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Atti del 1°Congresso SI-EFPP - Roma, 6 maggio 2000

"Costanti e Evoluzioni del Setting in Psicoterapia Psicoanalitica"




" I Bambini Crescono Piccoli."
Ansie e difese in una bambina di 5 anni

Donata Bozzi

Socio Ordinario della A.I.P.P.I.



Il titolo del lavoro che presento oggi è costituito da una frase di Tea, una bambina dotata di una straordinaria capacità di esprimere i suoi stati mentali. Il suo incredibile attaccamento alla vita, che l'ha sicuramente aiutata ad affrontare esperienze traumatiche gravi , sembra aver permeato da sempre le sue relazioni , suscitando in che le stava accanto un intenso desiderio di aiutarla a vivere.
L'interpretare è un atto estremamente complesso e gli stralci del lavoro con Tea che presento mi sembrano riflettere ed illustrarne alcuni aspetti importanti e le non poche difficoltà.
Descriverò dapprima gli eventi che mi sono parsi più significativi nella storia della bambina e presenterò poi una parte di seduta suddivisa in stralci, ciascuno dei quali seguito da un breve commento.
Tea nasce al sesto mese di gravidanza e con parto indotto perché i medici si accorgono che la placenta non la nutre. Pesa 600 grammi. Rimane in incubatrice per tre mesi, superando una serie di infezioni che spesso l'avvicinano pericolosamente alla morte.
Quando inizia la terapia, a tre anni e due mesi, pesa 10 chili e, come affermano i genitori, "pur essendo sana e completa sotto tutti i punti di vista, non rientra in alcun percentile". I sintomi lamentati dai genitori riguardano un'insonnia tenace che tormenta la famiglia per lunghe ore durante la notte. Tea piange disperatamente, talvolta non sembra neppure veramente sveglia, tuttavia esige che il papà prepari il biberon davanti a lei e glielo dia cullandola poi sin quasi al mattino. Questo calma il pianto e i lamenti della bambina solo a brevi intervalli. Di queste cure può farsi carico la mamma solo se il papà è assente. Tea mi racconterà poi: " di notte vedo i mostri... piccoli però..... stavamo parlando dei mostri e della mamma".
L'alimentarsi di Tea è molto scarso e irregolare e una stitichezza tenace rende il defecare estremamente doloroso.
Anche gli indumenti sembrano costituire un tormento costante per la bambina che li trova sempre inadatti o irritanti e chiede di cambiarsi diverse volte al giorno.
I genitori della bambina, entrambi liberi professionisti, hanno anche un maschietto, Luca, nato sano e robusto due anni prima di Tea.
Nel corso delle sedute di consultazione i genitori narrano con un' intensità per me molto coinvolgente le vicissitudini della nascita e dei primi mesi di vita della bambina.. La mamma ricorda il suo terrore che potesse nascere cieca o cerebrolesa, lo spavento e la delusione del primo incontro con lei, a causa della sua estrema fragilità e piccolezza. Raccontano inoltre i lunghi giorni di angoscia quando Tea, ancora nell'incubatrice, si ammalava continuamente: la mamma ricorda che l'ultima infezione respiratoria sofferta da Tea sembrava inevitabilmente mortale e rivive la tensione sfiancante e l'attonita sorpresa di una notte cruciale in cui solo carezzando la testina di Tea e tenendole il ciuccio in bocca i monitors saturavano.
Il diminuire dell'ansia per i problemi fisici di Tea e per la sua fragilità permette ai genitori di pensare ad un altro genere di difficoltà della bambina , tuttavia non possono accettare più di due sedute la settimana poiché pensano che, essendo Tea ancora molto piccola e soggetta ad ammalarsi facilmente, non potrebbe tollerare un impegno maggiore.

Il primo incontro con Tea suscita in me una forte impressione: minutissima, pallida, con due occhi gonfi che sembrano sproporzionati al suo faccino scarnito mi sembra conservare qualcosa del feto, come se i tre anni di vita trascorsi al di fuori dell'utero materno non le avessero permesso di nascere davvero.
Di grande ha solo un manifesto terrore nei miei confronti, che non le consente di restare da sola con me nella stanza : ciò sarà possibile soltanto dopo diverse settimane di terapia e un certo lavoro con i genitori, che faticano a separarsi da lei almeno tanto quanto Tea fatica a separarsi da loro, apparentemente nella condivisione della fantasia che il distacco sia un accadere estremamente pericoloso.

Nel corso del primo anno di terapia Tea tende a porsi nei miei confronti come un'adulta che parla ad una bambina o ad un'altra adulta. Il suo linguaggio ricco e suggestivo rischia talvolta di attutire in me la percezione della sua estrema piccolezza, del suo bisogno e delle sue angosce ostinatamente negate , che emergono talvolta spaventandola: l'urtare ad esempio contro un oggetto suscita subito in lei la fantasia di una ferita grave e sanguinante che cerca di tamponare ansiosamente.
In questo primo periodo i temi ricorrenti nelle sedute riguardano l'angoscia di essere piccola, fragile e impotente, l'intollerabilità dell'esclusione da una coppia genitoriale unita dagli affetti e dalla sessualità, la paura di non crescere mai. Sono angosce che trapelano attraverso difese di tipo onnipotente. Tea proietta dentro di me la bambina bisognosa poi mi compassiona e mi consola. Si identifica con una mamma bella, ricca di bambini e di sapere femminile oppure con un papà dal lavoro importante, continuamente in viaggio d'affari o con il fratello più grande, dotato di abilità e capacità speciali.
L'angoscia di sentirsi piccola e impotente è poco tollerabile e il mio parlarne la riempie di rabbia e di disprezzo nei miei confronti: allora divento " una dottoressa testa di supposta" e si augura che le suole delle sue scarpe siano sporche di cacca " per pulirle sul pavimento del mio studio".

Il ritorno dalle vacanze estive, a poco più di un anno dall'inizio della terapia, segna il debutto di una fase particolarmente difficile per il nostro lavoro. Tea racconta in più di una seduta che " il gatto Pasquale è caduto dal terrazzo, ha sbattuto il muso e la mamma ha dovuto portarlo al Pronto Soccorso". La "caduta " estiva del contenimento della terapia sembra essere stata particolarmente difficile da tollerare e per un lungo periodo Tea sembra chiudersi in una difesa onnipotente, apparentemente poco permeabile per me, che spesso mi sento scoraggiata ed inutile. Il parlare di Tea è estremamente frammentario, rapido e incalzante , pare escludere qualunque risposta e non chiedere nulla se non la mia sottomissione e il mio silenzio.

Intendo qui riportare alcuni stralci di una seduta di questo periodo allo scopo di analizzare la qualità delle difese e le modalità di risposta di Tea ai miei commenti.

Arrivo in studio con tre minuti di ritardo. Tea mi aspetta "sdraiata" sopra la m, che siede in una poltroncina. Tiene in braccio una scimmietta di peluche che lascia alla m.
Entra nella stanza, si siede e dice:"la m è arrivata dopo" poi aggiunge in modo rapido e caotico che Luca è andato all'asilo, ha fato la cacca e altre cose confuse.

Commento che anch'io sono arrivata un po' in ritardo e lei non è proprio contenta. Tea subito risponde:" Ti ricordi che non mi arrabbio mai, è la storia dei no, no, no, mi diverto, ogni cosa che rispondi dico no, tic tac, tic tac".
( Tea non può accogliere quanto le dico perché la metterebbe in contatto con sentimenti di rabbia e di dolore. Afferma quindi che quello che è successo non è importante, è la mamma che è arrivata in ritardo e del resto nulla le importa, anzi si diverte
Tea si difende negando onnipotentemente i sentimenti, il loro senso e la loro comprensione ma il suo modo di evacuarli distorce la sua percezione della realtà interna ed esterna . Le parole, i pensieri si trasformano in un ticchettio insensato.)

Tea prosegue in fretta ." Al mare Luca è caduto sullo scoglio, Paolo diceva no, no, e poi c'era Simona, che doveva andare e non è andata. La bagnina ha messo il ghiaccio in testa, non era davanti era dietro (si tocca la testa in due punti).
( La difesa messa in atto da Tea non regge a lungo: qualcuno cade dallo scoglio e Simona non c'è: se nega la realtà psichica sente di non esistere. Il danno è dietro la testa, è legato all'andarsene, al sentirsi cadere nell'intervallo.)
Tea continua: e poi c'erano i vicini ma non volevamo buttare la palla di sotto, fare casino, farli svegliare. Se nascevo prima ero più grande di Luca, ero un maschio, Teo. All'asilo ho mangiato le patatine. Uno è debole poi si è evoluto e gli esce fuori una roba bianca. Rockeman slitta sulla neve e ha vinto , Ash ha il salvagente.
( L'idea più "vicina" sarebbe quella di rinunciare a pensare, ma una voce sana dice che è l'essere piccola che provoca certe angosce e che da grandi certi sentimenti diventano più tollerabili Aspettare e tollerare è però molto difficile, meglio immaginare di essere già grande, un maschio, il papà Lo scivolare in questa fantasia sembra a Tea un salvagente con cui proteggersi da me e costringermi al silenzio).

Tea tenta di tenermi a bada anche continuando a parlare in modo rapidissimo, quasi frenetico e benché io cerchi di dirle qualcosa, letteralmente copre la mia voce con la sua tacitandomi in modo arrogante.
Mi sento paralizzata e confusa. Le sue parole sembrano invadere la mia mente , mi rendo conto con fastidio, irritazione e noia di essere sempre meno nella condizione di pensare e di comunicare. Penso anche al tempo che passa e avverto un senso di impotenza.
Nel silenzio di un attimo commento:" Ma oggi proprio non ti devo parlare!
T mi guarda e risponde:"Pigaciu ha dato la scossa elettrica e ha pensato. Se tagli il vestito alla scimmia fa la boxe, ha la corda per tenere il ciuccio in bocca. Luca si succhia il dito." "E tu?" chiedo velocemente. "No", risponde Tea e mi sorride poi aggiunge: "Ho dei segreti."
Commento che mi racconta di questo e di quello ma i segreti di Tea, il ciuccio in bocca per esempio, li vuole tenere per sè. Tea sbatte piano un ginocchio contro la gamba del tavolo e dice:"Parli chiaro". Tace per pochi secondi e riprende: " Non vedevo che la porta era aperta" Sbadiglia e mentre sto per parlare si tappa le orecchie e fa una cantilena:"lo dico alla mamma!" e poi:"Ho un altro segreto ma lo dirò alla mamma per farti dispetto." Urta il tavolo con una gamba:" E non dirmi che mi sono fatta male, non è vero! Caca, caca... all'asilo hanno la stoffa leggera e pesante!"
Commento che se parlo le do la scossa, se parlo chiaro la urto e la faccio arrabbiare: non vuole ascoltarmi, ha paura che la tratti come una scimmietta di stoffa mentre dentro di sè .pensa di essere forte, capace di battersi di fare la boxe con me.
Con un tono non più arrogante ma serio e definitivo Tea risponde: "Non c'è una Tea dentro di me."

(Tea sembra intimarmi di star bene attenta a ciò che le dico: se la scuoto facendola pensare e comunicandole delle emozioni, se le taglio i panni addosso scoprendo le sue fantasie mi potrebbe aggredire. Vuole tenere il suo ciuccio, come fanno anche i più grandi, vuole conservare le sue fantasie segrete, il ciuccio è una sorta di tappo che le permette di conservarle, è uno strumento di sicurezza, c'è una corda che lo tiene. Il parlare delle sue fantasie lascia una porta pericolosamente aperta. Sostiene quindi che io le dico solo cose che già conosce, inutili. All'asilo sanno come trattare i bambini, io invece ho la mano pesante.
Anche quando apprezza quel che le dico e lo può riconoscere subito si risveglia l'ansia e Tea se ne difende con l'arroganza. Più spesso però respinge ciò che le dico, fa il vuoto dentro di sé e mi accusa. E' di nuovo un tentativo di evacuare l'ansia ma ancora la difesa non regge e Tea deve far ricorso ad un'ulteriore difesa con cui nega l'esistenza del suo mondo interno e lo proietta dentro di me. La primitività di questa difesa suscita in me una pena intensa per l'angoscia che comunica .)

Commento che la Tea dentro deve essere tenuta segreta e nascosta forse perché ha paura di me. La reazione di Tea è immediata:" Non ho paura io! E non fare quel verso!" Tea. si tappa le orecchie . "Non parlare, ho capito, lo so, se hai da dire qualcosa dillo. Vedi che non parli? Così la sistemazione va bene."
( Tea sente il mio commento in modo persecutorio, forse anche a causa dell'incompletezza della mia interpretazione. Il mio parlarle soltanto della sua paura di me è limitativo: Tea ha proiettato se stessa dentro di me e questo l'espone a sentire minacciata anche se stessa quando attacca me con arroganza. Il "verso" che crede di scorgere sul mio viso ha a che fare con la tristezza ma ora non capisce se appartenga a lei o a me. Tutto questo aumenta la sua ansia, teme di esserne sopraffatta e la nega attaccandomi di nuovo . Vorrebbe che io le dicessi qualcosa per potersi sentire aiutata ma il contatto la spaventa e per tenermi lontana mi svaluta : disprezza la mia presunta incapacità di capire che cosa accada dentro di lei e si convince poi che non può essere che così . Nelle parole di Tea ho sentito l'arroganza e la disperazione)..

Nella parte di seduta che ho riportato mi sembra che il funzionamento mentale di Tea sia caratterizzato soprattutto da ansie e difese proprie alla posizione schizo-paranoide : prevalgono angosce persecutorie di annientamento tenute a bada da un uso dell'identificazione proiettiva che si lega al diniego della realtà interna ed esterna e al controllo onnipotente dell'oggetto. L'attacco al pensiero, che deriva dall'uso di queste difese, diminuisce momentaneamente l'ansia persecutoria ma danneggia la capacità di collegare di Tea , il riconoscimento dell'esistenza e delle qualità della sua relazione con me.
Tollerare le fasi dell'analisi in cui prevalgono le ansie e le difese della posizione schizo-paranoide è doloroso e faticoso sia per il paziente (bambino o adulto) che per l'analista ed è importante un uso accurato del controtransfert per comprendere in modo approfondito le proiezioni del paziente e la natura della relazione che si instaura nel rapporto analitico
E' infatti l'uso continuo del controtransfert che mi permette di non smarrirmi completamente nel parlare frammentario, rapido e continuo di Tea e mi aiuta a comprendere quali sentimenti proiettati dentro di me perché intollerabili io possa restituirle, avendoli elaborati , al fine di renderli gradualmente più tollerabili per lei.
Scrive Bion (1962) che l'identificazione proiettiva non è solo un meccanismo di difesa, è anche la primissima forma di comunicazione tra madre e bambino, "è l'origine del pensiero".
Il pensare non è un processo mentale astratto ma è un legame umano. Il neonato scinde e proietta le sensazioni e le ansie nella madre ed ha bisogno che questa le trasformi in un'esperienza conosciuta ed accolta. Se la madre è capace di reverie e di contenere le ansie del bambino, il neonato potrà allora non solo reintroiettare ciò che ha proiettato modificato in un'esperienza che può essere tollerata ma introietterà anche la capacità di pensare della madre .
L'interpretare quindi nel modo più semplice e diretto ciò che il paziente fa subire al suo oggetto tramite le sue proiezioni diminuisce l'angoscia persecutoria e facilita il contatto con il mondo interno del paziente.
Certamente ciò richiede anche una flessibilità da parte dell'analista nel tollerare le tensioni tra i propri sentimenti ed impulsi consci ed inconsci verso il paziente. (I. Brenmann Pick).

Penso che in buona parte le angosce persecutorie di Tea possano essere collegate alla sua esperienza nell'utero materno e alla difficile fase successiva alla nascita. Come Tea mi spiega nel corso di una seduta recente "i bambini muoiono nella pancia della mamma": è difficile e doloroso immaginare quale sia l'elaborazione di un feto che viene nutrito quel tanto che occorre per non morire ma non per quel che gli occorre per crescere e vivere. Certo un cibo scarso diventa un cibo cattivo e solo un mostro può essere la mamma che offre questo tipo di nutrimento (v. i mostri notturni, "piccoli" e l'esigere di Tea che il papà preparasse davanti a lei il biberon, come se la bimba dovesse controllarne l'affidabilità qualitativa e quantitativa) Per quanto riguarda la lunga esperienza nell'incubatrice non si può non pensare ad un corpicino manipolato, regolato e gestito da terapie e cure comunque estremamente intrusive e dolorose.
Bion ritiene che la conoscenza del mondo psichico sia anteriore a quella del mondo fisico: il piccolo corpo di Tea racchiudeva una mente altrettanto immatura e fragile nell'affrontare le difficoltà del nascere e del vivere. Nella continua emergenza di una morte fisica probabile di questa mente è stato certamente più difficile prendersi cura.

Desidero riferire brevemente l' evoluzione più recente della terapia con Tea.
Nei mesi successivi le sedute invase dal suo parlare frenetico diminuiscono gradatamente e divengono frequenti invece sedute caratterizzate da lunghi momenti di silenzio. Nel corso di una seduta in cui io commento il suono diverso del suo silenzio per me Tea risponde: " c'è un silenzio da sordomuti e uno in cui si pensa". Non molto tempo dopo inizierà a parlare di tanto in tanto dell'incubatrice, un tempo innominabile, come sgradito era per lei il sentirmi parlare di neonati "perché sono bambini che crescono piccoli, meglio i bambini dopo i tre anni".
In una seduta del febbraio scorso Tea mi chiede: " Ma nell'incubatrice c'era un cuscino per la testa e un tubo per parlare?" E poi:" Una volta nell'incubatrice piangevo e piangevo e la m non c'era e la dottoressa Muschio mi ha presa e mi ha messa sotto la camicia. Arriva la mamma : " Come mai è così grossa? " Io non piangevo più. Brava quella dottoressa... tu non sei così buona".

Pian piano diventa possibile parlare dell'incubo che ancora non si provveda a Tea e al suo disperato bisogno di riconoscere ed elaborare ansie terrificanti.

Sommario
In questo breve lavoro descrivo una fase del trattamento di Tea, una bambina di 4 anni in analisi dall'aprile 1999 per gravi disturbi del sonno, difficoltà nell'alimentazione e nelle funzioni escretorie.
Tea è nata al sesto mese di gravidanza con parto indotto e pesava 600 grammi perché la placenta non la nutriva. Ha passato lunghi mesi nell'incubatrice superando gravi infezioni che spesso l'hanno avvicinata pericolosamente alla morte.
E' una bambina sana da un punto di vista organico, di vivida intelligenza e con un linguaggio estremamente ricco, espressivo ed appropriato.
Discuto nel lavoro alcune modalità interpretative e il loro risultato nello smussare le rigide difese della bambina che, dopo la ripresa seguita all'interruzione estiva, tende ad esercitare sull'analista un ferreo controllo, allo scopo di evitare il contatto con sentimenti di fragilità, di impotenza e di bisogno per lei in questo momento intollerabili.



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