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Atti del 1°Congresso OPIFER

"Prospettive relazionali in psicoanalisi"


Tavola Rotonda - Conflitto e consenso

Presentazione dell'Associazione Fiorentina di Psicoanalisi Interpersonale (AFPN)

Roberto Cutajar



L'Associazione Fiorentina di Psicoanalisi Interpersonale è tra le associazioni fondatrici di OPIFER. I suoi membri sono tutti analisti formatisi presso l'Istituto di Psicoterapia Analitica di Firenze. In tal senso l'Associazione ha lo scopo di mantenere e promuovere legami di comunanza professionale e scientifica di psicoanalisti che hanno compiuto il medesimo percorso formativo. Tale percorso di formazione è caratterizzato, tra l'altro, dal favorire nei candidati un atteggiamento pluralistico e non dogmatico rispetto ai diversi modelli di pensiero che compongono il movimento psicoanalitico contemporaneo. Tale atteggiamento caratterizza anche l'Associazione Interpersonale. Sul piano culturale e scientifico l'orientamento relazionale (Mitchell, 1988) costituisce il punto di riferimento della maggioranza dei membri, con una prevalenza, nell'ambito del suddetto orientamento, del pensiero psicoanalitico interpersonale. Come è noto, la psicoanalisi interpersonale trova nella figura di Harry Stack Sullivan il suo fondatore e ideatore. Pur avendo grande rispetto per il pensiero di S.Freud e traendone anzi forte ispirazione ("A noi interessano solo i primi frutti del genio di Freud. I fenomeni che compaiono quando si conducono lunghi colloqui con la tecnica delle associazioni libere, insieme con lo studio delle deformazioni da transfert che accompagnano, o precedono, il materiale verbale, sono davvero essenziali per superare quelle discontinuità che avevano finora impedito la formulazione di una psicologia comprensiva dei contenuti psichici. Freud ha rivelato che le limitazioni specifiche della coscienza personale hanno origine nell'esperienza. Con questa scoperta egli ha aperto la strada allo studio scientifico dell'individuo, in contrapposizione a quello della mente, della società del cervello e delle ghiandole (Sullivan, 1961 p.16)", Sullivan è da considerarsi il fondatore di un paradigma psicoanalitico radicalmente alternativo a quello freudiano. L'enfasi sulla relazione interpersonale come campo privilegiato di osservazione per lo studio della personalità umana e principale sorgente di dati per la psichiatria (Sullivan, 1938) dà origine ad una prospettiva di studio per la psicoanalisi che porterà grandi frutti nei decenni successivi e ciò in modo relativamente indipendente ed autonomo dalla scuola inglese delle relazioni oggettuali. Per tornare più propriamente al tema della presente tavola rotonda (che prevede una breve informazione sugli orientamenti culturali delle Associazioni federate a OPIFER), vorrei mettere in evidenza, tra gli altri, alcuni argomenti e concetti fondamentali del pensiero interpersonale che possono essere considerati un denominatore comune nel modo di fare analisi dei componenti l'Associazione e quindi possono fornire un'idea circa l'orientamento culturale dell'Associazione. E' importante sottolineare che sto parlando di aspetti generali dell'orientamento non potendo naturalmente rendere ragione qui della notevole variabilità relativa al modo in cui tali concetti vengono elaborati dai singoli membri. Visto che 15 minuti sono un tempo davvero esiguo sarò inevitabilmente essenziale e schematico. Si può eventualmente rimandare alla discussione successiva l'approfondimento di una o più concetti proposti all'attenzione. Tali concetti sono:
La nozione di campo relazionale che si struttura nell'incontro tra due persone con particolare riferimento alla situazione analitica
Le diverse modalità attraverso le quali i partecipanti esperiscono l'incontro all'interno del campo
Il significato della partecipazione dell'analista nell'incontro col paziente all'interno del campo (collegato a questo punto è il concetto di neutralità analitica)
Per quanto attiene al primo punto e cioè al campo relazionale che si struttura nell'incontro tra due persone Sullivan a propositi di tale nozione osservava che "...da questo punto di vista la personalità è considerata un'ipotesi; la cosa studiata è la configurazione dei processi che caratterizzano l'interazione di alcune personalità in date situazioni ricorrenti, o campi, che 'includono' l'osservatore"(Sullivan, 1953 p.410). Personalmente intendo questa asserzione di Sullivan come un'attitudine continua a formulare ipotesi sui diversi dati che emergono dal campo relazionale sia da parte dell'analista che da parte del paziente. Più precisamente tale attitudine può descriversi come una tensione continua a formulare ipotesi sui possibili collegamenti tra i diversi elementi costitutivi del campo ovvero dell'esperienza relazionale. Tali elementi sono rappresentati, tra gli altri, dalla storia personale del paziente e dell'analista, i vissuti attuali relativi alle personificazioni consce e inconsce (o frammenti di esse) del paziente e dell'analista (personificazioni del Sé, dell'Altro, del Sé con l'Altro), le fantasie ed i temi transgenerazionali, le fantasie ed i diversi dinamismi di difficoltà collegati ai sistemi motivazionali, vissuti consci o inconsci relativi agli aspetti attuali della relazione analitica. Tali elementi costitutivi del campo, che nell'insieme esprimono il senso unico e particolare di due persone che si incontrano nel contesto di una relazione analitica, emergono via via, man mano che si procede nel percorso analitico inscrivendosi in una storia specifica di una particolare diade. Tali accadimenti psichici diverrano al momento opportuno oggetto di un'analisi retrospettiva tutta tesa a co-costruire dei significati condivisi, solo parzialmente esistenti prima dell'incontro analitico. Alcune esempi di domande relative alla formulazione di ipotesi sulla personalità in interazione (Sullivan, vedi citazione sopra) sono: in che misura un particolare evento psichico, un sogno raccontato, il contenuto di un lapsus, un pensiero marginale emerge dal mondo interno del paziente ed in che misura dall'interazione attuale con l'analista? In che misura un particolare intervento dell'analista tende a disvelare un contenuto intrapsichico del paziente il medesimo intervento promuove possibilità di relazione del tutto nuove ed inusitate? In che misura il significato di un sogno o di una sua immagine costitutiva si configura come appartenente alla storia del paziente ed in che misura appartenente alla storia della diade analitica? Queste sono alcune domande le cui risposte non possono essere che relative ad una particolare diade analitica in un particolare momento della sua storia. Il lavoro analitico di ricerca e costruzione dei significati consci ed inconsci che si manifestano nel campo analitico ha per obiettivo la piena ed autentica partecipazione del paziente alle esperienze relazionali dei suoi diversi contesti di vita partendo, un po' al modo di un laboratorio, da quello analitico (Mann, 1995). "Nessuno ha delle grandi difficoltà se comprende a fondo ciò che gli accade" (Sullivan,1967, p.22).Questa definizione di salute di Sullivan appare chiara alla luce delle precedenti considerazioni. Per coglierne tutte le implicazioni concettuali è importante ricordare le varie modalità di esperienza della persona nelle sue relazioni con gli altri. Come è noto, nell'ambito della prospettiva interpersonale si considera che l'esperienza relativa ad un determinato campo relazionale, avviene attraverso tre modalità: l'esperienza prototassica, paratassica e sintassica. Tali modalità si differenziano soprattutto per il tipo di elaborazione del contatto interpersonale con gli eventi che caratterizzano un incontro con un'altra persona. In particolare, l'esperienza sintattica è fondamentalmente quella che può essere afferrata e descritta attraverso il linguaggio simbolico verbale. I modi di esperienza paratassici e prototassici sono invece per lo più inconsci ed afferiscono maggiormente alla soggettività della persona. Sono rappresentati, ad esempio, da immagini visive o acustiche, stati sensoriali corporei, fantasie che si producono al contatto con un determinato evento relazionale. Sullivan enfatizza tali modalità di esperienza nell'incontro tra due persone parlando di 'gruppo a due' ("...sebbene siano presenti due sole persone nella stanza, il numero delle persone più o meno immaginarie coinvolte in questo gruppo di due è talvolta molto alto". Sullivan,1967, p.8-9). Calandoci più propriamente in quel particolare incontro tra due persone rappresentato dalla situazione analitica possiamo affermare che la modalità sintattica di esperienza si identifica in ciò che noi riusciamo a formulare verbalmente di un certo evento psichico della storia attuale o passata del paziente o di qualunque altro elemento costitutivo del campo. Sullo sfondo di tale esperienza si attiva parimenti una modalità di esperienza, appunto di tipo paratassico, maggiormente collegata ai significati affettivi soggettivi, personali, unici del paziente. Tale modalità di esperienza manifesta, tra l'altro, attravesro le componenti prosodiche del linguaggio, le fantasie diurne, pensieri marginali del paziente e/o dell'analista apparentemente scollegati dai contenuti della conversazione che si sta conducendo, fantasie inconsce relative al sé, fantasie inconsce relative alla coppia analitica (Odgen, 1997). Promuovere il collegamento creativo tra i contenuti dell'esperienza paratassica e quelli dell'esperienza sintassica è responsabilità dell'analista ed è in generale lo scopo precipuo dei suoi interventi. A questo punto appare più chiara la frase di Sullivan precedentemente citata per illustrare lo scopo prioncipale del trattamento analitico in una prospettiva interpersonale. 'Comprendere a fondo ciò che ci accade' significa riuscire a formulare la nostra personale esperienza in una particolare situazione interpersonale relativamente ai diversi livelli e modalità dell'esperienza stessa.
Dal senso di quanto sono andato finora dicendo appare evidente che la partecipazione conscia ed inconscia dell'analista è da considerarsi come un elemento costitutivo del campo ed influenza perciò la modalità ed i contenuti relativi alla stessa partecipazione del paziente. Qui il tradizionale concetto di neutralità analitica assume la particolare accezione di un'acuta consapevolezza dell'inevitabilità dell'influenza reciproca tra paziente ed analista unitamente all'attitudine continua a ricercare ed esplicitare il senso di tale influenza.
Concludo l'intervento rimandando al dibattito e ad eventuali domande l'approfondimento delle tematiche trattate. Mi scuso, naturalmente dell'eccessivo schematismo dell'esposizione, ma spero di aver dato almeno un idea del dibattito analitico all'interno dell'Associazione ed in generale dell'orientamento culturale prevalente.

Bibliografia:

Mann C.H., (1995) The Goals of Interpersonal Psychoanalysis. In: Lionells,Fiscalini, Mann, Stern, 'Handbook of Interpersonal Psychoanalysis'. The Analytic Press, Hillsdale, NJ 07642.
Mitchell S.A., (1988) Relational Concepts in Psychoanalysis. An Integration. Harvard University Press, Cambridge, Mass.-London.
Ogden T., (1997) Reverie and Interpretation. Jason Aronson Inc.. Trad it., Astrolabio, 1999.
Sullivan H.S., (1938) 'The Data of Psychiatry'. Psychiatry 1: 121-134.
Sullivan H.S., (1961) La moderna concezione della psichiatria. Feltrinelli, Milano.
Sullivan H.S., (1967) Il colloquio psichiatrico. Feltrinelli, Milano.
Sullivan H.S., (1977) Teoria interpersonale della psichiatria. Feltrinelli, Milano.

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