PM - HOME PAGE ITALIANA PM-TELEMATIC PUBLISHING PSYCHO-CONFERENCES ELENCO DELLE RELAZIONI


Atti della Giornata di studio

"Le comunità sono terapeutiche?"



La supervisione/consulenza è davvero necessaria al funzionamento delle Comunità Terapeutiche?

A. Ferruta


1. Premessa

Nel'affrontare l'argomento, in un primo tempo mi sono trovata di fronte a un blocco del pensiero: il tema mi è sembrato scontato, qualcosa sul quale le idee essenziali sono note, e i problemi riguardano solo disponibilità economiche e organizzative.
Di fronte a questo blocco, ho ripreso in mano la letteratura sull'argomento, e allora il tema si è ampliato in modo articolato ed eccessivo, sino a destabilizzare il mio pensiero, in un'apertura continua di quadri diversi, inseriti l'uno nell'altro. Accenno soltanto a questa apertura di molteplici quadri successivi.
Il modello della supervisione viene dalla tradizione psicoanalitica, per la quale è uno strumento di formazione dell'allievo psicoanalista, e quindi:
- è formazione o terapia, o conoscenza?
- l'oggetto è il paziente, l'istituzione, il gruppo curante, il terapeuta?
- se si usa la teoria psicoanalitica, i partecipanti devono essere analizzati?
- quale il setting da definire?
- come affrontare la ferita narcisistica implicita nella richiesta di supervisione?
- come evitare i rischi di funzionamento imitativo e ideologico?.
E' accaduto cioè che il tema, che si è presentato come un blocco unico da applicare, si è poi andato aprendo in vari frammenti equivalenti. Questo percorso rispecchia i nodi fondamentali della supervisione istituzionale, specie delle strutture comunitarie.
Per quanto la struttura sia correttamente impostata e il gruppo di lavoro preparato e competente, il fenomeno del blocco della capacità di pensare e lavorare e amare si determina a ondate successive. In tale fenomeno si deposita quel "residuo manicomiale", che in Italia le mura non dovrebbero più accogliere, nella forma di una cristallizzazione degli assetti terapeutici, o in quella di una loro continua variazione caotica priva di significati. Pertanto penso che nella situazione italiana in particolare la supervisione istituzionale debba affrontare il problema di dove mettere gli aspetti non modificabili, atemporali, statici, della patologia psicotica: come il gruppo curante può offrire una stabilità necessaria che non diventi imprigionamento in schemi inerti o incuria e deriva verso la pura assistenza senza interesse terapeutico. La supervisione richiama continuamente a prestare attenzione e orecchio all'interrogativo rivolto a individuare i luoghi e le forme della morte psichica, sia come dimensione inerte, sia come dissoluzione di strutture.
Pertanto, lo strumento della supervisione come intervento di un terzo nell'attività del gruppo curante riguarda lo specifico funzionamento di un dispositivo terapeutico che ha inevitabilmente al suo interno la dimensione del blocco della capacità di pensare, amare, lavorare, blocco che necessita ogni volta di essere sciolto e avviato a nuove riorganizzazioni del dispositivo terapeutico stesso.
Come esempio, accenno alla prima supervisione di un SPDC che accoglieva una giovane paziente di 30 anni, ormai ospitata da 2 anni, dopo avere percorso il solito cammino attraverso altre risorse istituzionali, comunitarie e riabilitative. La prima supervisione col gruppo avviene a partire da questo caso: la paziente non comunica, non parla, non mangia (è nutrita col sondino), tiene gli occhi chiusi, rifiuta attivamente qualunque cosa, dà l'idea di essere presente e di controllare tutto, resistendo a ogni iniziativa terapeutica, lasciandosi sfuggire un sorriso quando intuisce qualche scena che avviene nel reparto. Mi sembra che il caso rappresenti bene il blocco che il gruppo chiede al supervisore di essere aiutato a sciogliere. Si verifica questo, che la riunione di supervisione permette di mettere in comune la disperazione dei curanti, la convinzione di non avere più risorse, e poco più. Solo quando mi trovo in auto nella strada verso casa, la figura della paziente si impone alla mia mente (e ancora adesso la occupa): penso allora allo scritto di Winnicott sulla capacità di essere solo del bambino, che si basa sulla possibilità di fare esperienza dell'essere solo in presenza dell'altro, sulla costruzione di una vita psichica soggettiva senza la necessità di entrare in relazione, ma anche senza l'angoscia della mancanza di ogni possibilità di contatto. Allora mi rimetto in comunicazione con l'équipe e descrivo questa mia esperienza che penso speculare a quella della paziente: la mia vita mentale si è attivata quando mi sono trovata lontana, ma dopo essere stata lasciata 'sola' in presenza di curanti, dotati della ricchezza e autonomia della loro vita psichica, che non mi hanno chiesto di entrare per forza in relazione con loro (sembra che la madre della paziente, una donna con problemi psichici, sia solita affermare che la sua salvezza è stata la nascita della figlia, da cui forse trae la linfa vitale). Si fa l'ipotesi che la paziente possa trarre giovamento dall'essere presente alle attività degli operatori senza essere richiesta di diventare un interlocutore partecipe.
Il caso mi sembra descrivere figurativamente e scenicamente la situazione che richiede la supervisione: blocco e difficoltà a rappresentare e a muovere affetti, pensieri, gesti.
Del resto le origini della psicoanalisi portano questo segno situate tra le paralisi delle pazienti degli Studi sull'isteria (1892-95) e il movimento di emozioni, figure, pensieri de l'interpretazione dei sogni (1900).


2. Elementi di teoria psicoanalitica

Alcuni riferimenti teorici forniscono una base e una configurazione a questa evidenza. Ne accenno brevemente:
Claudio Neri (1995), riprendendo il pensiero di Bion, Anzieu, Corrao, approfondisce la funzione terapeutica del pensiero di gruppo, la funzione gamma, " la capacità del pensiero di gruppo di 'metabolizzare' elementi sensoriali, tensioni e frammenti di emozioni che sono presenti nel campo." (113). Il paziente grave riesce a utilizzare l'équipe per attivare processi mentali di cui è carente e quindi a fruire della capacità di elaborazione di questa, che fornisce un supporto e uno spazio per pensare. Queste trasformazioni possono andare incontro a un blocco, da cui l'intero funzionamento del gruppo è ostacolato. Neri elenca una serie di circostanze:

- Impossibilità di vivere, conoscere, partecipare e metabolizzare un certo sentimento (es. depressione) che può diventare una condizione mentale che domina il gruppo.
- Istituzionalizzazione delle credenze, emozioni, fantasie, che diventano cerimonie vuote e stereotipate
- Divisione in due sottogruppi contrapposti
- Mancanza delle condizioni minime di sicurezza per presentare pensieri e affetti
- Presenza di un aggregato affettivo-cognitivo difensivo paralizzante da destrutturare

Questa descrizione articola la teoria di Bion sul funzionamento dei gruppi in assunto di base e propone interventi rivolti a trasformarli in gruppi di lavoro, cioè a permettere che i pensieri emergano in contesti emotivi con un'adeguata oscillazione. Tale lavoro richiede interventi di "supervisione destrutturanti gli assetti descritti, che comportano sentimenti di smarrimento e di perdita", simili a quelli da me provati nell'affrontare il tema. La tolleranza per un tempo sufficientemente lungo di tali sentimenti può permettere l'emergere nel gruppo di una nuova direzione e un nuovo senso.

René Kaës (1996) parla della sofferenza e patologia dei legami istituzionali. Egli pensa che la sofferenza patologica, cioè l'impedimento permanente di amare, lavorare, giocare, sia sempre legata all'impossibilità di stabilire un legame creativo con sé e con gli altri, per un'intolleranza alla sofferenza vitale. Ritiene questa sofferenza una proprietà non solo della psiche individuale, ma della realtà psichica prodotta dai legami intersoggettivi, nella forma di
- alleanze inconsce (dinieghi condivisi)
- contratti narcisistici
- funzioni foriche ( portavoce, portasintomo, portaideali, tannatofori).
Tutto questo avviene quando manca uno spazio per pensare. E si attivano meccanismi di identificazione proiettiva massiccia che tendono a un controllo sugli oggetti persecutori, in modo che l'altro si comporta esattamente come esige il soggetto che utilizza questo meccanismo di difesa: regressione paranoide, attacco invidioso contro i legami, identificazione agli oggetti attaccati o attaccanti. Accanto a questi meccanismi arcaici, si ricorre al rigetto e al diniego, sulla base della scissione dell'io e dell'oggetto. Si tratta di una confusione tra i confini dell'io e i suoi prolungamenti negli spazi del legame intersoggettivo e istituzionale. L'insieme di questi meccanismi comporta un disconoscimento difensivo della sofferenza degli altri (pazienti, curanti, educatori), che rappresenta un elemento dell'alleanza inconscia e un rinforzo della sofferenza patologica (25).
Secondo Kaës esiste una sofferenza che riguarda in specifico l'istituzione in sé e che si articola in:

-indifferenziazione di base degli spazi psichici
-disturbo inerente alla fondazione e alla sua funzione istituente
-impedimenti allo svolgimento della sua funzione primaria
-difficoltà di instaurazione e mantenimento dello spazio psichico nell'istituzione, con prevalenza dell'istituito sull'istituente

In particolare nelle istituzioni innovatrici i curanti sono confrontati con l'attivazione di angosce arcaiche, perché il contratto narcisistico e l'identificazione all'oggetto primario sono scossi; così vengono attaccati coloro che resistono all'innovazione, segno che "i limiti dell'io sono stati perforati dall'intrusione di ideali narcisistici inaccettabili e da movimenti pulsionali desublimati" (43). Si attaccano i malati non dispensando più cure, per disturbi gravi nelle componenti narcisistiche del sentimento di appartenenza.
A questo punto si pone l'esigenza di lavoro psichico attraverso l'intervento di un terzo che attivi rêverie, contenimento, trasformazione degli affetti arcaici terrorizzanti che attaccano quelle forme e quei processi di metabolizzazione che danno luogo a formazioni intermedie. Questo non significa negare l'importanza dei problemi politici e organizzativi, ma segnalare che l'istituzione è anche ordinata a delle funzioni psichiche e mobilizza formazioni arcaiche e edipiche della vita mentale. Il problema è analizzare quando producono sofferenza patologica, quando invalidano la capacità di pensare e di realizzare gli scopi definiti dal compito primario e dalla funzione sociale dell'istituzione". (47).
In sintesi, nelle istituzioni, il gruppo è depositario nel suo insieme della funzione curante, prende su di sé una parte della funzione di 'pelle mentale' che gli individui esercitano per loro conto. Così lo definisce Anzieu (1981): " Un involucro che racchiude i pensieri, le parole e le azioni, permette al gruppo di costituire uno spazio interno (che provoca un sentimento di libertà che garantisce il mantenimento degli scambi all'interno del gruppo) e una sua temporalità (che comprende un passato da cui il gruppo fa derivare la propria origine e un avvenire in cui progetta di perseguire le sue mete). (citato da Neri, 58).

L'intervento di supervisione riguarda questa funzione gruppale: quando viene smarrita per perdita dei confini spazio-temporali, o quando si blocca nella ripetizione patologica di un assetto particolare, o quando si scioglie in una disgregazione di comportamenti senza senso.
Tale intervento di un elemento esterno al gruppo, un terzo, permette il riattivarsi di uno spazio per pensare e di una dinamica psichica riguardo a tre particolari dimensioni:
-la ripresa del funzionamento dell'apparato per pensare gruppale come oscillazione tra emozione azione conoscenza secondo lo specifico analitico, un'oscillazione tra conoscere e diventare, tra K e O. La necessità è di allargare lo spazio ludico per il quale conoscere spesso è anche diventare l'oggetto, è vivere un processo autotrasformativo e non solo osservativo. Tale dimensione psicoanalitica permette forse di ripensare in modo nuovo la contraddizione tra la richiesta di formulare una diagnosi dei pazienti, come dimensione meramente classificatoria da DSM, e la dimensione di comprensione, descrizione e definizione dei meccanismi psicopatologici in funzione dell'incontro, della presa in carico, e della cura.
-l'attivazione di una funzione narrativa che trova i modi di dare forma e dare senso a quanto accade, sottraendolo al destino a senso unico dell'azione evacuativa di scarica .
-la restituzione della funzione curante e carismatica al gruppo stesso, senza che il supervisore lo sostituisca.

Attraverso questo percorso si ritrovano i parametri da cui lo strumento della supervisone ha preso le mosse, la supervisione psicoanalitica, per la quale "ogni apprendimento è trasformativo" (Manfredi Nissim, 1984, 589).

3. La supervisione istituzionale nella riflessione clinica

La riflessione sul significato e le forme della supervisione istituzionale è stata oggetto di diversi lavori in Italia, probabilmente per la particolarità della situazione, che con la chiusura dei manicomi ha esposto le équipe curanti a condizioni che mettono alla prova particolarmente la loro appartenenza istituzionale e identità professionale. Su questo terreno quindi si è depositata una certa tradizione a cui mi sembra saggio rimandare. Riprendo alcuni lavori particolarmente efficaci a sintetizzare le elaborazioni precedenti di altri autori, lavori che possono servire da traccia e retroterra.
Antonello Correale è intervenuto con molti articoli e nella pratica clinica dei servizi su questo tema: come sintesi indicativa possiamo assumere l'articolo "La supervisione nei servizi pubblici" pubblicato nel 1993 in Asioli, Ballerini, Berti Ceroni Psichiatria nella Comunità. Egli mette in evidenza il carattere dell'équipe come campo di esperienze, affetti e rappresentazioni comuni e la supervisione come attivazione di emozioni e pensieri che l'équipe vuole fare maturare e che teme di perdere o lasciare indebolire. Individua come principali funzioni della supervisione a cui il contesto istituzionale imprime una vettorialità specifica:
-riattivazione di una possibilità di riflessione comune e di pensiero condiviso contro frammentazioni e scissioni
-facilitazione di un clima onirico-associativo fluttuante, spesso obliterato in nome dell'urgenza e delle angosce di impotenza e onnipotenza suscitate dalla gravità dei pazienti
-cogliere un senso di coesione e di appartenenza che permette ai singoli di sentirsi parte di un unico ambito affettivo-emotivo
-funzione di mobilizzare e regolare emozioni intense e bloccate dall'adesione a ruoli professionali troppo rigidi
-funzione narrativa come mezzo per spostare il vissuto su piani più atti a operazioni di elaborazione e trasformazione
-funzione costruttivo-formativa per permettere a sensazioni e emozioni grezze di assumere forme riconoscibili e comunicabili

Tebaldo Galli (1994) nel suo lavoro "La supervisione nel lavoro istituzionale" compreso nel libro a cura di Marta Vigorelli Istituzione tra inerzia e cambiamento individua alcuni elementi chiave:
-il mettere tra parentesi l'operatività tanto importante nella psichiatria permette il riconoscimento e la rappresentazione di emozioni, affetti, fantasie, presenti nei comportamenti dei pazienti e dei terapeuti attivando quel pensare interno (Tagliacozzo 1989) che favorisce nuovi modelli vitali e svolge una funzione integrativa e unificante di tutto il sistema
-i rischi di intellettualizzazione imitativa con assunzione acritica dell'ideologia del supervisore possono essere evitati dando al lavoro un carattere ludico oltre che rituale, valorizzando la circolazione corale di affetti, pensieri, discorsi che privilegia la "messa in scena" (Petrella 1993).

Anna Ferruta (1998) nel capitolo su "La formazione" del volume La Comunità terapeutica. Tra mito e realtà a cura di Ferruta, Foresti, Pedriali, Vigorelli
-distingue tra leadership e supervisione, ponendo accanto ai tre assunti di base bioniani che condizionano il funzionamento dei gruppi (attacco e fuga, dipendenza, accoppiamento) anche quello specifico del clima comunitario (egualitarismo del leaderless group) riprendendo le indicazioni di Hinshelwood (1995) per il quale il supervisore fornisce al gruppo, leader compreso, uno spazio ausiliario di riflessione per illuminare le macchie cieche e insieme, esercitando la capacità negativa bioniana, per evitare che il carisma risieda in lui o nel leader, ma per restituirlo alla comunità nel suo insieme.

Stefano Bolognini e Magda Mantovani (1999) in "Le attività di supervisione" nel volume a cura di Berti Ceroni e Correale Psicoanalisi e Psichiatria mettono in luce:
-i rischi della supervisione (richieste equivoche,tentazioni narcisistiche, supervisore docente, alleanze perverse, feticcio ideologico), sottolineando l'esigenza che il lavoro della supervisione sia rigorosamente eterocentrato, in modo da evitare e elaborare le tendenze a farlo scivolare in una terapia di gruppo;
-descrivono le funzioni della supervisione: attivazione della speranza; costituzione di una relazionalità gruppale sufficientemente protetta, sviluppo di condivisione e appartenenza, ridefinizione dell'identità; recupero narcisistico dell'équipe; attivazione del pensiero riflessivo.

Carmelo Conforto (1999) in "Un'esperienza di supervisione di gruppo", all'interno di Comunità (Conforto, Giusto, Pisseri, Berruti) riprende, riferita alla supervisione in comunità, la tematica bioniana dell'apparato per pensare i pensieri e individua la funzione della supervisione nel favorire la realizzazione di un'esperienza emotiva. Questa consiste nella sensazione di avere scoperto qualcosa di coerente attraverso l'uso della rêverie, e nell'individuazione degli elementi psicoanalitici estesi nel campo del senso (qualcosa di visibile o sensibile), del mito (qualcosa di rappresentabile con una formulazione 'come se'), della passione (un'emozione rappresentata con intensità e calore). Questa funzione narrativa è possibile nel campo gruppale se la tendenza a evitare la frustrazione non prevale su quella a modificarla, cioè se per il gruppo è tollerabile essere in contatto con elementi alfa non ancora organizzati, in attesa di sistemazione.

A partire dal retroterra costituito dalla teoria indicata e da questa letteratura sulla clinica, possiamo cercare di sviluppare indicazioni relative alle procedure riproducibili con le quali si può configurare la supervisione/consulenza come strumento di lavoro normale per lo svolgimento dell'attività terapeutica delle Comunità e delle strutture psichiatriche.

4. Procedure riproducibili

In questo quadro, l'intento di una supervisione consulenza è quello di fornire un aiuto per attivare l'apparato per pensare, bloccato da fenomeni di natura inconscia che ostacolano il gruppo nello svolgere la sua funzione curante.
Lo strumento della supervisione/consulenza psicoanalitica si qualifica come specifico per questa funzione: introduce un elemento terzo, che utilizza la funzione trasformativa (la funzione bioniana alfa) sulla base dell'attivazione nel gruppo di emozioni, patterns relazionali, conoscenze, relative alla vita istituzionale.
Da questo punto di vista la supervisione istituzionale, pur nelle sue modalità modificate, conserva un elemento qualificante della supervisione originaria destinata alla formazione degli analisti: l'intervento ha insieme una funzione conoscitiva, trasformativa e terapeutica. Si presenta con un carattere "ludico", nel senso winnicottiano del termine: propone un lavoro del gruppo che come nel gioco non consiste solo nell'osservare un fenomeno (per esempio il paziente) ma nel diventare l'oggetto, nel partecipare in prima persona alla dinamica attivata, realizzando una partecipazione in prima persona all'esperienza di supervisione e all'attività terapeutica della comunità.

a Modello del contratto
-Analisi della domanda con i committenti per individuare il bisogno, che riguarda non solo la singola comunità ma il servizio di rete nel suo insieme i cui referenti significativi devono essere coinvolti nel lavoro. I modi in cui questa buona integrazione può essere attuata sono diversi, ma spesso può bastare la presenza di un elemento che faccia da raccordo tra le diverse strutture, per rompere l'isolamento autarchico e qualificare la supervisione come uno strumento volto a permettere il funzionamento dei legami.

-Proposta dell' intervento a termine finalizzato all'obiettivo individuato.
La fissazione di un termine discende direttamente dal pensare alla supervisione come uno strumento di lavoro utilizzato per sbloccare cristallizzazioni o per favorire riaggregazioni del dispositivo gruppale.

-Restituzione finale del lavoro fatto al gruppo, per riconoscere e condividere le caratteristiche della sua funzione curante. L'obiettivo è restituire carisma e identità terapeutica al gruppo curante, attraverso un lavoro di rielaborazione. Il lavoro di supervisione deve occuparsi anche di medicare il narcisismo ferito dei curanti, che sono a contatto con pazienti così gravi da intaccare ogni pur saldo narcisismo. Inoltre spesso la motivazione alla funzione terapeutica negli operatori, anche se consapevole e analizzata, è esposta a continui vacillamenti, in quanto nasce spesso da una motivazione riparativa, legata alla storia personale. Quindi la supervisione costituisce anche uno strumento di medicazione del narcisismo ferito dal rapporto con pazienti particolarmente onnipotenti.

b Progetti finalizzati a termine
- Nuovo inizio: apertura di una nuova comunità: miti fondatori, attribuzione di responsabilità, analisi dei ruoli, funzioni, selezione dei pazienti
- Situazioni di crisi della vita comunitaria: turn over dei pazienti e degli operatori, suicidi, aggressività, discontinuità del lavoro terapeutico
-Stallo: cronicizzazione degli interventi con riproduzione diimpasse manicomiali e fantasmi di incurabilità
-Riorganizzazione periodica del modello di intervento terapeutico, con particolare attenzione all'identità professionale degli operatori, messi alla prova da fenomeni di contagio psichico
-Separazione: dimissione dei pazienti, angosce, percorso, tappe, procedure

c Modelli dell'intervento
- L'intervento funziona se parte dalla descrizione di una situazione clinica e prevede la presenza di tutti coloro che ne fanno parte con qualche funzione curante.
Solo in questo modo le caratteristiche di una supervisone analitica si attivano, in quanto mettono in gioco su un oggetto comune e condiviso emozioni transferali e controtransferali e funzionamento gruppale. La costituzione di un oggetto comune di interesse e di lavoro è fondamentale.

- L'interesse clinico che offre materiale di supervisione può riguardare:
- discussione di un caso clinico
- consulenza su problemi dell'assetto e del funzionamento istituzionale
- esperienze di formazione per operatori

- Il setting prevede che l'incontro si svolga possibilmente nel luogo di cura, che duri un tempo sufficiente (due, tre ore per attivare uno scambio libero e per poi raccogliere le configurazioni che prendono forma (fatto scelto, scena modello).

Bibliografia

Anzieu D.(1985). L'Io-pelle. Borla, Roma, 1987.
Bion W.R. (1961). Esperienze nei gruppi. Armando, Roma, 1971.
Bion W.R. (1962). Apprendere dall'esperienza. Armando, Roma, 1972.
Bolognini S., Magda Mantovani M.(1999). Le attività di supervisione. In: Berti Ceroni G., Correale A. (a cura di ). Psicoanalisi e Psichiatria. Raffaello Cortina Editore. Milano.
Conforto C.(1999). Un'esperienza di supervisione di gruppo. In: Conforto C., Giusto G., Pisseri
P., Berruti G. (a cura di). Comunità. Bollati Boringhieri, Torino.
Correale A. (1993). La supervisione nei servizi pubblici. In: Asioli F., Ballerini A., Berti Ceroni G. (a cura di).Psichiatria nella Comunità. Bollati Boringhieri, Torino.
Ferruta A. (1998). La formazione. In: Ferruta A., Foresti G., Pedriali E., Vigorelli M. (a cura di).
La Comunità terapeutica. Tra mito e realtà . Raffaello Cortina Editore, Milano.
Galli T.(1994). La supervisione nel lavoro istituzionale. In: Vigorelli M (a cura di). Istituzione tra inerzia e cambiamento. Bollati Boringhieri, Torino.
Hinshelwood R.D. (1995). Lo spazio riflessivo. Il gruppo come contenitore di psicosi. In: Correale A., Neri C., Contorni S. (a cura di). Fattori terapeutici nei gruppi e nelle istituzioni, 2, Borla, Roma.
Kaës R. (1996). Souffrance et Psychopathologie des liens Institutionnels. Dunod, Paris.
Manfredi S., Nissim L. (1984). Il supervisore al lavoro.Rivista di Psicoanalisi, 30, 4, 587-607.
Neri C. (1995). Gruppo. Borla, Roma.
Petrella F. (1993). Turbamenti affettivi e alterazioni dell'esperienza. Raffaello Cortina Editore, Milano.
TagliacozzoR. (1989). Funzione della supervisione nelle istituzioni. Gruppo e Funzione Analitica,10, 45-48.
Tagliacozzo R. (1989).La supervisione. In: Semi A.A. (a cura di). Trattato di psicoanalisi. Vol2. Raffaello Cortina Editore, Milano.

PM - HOME PAGE ITALIANA PM-TELEMATIC PUBLISHING PSYCHO-CONFERENCES ELENCO DELLE RELAZIONI
Untitled