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PSYCHOMEDIA
LIBRI - Recensioni e Presentazioni



Gioia Gorla

Il se' spezzato
Psicologia della lesione spinale traumatica


Edizioni Magi, Roma, 2010
ISBN: 978-88-7487-269-5
(pp. 183, 16.00 euro)

Recensione di Piero Porcelli






Questo libro e' una testimonianza professionale e scientifica importante, per certi versi preziosa, come viene detto nella Prefazione di Paola Carbone. E' infatti la prima pubblicazione organica in Italia su un dramma incommensurabile, la lesione spinale traumatica, vista dallâottica di uno psicologo, con linguaggio semplice e profonda elaborazione dell'esperienza personale. L'autrice e' una psicologa psicoterapeuta di Firenze che ha raccontato in questo volume la propria esperienza presso l'Unita' Spinale del CTO dell'Ospedale di Careggi nel capoluogo toscano, prima Unita' Spinale ad essere istituita in Italia nel 1978. All'autrice e all'editore Magi di Roma faccio i miei personali complimenti per aver voluto questa pubblicazione.

La lesione spinale traumatica (in inglese spinal cord injury), secondo dati epidemiologici riportati nel volume, ha un'incidenza di 18-20 casi all'anno di media, il 60% dei quali dovuti ad incidenti stradali e sportivi (con uguali proporzioni di paraplegia e tetraplegia), seguiti da infortuni sul lavoro e atti violenti, e colpisce piu' frequentemente i maschi (in rapporto di 4 a 1 con le donne), con due picchi di eta', 29 e 59 anni. Due fasi di vita che stanno per iniziare, quindi, l'eta' adulta e l'anzianita', si interrompono bruscamente e l'esistenza successiva al trauma e' interamente dedicata per queste persone a ricostruire cio' che e' possibile del proprio "Se' spezzato". Come nota acutamente Gioia Gorla, a differenza di quanto viene generalmente detto nella letteratura soprattutto psicoanalitica e fenomenologica, qui e' il Leib (corpo patico, vissuto, soggettivo) a diventare improvvisamente Koerper (corpo oggettivo, anatomico, meccanico): non ho piu' il "mio" corpo, il corpo che sono, quello in cui mi identifico io e che mi identifica come persona, quello con cui ho vissuto l'intera vita perche' sono io stesso; adesso io ho un corpo meccanico rotto, che non funziona piu', che non e' piu' mio ma con cui sono costretto a convivere. In un certo senso, il trauma introduce non solo una discontinuita' forte nell'unita' temporale dell'identita' personale ma una scissione profonda nell'unita' mente-corpo: da un lato, le emozioni vivissime e spesso rabbiose e disperate, e dall'altro il corpo irrimediabilmente danneggiato (ne sono testimonianza le storie toccanti dei pazienti narrate nel libro, spesso in prima persona dal paziente stesso). Non a caso, nel libro viene citato e utilizzato il modello biopsicosociale che mira proprio all'integrazione delle funzioni biomediche, psicologiche e sociali dell'individuo. Il libro della Gorla mette a fuoco quest'aspetto importantissimo del lavoro: lo psicologo ha il compito di "pensare" l'integrazione che ne' il paziente (che ha subito le conseguenze del trauma come scissione e discontinuita') ne' gli operatori (giustamente assorbiti dai singoli aspetti riabilitativi) riescono a pensare.

Il libro di Gioia Gorla mi ha colpito per due aspetti centrali. Il primo e' il resoconto della difficolta' condivisa fra paziente e terapeuta di questa situazione-limite. E' infatti una situazione-limite soprattutto per il paziente (perche' nessuno di noi e' preparato a vivere un'esistenza di questo tipo) ma anche per il terapeuta, perche' saltano via tutte le coordinate esperienziali e teoriche che costituiscono l'armamentario dello psicologo.
Il secondo aspetto e' l'acume dell'autrice che mostra come in realta' le armi professionali dello psicologo possono essere efficaci anche in questi casi. Il lettore e' infatti portato piano piano a comprendere come siano utilizzabili le categorie classiche del lavoro terapeutico (di derivazione soprattutto psicodinamica) anche per affrontare questa situazione al limite della pensabilita'. Infatti le due grandi sezioni del libro riguardano i costrutti teorici che possono essere utilizzati in questo setting del tutto atipico per uno psicologo e le modalita' del lavoro psicologico in questo setting.
I costrutti principali a cui si fa riferimento sono agli stadi del processo di accettazione della morte della Kubler-Ross (rifiuto e isolamento, collera, patteggiamento, depressione e accettazione), il Locus of Control, lo stress post-traumatico, il modello di impotenza/disperazione (helplessness/hopelessness) di Engel e Schmale, i meccanismi di difesa della psicoanalisi, i modelli di attaccamento (i nuovi rapporti di dipendenza riattivano o innescano ex-novo modelli di attaccamento particolari non solo nel paziente ma anche ö ad esempio ö nei genitori quando il trauma riguarda un figlio).
Il lavoro psicologico sul campo e' particolarmente difficile ma, come ci dimostra Gioia Gorla, non impossibile. Il libro discute delle varie fasi del lavoro di accompagnamento del paziente dalla dolorosa prima consapevolezza della sua nuova condizione, al lungo processo di adattamento, all'accettazione della dipendenza dagli altri; della particolarita' dell'alleanza di lavoro con un paziente che non ha nulla del classico paziente in psicoterapia; del lavoro da fare necessariamente su due fronti, con il paziente e con i familiari. Di grandissimo interesse sono le parti del libro dedicate all'integrazione con il gruppo curante ed alla necessita' di raggiungere un'elevata coesione inter-disciplinare che sembra essere la chiave di volta per un intervento psicologico efficace. L'autrice usa infatti la metafora del team sportivo per indicare come l'intervento dei vari ruoli del gruppo terapeutico debba essere modulato nei tempi giusti a seconda delle fasi dell'azione terapeutica, con le varie figure professionali che si alternano vicendevolmente in primo piano o sullo sfondo. I 6 punti (pp. 108-109) che vengono indicati dall'autrice sono quasi delle linee-guida da adottare per il lavoro psicologico e forse estrapolabili anche in altri contesti riabilitativi simili.
Chiude il libro la traduzione in Appendice di un capitolo del testo fondamentale in questo settore, Spinal Cord Injuries. Comprehensive management and research, pubblicato nel 1973 da Ludwig Guttman (1899-1980), neurochirurgo tedesco emigrato nel Regno Unito durante il periodo nazista, che fondo' allo Stoke Mandeville Hospital di Aylesbury nel Buckinghamshire la prima Unita' Spinale nel 1944 per i reduci della seconda guerra mondiale e che e' ancora oggi uno dei maggiori centri specialistici al mondo per questo problema.

    Indice

      PREFAZIONE (Paola Carbone)

      RINGRAZIAMENTI

      INTRODUZIONE

      I - DOPO IL TRAUMA: IL MONDO DEL PAZIENTE CON LESIONE SPINALE

    • Significati del trauma
    • Il danno organico
    • Il ricordo del trauma
    • Un Se' spezzato
    • L'adattamento
    • Verso una vita nuova

      II - STUDI E RICERCHE

    • Un pioniere: Ludwig Guttmann
    • La visione globale della riabilitazione di Roberta Trieschmann
    • Gli stadi dell'adattamento
    • "Locus of control" e "valutazione del Se'"
    • La relazione tra i pazienti e gli operatori
    • La qualita' di vita dopo la lesione spinale
    • Disturbi psichiatrici collegati alla lesione spinale

      III - ACCOMPAGNARE IL PAZIENTE NEL PERCORSO RIABILITATIVO

    • L'integrazione dei diversi interventi
    • L'alleanza col paziente
    • Modulare gli interventi

      IV - LO PSICOLOGO ENTRO L'UNITA' SPINALE

    • Le difficolta' degli inizi
    • Tempi e spazi per l'intervento
    • La definizione della propria identita'

      V - IL LAVORO DELLO PSICOLOGO CON I PAZIENTI

    • La valutazione psicologica
    • I meccanismi di difesa
    • Il tipo di attaccamento
    • Casi particolarmente difficili

      VI - IL LAVORO DELLO PSICOLOGO CON I FAMILIARI

    • La richiesta di essere aiutati
    • I colloqui con lo psicologo
    • Il gruppo di discussione

      CONCLUSIONI

      Appendice I: Le Unita' Spinali in Italia

      Appendice II: "Aspetti psicologici" (1973), di Ludwig Guttmann

      BIBLIOGRAFIA

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