gruppo per il suo andamento, strutturato ed anche intrecciato nei diversi argomenti. Ognuno dei capitoli e dei paragrafi rimanda agli altri, creando una rete di significati e di comunicazioni che rappresenta, a mio avviso, qualcosa di molto simile a quello che accade quando si realizza un’esperienza di gruppo

    Un gruppo “insaturo”, ovviamente, perché questo libro lascia aperti tanti possibili percorsi da ulteriormente intrecciare con quello che propone, in una prospettiva di ricerca e di costante confronto. Offre un’esplorazione che si articola in vari vertici osservativi, che sempre tornano a ritrovarsi pur dipanandosi verso molteplici direttrici, che si distinguono e si confondono, che si arricchiscono e si separano riunendosi in diversi passaggi. Passaggi a volte più semplici e direttamente intuibili, altre volte più complessi e richiedenti una capacità riflessiva più attenta e profonda

    Il libro ci accompagna in una lettura affascinante e stimolante per la mente, intesa nella sua complessità, sollecitando attenzione alla pratica clinica non solo nei contenuti di pensiero ma anche nell’affettività, evocata nel ritrovarsi in tante situazioni che sono facilmente riconoscibili dai professionisti, “psi” e non, ma che sfuma e si ripropone nei risvolti sociali e culturali di ogni comunità, riguardando così tutti noi come persone che vivono nella polis.

    Restando nella metafora del mare Mediterraneo, che la mia bella e difficile città di Trapani rappresenta così stesa com’è in lui, il lavoro di Girolamo Lo Verso e colleghi ci consente di viaggiare in tanti variegati aspetti dell’umanità come uno strumento utile perché flessibile e adattabile a varie circostanze e condizioni pur mantenendo dei chiari punti di riferimento

    Ci ricorda che i gruppi sono una cosa bellissima e inevitabile della vita umana, ma che fare gruppi è una cosa seria e che i gruppi si devono trattare con competenza e rispetto.

     

    *psicoterapeuta gruppoanalista


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