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PSYCHOMEDIA
LIBRI - Recensioni e Presentazioni


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Prefazione al libro di Antonio Imbasciati

Psicologia Medica

(Liviana Medicina-Idelson, Napoli, 1993)



La riforma degli studi medici, nota come nuova Tabella XVIII, è attualmente al suo sesto anno di applicazione: a partire da quest'anno, dunque, avremo medici laureati con il nuovo piano di studi e la conseguente nuova preparazione. Una delle più cospicue innovazioni della riforma riguarda la preparazione psicologica dei prossimi futuri medici. Infatti nel vecchio ordinamento esisteva un solo esame, e solo complementare, intitolato "Psicologia": titolo generico e riduttivo, in quanto dire psicologia è come dire medicina; tante sono le discipline psicologiche (esiste anche l'apposita laurea), così come tante sono le discipline mediche. Una formulazione così riduttiva, unita al fatto che la materia era complementare (si sa che nei complementari si prendeva 30 con assai poca fatica!) ha fatto sì che i nostri medici uscissero, non semplicemente sprovvisti di qualunque cognizione psicologica (per chi non dava neanche quell'esame), ma con l'illusione (per quelli che lo davano) che il sapere psicologico era ben poca cosa. Dunque, più che ignoranza -mi si perdoni la parola- si trattava di misconoscenza; di illusione di sapere; di scotomizzazione di un vasto campo scientifico.
Il nuovo ordinamento prevede, per i futuri medici, un esame di psicologia generale al primo anno, uno di psicologia medica al quarto anno ed uno di psicologia clinica al quinto: si rimedia dunque, anche se con un ritardo tipicamente italiano, ad una lacuna nella preparazione che è necessaria al medico. Nessuno dubita, né ha mai dubitato, che una formazione psicologica fosse necessaria: ma il curriculum formativo dei nostri medici, non solo li ha privati di tale competenza, ma ha prodotto una mentalità illusoria e mistificante: che tale competenza fosse ben poca cosa, basata sul buon senso (se non sul senso comune: il che è ben peggio!) e non su una preparazione scientifica. Questa coincidenza storico culturale ha prodotto molti inconvenienti ed una sorta di letargo, nella classe medica, dal quale ci si è svegliati bruscamente quando si è constatato che l'emergente professione degli psicologi copriva aree che si pensava fossero di pertinenza medica: esemplificative sono state le vivaci vicende circa l'esercizio della psicoterapia.
Il nuovo ordinamento degli studi medici restituisce al medico italiano una competenza della quale a lungo e a torto è stato privato: ma l'effettiva applicazione di quanto predisposto dal legislatore sulla carta, e l'effettiva acquisizione di una competenza psicologica, incontrano non pochi ostacoli; la resistenza al cambiamento è enorme. Regna confusione e ignoranza anche all'interno della stessa università: si confonde per esempio la Psicologia Medica con la Psicologia Clinica e tutte e tre con la Psicoterapia. La più mistificata è la Psicologia Medica, in quanto, mentre la Psicologia Clinica e le psicoterapie (al plurale!) le hanno ormai definite e costruite in Italia gli psicologi (di psicologi ne abbiamo ormai un numero che si avvicina a centomila!), la Psicologia Medica è ancora tutta da costruire: nelle Facoltà Mediche, appunto; ma proprio qui, per la secolare misconoscenza che si è accumulata nei colleghi medici, il compito è quanto mai difficile; e complicato dal particolare clima che regna nelle nostre facoltà.
Il libro intende appunto, come dice il sottotitolo (Ambiguità dei medici italiani e fondazione scientifica della disciplina) superare queste difficoltà, delineare una chiara e scientifica definizione di questa disciplina e delle sue aree di applicazione, nonché porre le basi perché essa possa essere davvero appresa dai futuri medici. L'intento non si è presentato facile: per chiarire le idee in tal campo è stato indispensabile mettere in luce lo sfortunato aspetto della cultura medica italiana e tratteggiare di conseguenza un quadro impietoso, ponendo in evidenza pregiudizi, ignoranza e presunzioni dei nostri medici. In altri termini si è dovuto mettere il dito sulla piaga, costituita dall'impreparazione assoluta dei colleghi ed ancor più dalla loro illusione (o presunzione) di essere competenti. Qualcuno pertanto, che scorra frettolosamente il libro, potrebbe anche sentirsi offeso: ma se avrà la pazienza di leggerlo attentamente, capirà che l'intento è proprio quello di rendere i medici più edotti e preparati; e restituire al medico italiano una competenza che gli spetta: non per scienza infusa (o trasfusa dalla pratica medica, come ingenuamente si crede, ma per acquisizione scientifica; della quale purtroppo, egli è stato privato.
Non è facile, d'altra parte, chiarire le idee laddove regna non la semplice ignoranza, ma il pregiudizio: ossia una serie di false concezioni circa il sapere psicologico.
Il testo è incentrato sul capovolgimento dell'ottica tradizionale delle scienze biomediche: questa consiste nell'osservare e conoscere l'oggetto, ovvero il paziente. Tale modello va bene per il corpo, ma non per la mente. Per conoscere quest'ultima, l'accento deve essere posto, non tanto sull'oggetto conosciuto, quanto sull'interazione del soggetto conoscente con l'oggetto che sta conoscendo, che in questo caso è un altro soggetto. Lo studio del rapporto medico-paziente, peculiare fuoco della Psicologia Medica, deve allora esser rivolto più al medico, e alla sua formazione interiore, che al paziente. Altrimenti la "mente", che si vorrebbe conoscere, viene reificata, come fosse corpo e con essa inevitabilmente si reifica la persona del paziente. In altri termini occorre che il medico impari a usare non solo il modello oggettivistico che è utile applicare nelle scienze biomediche, ma anche quello intersoggettivo e relazionale che è necessario nelle scienze umane e nelle scienze della comunicazione. Per acquisire questo modello, che manca nella formazione del medico italiano, è necessario impostare una Psicologia Medica centrata essenzialmente sul medico: una formazione psicologica che riguardi, non acquisizioni nozionistiche sui vari tipi psicologici di pazienti, ma consapevolezza di se stessi e della propria interiorità; la quale sempre, al di là di ogni intenzione e spesso al di là di ogni coscienza, viene messa in giuoco quando il medico si occupa dei suoi pazienti.
Ci auguriamo pertanto che questo testo, per molti aspetti pionieristico, possa essere conosciuto dai medici italiani; e possa contribuire a far superare le difficoltà che nella nostra università ostacolano l'applicazione effettiva, e non solo sulla carta, della riforma degli studi medici, con particolare riguardo a quelle che riducono o tendono a snaturare l'efficienza formativa delle discipline psicologiche.


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