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Atti del 1°Congresso OPIFER

"Prospettive relazionali in psicoanalisi"


Paradigm shifts: trasversalita' e psicoanalisi

I risultati dell'Infant Research e la terapia psicoanalitica degli adulti

Carlo Rodini



In un campione di oltre cento macachi sono stati identificati i portatori di un corredo favorevole al ricambio della serotonina cerebrale e i portatori di un gene sfavorevole con conseguente deficit di produzione di essa (la serotonina è un neurotrasmettitore correlato con i comportamenti aggressivi e autolesivi anche negli uomini; su di essa agiscono i farmaci ISRS, inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina). Al termine dello svezzamento sia i portatori del gene sfavorevole che i sani sono stati posti, e per sei mesi, in due condizioni differenti, metà sono rimasti con la madre e l'altra metà aveva contatti solo coi propri pari. Finiti i sei mesi, il campione che era stato separato dalla madre aveva valori diversificati di concentrazione dei metaboliti della serotonina (acido 5-idrossi-indolacetico) nel liquor cefalorachidiano: come era da aspettarsi era molto bassa nei macachi con gene sfavorevole, mentre era elevata in quelli sani. Il campione che era stato allevato dalla madre non aveva concentrazioni differenti: sorprendentemente sia i piccoli con gene sfavorevole che i sani si erano uniformati: sembra una prova clamorosa delle interazioni geni/ambiente nella modulazione dei neurotrasmettitori.
Questo esperimento di Bennett, Lesch, Heils et al. (in preparazione), citato da Suomi (Suomi, 1999), è uno dei tanti che supporta l'importanza dell'orientamento relazionale, comune forse a tutti noi.
Le neuroscienze umane ed animali ci aprono la strada, ma ci chiamano anche in causa. Come deve essere questa relazione per cambiare e sviluppare al meglio il nostro cervello? La risposta sta nel voler bene, ma sappiamo anche quanto i genitori sono coinvolti nel voler bene ai propri figli e ciononostante questo non ha impedito che siano cresciuti con problemi. Che fare allora?
I contributi dell'Infant Research possono fornire indicazioni. Traccerò giocoforza densamente i seguenti punti:
1 - farò una premessa sui cambiamenti metodologici che avviarono questo filone di studi,
2 - descriverò gli sviluppi metodologici e teorici successivi,
3 - illustrerò qualche ricerca sulla relazione diadica pertinente alla domanda che ci siamo fatti,
4 - concluderò con i campi che si aprono.

1 - Premessa sul rinnovamento metodologico.

A mio avviso le conoscenze sul bambino hanno un potenziale che cambia il mondo, perché influiscono sulle nostre concezioni educative e sulla nostra visione dell'uomo.
Dopo una prima rivoluzione sulle conoscenze del bambino avvenuta con Freud, dagli anni '70 si è prodotto una conoscenza dello sviluppo del bambino senza precedenti, favorita secondo Daniel Stern (Stern, 1985) da due cambiamenti nei metodi sperimentali.
Il primo è stato su come farci le domande; il chiedersi se il neonato odora, sente, vuole, pensa comporta il trovare un modo per "chiederglielo". Per esempio MacFarlane (MacFarlane, 1975) ha utilizzato il girare la testa per "chiedere" a neonati di tre giorni se odorano e se sanno distinguere l'odore del latte della mamma ponendo a un lato della testa dei tamponi impregnati dell'odore del seno della madre e all'altro lato della testa dei tamponi impregnati dell'odore del seno di altre donne che allattavano. In modo significativo i neonati giravano la testa verso il tampone della mamma, cioè ci hanno risposto indirettamente che sanno distinguere l'odore del latte materno.
Il secondo è stato nello sfruttare l'osservazione di Wolff (Wolff, 1966) che i bambini non sono solo impegnati dal dormire, mangiare, piangere, ma fin dalla nascita durante la veglia stanno a tratti in uno stato detto di inattività vigile: una condizione ideale per scopi di ricerca sperimentale perché il neonato non è distratto da altro.
Queste procedure hanno ampliato le nostre conoscenze su abilità insospettate dei bambini.
Fin dalla prima mezz'ora di vita troviamo competenze sorprendenti. Riporto le parole di Sander (Sander, 2000) per illustrare questa ricerca bellissima (pag. 12):
"Una drammatica dimostrazione di quanto noi non conosciamo di questo iniziale periodo è la scoperta e l'indagine dei ricercatori svedesi dello strisciare del neonato per raggiungere e cominciare a succhiare il seno della madre eseguito interamente da solo (Widstrom et al., 1987). Se adagiato pelle contro pelle sull'addome della madre e più sotto al seno e per un breve tempo dopo la nascita, il neonato rimane serenamente in uno stato vigile per 20-30 minuti, poi inizia una sequenza, uniforme nel campione, che comincia con lo schioccare delle labbra e poi con il perdere la bava dalla bocca. Come il bambino si muove in avanti verso il seno non lavato, la sua testa si gira da una parte all'altra, fa rimbalzare il suo naso sul seno della madre spostandosi verso il capezzolo, apre abbondantemente la bocca quando si trova strofinandolo in modo che l'areola diviene gonfia, tira dentro profondamente il capezzolo in una posizione che è ottimale per iniziare la poppata. Se il neonato comincia questa poppata entro la mezz'ora dopo la nascita, avviene una secrezione di ossitocina che determina una vasocostrizione nella madre, questo controlla l'emorragia postpartum e riduce il dolore. La secrezione di ossitocina, così stimolata, avviene dentro la matrice intercellulare del cervello, tanto che le iniezioni di ossitocina da sole non producono gli stessi effetti.
E' inutile dire che l'effetto sulla madre dello sperimentare la competenza innata del suo bambino è assai profonda. E' tale da comunicare quanto è vero che il suo bambino è un essere agente che sa iniziare la propria autoregolazione e la propria auto-organizzazione - un elemento cruciale nell'iniziare il processo di differenziazione che sarà negoziato nei mesi a venire".
L'elenco delle capacità neonatali documentate è ormai noto. Per dirne qualcuna, si sa che sanno apprendere già dalla vita intrauterina, sanno individuare i caratteri di una superfice anche se l'hanno solo toccata, sanno distinguere la voce, l'odore, il volto della loro mamma, sanno discriminare se stessi dagli altri riconoscendo le proprie vocalizzazioni ecc. Per i curiosi segnalo, oltre al libro di Stern, un articolo di Beatrice Beebe (Beebe, Lachmann, & Jaffe, 1997), pubblicato su Ricerca Psicoanalitica, un'ottima rivista italiana.
In sintesi è stato un fiorire straordinario di scoperte che hanno fornito una mole di dati su cui bisognava anche fare ordine, un contributo che partì da Louis Sander.

2 - Gli sviluppi metodologici e teorici successivi.

Gerald Stechler (Stechler, 2000) ha descritto il momento del primo di questi sviluppi (siamo negli anni sessanta alla Boston University School of Medicine, Stechler collaborava con Louis Sander ed entrambi erano psicoanalisti):
"La nostra ricerca longitudinale sul primo sviluppo del bambino ci condusse a creare una revisione del modello psicoanalitico. Lou (Sander) era profondamente colpito dai dettagli intimi del coinvolgimento interattivo momento per momento tra madre e bambino (corsivo mio). Il senso di una formazione e regolazione reciproca risaltava come il motivo dominante attraverso cui capire e semplificare la complessità preoccupante dei dati che erano catalogati. La sua lettura debordava dalla psicoanalisi portandolo verso i teorici della teoria dei sistemi generali biologici e verso gli etologi evoluzionisti che fornivano il solo rilevante modello per il materiale che si stava osservando.
La sua genialità proveniva dalla sua intuizione che c'era un ordine sottostante alla combinazione del potente svolgimento del programma evolutivo del bambino e dei modi interattivi introdotti dalle costruzioni della madre nel divenire del bambino. Egli sapeva che le risposte non erano nella letteratura disponibile e che doveva resistere alle pressioni interne ed esterne di infilare a stento tutto il materiale dentro l'esistente teoria psicoanalitica.
Attraverso un attento e creativo approccio a questo problema, egli costruì il cuore del suo durevole contributo allo sviluppo umano e alla psicoanalisi. Il modello della sequenza della vicenda interattiva (Sander, 1962) descriveva, organizzava e dava coerenza teorica alla massa di disparate osservazioni e interviste che aveva raccolto." (pag. 76-77).
Ricordiamoci che in quel periodo dominava la Psicologia dell'Io e negli USA apparivano i primi scritti di Kohut, mentre in Europa era presente anche la teoria delle relazioni oggettuali. Quando Stechler allude a Sander che doveva resistere alle pressioni esterne, credo alludesse a questo contesto culturale.
Il concetto di oggetto e quello di sé allora in elaborazione avevano posto il problema delle loro rappresentazioni mentali come rappresentazioni del sé e dell'oggetto. Questi concetti erano sviluppati su ipotesi che nascevano dall'osservazione nella pratica clinica con adulti e bambini. Venivano fatte inferenze sui processi di sviluppo del sé e dell'oggetto dalla nascita, ma i bambini in trattamento erano di età superiore a quella dei processi mentali che venivano ipotizzati ed inoltre erano bambini di un campione clinico. La rappresentazione mentale poi era identificata con la rappresentazione simbolica, non c'erano conoscenze sulle rappresentazioni presimboliche, salvo l'intuizione di Freud di processo primario, costrutto da chiarire. Le teorie e le applicazioni cliniche di quelle scuole, quindi, si sono sviluppate sulle conoscenze di allora, conoscenze che, da parte non solo della psicoanalisi, ma anche dei vari ambiti della psicologia, erano orientate, come paradigma scientifico, a vedere i fenomeni delle attività mentali in se stesse e a pensare il bambino come essere che subisce l'influenza ambientale, cioè senza essere interattivo. Per esempio il sorriso era visto prevalentemente come risposta.
Negli anni settanta, invece, si fece una svolta. I ricercatori non si limitarono a campioni clinici, ampliarono l'oggetto di studio ai processi normali, introdussero metodologie osservative nuove e studiarono i bambini direttamente nelle loro reali età dalla nascita. Questo fu il movimento dell'Infant Research a cui Sander fornì il primo modello interpretativo.
Sander (Sander, 1977; Sander, 1985, 1995) ha descritto il ruolo chiave dell'autoregolazione nello scambio diadico sostenendo che il bambino non è attivato dalla madre, ma da una primaria attività endogena, che deve coordinarsi con quella materna, ossia il bambino, in armonia con una delle funzioni base del cervello di scoprire e ordinare le informazioni, ha una motivazione intrinseca a ciò, è automotivato a scoprire le regolarità, a generare aspettative ed agire in base ad esse.
Da quando egli concettualizzò in termini di sistema diadico il rapporto madre-bambino, si sono inventati metodi per osservare la relazione simultanea dei due partners nella regolazione del rapporto interpersonale, inaugurando così un nuovo paradigma scientifico, quello in cui anche il bambino è interattivo. Il concetto di relazioni oggettuali, o la concezione interpersonale di Sullivan, che pure prendevano in considerazione la relazione, non prevedevano il concetto di co-costruzione della relazione insito invece nel sistema diadico bidirezionale di cui stiamo parlando.
Un secondo sviluppo di questo decennio è lo spostamento da una teoria dei sistemi, introdotta nell'Infant Research da Sander, verso una sua nuova versione che ha le fonti soprattutto in Thelen E., Smith L. (1994), e Fogel A., (1992a, b , 1993).
Nei modelli di sistemi, come in Sander, ogni interazione è cocostruita, ma in termini di gamma di autoregolazione e di aspettative stabilite in precedenza. I processi interni sono quindi organizzati da autoregolazione e da regolazione interattiva. Quì c'è una incomprensione potenziale con i modelli "relational" quando significano "essere schiavi dell'ambiente", ossia che l'altro determina il nostro comportamento.
Questa teoria, fondandosi su come il cervello percepisce (Fogel, 1992a, 1992b; Freeman, 1994; Thelen & Smith, 1994; Tononi, Sporns, & Edelman, 1994), ossia su come le connessioni nervose dipendono dall'esperienza di ognuno (Schore, 1994) modifica qualcosa sulla rappresentazione.
Un esempio viene dalla ricerca su come il cervello di un coniglio crea una mappa dell'odore di segatura (Freeman, 1987). Il bulbo olfattorio aveva 60 punti di registrazione EEG e l'identità dell'odore era trovato nel modello di ampiezza dell'EEG da ogni punto di registrazione. Per lo scopo dello studio, il coniglio fu poi esposto all'odore di una banana e ancora all'odore della segatura. Si scoprì che la mappa dell'odore di segatura era cambiata in funzione dell'odore di banana interposto. La ricerca mostra che la mappatura è continuamente riassemblata a causa dei nuovi dati, che l'esperienza interviene su questo processo e quindi che la mente è intrinsecamente relazionale.
La rappresentazione mentale è vista ormai da molti studiosi come un "processo" e non un dato fisso (Beebe & Stern, 1977) (Beebe & Lachmann, 1988, 1998; Beebe & Lachmann, 1994) (Fogel 1992a, b) (Stern, 1985) (Stern, 1994) (Piaget, 1937), ma nella prospettiva di Thelen E. e Smith L. (1994), più che processo, è un continuo riaggiornamento in funzione del contesto e del compito. Questi aggiornamenti suggeriscono che la rappresentazione deve essere riconcettualizzata come processo che cambia in continuazione e che il paradigma di bidirezionalità e cocostruzione deve includere questa idea di riassemblamento e di organizzazione emergente per mettere in evidenza la qualità continuamente trasformazionale.
Un modello dei sistemi usa assunzioni costruttiviste della percezione e della rappresentazione. Invece di considerare le rappresentazioni come copia dell'ambiente, che è una visione positivista con corrispondenza uno-a-uno di percezione e realtà, il costruttivismo sostiene che non ci sono puri eventi sensoriali, perché noi vi includiamo le nostre categorie, ad esempio il bambino ha preferenze innate, capacità autoregolative e aspettative stabilite dall'esperienza relazionale.
Un terzo sviluppo è costituito da un nuovo filone di studi. Le ricerche avviate sui processi rappresentazionali hanno portato ad accorgersi che le rappresentazioni mentali che precedono il linguaggio sono di natura diversa di quelle simboliche. Quest'ultime non cominciano ad operare dalla nascita, ma dal diciottesimo mese in poi come risultato di processi neurobiologici e di esperienze chiave che le precedono. L'attenzione è attratta oggi sia dallo studio di questi processi presimbolici che dallo studio del sistema diadico, di cui ora illustriamo qualche ricerca.

3 - Illustrazione di ricerche sulla relazione diadica pertinente alla domanda che ci siamo fatti.

Il campo della microanalisi dell'interazione vis-à-vis madre-bambino iniziò negli anni '70 (Brazelton, Kozlowski, & Main, 1974) (Lewis & Rosenblum, 1974) (Stern, 1971) (Trevarthen, 1974) ed abbiamo visto che in quegli anni si andava modificando il paradigma dall'influenzamento "a una via" (il genitore plasma il bambino) a quello bidirezionale. I ricercatori, inebriati dalle crescenti possibilità di documentare questo cambiamento, pensavano che la regolazione bidirezionale in se stessa era una garanzia di un processo evolutivo ottimale.
Ma le cose non stavano così. Per esempio le ricerche di Tronick (Tronick, Als, Adamson, Wise, & Brazelton, 1978), rimaste famose col nome di esperimenti del volto immobile (still face paradigm), ci fecero conoscere inaspettatamente che le regolazioni sintoniche madre-bambino di 3-4 mesi sono normalmente solo il 30%. Come mai? Vedremo fra poco.
Beatrice Beebe e colleghi (Beebe et al., 1997) hanno studiato il rispecchiamento facciale della diade (facial mirroring studies), in cui vengono codificati gli scambi tipo espressione accigliata, labbra serrate, bocca che si apre, sorriso aperto ecc. filmando con 24 fotogrammi al secondo.
La scoperta più particolare sta nell'osservazione della rapidità eccezionale in cui avvengono gli scambi, poichè l'evento più breve osservato era di 1/6 di secondo, cosa rilevabile solo dai fotogrammi. L'influenzamento sembra pressochè simultaneo. Come è possibile? E' possibile perché, come è stato verificato (Haith, Hazan, & Goodman, 1988), il bambino a tre mesi e mezzo è capace di elaborare anticipatamente l'informazione visiva creando una continua previsione spazio-temporale delle sequenze, ossia risponde ad un evento non solo in quanto discreto, ma anche in quanto elemento di una serie prevedibile.
Inoltre sappiamo dagli studi sulla percezione (Gregory, 1998) che noi non vediamo semplicemente con l'informazione dell'occhio, ma col cervello, il quale interpreta lo stimolo visivo calcolando la sua probabilità di attendibilità in varie maniere, come è risultato dallo studio sulle illusioni ottiche.
Quindi fin dalla nostra infanzia noi elaboriamo lo scambio in tempi quasi simultanei, usando la vista, ma non ci accorgiamo di questa rapidità, anche coi nostri pazienti.
Con le ricerche di Tronick e della Beebe ci troviamo di fronte a fatti non immediatamente intuitivi: da un lato la sintonizzazione è inferiore al previsto, dall'altro la rapidità degli scambi è invece superiore. Per il primo quesito abbiamo delle risposte dalle ricerche sul ritmo vocale, per il secondo dobbiamo ricorrere al più recente filone degli studi sulle rappresentazioni presimboliche.
Beatrice Beebe e colleghi (Beebe et al., 2000) hanno studiato la relazione di 82 diadi attraverso il coordinamento del ritmo vocale (riguarda l'interruzione, la turnazione, il tasso di parlata, il cambiamento della pausa tra i turni, la sua durata ecc.). Le diadi erano formate da madre-bambino, straniero-bambino, madre- straniero e furono valutate in due periodi di età del bambino, a quattro e a dodici mesi e in due contesti, a casa ed in laboratorio.
Fra i vari risultati, il ritmo del dialogo preverbale è sorprendentemente simile a quello verbale adulto, impariamo prima il ritmo e poi arriviamo all'uso della parola che sarà scandita su un ritmo di emozioni appreso nella relazione delle reciproche negoziazioni.
Un secondo dato si riferisce al contesto. Le sue variazioni di incremento di novità (da madre/bambino in casa a straniero/bambino in laboratorio) si correlavano in modo lineare a variazioni che intensificavano la reciproca influenza. Ciò si può interpretare come un indice del grado di sforzo per rendere prevedibile l'interazione, più grande è l'incertezza data dalla novità, più grande la necessità di renderla predicibile, anche con lo stesso partner. La relazione in generale, quindi, non ha uno stile costante, ma è dipendente da un contesto, cosa che implica distinzioni fra i costrutti che noi trattiamo come fissi.
Un terzo dato è illuminato dal mettere in correlazione i gradi di coordinamento vocale con gli stili di attaccamento a dodici mesi (Ainsworth, Blehar, Waters, & Wall, 1978) (Maine & Salomon, 1990) (B, sicuro con madre sicura, A, insicuro-evitante con madre distaccata, C, insicuro-resistente con madre irretita, D, disorganizzato con madre probabilmente traumatizzata). Si è dimostrato, contrariamente all'idea che elevato coordinamento sia indice di diadi in buona relazione, come si sarebbe indotti a credere, che i più alti gradi di coordinamento vocale a quattro mesi predicono invece gli attaccamenti più insicuri e i più bassi gradi predicono gli evitanti, mentre i sicuri si posizionano nei gradi intermedi. I risultati bassi sono interpretati come relativa inibizione del coinvolgimento, quelli alti come eccesso di autocontrollo, mentre i bambini sicuri hanno possibilità di iniziative non sintonizzate con una madre che le permette senza intransigenze o intrusioni ingiustificate. Noi costruiamo ritmi come modi per definire emozioni, modi di "essere con", modi di fare esperienze di relazione, che nell'insieme sono modelli di aspettative di coordinamento del ritmo.
Questi dati spingono ora ad una revisione del modello di mutua regolazione.
Pensare che la regolazione bidirezionale in se stessa era una garanzia di un processo ottimale non è sufficiente. Anche la ricerca sul ritmo vocale con bambini di 4 mesi avrebbe predetto che una reale presenza di bidirezionalità nella diade sarebbe stata indice di attaccamento sicuro.
Non l'influenza reciproca, ma il grado di coordinazione (o di influenza) è predittivo dell'attaccamento a 12 mesi. La mutua regolazione, quindi, può essere eccessiva o inibita ed è ottimale solo nei gradi intermedi, la patologia sta nella perdita di flessibilità.
A questo punto possiamo riesaminare l'interrogativo sul 30% di regolazioni positive e sulla domanda iniziale su come deve essere questa relazione per cambiare e sviluppare al meglio il nostro cervello che aveva già una risposta nel voler bene. Le regolazioni positive sono poche perché il rapporto madre sicura e bambino sicuro include una buona percentuale di regolazioni negative (che sono "riparate" nel giro di due secondi) e il voler bene pure. E' il cronico eccesso di sintonia o di sua cronica carenza la fonte in cui cercare il disturbo.
Adesso sembra quasi ovvio, eppure è un tema abbastanza dibattuto.
Per rispondere alla rapidità e alla quasi simultaneità degli scambi servono informazioni dagli studi sulle rappresentazioni presimboliche.

4 - Alcune considerazioni sui campi che si aprono.

Detto sinteticamente c'è una distinzione fra livello rappresentazionale simbolico (discreto, categoriale, dichiarativo) e livello di percezione-azione (non simbolico, continuo, implicito, procedurale). Molta letteratura evidenzia la capacità di rappresentare presimboliche sequenze di azioni associate ad emozioni (Emde, Biringen, Clyman, & Oppenheim, 1991) (Fagen, Morrongiello, Rovee-Collier, & Gekoski, 1984) (Meltzoff, 1985) (Meltzoff & Gopnik, 1993) (Shields & Rovee-Collier, 1992) (Stern, 1985) (Stern, 1994). La memoria procedurale si riferisce a sequenze di azioni codificate presimbolicamente, diventano automatiche con la ripetizione e influenzano i processi organizzativi alla guida del comportamento. I due sistemi, l'implicito e l'esplicito, sono potenzialmente dissociabili. Negli adulti le memorie procedurali sono libere di contenuto, ossia implicano più l'apprendimento di processi che di informazioni (Grigsby & Hartlaub, 1994).
Contrariamente alla visione tradizionale che considera le rappresentazioni simboliche alla guida del comportamento sociale, la prospettiva del livello di percezione-azione o procedurale sostiene che il controllo del comportamento sociale è fuori della consapevolezza, poggia sulla relazione organismo-ambiente, che ha insita l'informazione sufficiente a strutturare l'azione (Fogel, 1992b) (Fogel, 1993) (Newtson, 1990).
Ciò è compatibile con la teoria dei sistemi non lineari. Piuttosto che vedere l'informazione come una realtà non psicologica finché non è rappresentata, si considera che l'azione contiene una informazione come una oggettiva proprietà. L'azione è vista come un sistema dinamico, come prodotto dell'interazione organismo-ambiente, continuamente riorganizzata e altamente rispondente al contesto. Il comportamento sociale è regolato a livello di percezione-azione in una frazione di secondo. Questa rapidità e densità di informazione non permette un controllo centrale cognitivo (Newtson, 1990). Così diventa più comprensibile la rapidità degli scambi.
Tuttavia, l'informazione del livello di percezione-azione, di cui un esempio è il ritmo vocale, può essere rappresentato simbolicamente e così potrebbero integrarsi i due livelli che si influenzano reciprocamente (Beebe & Lachmann, 1998).
I membri del Process of Change Study Group di Boston (Stern et al., 1998), Stanley Greenspan (Greenspan, 1997) e Wilma Bucci (Bucci, 1997) hanno proposto dei livelli dei processi mentali presimbolici ed hanno elaborato stimolanti applicazioni cliniche che vedono nella lotta per la simbolizzazione uno degli scopi della psicoanalisi.
Grazie per l'attenzione.


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