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PSYCHOMEDIA
LIBRI - Recensioni e Presentazioni






Presentazione

Ormai circondati da Information Technologies (Rapaport, 1991), collaudiamo sempre nuovi “artefatti tecnologici” (Mantovani, 1995), oggetti computazionali della Terza Ondata (Toffler, 1984), interfacce dove incontriamo tutto ciò che fluisce fino a noi partendo da un terminale remoto (Card, Moran, Newell, 1983). Ci trasformiamo, più o meno consapevolmente, in elementi di una più vasta intelligenza “collettiva” (Lévy, 1994), in netizen, cittadini di un mondo “connettivo” (De Kerckhove, 1997), mentre il nostro computer, potente e maneggevole estensione d’ogni tipo di memorie, magico portale attraversato da ondate di bit, entra in Rete con milioni d’altre unità. Il metafisico diaframma del suo schermo separa (e al contempo fa incontrare) due strati del reale, l’ambiente off line, il nostro intorno ecologico (J. J. Gibson, 1986) e il ciberspazio, lo spazio dentro, lo spazio oltre, “un’allucinazione vissuta consensualmente da miliardi di operatori (É) linee di luce allineate nel non-spazio della mente, ammassi e costellazioni di dati” (W. Gibson, 1984).
L’odierna esplosione delle tecnologie digitali non è riducibile semplicemente all’usabilità, né ai modi e ai problemi della loro diffusione - questi ultimi legati al contrasto, segnalato da Maldonado (1997a), tra info-ricchi e info-poveri: gli uni dentro il computer, grazie alle risorse economiche e culturali di cui dispongono; gli altri emarginati, per cause culturali o economiche. Non può neppure risolversi nella disputa tra tecno-ottimisti, protesi verso l’idealistica realizzazione del “villaggio globale” (McLuhan, 1964) e tecno-pessimisti, che associano le Information Technologies al diffondersi di nuove dipendenze o a scenari d’alienante solipsismo. Preliminare a queste contrapposizioni (spesso venate d’ideologia) è la necessità di una profonda rielaborazione dei modelli concettuali e degli strumenti della ricerca, in particolare psicologica. Nella sua funzione di collegamento tra scienze sociali e cognitive, la psicologia sta avviando lo studio delle forme emergenti di e-cognition, che influenzano profondamente il nostro modo di percepire, di comunicare, di agire, di apprendere, di pensare, mettendo forse in gioco perfino la nostra stessa identità personale.
Per quanto riguarda Internet, frutto di una simile impresa è la nascita della ciber-psicologia, specificamente indirizzata allo studio delle esperienze, dei comportamenti e dei modelli cognitivi, individuali e collettivi, dei cibernauti. Per cogliere le nuove soggettività digitali, il ciber-psicologo deve sviluppare appropriati programmi di ricerca on line. In particolare, gli occorre convertire il tradizionale armamentario di test, questionari, strumenti osservativi, ecc. in metodi high-tech di rilevazione non intrusiva (Attardi, 2000) o in accattivanti attrattori virtuali, che possano attirare l’attenzione delle variegate tipologie di navigatori e indurli a fornire informazioni in presa diretta, con procedure point and click (Caci, 1999). In termini più generali, la ciber-psicologia indaga i circuiti d’interazione, naturali e artificiali, tramite i quali le identità personali s’interfacciano con gli ambienti tecnologici. Nel tentativo di superare, o almeno ridimensionare, la temuta (e tanto teorizzata) cesura tra il mondo umano e quello, freddo e impersonale, della tecnica, la ciber-psicologia non dovrebbe limitarsi a considerare l’e-cognition soltanto come un’espansione tecnologica dell’intelligenza umana. Piuttosto, dovrebbe mettere in risalto fino a che punto atteggiamenti, scopi, modi d’uso, schemi comunicativi, perfino variabili di personalità ed emozioni, possano saturare l’Information Technology di coloriture individuali, di valenze soggettive e, dunque in certo senso, tecno-fenomenologiche o tecno-esistenziali.
Agli spunti teorici e ai nuovi approcci metodologici abbozzati in queste note introduttive s’ispirano i capitoli di cui si compone il presente volume sulla ciber-psicologia di Internet.
Il primo evidenzia come lo spazio virtuale costituisca un vero e proprio ambiente percettivo, ricco per il soggetto di “offerte” all’azione (affordances - J. J. Gibson, 1986), ma anche di vettori e barriere psicologiche (Lewin, 1936). L’impalcatura tecnologica della Rete si traduce in sostanza per i suoi numerosi fruitori in uno spazio esistenziale, nell’accezione di Merleau-Ponty (1945): lo spazio “non è l’ambito (reale o logico) in cui le cose si dispongono”, né “una specie di etere nel quale sono immerse tutte le cose”, ma “il mezzo in virtù del quale diviene possibile la posizione delle cose (É) la potenza universale delle loro connessioni(corsivo mio). La fenomenologia della percezione spaziale ha ispirato, insieme alla psicologia ecologica di Gibson e a quella topologica di Lewin, l’elaborazione di uno dei motivi conduttori del capitolo e dell’intero libro, il costrutto ciber-psicologico di ambiente-internet, che vuole essere qualcosa di più di una delle tante metafore su Internet, rappresentando piuttosto l’approccio euristico adottato per l’esame dei processi comunicativi e sociali che regolano la vita dei micromondi digitali e delle comunità virtuali.
Il secondo capitolo introduce, a sua volta, le complesse questioni che ruotano intorno alle metamorfosi on line dell’individualità. Alcuni servizi in Rete, veri e propri “workshop d’identità” (Turkle, 1995), offrono alla persona la possibilità di salire, pur restando anonima, sul “palcoscenico virtuale” (computer as a theatre - Laurel, 1993) e di giocare una pluralità di ruoli attraverso i propri simulacri virtuali, o avatar (spesso più di uno simultaneamente). Tutto ciò facilita la sperimentazione, in certi casi nettamente psicopatologica, in altri semplicemente ludica, esplorativa, divertente, d’imprevedibili e camaleontiche identità, suscitando numerosi, inquietanti interrogativi. Il dibattito in corso tra gli studiosi sulla contraddittoria natura del Sé intercambiabile testimonia le diffuse preoccupazioni, orientate a mettere in risalto soprattutto i rischi psicopatologici associati al fenomeno. Pur senza sottovalutare simili rischi, nel capitolo sono riportati preponderanti argomenti a sostegno della tesi che l’“identità fluida” (Stone, 1995) racchiuda forti e positive potenzialità autoregolative, favorevoli, in ultima analisi, ad una migliore integrazione dell’identità personale.
Il terzo capitolo prende in considerazione l’impatto psicologico determinato dal trasferimento delle transazioni commerciali dai familiari negozi ai magazzini virtuali del commercio elettronico. Da un lato, barriere psicologiche molto forti, specialmente la sfiducia del pubblico nei confronti del pagamento digitale, si oppongono alla diffusione dell’e-commerce. Dall’altro, non sono poche le motivazioni (p.e. comodità o varietà dei prodotti), che possono spingere i consumatori all’uso di e-commerce. Con una visione rivolta a scenari futuribili, anch’essi non privi di risvolti allarmanti, sono prefigurati i nuovi comportamenti d’acquisto che adotteremo quando potremo interagire on line con shopping agents. Tali personaggi digitali, paragonabili a ben addestrati maggiordomi inglesi (Negroponte, 1995), effettueranno veloci e accurate esplorazioni della Rete per fare acquisti, non solo secondo i nostri gusti e preferenze, ma anche secondo la convenienza e la qualità dei prodotti disponibili.
Oltre ai suddetti possibili sviluppi, il profilarsi di tecnologie “intelligenti” mette già in luce anche le grandi potenzialità di laboratorio on line offerte dalla Rete. Il capitolo conclusivo sposta, perciò, l’attenzione dalla psicologia di Internet a quella in Internet e trae spunto dal dibattito in corso fra i ricercatori sui problemi metodologici e sulle caratteristiche ergonomiche dell’esperimento psicologico condotto per via telematica. In tale prospettiva, psicologia in Internet è concepita come una prima guida ai molteplici laboratori virtuali che operano in Rete e che abbiamo descritto come altrettante tappe di differenti possibili itinerari tematici. Questi ambienti psicotecnologici, gestiti da università e da centri di ricerca dislocati in tutto il mondo, supportano vari esperimenti e strumenti d’indagine, che qualunque navigatore, abbastanza curioso, può provare.
Gli argomenti trattati non esauriscono certamente altre possibili direzioni della nascente ciber-psicologia. L’approfondita conoscenza e l’interesse dimostrati dalle giovani autrici delle varie parti di questo libro, Alessandra Attardi, Barbara Caci e Raffaella Misuraca, rappresentano senz’altro buone premesse per la realizzazione di future ricerche centrate sull’e-cognition.


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