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PSYCHOMEDIA
LIBRI - Recensioni e Presentazioni



Manuale di Psichiatria e Psicoterapia

Nicola Lalli

(Liguori ed., 1999 - L. 115.000)



Indice Generale del Manuale



Capitolo 1

MEDICINA E PSICHIATRIA: DALLA STORIA AL METODO

Data l'impossibilità, in questa sede, di ripercorrere la storia della Medicina, anche se alcuni accenni sono rinvenibili al Cap. 49 "Il rapporto medico-paziente", mi sembra necessario tracciare, almeno a grandi linee, il complesso rapporto tra Medicina e Psichiatria che sono sempre state, e per molti aspetti lo sono tuttora, collegate.
Dopo Ippocrate e Galeno che per secoli furono le uniche fonti del sapere medico, intorno al 1500, la Medicina fonda il suo statuto sulla brillante intuizione del Morgagni: cercare la sede e la natura della lesione per una razionale classificazione delle entità morbose. Per comprendere l'importanza di questa operazione rimando al Cap.10 "La nosografia dei disturbi psichiatrici".
Si costituisce cosi" un metodo che arricchirà sempre più la conoscenza dell'organismo umano, anche se il prezzo sarà quello di esaminare l'uomo esclusivamente al tavolo autoptico.
Il metodo sperimentale, successivamente, renderà possibile confermare le ipotesi e quindi non solo discernere l'opinione dalla certezza, ma soprattutto mettere in crisi il pensiero dogmatico che era stato fino allora dominante.
Comunque l'occasione di uno studio globale dell'uomo tramonta definitivamente proprio quanto più si afferma una sempre maggiore conoscenza dell'uomo, per il passaggio dall'anatomia patologica alla fisiologia.
La frattura tra soma e psiche, iniziata almeno un millennio prima, diventava sempre più irreversibile.
Pertanto quando nel 1700 una nascente disciplina, la Psichiatria, cercherà di ritagliarsi un proprio spazio sottraendo alle strettoie del pensiero teologico la comprensione del funzionamento della mente, inevitabilmente dovrà appoggiarsi alla Medicina.
Per liberarsi dalla demonologia, frutto del dogma religioso dell'incorruttibilità dell'anima, la Psichiatria dovrà accettare la corruttibili del cervello come paradigma di base: parto precipitoso che genererà il mostro della neuropsichiatria, tuttora vivente.
E' vero che ci furono numerosi tentativi, sia prima che dopo Mesmer, di proporre un metodo diverso: l'importanza delle relazioni interpersonali come causa del disturbo mentale e come possibilità di cura: per ulteriori approfondimenti rimando al Cap.49! "La relazione terapeutica".
Ma non ebbero molto successo. D'altra parte non si deve dimenticare che lo stesso S. Freud, ritenuto lo scopritore dell'inconscio e di una nuova disciplina per la ricerca e l'analisi della psiche, riteneva la "sua creatura" tutto sommato una buona fenomenologia utile solo fino a quando la biochimica non avrebbe svelato le vere cause del funzionamento psichico.
Uno dei pochi a mantenere la continuità del pensiero nato con gli ipnotisti fu P. Janet, unico ed onesto oppositore di Freud: proprio per questo considero P. Janet l'iniziatore della Psichiatria dinamica, come ho cercato di dimostrare nel libro da me curato "La passione sonnambulica".
Così la Psichiatria, nata per curare la psiche, rimarrà sempre più neuropsichiatria, cioè cura del cervello. Paradigma che alcuni ricercatori, anche se da posizioni diverse, hanno cercato di mettere in crisi proponendo una Psichiatria come disciplina autonoma, capace di essere interdisciplinare, ma comunque autosufficiente ed in continua ricerca come testimoniano numerosi incontri e le pubblicazioni.
Nel 1994 l'incontro - dibattito presso l'Aula Magna dell'università "La Sapienza" , propone un tema impegnativo "La psicoterapia e l'inconscio nel decennio del cervello", a cui hanno partecipato relatori di diversa estrazione culturale ed i cui Atti sono stati pubblicati su "Il Sogno della Farfalla" (n!4/1994). Successivamente, nel 1997, gli "Incontri di ricerca psichiatrica" i cui Atti sono stati pubblicati in "La medicina abbandonata" a cura di M.Fagioli. Infine il volume "L'isola dei Feaci.Percorsi psicoanalitici nella storia della psichiatria, nella clinica, nella letteratura" (Lalli N., 1998), editi da Nuove Edizioni Romane.
In questa ottica il rapporto tra Medicina e Psichiatria si modifica: quest'ultima, pur riconoscendo la propria derivazione dalla prima, cerca non di annullare, ma di superarne il metodo.
Nei prossimi quattro capitoli verrà offerta un'ampia panoramica sulla Psichiatria: intesa come disciplina che si interroga sulla natura dell'uomo, sulle cause della malattia mentale e sulle possibilità di una cura legata strettamente ad una relazione interpersonale. Per questo Psichiatria e Psicoterapia rimangono strettamente integrate e collegate.


Capitolo 2

PSICHIATRIA: MODELLI A CONFRONTO

Nicola Lalli - Agostino Manzi

parole chiave:
Psicoanalisi; fenomenologia; neuroscienze; psichiatria clinica;
psicopatologia; psichiatria sociale; comprensione; spiegazione.

Fin da quando la Psichiatria si è costituita come disciplina autonoma, ha cercato di elaborare modelli teorici che potessero dare ragione della genesi dei disturbi mentali.
Nel corso del tempo i modelli sono diventati non solo numerosi, ma spesso in netto contrasto tra di loro.
Questa peculiarità della psichiatria, se da una parte dimostra la complessità della materia, dall'altra ne denota l'origine che è legata a matrici diverse: quella filosofica, quella medica, quella psicologica, quella sociale.
La filosofia come riflessione sulla natura e il destino dell'uomo e come disciplina che si occupa della conoscenza.
La medicina che indaga non solo la normalità e la patologia dell'uomo, ma anche come metodo per fondare una terapia razionale.
La psicologia, sia generale che clinica, ha spesso fornito la base per la comprensione dei problemi psichici.
Le scienze sociali ed antropologiche che si occupano non dell'uomo "naturale", ma dell'uomo nella concretezza dei rapporti sociali e culturali.
La diversità dei modelli teorici è legata in gran parte alla differente importanza attribuita alle varie matrici culturali.
Ulteriore singolarità della Psichiatria è che questi modelli si sono alternati nel tempo, spesso per contrastare un modello divenuto troppo importante ed egemone.
Così la psicoanalisi è nata in parte come reazione all'organicismo, la fenomenologia in opposizione alla psicoanalisi e la psichiatria biologica contro una psichiatria divenuta eccessivamente psicologizzante.
In questo capitolo cercheremo, in un rapido excursus, di descrivere i principali modelli, soprattutto per sottolinearne gli aspetti distintivi.


Capitolo 5

PSICHIATRIA E BIOETICA

Chiara Lalli - Nicola Lalli

Parole Chiave
Sperimentazione; trapianto; espianto d'organo; eutanasia; accanimento terapeutico; statuto dell'embrione; qualità della vita; dignità della persona; I.V.G; deontologia; bioetica; etica; colpa metafisica; biotecnologia; tecnologia; legge 644; legge 194; donazione; living will; genetica.

Per comprendere l'importanza assunta in questi ultimi decenni dalla bioetica, basterebbe tener presente che nel 1995 il Consiglio Nazionale degli Ordini dei Medici e Odontoiatri aveva pubblicato, dopo un travagliato dibattito, un nuovo codice deontologico che andava a sostituire un codice che fondamentalmente basato sul giuramento d'Ippocrate, era rimasto immutato da decenni.
A distanza di soli tre anni, la FNOMCeO (con delibera del 3.10.98) promulga un nuovo codice che rispetto al precedente apporta sostanziali modifiche su molti argomenti, ma fondamentalmente sulla modalità del rapporto medico-paziente.
Al di là di un dato formale che è la sostituzione del termine "paziente" con quella di "cittadino" o in altri casi di "persona assistita", c'è una ridefinizione del rapporto medico-paziente "... in una prospettiva di rispetto reciproco e di fiducia in un'ottica paritaria".
E' una sorta di rivoluzione copernicana, perché pone il paziente al centro del processo della terapia con piena autonomia e dignità, in antitesi con il precedente atteggiamento paternalistico-autoritario da parte del medico.
Anche se per chi esercita la psicoterapia non c'è alcuna novità: da decenni proponiamo un rapporto basato sulla fiducia, sulla scelta autonoma del paziente e sulla libera autodeterminazione a collaborare nel processo di cura: non ultimo, da sempre definiamo il "paziente" come analizzando, eliminando anche l'ipocrisia del termine di "cittadino" o di "utente". Quindi per noi nulla di nuovo, certamente rivoluzionario è il nuovo assetto per il medico che si è sempre più arroccato in un ruolo iperspecialistico ed anonimo.
Ma quali sono i motivi di questo cambiamento?
Certamente le nuove frontiere tecnologiche e sperimentali, la lotta dei pazienti per acquisire la dignità di persone e non di casi clinici, la legge sulla privacy e tante altre novità hanno cambiato quel rapporto medico-paziente che da tempo si era sempre più deteriorato in un incontro tra un medico sempre più specialista ed asettico ed un paziente sempre più sfiduciato e rivendicativo.
Ma sicuramente un motivo determinante è legato all'avvento di nuove tecnologie che propongono una sfida formidabile che non riguarda solo l'uomo malato, ma l'uomo nella sua interezza, nel confronto con il significato della propria esistenza.
E questa sfida richiede che il rapporto medico paziente assuma una nuova raffigurazione ove la autonomia, la autodeterminazione e la fiducia del paziente siano possibili e garantite.
Ma cosa c'entra a questo punto, la psichiatria con la bioetica?
I motivi sono numerosi, ma mi soffermo soltanto su due.
Il primo riguarda il consenso informato (vedi cap. ...) che per essere valido deve essere fornito da un soggetto nella piena capacità di intendere e di volere (art. 32 C.D.). Ora è evidente che la incapacità di intendere e di volere non può essere limitata solo ad un banale deficit mnesico o ad una grave infermità psichica. Per essere capace di intendere e di volere, cioè per poter scegliere autonomamente e liberamente, quindi per mantenere il principio dell'autodeterminazione il paziente deve essere visto come persona, come storia, come individuo che può scegliere, più o meno liberamente, secondo le sue problematiche psicologiche. Questo non vuol dire che ogni paziente debba avere una consulenza psichiatrica, ma solo che ogni medico deve avere quel tanto di conoscenza dell'uomo come persona, e non solo come entità biologica, che lo renda capace di comunicare in maniera chiara e adeguata ed essere capace di recepire anche il senso più nascosto della risposta. Il medico non può essere capito se prima egli non capisce chi è e cosa gli dice il paziente.
Quindi questo presuppone una formazione psicologica e psichiatrica del medico, qualunque sarà la sua specializzazione ed il suo operare.
La seconda è ancora più importante.
Non è possibile affrontare problemi come l'eutanasia, l'accanimento terapeutico, l'inseminazione eterologa, l'interruzione di gravidanza ed altri ancora, senza sapere che queste tecniche o interventi evocano fantasmi, angosce, conflitti, da una parte e dall'altra, che non possono essere sconosciuti o ritenuti addirittura inesistenti.
Altrimenti in questo modo ogni ricerca sulla biologia o sul malato, sarà una ricerca dimezzata e quindi spesso inutile. La psichiatria, intesa come disciplina che si occupa del mondo interno dell'uomo, sia esso sano che malato, entra di diritto nell'ambito di questa ricerca interdisciplinare che è la bioetica.


Capitolo 7

TEORIE DELLO SVILUPPO PSICHICO

Nicola Lalli

Parole chiave
Deficit; conflitto; stadi di sviluppo; senso-motorio; pre-operatorio;
operatorio concreto; operatorio formale; zone erogene; stadi psicosociali; attaccamento; imprinting; narcisismo; Sé grandioso; infant-research.

Lo studente del corso di laurea in Medicina al V anno, improvvisamente, si trova a studiare una clinica -quella psichiatrica- non avendo compiuto alcuno studio propedeutico.
E' comprensibile quindi una difficoltà non solo ad inserirsi nello spirito di questa disciplina, ma soprattutto a cogliere il significato di molti concetti come personalità, sviluppo psichico, crisi ecc.
Pertanto ho ritenuto necessario proporre una panoramica ampia, ma sintetica, delle principali teorie dello sviluppo psichico per dimostrare non solo come a monte della clinica, ci sono studi ed osservazioni che ci rendono possibile la comprensione e la spiegazione delle varie sindromi, ma anche per evidenziare come possono esserci disaccordi su alcuni punti nodali dello sviluppo psichico.


Capitolo 8

MODELLO PSICODINAMICO DELLO SVILUPPO PSICHICO

Nicola Lalli

Parole-chiave
Affetti; emozioni; carattere; crisi; coscienza; inconscio; stato e struttura; modalità anaclitica; modalità diaclitica; modello complementare; epigenesi; temperamento; personalità; Io; Sé

In successione abbiamo esaminato i vari quadri di riferimento della psichiatria ed i modelli più accreditati dello sviluppo psichico, per approdare infine a una definizione di normalità-salute e di malattia.
A questo punto mi sembra necessario proporre il modello di sviluppo psichico che userò nel corso del Manuale, cercando di connotarne gli aspetti fondamentali e distintivi.
E' mia specifica preoccupazione cercare di mantenere il massimo della coerenza, pur accettando gli aspetti validi che provengono da teorie e modelli interpretativi diversi.
Questo modello definito complementare, è un modello psicodinamico che permetterà di cogliere sia le modalità di uno sviluppo sano e normale, sia la distorsione di questi processi evolutivi che determinano le singole patologie.
Infatti all'inizio di ogni capitolo riguardante le diverse patologie, si troverà un sottocapitolo titolato "Psicodinamica di..." che cercherà di spiegare il come e il perché di queste distorsioni.
Ma cosa intendiamo per psicodinamico?
Il termine dinamico è stato introdotto primariamente per distinguere i disturbi funzionali da quelli organici: in questo senso dinamico significava che il disturbo era di origine psicogena e quindi trasformabile. Successivamente si è costituito un corpus teorico sempre più ampio, fino a costituire uno dei filoni più importanti di questa disciplina che è la Psichiatria dinamica.
Per ulteriori approfondimenti rimando ad un libro affascinante che rimane tuttora un punto di riferimento fondamentale: "La scoperta dell'inconscio" di H. F. Hellemberger.
Attualmente il termine dinamico definisce la concettualizzazione di un apparato psichico che non solo è sempre in rapporto con il mondo esterno, ma è anche dotato di specifiche energie. Energie legate ai due istinti fondamentali dell'uomo: quello libidico e quello di morte; istinti che nel rapporto con la realtà esterna strutturano le diverse istanze psichiche come le emozioni, gli affetti, l'immagine corporea, la coscienza eccetera, costituendo così quell'unità dell'uomo che viene definita carattere.
Data la complessità del problema, ritengo utile dividere il presente capitolo in quattro parti:
1) Considerazioni generali. In questa parte cercherò di proporre precise definizioni di alcuni concetti che molto spesso sono usati come fossero intercambiabili, generando così solo confusione. Mi riferisco a termini come temperamento, carattere, personalità, Io, Sé, che provengono da teorizzazioni diverse ed hanno quindi significati diversi.
2) Modello complementare: dagli istinti alle relazioni interpersonali. Cercherò di descrivere brevemente le peculiarità di questo modello, definito appunto complementare, proponendo le istanze fondamentali dell'apparato psichico che strutturano il carattere.
a) il concetto di istinto e la teoria duale;
b) la dinamica della nascita;
c) l'inconscio;
d) le emozioni e gli affetti;
e) il vissuto corporeo;
f) la coscienza;
g) senso di identità.
3) A partire da questi elementi di base, cercherò di esporre un modello di sviluppo che per crisi successive porterà alla costituzione di un carattere sano, accennando anche ai motivi che possono indurre una distorsione di questo processo creando le varie psicopatologie.
4) Stato e struttura. Dopo aver esaminato le varie vicissitudini pulsionali e relazionali che comportano la struttura dell'apparato psichico che quindi presuppone una stabilità, dobbiamo tener presente che ogni individuo vive quotidianamente l'alternanza di tre stati della mente (utilizzo il termine mente per connotare la complementarietà funzionale del Sistema Nervoso Centrale e dell'apparato psichico) che sono rispettivamente: Veglia - Sonno - Sogno.


Capitolo 9

ELEMENTI DI PSICOPATOLOGIA DINAMICA

Nicola Lalli

Parole chiave
Delirio; sensazione; percezione; rappresentazione; illusione allucinazione; pensiero; percezione delirante (P.D.); coscienza; psicopatologia fenomenologica; psicopatologia dinamica; modificati stati di coscienza (M.S.C.); manierismo; autismo; depersonalizzazione; spiegare; comprendere; epistéme; doxa; certezza; verità; realtà; introiezione; proiezione; immagine; metodo;
paradigma; Erlebnis; Praecoxgefühl; Überstieg.

Scrivere di psicopatologia è compito arduo e complesso, non solo perché ne esistono modelli diversi e quindi si finirebbe con lo scrivere una sorta di storia della psichiatria, ma soprattutto perché in una visione non riduttiva, la psicopatologia diventa una teoria della clinica. Il che equivarrebbe a scrivere un altro libro in aggiunta al presente che invece è prevalentemente clinico, perché descrive, ordina e spiega i diversi quadri clinici, ma non soprattutto si sofferma a considerare i processi e i percorsi teorici che hanno indotto a quelle conclusioni. Per fare questo bisognerebbe scrivere una "Teoria della clinica": in attesa cercherò di definire cosa si intende per psicopatologia dinamica. La psicopatologia dinamica è una disciplina che si occupa non solo di comprendere e spiegare l'evento psicopatologico nella sua formazione e nel suo manifestarsi, ma anche di modificare quella psicopatologia dal momento che è stata evidenziata. Quindi non disciplina asettica, puramente osservativa e descrittiva, ma prassi perché inevitabilmente il cogliere la psicopatologia porta l'osservatore (psichiatra - psicoterapeuta) a modificarla.
In parte è quanto già proposto nei vari capitoli: da "Il modello dello sviluppo psichico" ai sottocapitoli di psicodinamica che precedono la descrizione dei diversi quadri clinici.
Pertanto nel presente capitolo mi occuperò in maniera più specifica ed articolata dei problemi metodologici e teorici della psicopatologia.
In primo luogo la problematica inerente l'osservazione e la comprensione del paziente (vedi anche capitolo 11 e 49) che apre inevitabilmente al problema più generale del processo della conoscenza.
Qual è la corrispondenza tra la realtà di ciò che viene osservato e quanto noi percepiamo, come può influire l'osservatore, per quanto o in quanto partecipe, nella conoscenza dell'altro? E quel che percepiamo dell'altrui realtà, è una nostra costruzione o invece corrisponde ad una realtà oggettiva? La conoscenza dell'altro avviene attraverso gli stessi canali percettivi che ci permettono la conoscenza della realtà materiale, oppure c'è qualcosa in più e di diverso che ci permette di cogliere la realtà umana soprattutto nella sua espressività psicopatologica?
Inevitabilmente queste domande si collegano strettamente ad una domanda essenziale che seppure non esclusiva della ricerca psichiatrica, trova nella espressività psicopatologica, una maggiore profondità ed una possibile conferma. Quale è lo specifico della natura umana? Se la specificità è l'attività psichica quali sono le peculiarità di questa: come si forma e che rapporto c'è tra attività psichica e biologia?
Non sarà possibile dare una risposta esaustiva a tutti i problemi e per questo ho preferito intitolare il capitolo "Elementi di psicopatologia"; però è anche vero che una risposta è possibile, almeno per i problemi fondamentali.
La complessità delle tematiche esposte, può comportare, pur nella comunanza di una visione globale, alcune differenze. Per questo ho diviso il capitolo in due parti. Nella prima, oltre un sintetico profilo storico, saranno trattati quesiti metodologici e teorici ed alcuni fenomeni psicopatologici di particolare rilievo.
Nella seconda, sarà dato spazio ad alcuni autori che riprendono alcune tematiche fondamentali (come l'affettività, il delirio, le allucinazioni) alla luce di una teoria completa e complessiva dello sviluppo e del manifestarsi dello psichico, che è quella di M. Fagioli.
L'unicità del capitolo e la divisione in due parti, implica una convergenza di vedute, ma anche alcune differenze. Credo che le differenze rappresentino stimoli per una ulteriore ricerca.


Capitolo 21

LA PATOLOGIA PSICOSOMATICA (o malattie psicosomatiche)

Nicola Lalli

Parole chiave
Evento psicosomatico; dualismo; fantasia inconscia; conversione; modello psicoanalitico; alexitimia; modello psicobiologico

Il problema della psicosomatica poteva essere affrontato in maniera più semplice, descrivendo i vari quadri dei disturbi attualmente ritenuti appartenenti alla psicosomatica: come l'ulcera duodenale, l'ipertensione arteriosa, l'asma allergica, alcune dermatosi eccetera.
Ho preferito invece proporre una problematica più ampia, per sottolineare la necessità, per meglio comprendere e definire qiesto "misterioso salto dallo psichico al somatico" di tener presente non solo che la patologia psicosomatica si situa al confine tra disturbi conflittuali e disturbi strutturali, ma anche la complessità del rapporto tra soma e psiche.
Non è pertanto strano che la psicosomatica rappresenti un punto di incontro o di scontro tra teorie molto diverse: alcune privilegiando esclusivamente l'aspetto psicologico, altre quello biologico.
Mi sembra utile per una migliore comprensione del problema proporre ambedue i modelli (modello psicoanalitico e modello psicologico), ma mi sembra necessario proporre anche un modello che coerentemente con l'impostazione del Manuale ritrovi alla base del disturbo psicosomatico, una particolare situazione conflittuale costituita dal carattere alexitimico.


Capitolo 22

LA SINDROME BORDERLINE E I DISTURBI DI PERSONALITA'

Nicola Lalli

Parole chiave:
Borderline; impulsività; narcisismo; disturbo d'identità; maschera; normotico; idealizzazione; scissione; identificazione proiettiva; sentimento di vuoto; personalità psicopatica;
personalità paranoide; personalità narcisistica; personalità isterico-istrionica;
carattere schizoide; acting-ou;, nomotetico; idiografico; big-five; approccio categoriale; approccio dimensionale; delirio di rapporto sensitivo.

La sindrome borderline ed i connessi disturbi di personalità coprono una gamma ampia, a volte eterogenea, di patologia psichica.
E' necessario sottolineare che uso il termine disturbo di personalità perché ormai entrato nel lessico psichiatrico e per ora non facilmente sostituibile; nella nosografia del presente Manuale, più correttamente e coerentemente, si dovrebbero definire come "disturbi strutturali del carattere", insieme alle perversioni sessuali
Il termine borderline, notevolmente inflazionato, indica quel campo magmatico e nebuloso di una psicopatologia al limite tra psiconevrosi e psicosi: delle prime conservando il corretto esame della realtà, delle seconde l'utilizzazione di alcuni meccanismi difensivi arcaici come, ad esempio, l'identificazione proiettiva .
In questo capitolo propongo invece una diversa visione del problema, visione già esposta in altri scritti.
Ritengo che la diagnosi di borderline rappresenti una diagnosi controtrasferale: quando il terapeuta ritiene proponibile per un paziente una psicoterapia, ma teme una possibile rottura psicotica nel corso del trattamento, esprime con questa diagnosi la propria perplessità ed il timore.
Ciò premesso ritengo che esistano tratti caratteristici della sindrome borderline.
O. Kernberg ne delinea, per primo, l'aspetto psicodinamico caratterizzato da: diffusione di identità, uso di meccanismi difensivi molto primitivi (negazione, scissione, onnipotenza, identificazione proiettiva), esame di realtà conservato.
J. Gunderson invece ne dà una connotazione più descrittiva: basso rendimento lavorativo, impulsività, tentativi di suicidio dimostrativo, livello di adattamento superficiale, disturbo nei rapporti interpersonali con prevalenza di rabbia e depressione. Da questo momento il concetto di borderline entra di diritto nella clinica psichiatrica, tanto da essere riportato nel DSM IV.
I dati più significativi, sul piano psicodinamico, sono i seguenti. Il borderline mostra una netta prevalenza di impulsi ostili che rendono difficile una integrazione con le valenze positive e creano una frattura nella personalità. Frattura che non è orizzontale, ovverosia basata sul meccanismo della rimozione, bensì verticale basata sul meccanismo della scissione (splitting). Questa struttura di personalità si manifesta con una maschera agita a livello sociale e con una dimensione psichica molto disturbata che si esplicita invece nei rapporti interpersonali ed affettivi.
Questi ed altri tratti psicopatologici possono raggrupparsi variamente: la preponderanza di uno o più di questi tratti dà luogo a quelle entità cliniche che definiamo appunto "disturbi di personalità".
Il DSM IV ne distingue ben dieci sottotipi: troppi per essere di qualche validità diagnostica.
Ritengo più probabile che si possano distinguere nell'ambito della sindrome borderline cinque sottotipi: la personalità psicopatica, il carattere schizoide, la personalità isterica (o istrionica), che per motivi psicodinamici sono descritti a parte o assimilabili ad altre categorie diagnostiche (vedi cap. MMM), e la personalità narcisistica e quella paranoide, che saranno invece descritte in questo capitolo.


Capitolo 24

LE PERVERSIONI SESSUALI O PARAFILIE

Nicola Lalli

Parole chiave
Perversione; sado masochismo; voyerismo; pedofilia; esibizionismo; desiderio; erotismo; diniego; disumanizzazione.

Il concetto di perversione sessuale è abbastanza complesso perchè ci troviamo di fronte ad un disturbo globale della personalità che non sempre riguarda specificamente il comportamento sessuale.
Inoltre se cerchiamo di definire quale sia il comportamento sessuale "normale" rischiamo di incorrere o in una rigidità astratta, oppure in un relativismo tale, ove sarebbe difficile discernere il normale dal patologico.
Inoltre ben sappiamo che fattori culturali e sociali possono notevolmente influenzare il concetto di normalità sessuale.
Pertanto ritengo utile dopo un breve excursus storico proporre una possibile spiegazione della sessualità e della sua complessità, per evidenziare quali possono essere gli aspetti patognomonici della perversione, e quindi arrivare a descriverne i diversi quadri clinici.


Capitolo 25

LE TOSSICODIPENDENZE

Gabriele Cavaggioni - Marco Conte - Romana Panieri

Parole chiave
abitudine; assuefazione; astinenza; comunità;
craving; dipendenza fisica; dipendenza psichica;
tolleranza; tossicodipendente;

La tossicomania rappresenta un problema drammatico sul piano sociale, complesso e difficile sul piano terapeutico.
La dipendenza da sostanze tossiche non è certamente un fatto nuovo o recente: comunque almeno tre dati differenziano la tossicomania da altre patologie, come per esempio l'alcolismo.
La tossicità delle sostanze (come l'eroina) che inducono rapidamente fenomeni di dipendenza; la fascia sociale colpita che è costituita da giovani o giovanissimi; l'alto rischio per le malattie infettive (oltre l'Aids, non è da sottovalutare l'epatite virale di tipo B e C).
Le cause di questo fenomeno sono molte e sono state ampiamente discusse e pubblicizzate.
Credo però che non sia stata valutata sufficientemente l'analogia con una certa mentalità della cultura occidentale, che il tossicomane esprime in maniera esasperata e drammatica e che si fonda sull'onnipotenza e sulla negazione. L'occidentale mediamente vive l'illusione onnipotente che può distruggere, inquinare, consumare oltre il necessario, senza alcuna conseguenza, negando quindi l'irreversibilità di molte degradazioni ambientali.
Come il tossicomane che onnipotentemente è convinto di dominare la droga, che potrà smettere quando vorrà, negando l'irreversibilità della sua tendenza, e il rischio di una malattia mortale.


Capitolo 38

IL CONCETTO DI STRESS

Nicola Lalli

Parole chiave
Stress; adattamento; reazione di allarme; coping; situazioni estreme; trauma

Il termine stress entrato ormai nell'uso scientifico e comune indica genericamente uno stato di malessere, più o meno grave, dovuto a una situazione traumatica. L'origine del termine è singolare: viene mutuato in medicina dall'ingegneria ove è utilizzato per indicare il massimo di tensione sopportabile da una struttura rigida in condizioni di sollecitazione: quindi equivalente di elasticità che può essere maggiore o minore fino a giugere alla rottura.
In psichiatria il termine stress viene utilizzato come equivalente di trauma psichico e implica il grado di risposta e di adattamento al trauma.
In questo capitolo cercherò di evidenziare I punti qualificanti del concetto di stress; in due successivi capitoli fornirò ulteriori spunti di riflessione su due specifiche situazioni: la morte psicogena e le situazioni estreme.


Capitolo 39

LA MORTE PSICOGENA

Nicola Lalli - Romana Panieri

Parole chiave
Dualismo cartesiano; psicosomatica; stressors; sistema vegetativo; ipnosi; "lavaggio del cervello"; voodoo

La morte psicogena rappresenta un esempio estremo del disturbo da stess.
Per quanto se ne parli molto, spesso a sproposito, è un argomento su cui la letteratura è piuttosto scarsa e non sempre convincente, soprattutto perchè questi eventi sono conosciuti più attraverso racconti che casi direttamente osservati.
Abbiamo ritenuto opportuno rileggere questo fenomeno anche sul piano storico e culturale evidenziando come il concetto di morte psicogena sia stato utilizzato a seconda delle teorie vigenti in quel momento.
Comunque il fenomeno, al di là delle difficoltà di spiegazione, esiste e può rappresentare un campo di riflessione molto interessante per capire come gli aspetti emotivi e/o affettivi possano indurre alterazioni estremamente gravi nel soma dell'uomo, fino alla morte.
Esamineremo in successione:
1) considerazioni generali
2) una possibile spiegazione
3) lo stress e la morte psicogena


Capitolo 42

LA COPPIA: FORMAZIONE E CRISI

Nicola Lalli

Parole chiave
Partner, coppia, idealizzazione, Io negativo,
desiderio di immortalità, identità, individuo.

Dopo lo sviluppo psichico che trova nell'adolescenza la fase ultima e ricapitolativa delle crisi precedenti, l'avvenimento più significativo per l'adolescente, dopo la socializzazione, è sicuramente il momento della formazione della coppia.
Cercare di capire come e perché si forma la coppia, quali sono le modalità normali e quali le nascoste conflittualità che potrebbero, più o meno acutamente, comprometterne la continuità ed avere una conseguenza negativa nello sviluppo degli eventuali figli.
Sia ben chiaro che la coppia non è ancora la formazione della famiglia, ma è certamente una fase importante della realizzazione del ciclo vitale che può essere influenzata da numerosi fattori: psicologici, sociali, culturali.


Capitolo 43

LE FAMIGLIE SEPARATE: PROBLEMATICHE E INTERVENTI

Silvia Mazzoni

Parole chiave
Separazione; divorzio; copione; démariage; conflitto costruttivo; attaccamento;
triadificazione; cogenitorialità; famiglie ricomposte; consulenza familiare; mediazione familiare (M.F.).

La formazione della coppia e l'eventuale progettualità di costituirsi come famiglia, rappresenta, nel ciclo vitale dell'individuo, uno dei momenti più importanti che si snoda in una serie di fasi, più o meno significative, che possono essere destabilizzanti. Di qui la necessità di una continua "negoziazione" nella coppia, per mantenere la stabilità nella pur necessaria evoluzione.
Ma non sempre questo accade, come dimostrano i dati ISTAT (del 1996): un matrimonio su sei termina con una separazione. Statistiche in difetto se si tiene conto che, molte separazioni di fatto, non arrivano a quella legale, e che pertanto sfuggono alle rilevazioni.
Sicuramente ci troviamo di fronte ad una situazione molto diversa rispetto a quella di qualche decennio fa: una grande mobilità che porta non solo alle separazioni, ma anche a un fenomeno nuovo, perlomeno per l'ampiezza, che sono le famiglie ricomposte.
Comunque una separazione, per quanto utile e necessaria in molti casi, è pur sempre la rottura di un legame che può -come sottolinea l'autrice- comportare un vissuto di lutto, nel migliore dei casi, oppure una lunga battaglia emotiva e procedurale.
Pertanto è necessario che figure competenti aiutino le coppie in questa difficile transizione: la mediazione familiare rappresenta una delle modalità operative più significative, che però non deve essere confusa con la psicoterapa della coppia.
La mediazione familiare, pur mutuando alcuni concetti teorici ed operativi della terapia sistemico-relazionale, presenta un suo statuto teorico ed operativo ben definito, come verra descritto nel seguente capitolo.
Per ulteriori approfondimenti si rimanda al capitolo "La coppia: formazione e crisi"e, per comprenderne le differenze, al capitolo "La psicoterapia psicoanalitica della coppia"


Capitolo 46

DISTURBI SESSUALI: DISFUNZIONI E DEVIAZIONI

Patrizia Pansini

Parole chiave
omosessualità, impotenza, frigidità.

Possiamo parlare di disturbo o disfunzione sessuale solo quando questo aspetto è compromesso in maniera molto specifica ed il sintomo è centrato fondamentalmente sul comportamento sessuale. In questo senso potremmo dire che i comportamenti realmente ascrivibili alla patologia della sessualità sono quelli della funzione: quindi l'impotenza e la frigidità. Infatti, quanto più il disturbo è indice di una complessa alterazione della personalità, e quindi la sessualità è implicata solo secondariamente, tanto meno potremmo parlare di disturbi della sessualità.
La sessualità, intesa come modalità di rapporto con il diverso, evidentemente è disturbata in tutte le manifestazioni psicopatologiche: non esiste alcun disturbo psicopatologico ove non sia compromessa la sessualità.


Capitolo 47

IL SUICIDIO

Gabriele Cavaggioni

Parole chiave
suicidio; melanconia; inconscio

Gesto drammatico, spesso definitivo, che pur legato a motivazioni diverse, presenta la tendenza a mantenere un tasso d'incidenza abbastanza stabile nel tempo.
Tuttavia, nelle statistiche vengono considerati solo i casi chiari e conclamati di suicidio, sfuggono invece tutte le condotte suicidarie (per esempio tossicomanie, alcolismo ecc.) e molti incidenti mortali che ritenuti dovuti al caso, sono invece dei suicidi mascherati.
Sicuramente il suicidio è legato a una patologia spesso evidente, mi riferisco soprattutto alla depressione ed alla schizofrenia. Molte volte invece la patologia non è evidenziabile: e allora il gesto assume un significato ancora più drammatico e ripropone domande sul perché e sul significato del suicidio.
Soprattutto se si pensa che dopo le situazioni traumatiche, il suicidio occupa il secondo posto come causa di morte negli adolescenti.
Ma non meno drammatico è il suicidio di persone anziane; forse comprensibile in soggetti soli ed ammalati, diventa incomprensibile in soggetti creativi ed ancora validi. Certamente il suicidio rimane un gesto che deve essere elaborato, molto più della morte, da parte di chi resta.


Capitolo 48

ELEMENTI DI IGIENE MENTALE

Luigi Frighi

Parole chiave
Benessere; norma; conformismo; prevenzione primaria;
prevenzione secondaria; prevenzione terziaria; nuova cronicità; emigrazione;
ecologia urbana; disastri; qualità della vita

L'igiene mentale è una branca molto importante della psichiatria che, tra le altre cose, si preoccupa di elaborare, tramite studi specifici sulla popolazione a rischio, strategie finalizzate soprattutto alla prevenzione primaria.
Intendiamo per prevenzione primaria tutte quelle pratiche dirette ad eliminare i fattori che possono provocare o favorire l'insorgenza di disturbi psichici: è in questo campo che l'igiene mentale esplica l'azione più specifica e positiva.
Mentre è la psichiatria ad intervenire sia nelle cosidetta prevenzione secondaria, che consiste nell'intervenire il più precocemente possibile al fine di ridurre la durata e l'intensità del disturbo psicopatologico, sia nella prevenzione terziaria, che si limita a ridurre gli effetti dell'handicap e quindi si identifica con il concetto di riabilitazione.
Gli attuali CIM, che svolgono un'attività clinica ambulatoriale (operando, quindi, una prevenzione secondaria) erano nati invece proprio come Centri di Igiene Mentale, cioè volti alla prevenzione primaria, con l'intento di fornire informazioni di igiene mentale per migliorare la qualità della vita e favorire lo sviluppo delle capacità personali.
Pertanto l'igiene mentale dovrebbe occupare una parte rilevante nella politica sanitaria perché, in termini di costi economici e di costi personali, prevenire rimane molto più efficace che curare
Ma l'igiene mentale si occupa anche di un fenomeno sempre più importante e che tende a cambiare la struttura socioculturale della nostra società: l'immigrazione.
Lo studio delle particolari condizioni culturali e delle specificità di molte forme patologiche presentate dagli immigrati, comporta anche, nell'ambito dell cura, la capacità di sapere adattare il proprio operato a tali particolarità: in questo senso l'Igiene Mentale ha notevoli affinità con la Psichiatria Transculturale (vedi cap. nnn).


Capitolo 50

IL CONSENSO INFORMATO

Francesco Tucci - Serena Tucci

Parole chiave
Consenso informato; comunicazione; deontologia; negozio giuridico; atto giuridico;
stato di necessità; privilegio terapeutico; codice deontologico.

Negli ultimi decenni il rapporto medico-paziente si è radicalmente modificato: da una situazione di totale fiducia e di massima autorità del medico, si è giunti ad una situazione di sfiducia, spesso di sospettosità.
Numerosi i motivi che comunque non sono tutti imputabili al medico: stranamente si è determinata una relazione inversamente proporzionale tra capacità terapeutica della medicina e grado di fiducia da parte del paziente.
Comunque bisogna prendere atto di questa inversione di tendenza che mette sempre più al centro dell'atto medico la libertà e l'autonomia di scelta del paziente: tanto che, secondo una giurisprudenza sempre più accreditata, l'atto medico è considerato potenzialmente illegittimo e lesivo e pertanto perseguibile. Atto illegittimo che può essere rimosso solo da uno stato di necessità, nei casi previsti dalla legge, o soprattutto e quasi sempre dalla decisione del paziente che, tramite una corretta informazione, può dare il suo consenso.
Pertanto il cosiddetto consenso informato che, giustamente, l'autore tende a dividere in due momenti: informazione completa e corretta da parte del medico e consenso libero da parte del paziente, diventa atto fondamentale e parte integrante di qualsiasi procedimento diagnostico e terapeutico.
Poiché la validità del consenso informato dipende dalla capacità di intendere e di volere del paziente, risulta chiaro che in campo psichiatrico le difficoltà possono essere ancora più complesse.
Comunque, fatta salva la libertà del paziente di accettare o meno l'intervento terapeutico, non bisogna dimenticare che l'imperativo fondamentale del medico rimane quello di agire secondo scienza e coscienza nell'interesse del paziente.
Il presente capitolo espone in maniera chiara ed esauriente la problematica del consenso informato: se la lettura non risulterà immediatamente comprensibile, ciò è dovuto sia alla particolare difficoltà del tema, sia alla scarsa tendenza del medico a comprendere il linguaggio giuridico.
Comunque è necessario tener presenti le indicazioni sopra riportate, mentre per ulteriori approfondimenti rimando ai capitoli "Il rapporto medico-paziente e la relazione terapeutica" e "La malpractice in psicoterapia".


Capitolo 53

CONSIDERAZIONI CRITICHE SULL'USO E L'EFFETTO DEGLI PSICOFARMACI.

Parole chiave:
psicofarmaci; oggetto transizionale; phármacos; phármacon; processo; inconscio; ambivalenza; psicoterapia; cultura della droga.

In questi due capitoli sono state raccolte alcune riflessioni sull'uso e sull'effetto degli psicofarmaci sia per comprendere come questi abbiano influenzato il percorso della psichiatria, sia come l'effetto sintomatico possa aver indotto a proporre modelli del funzionamento mentale, parziali e riduttivi.
Con questo non si vuole demonizzare l'uso dello psicofarmaco, ma semplicemente ricondurlo a quella che é la sua funzione: ausilio sintomatico soprattutto utile nei disturbi psicotici.
Inoltre si propone un modello: l'equiparazione all'oggetto transizionale che offre una spiegazione per un uso più razionale dello psicofarmaco soprattutto in vista di una concomitante o successiva psicoterapia.


Capitolo 59

LA PSICOTERAPIA DI COPPIA SECONDO L'OTTICA ANALITICA

Paolo Gentili

Parole chiave
Diade; collusione; legame; motivazione; spazio transizionale; riequilibramento; reciprocità; autoregolazione; stallo.

La psicoterapia di coppia nasce come superamento della terapia individuale, che molto utile per una maturazione personale, non potendo tener conto delle dinamiche intrapsichiche dell'altro partner e della complessità di quelle interpersonali, può a volte portare ad un ulteriore aggravamento della tensione all'interno della coppia.
Quindi la psicoterapia della coppia, che ha un modello teorico ed operativo peculiare, è indicata in particolari contingenze come una coppia già costituita, che a causa di particolari momenti del ciclo vitale o per eventi traumatici, può entrare in una fase di stallo o di aperta conflittualità.
In questi cas,i le possibilità di poter esaminare contemporaneamente le dinamiche intrapsichiche e interpersonali della coppia, permette al terapeuta di comprendere l'origine della difficoltà e soprattutto i motivi dello stallo e della conflittualità per modificare al meglio l'assetto e la progettualità della coppia .
Pertanto psicoterapia della coppia non è sinonimo di riconciliazione forzata, ma tentativo di far raggiungere alla coppia un equilibrio più funzionale e più maturo. Oppure accelerare un'eventuale separazione, ma facendo sì che questa avvenga nel modo meno traumatico possibile.
Per ulteriori approfondimenti rimando ai capitoli "La coppia: formazione e crisi", "Le famiglie separate: problematiche ed interventi".


Capitolo 60

LA "MALPRACTICE" IN PSICOTERAPIA

Nicola Lalli - Nicoletta Giacchetti

Parole chiave:
Psicoterapia, malpractice, responsabilità professionale, consenso informato,

Dopo aver esaminato I vari problemi etici e deontologici (vedi Cap. ....) attinenti alla psichiatria e alla psicoterapia, mi sembra utile ritornare a descrivere altri possibili rischi connessi con questa complessa e delicata attività terapeutica, riferendomi ad alcune situazioni che costituiscono una vera e propria "malpractice". Termine che letteralmente significa "cattiva pratica".
Nel riportare alcuni casi ove la giurisdizione soprattutto americana si è espressa in maniera non equivoca, ritengo utile proporre al lettore italiano, alcune situazioni limite che potrebbero presentarsi nell'ambito dell'esercizio di questa professione. Sono fermamente convinto che quanto prescritto dal Codice Civile e Penale e soprattutto dal Codice Deontologico, non sempre copre l'intero arco delle possibili infrazioni e che pertanto dovrebbe essere compito degli Ordini Professionali, proporre un codice deontologico ancora più specifico per


Capitolo 61

TERAPIA INTEGRATA DELLE PSICOSI

Parole chiave:
riabilitazione psichiatrica;
crisi; terapia neurolettica,
Centro Diurno; teoria; prassi.

Sulla possibilità o meno di una terapia efficace e razionale delle psicosi si gioca, nei prossimi anni, la credibilità della psichiatria. E perché una terapia sia efficace e razionale, deve rifarsi necessariamente non solo ad una teoria dello sviluppo psichico, ma soprattutto ad una teoria delle cause che determinano e che sostengono la situazione psicopatologica.
Il rischio maggiore per la psichiatria rimane sempre quello di una prassi che non nasca da una reale conoscenza dei meccanismi patogeni, ma che utilizza modelli esplicativi parziali e non dimostrabili che sono elevati successivamente e surrettiziamente a paradigmi scientifici: l'esempio più evidente è il modello di funzionamento mentale derivato dall'uso degli psicofarmaci.
Occorre ricordare, anche a rischio di essere monotoni, che gli psicofarmaci sono stati scoperti per caso, il che dimostra che non esisteva nessuna teoria, anche parziale e sommaria che indirizzasse alla ricerca di queste molecole. Ma il danno più evidente è stato non già l'uso degli psicofarmaci sui sintomi psicopatologici, quanto piuttosto l'uso, potremmo dire quasi ideologico, di alcuni risultati. Poiché gli psicofarmaci presentano interazioni con i diversi neuromediatori, l'eccesso o il deficit di questi è stato ritenuto la causa delle malattie psichiatriche.
"Queste ipotesi sono chiamate farmacocentriche perché sono ricavate dallo studio non dalle malattie, ma dai farmaci che le influenzano. (...) Su questi modelli artificiali delle malattie mentali vennero trovati migliaia di composti (...) Il fatto che fossero dotati delle proprietà caratteristiche dei loro prototipi, scoperti casualmente, venne considerata una controprova della validità delle ipotesi dopaminergiche e aminergiche sopra citate. Era invece la conseguenza inevitabile del fatto che i farmaci privi di queste caratteristiche venivano scartati immediatamente, senza sottoporli a alcuno studio clinico". Queste affermazioni di un famoso psicofarmacologo B. Silvestrini, denunciano sia l'errore metodologico di base, sia il rischio che altri prodotti magari efficaci, siano stati scartati sulla base di una ipotesi non attendibile.
Ma aggiungerei un'ulteriore considerazione: il problema centrale è che molti modelli esplicativi della psicopatologia sono dedotti dal comportamento delle cavie in laboratorio e pertanto al massimo, si riducono a due soli comportamenti che sono l'eccitamento e il rallentamento motorio. E sulla base di questi due dati molto riduttivi e sommari si dovrebbe poi spiegare non solo la psicopatologia (eccitamento maniacale e schizofrenia nel primo caso, depressione nel secondo) ma si continuano a cercare altri psicofarmaci. Questa impostazione di base comporta la convinzione di poter scoprire farmaci sempre più selettivi per influenzare singole emozioni o singoli comportamenti umani. E' una impostazione che definirei la sindrome del tiro a segno o ancora meglio una sorta di delirio di precisione: localizzare siti neuronali sempre più specifici deputati alle dinamiche umane più svariate e poi trovare lo psicofarmaco che vada a colpire selettivamente quel singolo sito. Concezione che ha del delirante dal momento che negli ultimi decenni le acquisizioni sul SNC e sul suo funzionamento, portano sempre più a considerare questo organo come un insieme per cui ogni singola azione su di un sito cerebrale si riverbera su tutto il SNC e non come un conglomerato di centri deputati a singole funzioni. Questa teoria detta "localizzatrice" nata in ambito della neurologia non è più accettata nemmeno dalla neurologia stessa per spiegare i disturbi neurologici.
Evidentemente c'é un peccato originale che sembra pesare sulla psichiatria: l'incapacità di studiare la psicopatologia a partire dall'uomo malato e non dagli animali di laboratorio. E quel peccato originale sembra attualmente, anche se in maniera meno vistosa, aver condizionato gli studi sulla cosiddetta riabilitazione psichiatrica, che erede della crisi delle speranze terapeutiche riposte nella psicofarmacologia, sembra incamminarsi su di un sentiero ancora più pericoloso della stessa psicofarmacologia.
Se per riabilitazione si intende un insieme di tecniche volte a migliorare singole funzioni in una sorta di apprendimento forzato, allora possiamo dire che il rimedio (la riabilitazione) è peggiore del male (la psicofarmacologia).
Infatti non solo manca qualsiasi presupposto teorico ma il malato mentale è equiparato ad un qualsiasi portatore di handicap al quale si deve cercare solo di rendergli la vita più facile. L'abbattimento delle barriere architettoniche per gli handicappati è segno di grande civiltà e senso sociale, ma non ha nulla a che vedere con una terapia. Non è un caso che molti AA, anche famosi, nel campo della riabilitazione psichiatrica si rifacciano a tecniche comportamentiste vetuste e superate come il premio-punizione, a secondo di comportamenti accettabili o sbagliati da parte del paziente, modalità che sembra più vicina ad un ammaestramento da animali da circo che ad un trattamento di pazienti che hanno bisogno di ben altro.
Se per riabilitazione intendiamo invece che la terapia dello psicotico deve essere necessariamente integrata e rivolta anche alle componenti sociali e familiari, che se non sono la causa possono essere sicuramente un fattore di cronicizzazione o di peggioramento della crisi iniziale, allora possiamo essere d'accordo.
Ma non basta una definizione, bisogna proporre una teoria della psicosi ed una prassi coerente ed articolata.
E' quanto sarà esposto nel capitolo "La crisi psicotica: un modello d'intervento".
Dopo un breve excursus sulle varie concezioni della riabilitazione descriveremo un modello operativo che da alcuni anni viene, sulla base di una teoria ben precisa, attuata presso il Centro Diurno dell'Azienda USL Roma D sito in via Vaiano, 53. Nel gennaio del '95 i colleghi A. Cantini, M. Dario, G. De Simone, E. Stocco, G. Vendrame si sono trovati nella fortunata condizione di dover costituire ed avviare un Centro Diurno riabilitativo in un quartiere della periferia di Roma. La scelta sul tipo d'intervento da effettuare cadde senza indugi su quella che all'epoca veniva definita riabilitazione terapeutica che si contrapponeva alla riabilitazione socio-assistenziale. Si proponeva quindi un intervento basato sulla "crisi" tale da mettere in gioco la staticità del paziente al fine di evitare quella cronicizzazione che viene considerata evoluzione naturale della psicosi, ma che, al contrario, spesso potrebbe essere intesa come patologia iatrogena.
E' evidente la complessità del problema che rende ragione anche del fatto che sono state proposte modalità d'intervento spesso molto diverse. Poiché un Manuale di Psichiatria deve essere coerente, ma non dogmatico, aperto ma non acritico, seguiranno due capitoli che propongono due diverse modalità di terapia integrata delle psicosi. Modelli che pur nella diversità ritengono il rapporto interumano lo strumento fondamentale di qualsiasi intervento psichiatrico.
Al capitolo "La crisi psicotica: un modello d'intervento" seguirà "Terapia integrata dei disturbi schizofrenici" ove M. Bordi esporrà una modalità diversa d'intervento che si collega alla teorizzazione di G. C. Zapparoli.


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