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Atti del 1°Congresso OPIFER

"Prospettive relazionali in psicoanalisi"


Paradigm shifts: traversalità e psicoanalisi

I contributi della sperimentazione sull'infanzia alla revisione della tecnica psicoanalitica

Elena Patrizi



I contributi provenienti da quei settori della ricerca evolutiva che si occupano dello studio del comportamento del bambino e delle sue competenze sociali e cognitive, sono ormai innumerevoli, e hanno prodotto un ampio corpus di dati a sostegno di nuove ipotesi teoriche sullo sviluppo.
L'interesse di tali contributi è dato dalla maggiore scientificità del metodo sperimentale a sostituzione del metodo clinico ed osservativo.

I risultati di queste ricerche hanno portato ad alcune importantissime conclusioni teoriche, che non possono non avere ricadute sul metodo e sulla tecnica psicoanalitica
il bambino è attivo fin dalla nascita;
l'origine della mente è diadica, cioè l'intrapsichico evolve simultaneamente all'intersoggettivo;
l'esperienza della diade è creativa e costruttiva, e si basa sullo scambio affettivo;
attraverso le capacità della memoria procedurale, i patterns interattivi vengono rappresentati e mantenuti, diventando una costante all'interno dei tutte le esperienze relazionali del soggetto.

Mi riferirò, sinteticamente , ai dati che ritengo più significativi ed utili a sostegno di queste conclusioni.

a - il bambino è attivo dalla nascita.
La capacità del bambino di porsi in rapporto con gli altri è garantita da ciò che Shaffer (1977) chiama " predisposizione strutturale e funzionale " , cioè dalla presenza di un apparato orale, visivo , uditivo accordato con le stimolazioni dell'ambiente , che mostra un bambino presintonizzato dal punto di vista sociale, che mette in atto modelli di azione affettivo- percettivo innati, come è dimostrato dalle attività di esplorazione alla ricerca di stimoli e contatti ( Stern ,1985). I bambini riconoscono le caratteristiche di uno stimolo, guardano più a lungo un oggetto nuovo rispetto ad uno già visto, e possono tradurre le informazioni visive in tattili e viceversa, riconoscendo e preferendo l'oggetto già conosciuto in uno dei due modi.
I neonati sono pronti ad interagire con le persone : una vasta serie di esperimenti mostra come riconoscano la voce materna e la preferiscano rispetto a quella degli estranei, riuscendo a distinguere differenze anche piccole di ritmicità, di intonazione e componente fonetica; riconoscono e preferiscono anche l'odore e il volto della madre, voltandosi verso il tampone impregnato di latte materno ed esplorando in modo significativo l'immagine che ne rappresenta il volto. Già dai tre mesi, i bambini sviluppano aspettative rispetto agli stimoli di tipo visivo, tattile, sonoro, basate sulla regolarità della loro presentazione, e utilizzano queste aspettative per padroneggiare il
proprio comportamento.
Inoltre, possono regolare la quantità ed il livello di stimolazione a cui sono sottoposti, con comportamenti quali il distogliere lo sguardo, chiudere gli occhi, mostrare uno sguardo inespressivo.
La ricerca sperimentale rivela un bambino in interazione costante con gli oggetti e le persone, con cui attua scambi caratterizzati da reciprocità, vivendo una esperienza reale di interazione strutturata con l'ambiente, in quanto in grado di elaborare le informazioni e modificare con le risposte l'ambiente stesso. La relazione adulto-bambino si configura come una totalità altamente organizzata, in cui l'influenza reciproca e la capacità di autoregolarsi rispetto a scopi comuni giocano un ruolo fondamentale.

b - origine diadica della mente.
L'astrarre e l'organizzare uno schema percettivo è il precursore della capacità di sperimentarsi come il centro di avvio , regolazione e integrazione indipendente dell'esperienza: "l'essere attivo" e il "creare ordine" sono le caratteristiche di un sé che emerge, , basato sulle capacità propriocettive e sull'esperienza di essere soggetto agente. E'un sé che sta con gli altri : ciò che il bambino sperimenta è uno schema tipico di sequenza diadica, cioè le sue azioni e quelle della madre. Queste esperienze costanti, ripetute, vengono organizzate e conducono ad una rappresentazione di sé e dell'oggetto, nel senso che ciò che originariamente viene rappresentato è proprio l'interscambio diadico, il sé in relazione con l'oggetto. (ciò che Stern chiama RIG).
Beebe,Lachmann e Jaffe (1997) studiano le interazioni madre bambino per la loro rilevanza sulle origini presimboliche della rappresentazione del sé e dell'oggetto. Basandosi su ricerche che riguardano la memoria e la percezione, mostrano che l'interscambio diadico., come quello basato sui patterns interattivi madre-bambino di base e cioè lo sguardo e il rispecchiamento facciale, viene rappresentato in modo primitivo: il bambino riconosce, ricorda, generalizza questi modelli .
Nelle interazioni di gioco, Stern ( 1985) evidenzia la presenza di una sintonizzazione , cioè di un appaiamento di tra l'attività del bambino e quella della madre: nella registrazione degli schemi visivi , gestuali e di espressione facciale, compare anche il disagio del bambino (espresso ad es. dal disimpegno interattivo) quando la madre viola una aspettativa rispetto ad un comportamento.

c. l'esperienza diadica si basa sullo scambio affettivo.
Gli stati affettivi, le emozioni, sembrano avere un ruolo centrale nell'organizzare l'esperienza interattiva. La capacità di stabilire relazioni regolate dalla espressione delle emozioni è infatti presente fin dalla nascita, e quindi molto prima di quella di esplorare ed utilizzare oggetti.
Attraverso lo sguardo, i partners veicolano stati affettivi, riconosciuti dal bambino sia dall'espressione facciale dell'adulto, sia attraverso la percezione delle intonazioni, ascendenti o discendenti, della voce, cosa che permette a ciascuno di avere una fonte di informazione sui sentimenti dell'altro, creando uno stato di risonanza affettiva. E' stata osservata una regolazione bidirezionale del rispecchiamento facciale, in cui m. e b. rispondono molto velocemente l'uno all'altra, e nella stessa direzione emotiva. Questo cambiamento viene espresso e rilevato attraverso l'analisi temporale di comportamenti quali l'apertura della bocca, i sorrisi , le smorfie, il sollevamento delle sopracciglia. Nel contesto dell'interazione faccia-a-faccia vengono rilevate complesse competenze comunicative quali il ripetersi di sequenze attività-pausa o la capacità di emettere espressioni emotive complesse e simili a quelle dell'adulto o di provocare e rispondere ad esse in modo non imitativo , ma coincidente e reciproco ( Trevarthen, 1993; Emde, 1993).
L'ipotesi avanzata a partire da questi dati è che l'intenzionalità emotiva precoce sia l'evidenza di una forma di intersoggettività primaria che permette lo scambio e la condivisione di scopi , motivazioni, conoscenze e dei significati. Trevarthen (1993) parla di un "codice affettivo primario" , cioè innato, che avrebbe una funzione autoregolativa e regolativa della relazione, nel senso che viene provato ed espresso in relazione con la rappresentazione mentale dell'altro, collegato col costituirsi della coscienza.
L'esperienza di coerenza, prevedibilità, di sentirsi insieme, come anche di disgiunzione e riparazione sollecitando l'altro nel coinvolgimento interattivo ,costituiscono una situazione interattiva regolata e in continua trasformazione, però con delle caratteristiche stabili, tipiche e predicibili.

d - la costanza dei patterns interattivi
L'ipotesi centrale è che lo sviluppo è garantito dalla presenza di schemi di interazione specifici, basati su processi di organizzazione e rappresentazione precoci, all'interno dei quali avvengono continue trasformazioni e riorganizzazioni. Il bambino ha una motivazione intrinseca a processare e ordinare le informazioni che provengono dall'ambiente, e che vengono costruite da entrambi i partner della relazione. Queste strutture di interazione , in quanto schemi caratteristici di reciproco influenzamento tra madre e bambino, sono la base dell'emergere della rappresentazione del sè e dell'oggetto e verranno più tardi a costituire le strutture inconsce o di memoria (Beebe, Lachmann, Jaffe, 1997). Alcune ricerche hanno mostrato, misurando le espressioni facciali e gli schemi visivi e gestuali del bambino durante varie sequenze diadiche, che schemi interattivi di comportamento si ripetono, si ripropongono inalterati.
Le ricerche sull'interazione tra le madri depresse e i loro bambini evidenziano come si stabiliscano degli schemi di relazione disturbati , ad esempio di tipo depresso od ansioso, e che questi schemi vengono generalizzati anche in situazioni interattive con altri adulti, dando luogo comunque ad una stabilità del comportamento interattivo. Anche lo sforzo per mantenere e riparare l'interazione è importante perché consente ai partner di stabilire una interazione ben coordinata, che ha un potere fortemente strutturante e crea l'aspettativa che il rapporto e l'intesa possano essere mantenuti.
Ciascuno di questi aspetti teorici ha una serie di incidenze sulla tecnica psicoanalitica:

- I bambini sono dotati dalla nascita di capacità complesse, che consentono loro di attivarsi in modo competente, cioè di cogliere e rispondere selettivamente alle stimolazioni sociali: questo indica, oltre che una ricerca attiva di unione con gli altri, anche una originaria differenziazione tra Sé e ambiente.
Dunque la visione di bambino passivo, autistico , indifferenziato cui la teoria psicoanalitica ha fatto a lungo riferimento, si è rivelata empiricamente inesatta e quindi non sono più sostenibili i concetti di narcisismo primario, di simbiosi, di indifferenziazione iniziale come riferimenti per l'intervento clinico.

-Abbiamo visto che comprendere, organizzare , categorizzare sono attività specie-specifiche innate e che ciò che viene rappresentato e codificato è l'esperienza relazionale, su cui si fonda la costituzione del Sé. Il bambino sperimenta realtà interpersonali strutturate in una certa modalità , in una certa configurazione relazionale, definita da costanti realmente esistenti che contribuiscono a determinare il corso dello sviluppo (Stern, 1985;1989).
L'obiettivo della cura non può più essere di tipo riparativo, che punta cioè a fornire al paziente le esperienze mancanti, ma deve tenere conto delle capacità costruttive del soggetto, che interagisce con la realtà attraverso mappe e categorizzazioni personali.

Anche i processi trasformativi del lavoro analitico avvengono all'interno di un sistema relazionale, costituito dalla diade paziente-analista, organizzato sulla base di dimensioni complesse, comprese quelle che possiamo definire di "reciproci transfert" e cioè di co-costruzioni dell'analista e del paziente.
L'esperienza analitica può essere considerata come un particolare campo intersoggettivo: vi confluisce la storia del paziente, intesa come riproduzione di patterns tipici di relazione anche nel rapporto con l'analista , e che formano l'oggetto della investigazione e della interpretazione.
L'analista, lungi dall'essere considerato neutrale e separato dal paziente, è riconosciuto invece come una parte attiva che contribuisce a strutturare il campo intersoggettivo, attraverso la propria attività organizzante, l'esperienza personale e la personale visione del processo analitico, e su cui la particolare configurazione psicologica del paziente si appoggia, per rivelare i temi salienti. che hanno organizzato la sua esperienza e attraverso cui si è costruita la sua soggettività.

Nel sistema di mutua regolazione bambino-adulto la proprietà centrale è l'affetto: questa diventa la principale forza motivazionale, che va a sostituire il costrutto pulsionale e che fornisce una spiegazione dello sviluppo fondata sulla relazionalità soggetto-oggetto .
Questa visione apre una nuova prospettiva sulla spiegazione della patologia, che prenderebbe forma in un contesto interattivo, in cui gli stati affettivi del bambino siano vissuti come minaccia o fallimento della regolazione della relazione e quindi anche per la organizzazione psicologica del sé . Le difese sono meccanismi , sorti all'interno di specifici contesti intersoggettivi, che proteggono il bambino dalla vulnerabilità e dalla disorganizzazione.
Ricercatori come Beebe e Lachmann intravedono nella rigidità e fissità degli schemi rappresentativi relazionali, e quindi nella perdita della qualità trasformativa della rappresentazione, uno degli aspetti salienti della psicopatologia, cosa che tradotta in termini più usuali in psicoanalisi, può essere considerata come perdita della capacità di autoriflessione e di significazione, come irrigidimento delle strutture.

Allora, se l'intrapsichico evolve insieme all'intersoggettivo, la strutturazione psicologica, anche quella psicopatologica, è legata ai pattern relazionali invariati e ricorrenti, a mondi di esperienza che interagiscono. I contenuti intrapsichici, la realtà profonda del soggetto, sono comprensibili e spiegabili solo all'interno della storia del soggetto, perché appartengono alla sua attività produttiva, alla sua costruzione soggettiva, al significato dato alle esperienze relazionali.
Da questa prospettiva, l'intervento psicoanalitico si configura come una tecnica finalizzata ad aiutare il paziente a riconoscere i modelli di interazione sulla base dei quali si è costituita la sua identità, per giungere ad una comprensione cognitiva ed affettiva delle origini di questi modelli, della loro funzionalità, ed alla elaborazione delle paure che li mantengono.
Mentre la tecnica che discende dalla teoria pulsionale prevede l'esistenza di contenuti psicodinamici universali e prescrive all'analista la regola dell'astinenza, la tecnica che si riferisce al modello relazionale è centrata sull'aspetto processuale, esplora senza apriorismi il significato dato all'esperienza, le mappe personali, le categorizzazioni soggettive, costruite nella matrice relazionale all'interno di cui si è costituita la configurazione del Sé, e da cui dipendono emozioni e comportamenti. E' una tecnica che consente all'analista di occuparsi di quella sorta di interfaccia tra gli avvenimenti reali delle relazioni e la struttura psicologica del paziente, e cioè dei significati personali che fanno parte di quell'intrapsichico che emerge nella clinica.

Bibliografia

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Stolorow R., Atwood , (1992), I contesti dell'essere, trad.it. Boringhieri , Torino, 1995.
Trevarthen C., (1997), Empatia e biologia, trad.it Cortina, Milano, 1998.

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