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Università degli Studi "La Sapienza" Roma
VI Centro di Psicoterapia Cognitiva
in collaborazione con
APC - Scuola di Psicoterapia Cognitiva

Abstract del Congresso Internazionale

Personalità e relazione
Un gioco polifonico tra le parti


Roma, 10-11-12 Maggio 2007



Scopi disfunzionali e modulazione della relazione terapeutica

Antonella Rainone, Claudia Perdighe, Angelo Saliani
Unità Operativa Disturbi d'Ansia e dell'Umore; Scuola di Psicoterapia Cognitiva


In questo intervento cercheremo di descrivere l'aspetto del lavoro psicoterapeutico relativo alla relazione terapeutica, così come viene svolto dal nostro gruppo clinico e di ricerca (Unità Operativa Disturbi d'Ansia e dell'Umore). Il nostro lavoro nasce integrando diversi contributi cognitivo-comportamentali sull'argomento (Ellis, 1962; Beck, 1976; Guidano, Liotti, 1983; Guidano, 1987, 1991; Liotti, 1994, 2001; Weiss e Sampson, 1993; Safran, 1990; Safran e Muran, 2000, 2005; Semerari, 1991, 1999, 2003; Mancini, 1998; Mosticoni, 1984, 2006) e inserendoli nella cornice teorica di base della terapia cognitiva, secondo cui il comportamento è regolato sulla base di Scopi e Credenze (o Rappresentazioni) relativi al Sé e all'ambiente.
Per relazione terapeutica intendiamo l'interazione tra gli atti interpersonali del paziente e quelli del terapeuta in terapia, laddove "atti" fa riferimento a comportamenti verbali, non verbali, e paraverbali. Il nostro gruppo di lavoro considera e usa la relazione psicoterapeutica sia in modo aspecifico/specifico che indiretto/diretto. La dimensione aspecifico/specifico è legata a quanto l'uso della relazione prescinde dalla particolarità del paziente e dei suoi disturbi o è orientato dalla specifica situazione terapeutica. La dimensione indiretto/diretto fa riferimento al potere terapeutico della relazione ovvero a quanto la relazione può essere considerata uno strumento di cura nelle mani di un esperto, che se usato correttamente e strategicamente produce un cambiamento nella direzione attesa e prevista.
Partendo da queste considerazioni la relazione terapeutica viene analizzata come:
1. precondizione dell'intervento e alleanza;
2. strumento di osservazione e assessment;
3. strumento terapeutico ovvero di cambiamento.
In tutti e tre questi momenti e livelli il terapeuta può manipolare le due dimensioni diretto/indiretto e specifico/aspecifico a seconda della fase terapeutica e della specificità del paziente. Così il modo di lavorare con e sulla relazione come alleanza, in fase precoce sarà aspecifico e indiretto, e tale rimarrà con pazienti non troppo difficili relazionalmente, mentre con pazienti difficili in fase avanzata sarà sempre più usato in modo specifico e diretto.
L'analisi dei tre punti suddetti è guidata dalle seguenti domande.
- Quali fattori sono direttamente controllabili e orientabili strategicamente da parte del terapeuta con gli strumenti tipici della TCC?
- In quale modo si può usare la relazione terapeutica come strumento di cura in funzione dello specifico problema del paziente?

1) La relazione terapeutica come precondizione dell'intervento: l'uso aspecifico
Il trattamento terapeutico è una cura che avviene all'interno e attraverso una relazione tra due persone. Quindi il prerequisito della cura è la disponibilità alla relazione e la collaborazione. Ma come posso ottenerla o almeno facilitarla? Questo aspetto viene molto influenzato da aspetti scarsamente controllabili da parte del terapeuta, anche perchè avviene nella fase iniziale della terapia, spesso al primo contatto (anche telefonico) e il terapeuta conosce ancora poco delle specificità del paziente. Comunque il terapeuta può agire relazionalmente in modo da facilitare la disponibilità alla relazione e l'alleanza (collaborazione, accordo sugli obiettivi e strumenti della terapia e legame affettivo). Tralasciamo gli aspetti legati alla buona educazione e agli atteggiamenti cui il futuro terapeuta deve sempre addestrarsi, quali l'accettazione del paziente, la sospensione del giudizio, l'onestà nel rispondere alle domande, l'interesse verso il paziente, e ci occupiamo degli aspetti specifici che il terapeuta può manipolare attraverso l'uso di alcuni strumenti tipici dell'assessment in TCC. In particolare, noi usiamo in questa fase la ricostruzione condivisa del problema del paziente e la costruzione condivisa del contratto terapeutico.

2) La relazione terapeutica come strumento di osservazione e assessment
Il nostro lavoro clinico utilizza la relazione anche come strumento di raccolta delle informazioni e di verifica delle ipotesi. Ciò che accade nella relazione tra noi e il paziente è la fonte di informazioni più genuina e immediata del funzionamento del paziente. La maggior parte delle volte è l'unico momento di osservazione diretta che possiamo fare. La relazione come strumento specifico di assessment si associa nella nostra terapia cognitiva agli altri strumenti classici, come l'auto-osservazione, i diari di monitoraggio, la registrazione degli ABC (antecedenti, pensieri, comportamenti e stati emotivi). Nel caso di pazienti con gravi DDP quello che accade tra noi terapeuti e il paziente può divenire lo strumento di valutazione il privilegiato o addirittura l'unico, quando il paziente non vuole, non può o non riesce a fare auto-osservazioni.
L'uso della relazione come strumento di assessment e di verifica delle ipotesi implica l'ascolto non solo del contenuto, del cosa, della comunicazione del paziente, ma anche del come, intendendo con ciò indici direttamente osservabili (e potenzialmente misurabili) come il comportamento paraverbale e non verbale (tono di voce, espressioni facciali congrue o meno, la direzione dello sguardo, etc.). Il come del paziente ci dà un'importante informazione sugli schemi interpersonali, intesi alla Safran e Segal (1990) come "rappresentazione generica di interazione tra sé e l'altro ricavata dall'esperienza interpersonale", e sugli Scopi attivi nella testa del paziente in quel momento e quindi ipotizzabili attivi nelle relazioni che il paziente intrattiene con noi in quel momento, ma anche fuori con gli altri. In accordo con Semerari, riteniamo che negli schemi interpersonali siano rappresentati anche gli effetti che l'altro può avere su sé. Quindi gli Scopi attivi e organizzanti il comportamento del paziente nella relazione terapeutica, soprattutto all'inizio, saranno quelli di evitare gli effetti temuti e/o di facilitare quelli desiderati, attraverso la messa in atto di strategie comportamentali interpersonali che il terapeuta può osservare direttamente e valutare nella loro funzionalità o disfunzionalità rispetto agli Scopi stessi del paziente.

3) La relazione terapeutica come strumento di cambiamento: uso specifico e diretto
La relazione terapeutica può essere usata come strumento o tecnica di cambiamento che lavora direttamente, nel qui ed ora, sulla modalità relazionale disfunzionale del paziente. La parte del comportamento relazionale controllabile da parte del terapeuta può essere organizzato strategicamente. La scelta dell'atteggiamento relazionale da tenere è guidato dalla nostra teoria di riferimento, (come si diceva all'inizio, cognitivista), sulla cui base definiamo i principi che regolano l'acquisizione, la modifica o l'abbandono di credenze e scopi.
Fare qualcosa con il paziente, incontrarlo a studio una volta a settimana, sorridere o non sorridere tutte le volte che mi sorride, etc. fa sì che io diventi parte delle sue esperienze. I miei atti manifesti o meno, le mie reazioni emotive, ciò che dico e come lo dico, etc. diventano inevitabilmente antecedenti di sue reazioni (pensieri, emozioni, comportamento più o meno espliciti) e, quando seguono, conseguenti. Questo che ci dà l'occasione di promuovere il cambiamento senza necessariamente far ricorso a spiegazioni, interpretazioni, dispute dialettiche, etc. Con pazienti che soffrono di DDP a volte questo è l'unico intervento che possiamo fare.
La conoscenza e la consapevolezza dei propri scopi disfunzionali (e delle rappresentazioni di sé con l'altro) possono non bastare per il cambiamento né spesso basta l'esperienza correttiva col terapeuta, che per il paziente può essere semplicemente connotata come unica, speciale, irripetibile e restare un'eccezione alle proprie previsioni disfunzionali. Affinché gli effetti benefici della relazione terapeutica vengano generalizzati ai contesti interpersonali esterni è spesso necessario far seguire alla conoscenza il fare al di fuori della seduta. A tal fine, il terapeuta può costruire con il paziente esperimenti da fare fuori dalla seduta. Nel frattempo l'esplorazione della storia relazionale-affettiva e la presa di coscienza critica delle proprie aspettative sull'altro oltre alla attivazione di altri scopi accanto a quello disfunzionale, permette di accettare anche l'eventuale compromissione dello scopo in questione.

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