© PSYCHOMEDIA - TELEMATIC PUBLISHING
PM - HOME PAGE ITALIANA PM-TELEMATIC PUBLISHING PSYCHO-CONFERENCES ELENCO DELLE RELAZIONI


Atti del 1°Congresso SI-EFPP - Roma, 6 maggio 2000

"Costanti e Evoluzioni del Setting in Psicoterapia Psicoanalitica"




Dalla consultazione alla cura. La trattabilità come processo

Marysa Gino

Socio Ordinario con funzioni di training della Società Italiana di Psicoterapia Psicoanalitica e della Associazione Romana per la Psicoterapia dell'Adolescenza



L'incontro con un paziente che non abbiamo mai conosciuto ci propone l'atmosfera di sottile tensione che è sempre determinata dal "nuovo", a volte limitrofo all'area del "perturbante".
Anche il paziente, in modo meno consapevole, vive l'incontro con le caratteristiche che ha per lui l'ignoto.
Sono due inconsci che entrano in contatto e nessuno potrà mai avanzare predizioni su quella che sarà la risultante, che non è somma, non è derivato, ma è un prodotto nuovo per entrambi.
E' l'incontro tra due persone, ma anche tra due funzioni e "competenze" diverse, come ben illustrano Giaconia, Pellizzari e Rossi nel loro libro Nuovi fondamenti per la tecnica psicoanalitica.
Il terapeuta compenetra in sé la competenza psicoanalitica che possiamo indicare nelle precipue qualità di sensibilità e di ascolto, nel corpus dottrinario e nella conoscenza profonda di sé che gli ha fornito il training personale psicoanalitico, nella esperienza clinica e nelle caratteristiche di personalità che da tutto ciò derivano.
Il paziente porta il suo malessere o solo sintomi, ma comunica, mediante il camuffamento dei derivati, quale è la realtà psichica, quale è il suo oggetto e quanto ed in che modo questo oggetto è investito rispetto alle energie assorbite dalle esigenze narcisistiche.
Le disarmonie, la mancanza di equilibrio tra questi due assi (narcisistico e oggettuale), forniscono le prime coordinate per un orientamento diagnostico.
Inoltre la motivazione, almeno quella consapevolmente dichiarata, è un altro elemento significativo che si collega alla possibilità di tollerare la dipendenza ed alla disponibilità a potersi affidare al terapeuta.
Ci è di ulteriore indicazione il modo in cui il paziente propone il rapporto dinamico con la mente del terapeuta. Questo elemento racconta la qualità della fiducia che l'esperienza vissuta dal paziente ha lasciato fin dall'origine del suo sè e l'esperienza dell'assoggettamento alle cure ed alla mente della madre: sono queste le esperienze che lo hanno portato ad essere poi un adulto sofferente.
Il terapeuta è sollecitato e guidato sia dalla qualità dell'ascolto psicoanalitico che da eventuali sentimenti controtransferali nel dare un senso "altro" alla sintomatologia, al discorso verbalizzato come forma e sequenza di contenuti ed al comportamento del paziente.
Dopo il primo, secondo ed eventualmente terzo incontro di consultazione, il terapeuta ha soltanto alcuni degli elementi che configurano il contenuto della possibile trattabilità del paziente, perchè, secondo la mia opinione, la trattabilità nella maggior parte dei casi è un obiettivo da raggiungere, da conquistare.
Inoltre non ritengo la trattabilità un concetto definibile come tale: lo considero la risultante di diversi procedimenti compenetrati nell'essenza della temporalità.
Per il paziente "divenire trattabile" è il risultato di un percorso compiuto insieme al terapeuta che in primo luogo ha facilitato l'accettazione del setting, poi ha sostenuto la formazione di una embrionale alleanza terapeutica, quindi ha interessato il paziente all'osservazione di sé invogliandolo ad osservare il suo funzionamento mentale.
Il modo in cui il paziente diviene capace gradatamente di utilizzare la situazione terapeutica è anche il prodotto della strategia del terapeuta che si adegua al paziente ed alla realtà psichica che questi gli propone.
Gli elementi decifrati dalla "competenza" psicoanalitica del terapeuta forniranno le indicazioni di come e quanto siano state difficili o ostili le primitive alleanze del paziente con la madre, con il padre e con l'organizzazione della mente pensante.
L'area della "trattabilità" costruisce nel tempo una condivisione rispetto a quelle difficili alleanze esperite all'inizio della vita, rispetto alla mancanza di fiducia che avvince sé e l'altro in un'aura di diffidenza e svalutazione, cercando di rendere meno rigido quell'immobilismo psichico di cui si nutre il narcisismo ipertrofico.
L'area della "trattabilità" consente anche di creare e sviluppare la comunicazione con il processo primario, con lo spazio del sogno, attraverso la mente pensante del terapeuta come funzione della coppia al lavoro in quello spazio-tempo del setting che il terapeuta ha proposto come adeguato alla realtà psichica ed alle possibilità di tolleranza dell'Io del paziente.
L'oggetto-terapeuta si pone alla vicinanza-distanza più opportuna e meno traumatizzante per il paziente ed il tempo della costruzione della trattabilità si gioca nella coppia terapeutica rispetto agli equilibri di investimento tra narcisismo e oggetto: il terapeuta deve essere consapevole di avviarsi a prendere il posto dell'oggetto del paziente per proporne nel tempo un diverso statuto.
A seconda della persona che invece nella realtà rappresenta l'oggetto per il paziente al momento della consultazione, abbiamo la possibilità di conoscere e valutare la qualità del legame tra realtà esterna e realtà interna. La capacità di pensare e riflettere sulla qualità di questo legame ci indica la mobilità ed ampiezza dello spazio preconscio. A mio parere è molto importante osservare e dare un grande rilievo alla modalità di funzionamento del preconscio del paziente. Il destino ed il tempo di costruzione della trattabilità ne sono una diretta funzione. La nostra presenza e lo spazio-tempo che offriamo nel setting sono uno stimolo ed un interessamento particolare ad una incursione specifica in questo territorio.
Maggiore è il deficit narcisistico e più lungo è il tempo necessario per la costruzione di una trattabilità: la maggiore difficoltà consiste nel rimanere "analisti pensanti" anche quando il paziente comunica solo fatti, magari gravi ed importanti, ed azioni, senza differenza tra il percepito ed il rappresentato.
Ho trovato di grande aiuto il pensiero di Bollas che considera la comunicazione del paziente in seduta come se fosse un sogno. In questo modo ci suggerisce una chiave di lettura che trascende i fatti e le azioni collocandole in una rete di significati che danno un senso alla relazione.
Sopratutto le azioni si propongono come pensiero concreto, come un percetto, sul quale si può riflettere soltanto insieme. Siamo costretti a percorrere con il paziente la strada a monte del pensiero, quella che dal concreto porta alla rappresentazione di cosa e poi alla rappresentazione di parola. Freud diceva che il pensiero è una azione di prova e nasce come conseguenza dell'assenza dell'oggetto, della cosa. Nell'assenza matura la possibilità di realizzare una rappresentazione che si embrica e si arricchisce, mediante l'attività simbolica, con la rappresentazione di parola. Questa è l'area del funzionamento preconscio, che è scarsamente presente ed attiva nei pazienti per i quali deve essere costruita la trattabilità.
Il pensiero dovrebbe accogliere gli affetti e costituire la capacità di distinguere il mondo interno dalla realtà esterna. Quando è proprio il mondo degli affetti che è stato disinvestito, la difesa consiste in un controinvestimento della qualità del pensiero, che può anche occuparsi cognitivamente di molti argomenti, ma mantenere ed anzi aumentare la scissione dagli affetti e dalle rappresentazion i primarie di cosa.
Se il paziente che stiamo incontrando non vuole pensare in modo diverso da quello che gli è usuale, non possiamo indurlo su questa strada, se prima non abbiamo creato le premesse di un buon sostegno e rinforzo agli investimenti narcisistici.
Fin dall'inizio si evidenzia perciò il problema dell'attesa e dell'assenza: veniamo a conoscere se e come il paziente riesce a mantenere la rappresentazione dell'analista durante l'assenza, durante il tempo tra una seduta e l'altra.
Ma anche per il terapeuta, quando il paziente è scisso o presenta dissociazioni del sé, è necessaria una fatica psichica e un tempo interiore perchè il paziente si costruisca gradatamente nella sua mente e possa rimanervi nel tempo che intercorre tra una seduta e l'altra.
La capacità di pensare, nata dall'assenza, è anche legata alla capacità di tollerare le frustrazioni.
Mi viene in mente un giovane ingegnere, venuto al primo colloquio con oltre trenta minuti di anticipo. Ero in seduta con altro paziente e non ho potuto aprire quando ha suonato. All'ora stabilita ha telefonato protestando perchè non lo avevo fatto entrare quando aveva suonato. Gli ho risposto che il nostro appuntamento era proprio nel momento della sua telefonata e che prima non avevo potuto aprire perchè ero occupata.
Quando dopo pochi minuti arriva, mi trovo davanti un bel giovane, disinvolto e sbrigativo, tutto pieno di apparecchi elettronici: la borsa con il computer portatile, due telefonini alla cintura, una agenda elettronica che appena seduto, estrae immediatamente dalla borsa da menager per verificare, credo, il nostro o qualche altro appuntamento.
Mi avverte che ha poco tempo, che il suo problema è soltanto quello di non riuscire a mantenere rapporti stabili con le ragazze, che ogni volta che una relazione diviene più intensa e coinvolgente, è costretto a chiuderla bruscamente, anche senza motivo.
Parla ininterrottamente per tutta l'ora, non mi guarda mai, come se non ci fossi.
Al termine del tempo, gli propongo un altro appuntamento per approfondire la conoscenza. Si dichiara d'accordo e prende nota, puntigliosamente, sulla sua agenda elettronica, del giorno e dell'ora della settimana successiva.
Poi, uscendo sul pianerottolo, mi dice: "Forse questa volta sarò io a fare tardi".
Il giovane "Rambo elettronico" non è mai più venuto. Secondo me ha accettato il secondo appuntamento soltanto perchè fossi io ad attenderlo per sempre, in un suo mondo senza oggetto e senza tempo.

Dopo queste brevi e "disseminate" considerazioni (mi riferisco ancora ad un altro concetto di Bollas), per concludere, mi sembra opportuno riprendere alcuni dei concetti principali.
La possibilità di essere "trattato" mediante una cura che abbia come fondamento la metodologia e la teoria psicoanalitica, difficilmente è un requisito esistente nel paziente fin dal momento della consultazione. Altrimenti avremmo di fronte una persona "analizzabile".
La "trattabilità" è perciò il risultato di un processo che si svolge nel tempo e che confluisce e si compenetra nella possibilità e capacità per il paziente di trarre giovamento dalla situazione psicoanalitica che si instaura con il terapeuta.
Come prerequisito perchè possa avviarsi il processo di "trattabilità", è essenziale che il "contenitore" formato dalla "qualità psicoanalitica pensante" del terapeuta realizzi la sua esistenza in un setting adeguato alle possibilità psichiche del paziente.
Mi riferisco alla frequenza delle sedute, alla posizione fisica (sdraiato o vis à vis), alla modalità di intervento e di verbalizzazione da parte del terapeuta ed eventuali integrazioni con altri interventi (farmacologico, assistenziale, ecc.)
Nell'area di spazio-tempo del setting, l'intervento strategico del terapeuta tende a creare la "trattabilità" del paziente stimolando l'apertura a quella funzione psichica che chiamiamo tecnicamente il preconscio, ove possano tollerarsi le doppie affermazioni senza necessariamente divenire dilemmi o conflitti; ove possano coesistere realtà diverse senza che si combattano; ove l'Io del paziente possa cominciare a tollerare l'incertezza e le incognite senza sentirle immediatamente un pericolo per l'integrità.
A volte sono molto importanti anche i transfert laterali che si verificano durante il percorso nel quale si realizza la "trattabilità", perchè facilitano gli investimenti e li rendono sopportabili per l'Io del paziente.
E' anche molto utile lavorare sulla vita presente del paziente, senza rifugiarsi eccessivamente nell'infanzia perchè spesso occuparsi in modo cognitivo dell'infanzia diviene una difesa rispetto alle sofferenze attuali e perchè, fintanto che il paziente non diviene "trattabile", è più utile non facilitare la regressione che soprattutto nei casi di forte deficit, può realizzarsi in modo "maligno", come ci ha illustrato Balint.
L'obiettivo del terapeuta è quello di migliorare la qualità del funzionamento psichico del paziente, di ampliare lo spazio interiore preconscio, la sua mobilità e la sua efficienza, di rinforzare l'Io e migliorare l'investimento narcisistico per liberare le cariche energetiche da rivolgere all'oggetto. Ciò in quanto la consapevolezza dei sentimenti e delle fantasie relative alla relazione (ossia un processo con maggiori caratteristiche analitiche) può collocarsi soltanto ove nella coppia esista una buona alleanza ed il mondo psichico del paziente abbia acquisito la capacità di tollerare le spinte pulsionali.
Ci accorgiamo così che il percorso per raggiungere la "trattabilità" è il periodo iniziale della cura, ma non ha le caratteristiche specifiche della cura psicoanalitica perchè ne deve costruire, per quanto possibile, le premesse ed i presupposti, usandone la metodologia, ma con tutti gli adeguamenti e gli accorgimenti necessari a ciascun paziente.
Le costanti necessarie sono il setting interno e la funzione della mente pensante del terapeuta, perchè il setting esterno (ossia la frequenza delle sedute, la posizione fisica del paziente e le eventuali integrazioni con altri supporti) può anche modificarsi nel corso del trattamento in quanto si adegua alle situazioni interiori raggiunte e acquisite dal paziente.
Anche il setting viene usato come uno degli strumenti terapeutici a seconda delle esigenze del paziente, mentre il terapeuta elabora nella sua mente e cerca sempre di essere consapevole dei significati e delle cause di ogni variazione e di quelli che ogni variazione determina.
L'importante è che il paziente possa emergere dagli incastri delle assolutezze e rigidità di un funzionamento frammentato, scisso e disarmonico e possa arricchirsi di una ricreata personalità che deriva dalla scoperta e dalla fuizione del proprio sé.
Questo è l'obiettivo della confluenza ed embricamento del processo di trattabilità con il processo della cura.

Bibliografia
Balint, M ed E. (1959) La regressione. Cortina, Milano, 1983
Bollas, C. (1992) Essere un carattere. Borla, Roma, 1995
Freud,S. (1925) La negazione, OSF, X
Giaconia, G.; Pellizzari, G.; Rossi, P. Nuovi fondamenti per la tecnica psicoanalitica. Borla, Roma, 1997



PM - HOME PAGE ITALIANA PM-TELEMATIC PUBLISHING PSYCHO-CONFERENCES ELENCO DELLE RELAZIONI
Untitled