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PSYCHOMEDIA
LIBRI - Recensioni e Presentazioni



Silvia Corbella

Storie e luoghi del gruppo


Raffaello Cortina Editore






    Indice

    Ai gruppi di appartenenza che mi hanno accompagnato e mi accompagnano nella mia storia, luoghi di incontro e di scambio.

  • Presentazione

  • Parte prima
    Aspetti teorici del lavoro di gruppo

  • CAPITOLO I
    Quale statuto epistemologico per il gruppo?
    Complessità-supplementazione-complementarità e il circolo ermeneutico
    Utilizzo pragmatico della precedente concettualizzazione
    Dall’Homo natura all’Homo persona
    I fondatori della gruppoanalisi, i teorici delle relazioni oggettuali e dello sviluppo del Sé
    Pichon-Rivière e la scuola argentina
    Conclusioni

  • Capitolo II
    Una concettualizzazione del piccolo gruppo
    Il gruppo come oggetto immaginario
    Lo spazio del gruppo
    Elementi costituenti le dinamiche gruppali
    Il tempo del gruppo
    La dialettica fusione-individuazione
    Gli universi relazionali e gli assunti di base
    Il concetto di campo
    Rete e matrice
    Conclusioni


  • Parte seconda
    Il gruppo nella clinica

  • Capitolo III
    La selezione dei pazienti per il gruppo: indicazioni e controindicazioni
    I primi colloqui con funzione diagnostica
    Diagnosi dinamica
    Indicazioni e controindicazioni alla terapia di gruppo
    La funzione del Genius Loci
    L’importanza della dimensione corporea nel gruppo
    Il fenomeno del rispecchiamento
    Conclusioni

  • Capitolo IV
    La formazione del gruppo
    Omogeneità ed eterogeneità
    Le modalità relazionali, la dimensione orizzontale del transfert, la
    profondità laterale
    Il gruppo come oggetto immaginario nella mente del paziente
    La quarta ferita narcisistica. Che dire al paziente ?
    L’accordo terapeutico e gli attacchi al dispositivo
    Le regole del gruppo
    Il primo gruppo terapeutico
    Conclusioni

  • Capitolo V
    Il divenire del gruppo nella spirale del tempo

    A) La fase iniziale del gruppo
    Il gruppo fra fusione e individuazione
    Il senso di appartenenza
    Inizio del lavoro terapeutico

    B) Le regressione terapeutica nel lavoro gruppale
    Variabili specifiche gruppali relative alla regressione
    Riattualizzazione della fase fusionale arcaica
    Riattualizzazione della fase adolescenziale

    C) Femmine e maschi nel gruppo terapeutico
    Un sintetico excursus storico-sociologico
    Dalla fusionalità all’individuazione:verso l’identità di genere
    Tematiche edipiche
    Dagli stereotipi alla relazione personale

    D) La funzione dei ruoli nei gruppi
    Uso regressivo del ruolo
    I ruoli come maschere:rappresentazione sincrona del passato e del futuro
    L'uso dei ruoli come sonda verso il futuro

    E) Movimenti di individuazione
    Aspetti negativi della fusionalità
    Ineludibilità del movimento di individuazione
    Il terapeuta come modello genitoriale capace di pensiero nel gruppo
    Dalla riattualizzazione di una arcaica fusionalità ad un movimento di individuazione caratterizzato da ambivalenza e da aspetti fallico-narcisisti
    Rivalità edipica e movimenti di individuazione "fallico-genitale"

    F) Le trasformazioni delle modalità difensive nel processo
    terapeutico di gruppo
    Difese dal caos e dalla massificazione
    Difese specifiche gruppali nei confronti del cambiamento trasformativi

    G)Edipo nel processo gruppale
    Analisi della tragedia edipica in tutte le sue articolazioni
    Edipo figlio non desiderato
    La corte di Polibo e Peribea, modello ideale di gruppo
    Il conflitto edipico e le sue potenzialità maturative
    Importanza di una coppia genitale-genitoriale matura
    Riproposta delle tematiche edipiche nel gruppo, nel riattraversamento della
    fase adolescenziale
    Il conflitto intergenerazionale

    H) L’assunzione dei ruoli genitori-figli nella terapia di gruppo
    Il peccato originale

    I) La funzione della storia nel gruppo
    Conclusione positiva di un percorso terapeutico individuale nel lavoro di gruppo

  • Capitolo VI
    Sognare e pensare di gruppo e nel gruppo
    Il paradigma dell’et-et e l’importanza del contenuto manifesto del sogno

    A) Il sogno nel gruppo
    Sogni dono
    Sogni in cui viene rappresentata un’immagine del gruppo
    Sogni “messaggi” a proposito della vita del gruppo
    Sogni avamposti esplorativi
    Il paradosso del sogno
    Il processo di costituzione del sogno

    B) Il sogno e il pensiero di gruppo come facilitatori del rapporto fra inconscio-preconscio-conscio, mondo interno-mondo esterno
    Il sé sognante e il preconscio, ruoli potenziali per ogni partecipante nel divenire del tempo gruppale
    La fondazione arcaica e intersoggettiva del preconscio, il co-sé
    La funziona gamma e l’origine del preconscio

    C) La fase del consolidamento del sé, base per il costituirsi del pensiero e del rapporto oggettuale
    Acting out come forma primitiva di comunicazione
    L’acting out nei gruppi di pazienti con disturbi di personalità:la nascita psicologica, la nascita del pensiero
    Dall’impensabilità alla pensabilità di un evento traumatico
    La drammatizzazione di un “incorporato” traumatico e la sua pensabilità
    Dei diritti e dei doveri: dalla colpa alla responsabilità

    D) Dal pensare di gruppo al pensare in gruppo
    Potenzialità distruttive del gruppo
    Il processo di costituzione del capro espiatorio
    Il presentificarsi della cultura del non detto
    Esperienze di Amore e Odio nel lavoro di gruppo

    E) La funzione interpretativa nel gruppo

    F) Una convergenza operativa tra analisi di gruppo e psicodramma
    Dalla teoria alla prassi
    Il prosieguo e l’ampliamento dell’esperienza:lo scambio
    Considerazioni conclusive sugli effetti dell’esperimento nei miei gruppi
    Riflessioni di Boria
    Considerazioni conclusive sugli effetti dell’esperimento nel gruppo abitualmente condotto con metodologia psicodrammatica
    Riflessioni di Boria e mie
    Conclusioni al termine dall’esperienza

    G)Sognare e pensare di gruppo e nel gruppo: apertura ad uno spazio creativo

  • Capitolo VII

    Il lavoro di gruppo nel campo istituzionale
    Gruppi omogenei a tempo determinato
    Il tempo come variabile pre-determinata
    Terapia di gruppo a breve termine e terapia di gruppo a tempo limitato
    Terapia di gruppo a breve termine
    Gruppi a tempo limitato
    L’adolescenza attuale e l’assunzione di droghe
    Adolescenti e gruppo a tempo limitato
    Un gruppo di due anni all’interno di una casa alloggio
    Gruppi omogenei a tempo limitato per pazienti con problemi di dipendenza
    Gruppi omogenei a tempo limitato per persone vittime di traumi
    La funzione del conduttore nei gruppi omogenei a tempo determinato

  • Parte terza
    Il gruppo come strumento di formazione

  • Capitolo VIII

    Il gruppo nelle formazione
    Le origini della formazione attuale
    Cosa significa “formare”’?
    Le implicazioni etiche della formazione
    Perché il gruppo
    Sogni e gruppi di formazione
    Formare in gruppo alla psicoterapia
    La supervisione di situazioni cliniche e dinamiche di gruppo
    Conclusioni

  • Capitolo IX

    L’osservazione partecipante
    L’evoluzione delle fantasie e dei vissuti in un’esperienza di osservazione partecipante
    L’osservazione e le tecniche di gruppo
    L’esperienza di osservazione partecipante
    Il momento antecedente all’ingresso nel gruppo: le fantasie scopofiliche e le angosce persecutorie dell’osservatore e del gruppo
    Il clima emotivo delle prime sedute: una situazione schizoparanoidea
    La circolarità maniaco-depressiva nelle prime fasi dell’osservazione
    L’elaborazione dei conflitti precedenti in rapporto alle modificazioni del quadro grazie all’inserimento di nuovi pazienti nel gruppo
    L’abbandono delle fantasie di onnipotenza, l’assunzione di una certa potenza
    l’osservatore come “modello di crescita”


    Riflessioni conclusive sull’esperienza

    La conduzione di un gruppo di osservatori partecipanti
    Fase di assimilazione:l’osservatore “cassa di risonanza” del gruppo di esperienza
    L’osservatore come realizzazione dell’Ideale dell’Io narcisistico megalomanico
    Momento di individuazione: “mi oppongo,dunque sono ”
    L’osservatore di fronte al conflitto edipico
    L’osservatore come modello di crescita.Attuazione effettiva del progetto di apprendimento

    Conclusioni

    Bibliografia



Presentazione

Parlare di storie e luoghi del gruppo non può prescindere dall’interesse di chi scrive per il lavoro clinico e la ricerca teorica sulla terapia di gruppo. Poiché ritengo l’individuo ed il gruppo punti diversi di un continuum, la mia formazione e ricerca all’interno del pensiero e dell’ esperienza psicoanalitici sono procedute di pari passo a quelle all’ interno del pensiero e dell’esperienza gruppale, con reciproco arricchimento.
Fondamentali anelli di congiunzione fra questi due percorsi personali e professionali sono stati gli scritti di Foulkes all’interno della ricerca gruppoanalitica e di Bion nell’ambito di quella psicoanalitica e gruppale, e tutti gli scritti di quegli psicoanalisti che sono stati definiti i teorici delle relazioni oggettuali.
Ritengo valga la pena ricordare che il libro di Foulkes “Analisi terapeutica di gruppo” uscì nella traduzione italiana da Boringhieri nel 1967, prima dunque sia della traduzione di “Esperienze nei gruppi” di Bion (1971), sia degli scritti dei teorici delle relazioni oggettuali all’interno del pensiero psicoanalitico; questi ultimi cominciarono ad essere tradotti in Italia dall’inizio degli anni '70. Credo legittimo ipotizzare che l’ incontro con la traduzione del primo libro di Foulkes (in cui l’assunto costante è la natura sociale dell’individuo, considerato come risultante da molteplici interrelazioni) abbia facilitato gli psicoterapeuti italiani ad accogliere le successive traduzioni dei teorici delle relazioni oggettuali.
E’ doveroso però aggiungere che non ho cercato verifica a questa ipotesi, che potrebbe essere una generalizzazione o anche una proiezione della mia personale esperienza.
La lettura nel 1970 del primo libro di Foulkes e nel '71 di quello di Bion e in seguito nel '73 di “E Zarathustra parlò ancora..” di Lopez, che fra l’ altro ebbe come suo docente all’istituto di psicoanalisi di Londra Foulkes medesimo, mi ha fatto avvicinare ai teorici delle relazioni oggettuali con grande interesse e disponibilità mentale e mi ha fatto accogliere con molto piacere e curiosità l’uscita in italiano nel 1976 del secondo libro di
Foulkes “La psicoterapia gruppoanalitica”.
Diversi lavori di terapeuti di gruppo, pur rivendicando la specificità del lavoro gruppale, sottolineano l’arricchimento che è derivato dalla conoscenza degli scritti di alcuni teorici della relazione di oggetto e della psicologia del Sé.
Mi pare inoltre lecito sostenere che l’affermarsi del paradigma relazionale anche all’interno del pensiero psicoanalitico è cronologicamente avvenuto in parallelo con il consolidarsi della terapia di gruppo in Italia e nel mondo.
Non credo che questo sia casuale, ma che evidenzi, quantomeno nell’ambito terapeutico, la consapevolezza della centralità delle relazioni per l’ essere umano e quindi anche l’importanza dei gruppi di appartenenza, da quello della famiglia di origine a quelli che via via si incontrano nel corso dell’esistenza.
A questo proposito voglio ricordare come sia stato per me importante, in ambito professionale, formarmi come analista individuale e di gruppo all’ interno del gruppo di allievi prima, e colleghi poi, della S.P.I.(Società di Psicoanalisi Italiana) e dell’A.P.G. e degli amici e colleghi che facevano e fanno capo alla rivista, ormai ventennale, de “gli argonauti”.
L’A.P.G. (Associazione di Psicoterapia di Gruppo), di cui sono divenuta nel tempo didatta e supervisore, nacque nel 1979 dall’istituzionalizzazione dello storico “gruppo dei gruppisti”, con la presidenza di Vanni.
Voglio qui ricordare anche un altro importante mio gruppo di appartenenza, quello della C.O.I.R.A.G. (Confederazione di Organizzazioni Italiane per la Ricerca Analitica sui Gruppi) fondata nel 1981 dalle principali Società Italiane di ricerca, analisi e terapia di gruppo, che è stato ed è luogo di confronto e di scambio fra terapeuti di diversa formazione, così come patrocinatrice di seminari e convegni e stimolo alla partecipazione agli incontri internazionali sulle diverse aree di ricerca con e attraverso il
gruppo.
Dal 1993 inoltre la C.O.I.R.A.G. ha costituito una “Scuola di Specializzazione in Psicoterapia” in cui sono docente di “Metodologia e tecnica di gruppo” e responsabile dell' area della psicoterapia individuale e di gruppo, per l'Istituto di Milano Il mio contributo al “Trattato di psicoanalisi” (1988) su “Le variazioni di tecnica nella terapia di gruppo” è dunque indicativo del mio piacere di integrare le mie duplici identità professionali, quella di psicoanalista individuale e di analista di gruppo.
Il titolo di questo libro viceversa vuole evidenziare lo specifico terapeutico gruppale e far comprendere come la storia che si viene costruendo in ogni gruppo possa esserne appunto uno specifico e fondamentale fattore terapeutico, quando il gruppo si costituisca come spazio transizionale e come luogo reale e metaforico di incontro e di scambio e quindi di trasformazione.
Il progetto di questo libro in un primo momento era nato dal desiderio di riunire, rivisitandoli e integrandoli, alcuni degli articoli che dal 1977 ad oggi ho scritto sui gruppi, mantenendo ciò che avessi ritenuto ancora valido e modificandone gli aspetti che nel tempo e nello scambio con altri studiosi avessi potuto meglio capire ed approfondire.
Viceversa nel corso del lavoro ho aggiunto molte parti nuove stimolata a sviluppare ulteriormente la mia ricerca teorica, che non prescinde mai dalla verifica nella clinica ma anzi in questa si radica, da alcuni spunti e riflessioni presenti nei “vecchi” articoli che mi hanno posto interrogativi e desiderio di confronto nel dialogo con i colleghi, i pazienti e gli allievi ed anche con le vicissitudini della vita quotidiana.
Il libro è diviso in tre parti e affronta il divenire del piccolo gruppo nella teoria, nella clinica e nella formazione.
La parte sulla clinica costituisce la struttura portante ma è stata scritta mantenendo costante la relazione dialettica fra teoria e prassi.
Ritengo che il libro offra una modalità di lettura aperta; può essere letto dall’inizio o da qualsiasi argomento si desideri approfondire.
Al termine della stesura di questo scritto che mi ha impegnato a lungo con momenti di piacere, fatica e curiosità, desidero esprimere un grazie particolare :
al mio papà, mancato prima che potessi raccontargli il mio interesse per il gruppo, ma che da sempre mi ha incoraggiato a osare la mia strada e ad approfondire le mie curiosità
a Carlo Zucca Alessandrelli e a Ferdinando Vanni che per primi con generosità mi hanno comunicato e trasmesso entusiasmo per il lavoro di gruppo.
alla mia mamma, a Leonardo Taschera e a Daniela Pizzagalli miei attenti e costruttivamente critici lettori che mi hanno accompagnato con grande pazienza e affettuosa solidarietà durante tutta la stesura
A Irina per il suo esserci e per il sostegno.


Nota Biografica

Mi sia permesso un rapido excursus relativo alla mia storia di terapeuta di gruppo e ai miei luoghi di scambio. La relazione imprescindibile fra soggetto e oggetto di osservazione immette immediatamente nelle tematiche dell’epistemologia contemporanea e mi assolve, almeno parzialmente, dalla possibile accusa di eccesso di narcisismo.
Ritorno dunque indietro nel tempo, a quando, laureata in filosofia e iscritta al secondo anno della Scuola di specializzazione in psicologia dell’Università Statale di Milano, stavo facendo il tirocinio all’Ospedale “Paolo Pini” con la docenza e la supervisione di Ferradini e Zapparoli.
Fu durante una supervisione di casi clinici che sentii per la prima volta Zapparoli proporre per un paziente la terapia di gruppo, motivando le ragioni di quella scelta, e ricordo che provai disagio, inquietudine e curiosità. In quel periodo stavo pensando di iniziare un’analisi personale, ben felice che fosse ritenuta dai miei docenti la scelta più opportuna per chi aveva il progetto di diventare psicoterapeuta a indirizzo analitico
(ancora non mi permettevo di riconoscere il mio desiderio di fare “ da grande” la psicoanalista). Come spesso avviene nei confronti delle situazioni che si temono, avevo un atteggiamento di fondo svalutativo nei confronti del lavoro terapeutico di gruppo, di cui fino a quel momento avevo solo letto articoli qua e là. In quell’occasione mi venne alla mente che nel 1963, ancora studente ginnasiale ma già affascinata dalla lettura di alcuni scritti di Freud tradotti in italiano, avevo visto sul “Corriere Della Sera” un articolo riguardante un congresso internazionale di psicoterapia di gruppo a Milano. Dalla lettura di quell’articolo, che allora mi era parso un po’ confusivo, ne era uscito rinforzato il mio nascente interesse per la psicoterapia individuale, in particolare per la psicoanalisi. Mi pare di ricordare che nell’articolo si sostenesse fra l’altro la possibilità di stabilire con gli individui relazioni di tipo collettivo ed anche il principio che se la società fa ammalare deve anche essere in grado di far guarire.
Allora l’idea di dare in pasto il mio malessere ad un “sociale” non meglio definito mi aveva fatto orrore. Da “buona” figlia unica, avevo sempre un pó temuto il confronto con il gruppo, anche quello fra pari, quindi nel momento in cui mi permettevo di fantasticare un mio percorso terapeutico vagheggiavo di ritrovare un rapporto duale privilegiato, o almeno così da me presunto tale.
Quando, sul finire del corso di specializzazione in psicologia, telefonai a Vanni per un primo appuntamento e lui mi domandò se volessi iniziare un trattamento analitico individuale o di gruppo, ricordo di aver risposto con un atteggiamento tra l’incredulo e il risentito:”individuale ovviamente”. Con la scienza del poi ritengo che non fosse un caso che avessi scelto come analista proprio Vanni, che sapevo benissimo aver lavorato con Diego Napolitani alla comunità “Omega” ed essere stato fra i primi che a Milano si
erano occupati e si occupavano di terapia di gruppo.
Nel frattempo infatti, pur continuando a mantenere un atteggiamento diffidente, all’iniziale spaventato rifiuto nei confronti del gruppo si era venuto sostituendo un sentimento di ambivalenza. Questo perché, nel corso del mio tirocinio al “Paolo Pini”, avevo potuto seguire con curiosità ed attenzione lo sviluppo del lavoro terapeutico con i gruppi, che veniva svolto per l’ambulatorio. In quel contesto si stavano mettendo le basi per strutturare un training in terapia di gruppo. Questo training faceva riferimento a incontri e ricerche condotte da neo-terapeuti di gruppo in supervisione proprio da Vanni.
Alcuni colleghi ed amici del “Pini” avevano iniziato a fare gli “osservatori partecipanti” in questi gruppi terapeutici e ne parlavano come di un’ esperienza complessa e difficile ma molto arricchente e stimolante. Si era così formato un gruppo di neo-terapeuti e osservatori arricchente e stimolante. Si era così formato un gruppo di neo-terapeuti e osservatori partecipanti sotto la guida appunto di Vanni, gruppo che allora si era ironicamente autodefinito il “gruppo dei gruppisti”.
Nel settembre del 1975, terminata l’analisi individuale con Vanni grazie alla quale compresi e superai anche la mia ambivalenza per il lavoro di gruppo, in attesa di iniziare l’analisi didattica per divenire allieva della SPI, cominciai a partecipare come osservatrice ad un gruppo terapeutico, per il servizio di psicologia clinica del “Paolo Pini”, condotto dalla dott.sa Balestri.
Il 1975 fu, non a caso, anche l’anno della nascita di mia figlia; oggi mi viene da pensare che l’analisi mi aveva aiutato, fra l’altro, ad andare oltre i rapporti duali idealizzati anche perché fantasticati come potenzialmente fusionali; ero riuscita a superare la paura dell’altro da me e a riconoscerne il valore e l’aspetto fondante anche per il costituirsi e
il consolidarsi della mia personale identità.
Finalmente potevo senza troppa paura cominciare ad affrontare anche concretamente la complessità del reale; complessità del reale che avevo creduto di poter affrontare sul piano teorico, dedicandomi con passione allo studio della filosofia, in particolare della filosofia teoretica e dell' epistemologia.
Con curiosità ed entusiasmo, ma anche con timore e tremore, mi preparavo così a passare dalla teoria alla prassi, dal pensiero della complessità, alla vita in una più consapevole complessità, cercando sempre di mantenere anche uno spazio di riflessione che mi permettesse di tornare alla teoria. In particolare per quanto riguarda la terapia di gruppo, che mi pare rappresentare nell’area clinica l’ambito per eccellenza in cui si invera la complessità, ho sempre cercato di affrontare i problemi all’interno di una costante tensione dialettica fra teoria e prassi.
Nel tentativo di tener fede a questo compito mi sono state di grande aiuto le letture degli scritti (via via sempre più numerosi) sulla terapia di gruppo e il confronto e lo scambio diretti, sia a livello nazionale che internazionale, con i colleghi.
Ho ripercorso il sorgere del mio interesse per il gruppo partendo dal timore e dalla ambivalenza iniziale, perché il timore e l’ambivalenza, pur derivando dalla mia personale storia, possono evidenziare i sentimenti che a livello terapeutico la proposta di una terapia di gruppo ancor oggi tende a suscitare.
Ho anche desiderato sottolineare la difficoltà, che si può notare riattraversando la storia nel mondo e in Italia della terapia di gruppo dalle origini a tutt’oggi, per i ricercatori di formazione analitica, di trovare uno statuto epistemologico specifico gruppale .


Quarta di copertina

L’affermarsi del paradigma relazionale all’interno del pensiero psicoanalitico è conseguente all’aumentata consapevolezza dell’importanza delle relazioni per lo sviluppo della persona e dell’influenza dei gruppi di appartenenza, da quello della famiglia d’origine a quelli che via via si succedono nel corso dell’esistenza. Attraverso continui rimandi alla teoria e alla clinica, Storie e luoghi del gruppo presenta al lettore un chiaro profilo dei rapporti interpersonali all’interno di gruppi che hanno intrapreso il cammino della trasformazione. Un’indagine nei meandri della patologia, che spazia dall’epistemologia della terapia psicoanalitica gruppale alla verifica clinica.
Il volume mette a fuoco la specificità del lavoro con i gruppi, e chiarisce come la storia che si viene costruendo in ogni gruppo possa esserne appunto un fondamentale fattore terapeutico, quando il gruppo si costituisca come spazio transizionale e come luogo reale e metaforico di incontro, scambio e maturazione.
Questa storia e questo luogo vengono considerati nel loro possibile divenire. Si delinea così un quadro stratificato di ciò che rappresenta il lavoro di gruppo nei suoi aspetti teorici e nella pratica clinica e formativa. Un testo non solo per gli addetti ai lavori .
Avvicinarsi alle dinamiche della terapia di gruppo è infatti un modo per interessarsi alle complessità delle vicende umane


La storia che si viene costruendo in ogni gruppo come fattore terapeutico fondamentale
e il gruppo come luogo di incontro, scambio e trasformazione



Silvia Corbella, psicoanalista(SPI), è responsabile dell’area della Psicoterapia individuale e di gruppo per la scuola di specializzazione in Psicoterapia della COIRAG dell’Istituto di Milano.
Tra le sue pubblicazioni ricordiamo “L’evoluzione delle fantasie e dei vissuti in un’esperienza di osservazione partecipante” (con F. Borgogno, in Saggi di psicoterapia di gruppo, Torino 1978), Libertà e amore (con D. Lopez, Torino 1986) , “La terapia di gruppo” (in Trattato di psicoanalisi, a cura di A.A. Semi, Milano 1988),Il peccato originale: la ripetizione coatta di modelli relazionali subiti nell'interazione familiare (in "gli argonauti" n.64-1995) e “Potenzialità trasformative del piccolo gruppo”(In Teoria e Clinica dei processi di gruppo, a cura di M. Sacchi) Edizione Mercurio, Vercelli 2001).




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