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Atti del 1°Congresso SI-EFPP - Roma, 6 maggio 2000

"Costanti e Evoluzioni del Setting in Psicoterapia Psicoanalitica"




Interventi istituzionali di sostegno alla relazione genitori-bambino

Bianca Micanzi Ravagli

A.I.P.P.I. Roma.
e-mail: bianca.micanzi@katamail.com



La transizione verso la genitorialità: una crisi evolutiva.
L'espressione "transizione verso la genitorialità" definisce l'insieme dei processi psicologici che avvengono quando un individuo diventa padre o madre (Stoleru, 1989). Sebbene sia più studiato l'aspetto della genitorializzazione delle madri (Stern, 1995; Bydlowsky, 1995) rispetto a quello dei padri, (Herzog e Lebovici, 1989), gli studi mettono in evidenza per tutti e due i neo-genitori, la necessità di una ristrutturazione profonda del proprio mondo di rapporti.
L'accesso alla genitorialità in senso psicologico, infatti, non può avvenire senza l'elaborazione di un lutto, quello del proprio status di figlio e della conclusione irrevocabile di una fase della propria vita, "lutto evolutivo" in quanto attinente ad una fase di passaggio e di crescita nella maturità. Questo comporta un confronto ed una revisione delle identificazioni con i propri genitori con il rischio che possano riaffiorare antichi conflitti che sono di ostacolo al lavoro di mentalizzazione: la riedizione con il proprio bambino dei problemi irrisolti in passato con i propri genitori è uno dei modi in cui più frequentemente queste ansie si attualizzano.
Dobbiamo a S.Fraiberg (1980), il primo tentativo di descrivere e concettualizzare queste relazioni disfunzionali a carattere transgenerazionale nelle quali l'autrice si era imbattuta nel corso del suo lavoro clinico e sociale con le famiglie multiproblematiche.

Gli interventi di sostegno alla genitorialità e allo sviluppo
Sono stati gli interventi pionieristici di S.Fraiberg a inaugurare, negli anni '80, la prospettiva degli interventi di terapia congiunta genitore-bambino.
L'autrice considera il proprio metodo una variante della psicoterapia psicoanalitica che utilizza il transfert, la ripetizione del passato nel presente e l'interpretazione, coniugandoli in modo originale con l'attenzione allo sviluppo del bambino e agli interventi propri del lavoro sociale. Fraiberg ritiene che la strada verso il superamento del disagio passi attraverso il recupero degli affetti rimossi o scissi dalle originarie situazioni traumatiche, in particolare il senso di impotenza sperimentato nell'infanzia. L'intervento terapeutico è quindi orientato a far recuperare ai genitori le fantasie e proiezioni che infestano il loro rapporto con il bambino e a far loro riprendere l'elaborazione psichica dei vissuti inerenti alle vicende e sofferenze del passato.
Il rigore metodologico della Fraiberg (1982) e del suo gruppo di ricerca ( Sameroff,1982) non è in contrasto con un vasto campo di applicabilità degli interventi: infatti i dati hanno dimostrato che le terapie rivolte a sostenere la genitorialità non erano interferite da fattori come il basso livello socioeconomico, la marginalità sociale e disturbi mentali per i quali le terapie basate sull'insight non sono indicate.
I lavori di Seligman (1994) e di Lieberman e Pawl (1993), nel solco tracciato da Fraiberg, sottolineano, oltre al recupero degli affetti, il ruolo centrale della relazione terapeutica che è al contempo il terreno del cambiamento ed il paradigma della relazione che si vuol promuovere tra i genitori e il bambino.

Le psicoterapie brevi genitori-bambino
Per bambini con sintomi focali e quadri psicopatologici lievi, quali: alimentazione, sonno, disturbi del comportamento ecc., è di larga applicazione il modello di terapie brevi congiunte genitore-bambino, elaborato da B.Cramer e Palacio Espasa (1993) a partire dal concetto di "mutualità psichica", (Cramer, 1974), un'area comune a genitori e bambino, all'interno della quale la fantasmatica dei genitori pesa sul figlio ed è alla base dei sintomi che egli esprime: un concetto non molto diverso dai "fantasmi nella nursery" di cui parlava Fraiberg.
Le terapie congiunte si configurano come un intervento breve focalizzato all'esplorazione dei conflitti attivi nell'area di mutualità psichica al fine di recuperare le competenze parentali, e la relazione primaria attraverso una ripresa dei processi di elaborazione psichica.
Come in ogni altro intervento ispirato alla psicoanalisi, l'interesse è focalizzato alla espressione e comprensione degli stati emotivi specialmente a quelli inerenti ad esperienze conflittuali e dolorose. Per l'elaborazione questi contenuti ci si attiene ai principi del lavoro analitico: 1) l'attenzione all'esperienza che il paziente vive nel qui ed ora; 2) l'attenzione del terapeuta al proprio controtransfert.
Per quanto riguarda il setting, occorre tener presente che, anche quando viene dato l'appuntamento al bambino e ai genitori, è possibile che egli venga accompagnato dalla sola madre, anche se la presenza del padre è sempre più frequente; nel materiale clinico che presenterò, ci sono solo madri con il bambino ed anche una madre che viene da sola. E' estremamente importante che il padre, fisicamente assente, sia presente nella mente del terapeuta. Come pure è importante che il terapeuta si attenga al programma che egli propone ai genitori nel corso del primo colloquio. In esso viene illustrata la modalità di intervento, il numero degli incontri, in genere non superiore a cinque e la loro periodicità, che può essere discussa e decisa con la famiglia. Come in altre modalità di lavoro, è possibile che, dal lavoro breve scaturisca, per uno o per entrambi i genitori, l'opportunità di un lavoro più prolungato: la terapia breve viene perciò ad assumere anche una funzione di consultazione psicoterapeutica (Palacio Espasa, 1998).

Come si può immaginare, la prima seduta rappresenta un momento privilegiato per esplorare e valutare tutti gli elementi che sono in gioco nella relazione genitori bambino, e per formulare delle ipotesi sulla loro reciproca influenza; quando è possibile identificare rapidamente le interazioni tra bambino e genitori che sono sintomatiche di un conflitto intrapsichico di uno o di entrambi, quando da parte loro emerge la capacità di utilizzare gli interventi del terapeuta operando un riconoscimento della propria partecipazione alla interazione sintomatica stessa, e quando infine ci troviamo in presenza di un transfert positivo, si può ipotizzare che la terapia breve possa essere sufficiente a soddisfare la richiesta di aiuto.
Infatti, le possibilità di lavoro breve sono legate, come si diceva, alla peculiarità della "crisi evolutiva": carattere di urgenza, accessibilità dei vissuti, disponibilità al cambiamento. Circa il primo punto, è importante che si creino nei Servizi o nei Centri, le condizioni esterne di accessibilità dei servizi stessi e la pronta disponibilità degli operatori.

Vignette Cliniche
Il materiale clinico che segue si presta ad esemplificare l'applicabilità del modello in contesti psicopatologici diversi ed anche ad evidenziare gli aspetti teorici precedentemente esposti. Esso è tratto da tre prime sedute con tre madri, due delle quali sono venute portando con sé il proprio bambino/a. In tutti e tre i casi il lavoro terapeutico si è mantenuto nei limiti dei 5 incontri previsti. L'evoluzione è stata favorevole: il sintomo si è andato progressivamente attenuando e si sono manifestate modalità di relazione meno conflittuali e più distese.

Alimentazione
La mamma di Elisa, 16 mesi, viene inviata dalle puericultrici di un Nido perché la bambina presenta da 5 mesi una grave forma di rifiuto del cibo. Già nella prima consultazione la madre con l'aiuto della terapeuta realizza che il sintomo della bambina si è manifestato in coincidenza di un trasloco molto travagliato durante il quale lei stessa, per la prima volta nella sua vita, ha sofferto di un malore, forse un attacco di panico. La donna, durante la consultazione, comprende che il suo malessere l'ha resa momentaneamente inaccessibile alla figlia della quale ha dovuto prendersi cura il marito, che, forse per ansia e inesperienza, l'ha alimentata forzatamente traumatizzandola e iniziando un circolo vizioso difficile da interrompere.
L'ascolto empatico offre alla donna la possibilità di recuperare nel qui e ora della seduta i propri vissuti angosciosi legati ai molteplici dolorosi traslochi della sua infanzia e all'abbandono della madre che non li "reggeva". Il riconoscimento delle proprie sofferenze infantili sembra facilitare in lei una rilettura delle difficoltà alimentari della bambina: queste sono più spiegabili alla luce del trambusto esterno e interno alla madre e alla famiglia. La maggiore consapevolezza materna è seguita, nella seduta, da una immediata distensione del clima di rapporto: la bambina si addormenta tranquillamente e la mamma recupera, nel ricordo, la figlia sana e vitale che Elisa è stata fino a 5 mesi prima, ritrova la fiducia nella pediatra e dice che vorrebbe continuare a venire con il papà della bambina. Il focus del lavoro terapeutico si mantiene sulle competenze genitoriali, ma illumina successivamente anche i rapporti di coppia, in particolare la funzione paterna, ambedue molto idealizzati dalla madre, per difesa da una imago paterna infantile persecutoria. Ne consegue un'ulteriore attenuazione dell'ansia genitoriale, una ridistribuzione dei compiti: il sintomo della bambina si attenua rapidamente.

Sonno
La mamma di Marianna, 20 mesi, è una giovane emigrata da un paese del Centro America. Chiede la consultazione perché la bambina non li fa dormire la notte. Nel corso del primo colloquio, al quale viene da sola, il disturbo viene ridefinito nel contesto di un allattamento al seno che la bambina non vuole abbandonare. Con l'aiuto della terapeuta, la donna realizza che lei stessa, pur volendolo, non è riuscita a svezzare la bimba quando questa aveva dieci mesi, perché lei stessa non riusciva a tollerare la coincidenza di un doppio distacco dalla figlia e dai propri genitori che ritornavano al paese di origine. L'ascolto empatico le permette di rievocare i vissuti infantili di isolamento, l'assenza della madre, dovuta alla precarietà delle loro condizioni economiche, assenza che però, per lei bambina, si caricava di vissuti abbandonici. Da queste immagini persecutorie la donna si difende rifugiandosi in un allattamento interminabile che, tra l'altro la difende dalla sessualità che le rievoca la figura del padre, possessivo e violento.
Sempre nella prima seduta, la donna realizza che i suoi problemi meritano un'attenzione a parte e che potranno essere oggetto di un lavoro terapeutico individuale in un secondo momento. Nell'immediato, il riconoscimento della propria partecipazione alle difficoltà della figlia la riavvicina alla bambina, il recupero della propria funzione materna le fa considerare prioritaria l'attenzione al rapporto con la figlia e, a questo fine, decide di utilizzare i successivi incontri facendosi accompagnare dal padre di Marianna, che -dice- l'aiuterà a svezzare la figlia.

Disturbo d'ansia di separazione
Riccardo ha 3 anni, ma non riesce ad abituarsi alla scuola materna: i suoi pianti quotidiani esprimono la disperazione, la collera e l'ansia che i genitori lo abbandonino al nido; la protesta può prolungarsi per ore malgrado la disponibilità delle maestre. La cosa si protrae da oltre due mesi quando la madre viene al Servizio, col bambino aggrappato al collo che piange e si lamenta: "Non andare via..." Lei dipinge il figlio come un piccolo despota, oppositivo e collerico che pretende tutto da tutti e non lascia spazio né ai genitori, né alla sorella maggiore undicenne. La madre ammette, però, di essere arrivata alla maternità, "già stanca", perché, fino dall'età di dodici anni, ha dovuto occuparsi, in sostituzione della madre, di una sorellina di tre.
Il vissuto infantile di solitudine e di impotenza, e il riconoscimento operato dalla terapeuta, di quanto fosse pesante il carico di responsabilità per le sue spalle di bambina, riemerge con commozione e opera un subitaneo cambiamento di atmosfera: ora è la madre che piange e abbraccia il bambino che si tranquillizza. Sembrano essersi ritrovati. Sulla base di questo temporaneo allentamento della tensione, viene accettata l'offerta di cinque incontri ai quali la donna verrà senza il bambino ma con il papà di Riccardo. E' con il suo aiuto che potrà essere affrontato il tema doloroso di un aborto spontaneo che ha preceduto la nascita di Riccardo e che, a detta di tutti e due, ha gettato un'ombra di apprensione sulla crescita del bambino. Sembra essere stato questo lutto a mettere in crisi una genitorialità raggiunta dalla madre probabimente solo in modo parziale. Nel giro dei due mesi durante i quali il lavoro psicoterapeutico procede, con cadenza quindicinale, R. manifesta un notevole miglioramento dall'ansia che lo opprimeva: diminuiscono i pianti e aumenta progressivamente l'interesse per le attività scolastiche e il piacere di stare con la maestra e i compagni. Si instaura così un circuito più benefico e aperto allo sviluppo.


Commento
Nel commentare questo materiale clinico, vorrei sottolineare alcuni punti teorici importanti:

1) La presenza di un transfert positivo nei confronti della terapeuta verso la quale le madri sembrano aver formulato una opzione di fiducia.
2) L'accessibilità dei vissuti: è sorprendente come le madri riescano a condensare in così poco tempo tante notizie e ad evocare nell'ascoltatore atmosfere e stati d'animo così intensi. Sintetizzando questi due primi punti, è come se queste vicende aspettassero da tempo un ascoltatore ricettivo. Daws (1989) sottolinea l'aspetto di normalità di questo fenomeno: "E' come se tutti i genitori normali avessero una "storia" da raccontare sul loro bambino, drammatica e commovente come un romanzo". In questo suo commento Daws sottolinea sia l'elemento rappresentazionale, sia l'aspetto legato all'esperienza emotiva, cosa che ci introduce al punto successivo.
3) Le madri realizzano, nel qui ed ora della seduta, un' esperienza emotiva promossa dall'ascolto empatico. Su questo punto una funzione importante di facilitazione sembra svolta dal riconoscimento delle sofferenze infantili, operato dalla terapeuta.
4) L'esperienza emotiva che le madri fanno in seduta, sembra favorire il recupero di funzioni e competenze genitoriali: dopo aver avuto dalla terapeuta un riconoscimento delle sofferenze infantili, la madre di Elisa riesce a restituire significato al rifiuto del cibo della figlia, riconosce inoltre il proprio ruolo nella interazione: si rende conto che, ritirandosi nel proprio sintomo, l'attacco di panico, si è resa momentaneamente inaccessibile alla figlia lasciando la bambina al marito che, sommerso dalle troppe richieste, l'ha alimentata forzatamente.
Nel caso di Marianna, la madre riconosce che anche per lei, così provata dai distacchi, è stato difficile, anzi impossibile togliere il seno alla figlia.
5) L'esperienza emotiva di recupero e di riconoscimento, che il genitore realizza in seduta, si estende anche al bambino il quale, se fisicamente presente, sperimenta un momentaneo allentamento della tensione ed una atmosfera di rapporto più contenitiva. Come se, dissipati i fantasmi, nella mente dei genitori si allargasse lo spazio per il bambino reale visto come persona separata e per la coppia parentale: infatti viene richiesta la preseza del padre per il prosieguo del lavoro terapeutico.


Conclusione
Per concludere vorrei sottolineare come la mamma di Elisa ci offra una metafora per il passaggio alla genitorialità: per lei si tratta di affrontare un cambiamento radicale che le crea una difficoltà insormontabile: il trasloco dalla casa mentale propria della coppia coniugale a quella della coppia genitoriale. Ciò fa riemergere i lutti infantili, i conflitti non risolti: i distacchi dell'infanzia, segnati dalle tensioni familiari e dall'abbandono della madre che ritornava da sola alla propria città natale. Come si vede, il materiale descrive la riedizione transgenerazionale del conflitto. Il copione che si riattualizza (Fraiberg, 1975) riguarda una madre che non "regge" i cambiamenti, una bambina abbandonata al padre, un padre che "forza" la figlia al cambiamento. Gli spunti sono molteplici e suggestivi, la spinta evolutiva è forte, come se la nascita del bambino, secondo quanto esposto dagli autori citati in precedenza, rendesse urgente una nuova organizzazione dell'Edipo, per il quale le identificazioni che hanno funzionato nella scelta di coppia vanno rivisitate. Il lavoro di terapia breve va dunque letto come una aiuto per facilitare questo passaggio.



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