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PSYCHOMEDIA
CONGRESSI E SEMINARI



Recensione della giornata di studio,
svoltasi a Torino, 20 Aprile 1996, su gli:

Indirizzi italiani dell'analisi di gruppo

a cura di Marco Longo



E' stata una piacevole e ricca giornata di studio che, prendendo spunto dalla presentazione dei due testi di Claudio Neri e Girolamo Lo Verso (C. Neri, Gruppo, Borla, Roma1995; G. Lo Verso, Le psicodinamiche dei gruppi, ed. Cortina, Milano 1995; di cui forniamo una recensione nell'Area Libri di PSYCHOMEDIA), ha visto lo svolgersi di un aperto confronto tra professionisti del settore, lasciandosi finalmente alle spalle i diversi meandri dei percorsi personali nelle diverse scuole di pensiero, è stato teso, una volta tanto, più al fertile incontro che allo sterile scontro tra modelli.

Del resto, come 'gruppologi' ben lo sappiamo: gli schieramenti rigidi e l'uso di linguaggi troppo diversi, dei dialetti istituzionalizzati e armati, non possono che dividere, siano essi pure il bionese o i foulkesese: solo la ricerca di un linguaggio comune può favorire un sereno fiorire di un confronto attivo sui contenuti, e non solo sui punti di vista, sui modelli.

Ed è in questo 'spirito di gruppo' che ci si è chiesti: esiste ormai un ben riconoscibile indirizzo italiano nella psicoanalisi di gruppo? e come si inscrive nell'indirizzo europeo? e nel dibattito mondiale?

Alcuni contenuti, direi magistralmente riassunti da Gian Marco Pauletta d'Anna, organizzatore del convegno, al di là delle diverse terminologie utilizzate per definirli, sembrano essere ormai chiari punti di convergenza tra i ricercatori italiani:

- il gruppo come campo comune, sovrapersonale, con un pensiero di gruppo facilmente riconoscibile utilizzando uno specifico 'assetto mentale' olistico dell'analista, senza perdere di vista i membri, ma sottolineando le interazioni e i temi del gruppo nel suo complesso;

- il rapporto stesso tra 'relazione' e 'gruppalità', per cui è possibile affermare che se il gruppo è il prodotto della relazione tra gli individui, allora poco importa il numero dei partecipanti: comunque se c'è relazione c'è gruppo; perfino nella relazione tra due sole persone sono riconoscibili elementi del pensiero gruppale;

- l'indirizzo in cui il gruppo analitico non è considerato antitietico o alternativo alla psicoanalisi, ma qualcosa che si coniuga attraverso la 'relazione terapeutica', con la costituzione di un 'campo analitico', all'interno del quale vengono ricercate e possono avvenire le trasformazioni;

- un certo modo di descrivere ed affrontare clinicamente i processi che portano all'illusione gruppale; un'attenzione specifica agli elementi primitivi e fondanti della relazione e del gruppo, con un accento particolare sull'equazione illusione = speranza e quindi sull'analisi della domanda;

- il rapporto tra gruppo e individuo (commuting, interazione g <-> i), tra ambiente e persona, tra cultura e pensiero, nonché tra parti gruppali ed individuali della mente, con tutte le conseguenze non solo sul piano etico, ma soprattutto sul piano clinico e più specificamente terapeutico: nel continuum tra gruppo e individuo è il gruppo che rende possibile la mente.

Su questi temi si è svolto un sereno ed approfondito confronto tra gli autori-attori presenti, tutti sottolineando la presenza e riconoscendo l'importanza di una forte spinta a trovare formulazioni accomunanti, dopo tanto cammino insieme, anche se su sentieri paralleli, ma con una storia comune; ed ogni gruppo non è anche una 'comunità storica' che trova fondamento nel graduale configurarsi di una 'lingua comune' in una situazione spazio-temporale condivisa di appartenenza?

Secondo Corrado Pontalti, oggi come gruppisti ci troviamo di fronte ad un compito nuovo e più arduo: non solo costruire modelli, ma affrontare con coraggio, riorganizzando insieme il pensiero ed unendo le forze, le contraddizioni e la psicopatologia insite nella società moderna, nell'era dell'apparente trionfo tecnologico e dell'evidente malessere individuale e sociale; un compito che ci spinge ad indagare ed utilizzare più lo stesso 'pensare gruppale', che non la semplice teoria e pratica della psicoterapia di gruppo.

Jimmy Lo Verso ha sottolineato nuovamente il carattere storico-politico del gruppo, riconoscendo inoltre come il pensiero di gruppo non sia un dato a priori, ma qualcosa che, se c'è sufficiente tolleranza nell'interazione tra i membri, 'prende forma' e si organizza nel corso del tempo vissuto insieme; il gruppo diviene allora gradualmente un luogo dove non solo può esistere il pensiero, ma soprattutto una funzione critica del pensiero, fortemente trasformativa, sulla quale è possibile fondare l'epistemologia e la clinica.

Anche Silvia Corbella, presentando con molta partecipazione il libro di Claudio Neri, ha messo un chiaro accento sugli aspetti storici delle parallele vicende psicodinamiche del gruppo e degli individui che ne fanno parte, affermando quanto sia importante sottolineare come tutti i gruppi e quindi anche i gruppi analitici arrivino a configurarsi come comunità storiche, nelle quali sia possibile, ancor più che (ri)percorrere affiancati ognuno il proprio itinerario, alla ricerca di una soluzione per la propria storia personale, percorrere e costruire insieme una nuova storia, dando così vero fondamento alla speranza, attraverso la capacità di intrecciare creativamente il proprio destino con gli altri.

Per Claudio Neri bisogna avere soprattutto 'fiducia nel gruppo'; il che non significa vederne solo gli aspetti positivi, ma neanche, come spesso si avverte nel dibattito psicoanalitico, stigmatizzarne solamente gli aspetti negativi; il gruppo è senza dubbio un moltiplicatore esponenziale del pensiero, nel bene e nel male; ma se riusciamo a distinguere ed attivare al meglio i valori positivi intrinseci nella gruppalità, distinguendo il pensiero di gruppo e le sue potenzialità creative rispetto alla tendenza catastrofale e deleteria della rigida massificazione, allora è possibile utilizzare clinicamente il gruppo, proprio a partire dalle caratteristiche trasformazionali insite nello stesso campo gruppale.

Franco Fasolo ha ripreso l'esame dei caratteri terapeutici o patogenetici del gruppo, anche rispetto alle conseguenze sulla fisiologia della mente individuale, sottolineando l'importanza di tutta la 'rete primaria', non solo quindi della famiglia, nel favorire la costruzione della personalità o nel facilitare l'induzione di disturbi psichici e/o fisici; il gruppo è quindi alla base di ogni mentalizzazione o somatizzazione del soggetto che vi è immerso; e continuando poi nella metafora che fa riferimento alla dinamica dei fluidi, Fasolo ha indicato come nel gruppo il tempo non solo scorre più o meno lentamente come in un fiume, ma percòla, cioè fluisce diversamente, più o meno densamente o vorticosamente a seconda delle condizioni climatiche.

Maurizio Gasseau ha invece preferito utilizzare la metafora spaziale del labirinto, definendo il gruppo come spazio di autorappresentazione, sottolineata con la tecnica dello psicodramma, che si svolge in un labirinto mobile, variabile, dove continuamente si pone il problema di scoprire insieme dove sia il vero o il falso (percorso); e in questo processo risulta fondamentale non solo il poter vedere le cose da un altro punto di vista, grazie alla compresenza di più soggetti-attori, ma soprattutto il vero e proprio scambio di elementi matriciali, come risultato dell'incontro coinvolgente e profondo tra i partecipanti.

Interessanti anche gli interventi di Ugo Corino, Nadia Benedetto, Parthenope Bion Talamo, che anche se in momenti e modi diversi, hanno approfondito l'analisi della qualità dell'esperienza clinica, psicoterapeutica, che è possibile compiere nel gruppo, nonché del percorso di conoscenza che tutti i membri, analista compreso, possono intraprendere, partendo da una domanda comune: che andremo a fare? che risposte riusciremo a dare? utilizzando o abbandonando quali pregiudizi o preconcezioni teoriche e tecniche?

Concludendo l'incontro, Neri ha evidenziato nuovamente come per poter parlare di specificità dell'indirizzo italiano nell'analisi dei gruppi occorre rintracciare sempre meglio e porre in primo piano un pensiero comune, non certo solo dirsi più volte autoaffermativamente 'io faccio così nel gruppo', ma aprirsi sempre più al dialogo ed al confronto con gli altri; ognuno infatti assorbe, e sedimenta più o meno rigidamente dentro di sé, dal suo ambiente e dalla sua esperienza personale più di quanto forse sarebbe disposto ad ammettere: solo il confronto attivo nell'interazione continua con gli altri può mantenere vivo e insaturo il livello creativo e trasformazionale della mente; il 'cambiamento' non ha a che vedere solo con la comprensione dei messaggi, interpretativi o meno, che ci giungono dagli altri, ma molto più con la possibilità di mantenere alta la capacità di percezione delle qualità mentali degli altri.


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