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Atti del 1°Congresso OPIFER

"Prospettive relazionali in psicoanalisi"


Tavola Rotonda - Il corpo dentro e fuori

Il corpo dentro e fuori

Maria Luisa Tricoli



Giovanna ha un po' meno di quarant'anni, una professione bene avviata. Lavora molto, pur dandosi del tempo per il marito e la casa. Nel secondo colloquio, alla domanda relativa al suo mondo affettivo, improvvisamente si mette a piangere a dirotto, senza una plausibile spiegazione. Al terzo anno di analisi i rapporti più significativi dei suoi investimenti affettivi erano stati affrontati: madre, padre, marito. Con molta fatica, e molti alti e bassi, Giovanna si stava quel punto confrontando con il suo desiderio di un figlio e si stava affacciando alla possibilità di prendere atto del suo funzionamento profondo basato su un attaccamento assoluto all'oggetto. Un affacciarsi, per il momento operato con la testa, ma carico comunque di ripercussioni emotive a volte difficili da assumere relative a ciò che intravedeva.
Poi un giorno il marito le comunica inaspettatamente di averla tradita con la sua segretaria.
Apparentemente sembrava che Giovanna seguisse ed elaborasse i tentativi dell'analista di portarla ad oltrepassare il dato di fatto per cogliere invece i motivi personali della sua sofferenza riattivata dal tradimento del marito.
Dopo due mesi, invece, Giovanna fu ricoverata d'urgenza e operata immediatamente per un'ulcera duodenale emorragica.
Eleonora ha avuto una madre ansiosa e un padre vissuto sempre ai margini della famiglia. L'adolescenza è stata superata senza eccessive difficoltà. A venticinque anni si è sposata. Ha un buon lavoro da dirigente in una multinazionale.
L'intesa affettiva con il marito, inizialmente molto gratificante, si è andata sempre più affievolendo poiché, nonostante il suo grande desiderio non solo sessuale, ma anche di avere un figlio, Eleonora non riesce a fare l'amore.
Per questo motivo sui trent'anni ha iniziato una terapia da un sessuologo e, dopo cinque anni, visti gli scarsi risultati raggiunti, ha chiesto un'analisi.
Lo stile elaborativo di Eleonora è molto particolare: produce associazioni improvvise e fortemente scollate tra loro, ascolta attentamente i collegamenti dell'analista e poi si chiude in un silenzio denso e compreso. Questo non ha impedito un lento ma sicuro processo elaborativo del significato che ha per lei la sessualità e del suo desiderio di diventare madre, arrivando a intravedere quanto il suo non accedere alla sessualità e alla maternità le permettesse di continuare a calmare e a tenere a bada l'ansia della madre.
Eleonora stava verificando, nel suo stile, questa ipotesi costruita assieme con l'analista, quando comparve un dolore in crescendo alle ovaie, che nel giro di due mesi portò il medico curante a ritenere necessario un intervento chirurgico per asportare una cisti sospetta.
Purtroppo oltre la ciste vennero asportate anche le ovaie e l'utero.

Lucia si muove in un ricco mondo culturale con una grande capacità di giocare con i simboli attraverso il linguaggio. Sotto le forme di una grave depressione, nasconde una rabbia infinita che si manifesta come totale inattività e paralisi. La rabbia è verso una madre, morta ormai da vent'anni, al cui desiderio di impotente onnipotenza Lucia si è fatta risposta, plasmando tutti i rapporti della sua vita su quel modello di relazione e rivivendo ogni volta l'esperienza di inadeguatezza e di rifiuto nonostante tutto il suo annullarsi nella volontà dell'altro.
Dopo alcuni anni di lavoro analitico, siamo giunti ad un punto in cui il paziente ha la sensazione di aver capito il proprio funzionamento, ma di non poterlo cambiare. Lucia scivola quasi con voluttà in questa fase: è stata una paziente modello per correttezza e impegno, mi ha seguito in tutte le mie proposte interpretative cercando di farle proprie, mi ha dato la più totale (e passiva) fiducia ed ora anche quest'ultima illusione di trovare la salvezza nell'analisi (nella sua identificazione con me) è svanita. Ancora una volta è stata illusa e tradita.
Tutto questo non lo dice, ma io so che questi sono i sentimenti che le si agitano dentro e in quest'ultimo anno ho lavorato assiduamente perché possa trovare le parole per dirlo, a me, a se stessa e al mondo intero.
Improvvisamente, guardandosi allo specchio nel corso di una breve vacanza che finalmente si è concessa con un'amica, scopre un nodulo sul collo. Alla luce dei risultati delle analisi, l'endocrinologo parla di un intervento urgente e radicale di asportazione della tiroide, ma il medico curante è di avviso opposto e la linea di intervento farmacologico che prospetta è confermata da un altro specialista. La decisione ora sta tutta a Lucia che dovrà esporsi sulla realizzabilità del suo desiderio di "mantenere intatta la sua integrità". "La vita mi ha raggiunto" dice "sono obbligata a diventare attiva per me".

I tre casi che ho brevemente tratteggiato sono diversi tra loro, ma hanno in comune il fatto di delegare il corpo a dire "fuori" ciò che l'individuo tutto intero non riesce a dire "dentro". In entrambi i casi c'è una persona che sa ad un livello ciò che non riesce a sapere ad un altro. E' come se il corpo iniziasse a percorrere sue proprie strade che di fatto ripropongono proprio ciò che viene ad un altro livello negato. Indipendentemente dalle diverse teorie psicosomatiche, sono sempre colpita dalla sorprendente corrispondenza tra l'emergere del sintomo somatico e il momento elaborativo analitico. Anche se per fortuna non è legge generale che i pazienti passino attraverso la somatizzazione.
E' mia convinzione che nell'essere umano soma e psiche costituiscano una profonda unità, seppur con caratteristiche e modalità dal significato diverso. Il territorio della psiche rimanda agli spazi sempre possibili del rispecchiamento e dell'assunzione consapevole; l'ambito del corpo agisce, ribadendola, la durezza e la difficoltà di una propria configurazione profonda vissuta come inaccettabile, ingiusta, dolorosa.
Ma pur nella diversità di dolore che accompagna l'esprimersi del soma o della psiche, l'Io, quale referente unitario di soma e psiche, percorre unitariamente la sua strada, quella che, in quel momento dato della vita, sembra essere l'unica possibile.
Sono convinta che la sofferenza legata all'agire somatico di una struttura irrigiditasi nella sua funzionalità storica non sia espressione di una sterile pulsione di morte, ma un modo, per quanto estremo e doloroso, di cambiamento e di nuova vita. Alcuni percorrono strade che sembrano più piane, per altri il percorso è particolarmente arduo.

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