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Università degli Studi "La Sapienza" Roma
VI Centro di Psicoterapia Cognitiva
in collaborazione con
APC - Scuola di Psicoterapia Cognitiva

Abstract del Congresso Internazionale

Personalità e relazione
Un gioco polifonico tra le parti


Roma, 10-11-12 Maggio 2007



Due stanze per la terapia
La relazione terapeutica nel modello di trattamento cognitivo-evoluzionista di psicoterapia integrata, individuale e di gruppo per pazienti con disturbi di personalità

Antonella Ivaldi
Gruppo ARPAS e Associazione di Psicologia Cognitiva,VI centro di psicoterapia cognitiva, Roma


Il modello di Psicoterapia integrata individuale e di gruppo, utilizzato a partire dal 1998 fa riferimento, principalmente alla Teoria dei sistemi motivazionali interpersonali e alla Teoria dell'Attaccamento e alla sua applicazione clinica nella prospettiva cognitivo-evoluzionista e intersoggettiva. In questo lavoro, si sottolinerà, inoltre, la rilevanza di alcuni aspetti specifici e caratterizzanti del modello di trattamento utilizzato, che rappresentano una sintesi di contributi provenienti da diverse scuole di pensiero, integrate nella diretta esperienza clinica dell' autrice.
Negli ultimi 10 anni è cresciuto l'interesse per la terapia di pazienti borderline e in particolare per modelli di trattamento,che includono come parte integrante della terapia, un setting di gruppo. Tali modelli, la Dialectical-Behavioral Therapy di M. Linehan (1999) e il Mentalization-Based Treatment (MBT) di Bateman e Fonagy ( 2004), pur partendo da presupposti teorici e modalità di intervento diversi, sono accomunati dal fatto di adottare un setting multiplo, che comprende tra l'altro un trattamento individuale e un trattamento di gruppo. Nella pratica clinica ambulatoriale accade sempre più spesso di entrare in contatto con pazienti gravi, che mostrano un quadro clinico polimorfo caratterizzato da varie forme di comorbilità in asse I o in Asse I/II. Alcuni cluster di comorbilità (es. Disturbi del Comportamento Alimentare associati a Disturbi di Panico e/o Disturbi Dissociativi e/o Disturbi dell'Umore o a disturbi di personalità borderline) appaiono piuttosto frequenti (Rosenvinge et al., 2000; Zanarini et al., 1998; Oldham et al., 1995; van Hanswijck de Jonge et al., 2003; Fassone et al., 2003) e, analogamente ai DBP, sono associati ad una compromissione persistente dell'adattamento e del funzionamento psicosociale. Tali forme di comorbilità, che richiamano fortemente la "dimensione" ovvero il "funzionamento" borderline, pur non soddisfacendo pienamente i criteri diagnostici categoriali del DSM-IV per il DBP, pongono gli stessi problemi in relazione alla possibilità di accedere ad una terapia efficace, mantenerla nel tempo e trarne un qualche significativo beneficio in termini psicopatologici e di adattamento sociale.
E' lecito ipotizzare che una parte consistente di questi pazienti, unitamente ai DBP e ai Disturbi Dissociativi, costituiscano una popolazione clinica relativamente omogenea che si dispone lungo continuum ezio-patogenetico, caratterizzato da elevata esposizione ad esperienze traumatiche intra-familiari (nel paziente e/o nel caregiver), attaccamento insicuro (soprattutto di tipo "disorganizzato"), oltre che da altri fattori temperamentali come l'instabilità affettiva e la propensione all'impulsività (Liotti et al., 2000; Pasquini et al., 2002 ; Battle et al, 2004; Fassone et al., 2002; Agrawal et al., 2004; Paris, 1994). In questa prospettiva, è suggestivo ipotizzare che almeno alcune forme di "disorganizzazione" (o comorbilità) della clinica possano rappresentare un epifenomeno della Disorganizzazione dell'Attaccamento.
Sulla base di queste considerazioni teorico-cliniche, è stato messo a punto un modello di intervento specifico ad orientamento cognitivo-evoluzionista (TCE) (Ivaldi et al.., 1998) per il trattamento di pazienti appartenenti a questo continuum dimensionale, eziopatogenetico e psicopatologico (Ivaldi et al., 2000; Fassone et al., 2003). L'ipotesi di lavoro è la seguente: in questo tipo di pazienti (come i DBP o alcuni cluster di comorbilità) è ipotizzabile una disorganizzazione del sistema dell'attaccamento (Liotti, 1994; 1999; Solomon e George, 1999; Agrawal et al., 2004) che contribuisce, in aggiunta ad altri fattori (Paris, 1994; Liotti et al., 2000; Pasquini et al., 2002; Zanarini, 2000), alla definizione del quadro psicopatologico e interferisce con la possibilità di stabilire e mantenere una relazione terapeutica valida. Tale interferenza deriverebbe dall'inevitabile attivazione in terapia di un sistema dell'Attaccamento che, in quanto non organizzato, determina un incontrollabile e disfunzionale incremento della caoticità della relazione, responsabile di una serie di fenomeni come fallimenti terapeutici, interruzioni del trattamento, esaurimento delle fonti di cura. Sembrerebbe necessario quindi proteggere il setting terapeutico più di quanto sia utile con altri pazienti. Uno dei modi possibili per proteggere paziente e terapeuta dagli effetti distruttivi di tali fenomeni è, come si può evincere dagli studi pubblicati in letteratura, quello di ricorrere ad un setting multiplo, nel quale la presenza di più operatori che costituiscono una Equipe di intervento integrata e coerente, permette di distribuire e gestire meglio, la carica emotiva derivante dall'attivazione disorganizzata e disfunzionale del sistema dell'Attaccamento ( Liotti, 1996; 2001,
Ivaldi etl., 1998; 2000). A questo proposito, il modello di psicoterapia individuale e di gruppo messo a punto presso il IV e il VI centro di terapia cognitiva negli ultimi 8 anni sembra riuscire a contenere le difficoltà relazionali sopra descritte, a giudicare non solo dall'esperienza clinica ma anche da alcuni incoraggianti risultati preliminari relativi alla riduzione del Drop-out in questo tipo di pazienti, già pubblicati in uno studio naturalistico non controllato (Fassone et al., 2003).

Struttura del Doppio Setting
Il trattamento di psicoterapia individuale-gruppo, viene strutturata e presentata ai pazienti come un unico trattamento: terapia individuale cognitivo-evoluzionista alternata settimanalmente a terapia di gruppo (sedute della durata di 2 ore), condotta da due co-terapeuti, gli stessi che seguono i pazienti in individuale. I gruppi sono "aperti" (è previsto l'avvicendamento dei pazienti), costituiti da 6-8 pazienti, gestione della farmacoterapia. Sono previsti incontri periodici comuni tra i colleghi impegnati nella conduzione del trattamento e dei relativi gruppi. Tutte le sedute di gruppo sono audio-registrate, archiviate e disponibili per i pazienti oltre che per i terapeuti.

La peculiarità di questo modello di terapia sono:

1 Il lavoro sul Processo relazionale terapeutico nella definizione del Contratto inteso come costruzione continua di uno Spazio di Lavoro Condiviso che viene negoziato durante tutto il percorso della terapia ( Ivaldi 1998, 2000, 2005) L'impegno del terapeuta è costantemente rivolto ad individuare momento per momento insieme al paziente, il territorio relazionale, per dirlo con una metafora, entro cui è possibile muoversi per esplorare le proprie difficoltà.( Lichtenberg, J. D. 1989, Stern D.N. 1985, Lichtenberg J.; Lachmann F. M.; FosshageJ.L. 1992 Liotti G., 1994, 1996, 2001; Kohut, H., 1977 Ivaldi A., et al 2005) I confini di questo territorio vengono via via marcati dalla coppia terapeutica tenendo conto dei margini di sicurezza possibili e necessari e dell'incremento della capacità di mentalizzazione (Stolorow, R.D., Atwood, G. (1992) )Bateman A., Fonagy P.2004; Dimaggio, G., Semerari, A. 2003). Vengono stabiliti confini e limiti della terapia e della relazione paziente-terapeuta, priorità e obiettivi, anche e soprattutto in termini di fattibilità e plausibilità. Il contratto rappresenta pertanto, una sorta di "zona franca" ( Ivaldi, 1998, 2000, 2005), uno spazio condiviso in cui diventa possibile per terapeuta e paziente rifugiarsi e tornare a lavorare nei momenti conflittuali della terapia, nei quali il paziente mette alla prova inconsapevolmente la relazione terapeutica attivando il suo Modello Operativo Interno ( Bowlby, 1983; Berne,E., 1968 Karpman, S. B. 1968). In questo senso, il concetto di contrattualità ha delle implicazioni dirette sul processo relazionale, indirizzandolo sin dalle prime sedute in modo chiaro ed esplicito, sul terreno comune della migliore collaborazione possibile. (Weiss J., Sampson H. e TheMount Zion Psychotherapy Research Group, 1986 Greenberg J. R., Mitchell (1986), Aron L. 2004)


2 L'interconnessione tra psicoterapia di gruppo, psicoterapia individuale e terapia farmacologia. Il terapeuta individuale è presente anche nel gruppo e questo crea una continuità tale nel lavoro terapeutico, da favorire in tempi brevi interventi puntuali e incisivi sul processo relazionale. Sembra proprio questo passaggio nelle due stanze di lavoro del terapeuta e del paziente l'elemento più significativo dal punto di vista relazionale (Ivaldi A, 1998, Ivaldi A. Rocchi M.T., Fassone G. 2005; Ceccarelli M.1998, Tomasello M.1999) I dettagli di questa particolare forma di dialogo clinico saranno evidenziati attraverso alcuni esempi clinici. La relazione fra il paziente e il terapeuta individuale, rappresenta la spina dorsale del trattamento(Ivaldi A. Fassone G. et Al 2007). L'attenzione alla relazione del terapeuta individuale è massima. Il fatto che ci sia una rete di riferimento un coterapeuta, un farmaco-terapeuta, rappresenta sicuramente una importante risorsa sia per il paziente che per i curanti, ma non sostituisce in alcun modo la presenza del terapeuta individuale che avvalendosi della rete di protezione, rimane il riferimento più costante del paziente nel suo percorso, accompagnandolo dalla stanza di lavoro del Gruppo, alla stanza dell'individuale e viceversa
Il modello di gruppo a cui ci si riferisce appartiene alla tradizione intersoggettiva. I due terapeuti sono coinvolti empaticamente e attivamente nel gruppo, favoriscono le interazioni e gli scambi interpersonali in funzione della fase evolutiva del gruppo stesso, facilitando in modo diretto l'analisi delle interazioni secondo la chiave di lettura fornita principalmente dalla teoria dei SMI. Si lavora contemporaneamente sul modello operativo interno di ogni paziente e sull'Insieme Del Gruppo tenendo conto parallelamente del momento nel percorso individuale di ciascuno e del momento dinamico dell'insieme "Gruppo" ( Foulkes, 1976; Bion, 1959; Yalom 1997).
Il gruppo è inteso e definito con i pazienti come "microcosmo sociale": non è un insieme di malati alieni alla società, ma di persone in difficoltà. In questo senso, si de-stigmatizza l'aspetto legato alla patologia, a favore della possibilità di sperimentare dentro il gruppo ciò che poi, potrà e dovrà essere esportato fuori dal gruppo.

L'intero modello ha una struttura assai semplice e si presta ad un uso piuttosto flessibile in linea con le esigenze di un setting ambulatoriale in cui del resto si è sviluppato. Tuttavia per essere utilizzato richiede capacità complesse da parte del terapeuta che deve poter far fronte alle carenze strutturali con una maggiore competenza relazionale. A tal fine si rende necessario un allenamento clinico particolare anche all'uso della dimensione gruppale.


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