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Pietro Roberto Goisis e Gioia Gorla
UNO SPAZIO PER TOMMASO SENISE

2.3. Laura Lilli, La psicoanalisi e gli adolescenti: il lavoro di un pioniere, Tommaso Senise, e dei suoi collaboratori. Nella testa dei ragazzi.



Il giovane Werther, Il giovane Törless, il giovane Holden... la letteratura ha da tempo scoperto il disagio dell'adolescenza e della prima giovinezza, i suoi stati d'animo estremi e mutevoli. La psicoanalisi ci ha messo un po' di più: a parte alcuni articoli di Anna Freud quest'età di transizione dall'infanzia all'età adulta è stata, fino a tempi recentissimi, una sorta di incolta terra di nessuno. Ora comincia ad essere dissodata. Da poco, ad esempio, sono usciti - curati da Adele Nunziante Cesareo - gli atti di un convegno, L'adolescenza oggi (L'officina tipografica, pagg. 187, lire 38.000) che nel dicembre '88 le ha dedicato l'Istituto per gli studi filosofici di Napoli. Da pochissimo Frassinelli ha mandato in libreria L'età inquieta di Italo Carta (pagg. 174, lire24.500). Non a caso Rai Uno proprio in questi giorni manda in onda un ciclo di film sull'argomento, seguiti da dibattito: Viaggio intorno all'uomo. I giovani, a cura di Sergio Zavoli.
In Italia, un pioniere è Tommaso Senise - nato a Napoli, ma milanese d'adozione - che da circa quarant'anni lavora "con gli adolescenti. Dal '57 al '76 ha diretto il Gabinetto medico-psico-pedagogico del Tribunale dei minorenni di Milano (ma già dal '52 si occupava di giovani criminali e di "ragazzi a rischio") e dopo il '76 ha fatto un'intensa pratica privata. In questo quarantennio, Senise ha "visto" circa 1.200 adolescenti, e ha messo a punto una metodologia che è anche, come egli dice, "un "quadro teorico". La teoria nasce "dopo" il lavoro, è questo che la rende solida".
Sorride quasi a scusarsene. Conosciutissimo a Milano e nei due mondi della giustizia minorile e della psicoanalisi, Tommaso Senise è per contro ignoto ai mass-media. A vederlo - così comunicativo e spontaneo, e insieme così mite e poco divo - non si fatica a intuire che possegga la chiave segreta dell'animo adolescenziale, di solito indecifrabile per gli adulti. Si definisce pigro, ma nei dialoghi coi ragazzi si scalda, usa le loro parole, come "stronzo" e "cazzate".
Lo sappiamo dal libro che ha appena pubblicato da Feltrinelli, che forse non avremmo avuto senza un convegno, ai primi anni Settanta, in cui "fui costretto a parlare della mia modalità di rapporto con gli adolescenti". O tre che da Senise, il libro è firmato da Maria Teresa Aliprandi ed Eugenia Pelanda, psicologhe a indirizzo psicoanalitco. Il titolo - prevedibilmente ostico e in apparenza per soli addetti ai lavori - è Psicoterapia breve di individuazione. La metodologia di Tommaso Senise nella consultazione con l'adolescente (pag. 448, lire 80.000). In realtà chi avrà il coraggio di sfogliarlo vi troverà appunto affascinanti dialoghi terapeuta-adolescente che aprono squarci preziosi su questa età tempestosa, instabile, candida, torbida, irruenta e in ogni caso, per gli adulti inafferrabile.
Dottor Senise, come è stata la sua esperienza col tribunale dei minorenni? "é stata un'avventura umana di grande interesse. Coi colleghi psicologi che facevano test e gli assistenti sociali, c' era un clima di collaborazione che direi fervido, intenso. Nelle maglie del tribunale dei minori incappavano per lo più ragazzi che venivano dal sud sradicati, arrangiati a dormire in ambienti ristretti, incapaci di seguire le scuole. Da loro veniva anche uno stimolo all'impegno", alla politicizzazione. Più forte era I' impegno, più cresceva il mio interesse per questa particolare età della vita. Ho sempre pensato che non si ha il diritto di entrare nella mente altrui senza dar conto all'interessato di quel che si trova: e questo mi poneva in una posizione difficile. Quei ragazzi certo non ricorrevano a me spontaneamente. Avevano commesso reati, o c'erano andati vicino, e noi dovevamo mediare fra loro e il tribunale. Circa quest'ultimo, da tempo mi ero convinto che il giudice dovesse comprendere "sentendo" più che solo "pensando": e, più che relazioni tecniche, facevo dei "racconti" (molto apprezzati, fra l'altro). Fu il primo punto della mia metodologia".

Efficacia terapeutica
Il difficile sarà stato ottenere dai ragazzi che si "scoprissero"... "Proprio così. E si arrivò a un altro elemento portante del nuovo metodo. Io spiegavo al ragazzo cosa avremmo fatto assieme. Chiarivo che quello che avrei trovato lo avrei riferito al giudice, ma e questo è il punto - che prima lo avrei detto a lui. Scoprimmo che questa "restituzione" aveva un'enorme efficacia terapeutica: e la diagnosi divenne anche terapia".
I ragazzi di cui parla nel libro sembrano però di classe abbiente. "Lo sono: sono quelli del dopo '76.Apparivano diversi perché non avevano la difficoltà a "simbolizzare" tipica dei delinquenti. E tuttavia il metodo rimase lo stesso, anzi si consolidò. Anche a questi ragazzi io offrivo una possibilità di riflettere su se stessi, e di farlo nell'ambito, per così dire di un'alleanza: l'alleanza tra me e la parte costruttiva della loro trasformazione da bambini in adulti. Funziona quasi sempre: all'inizio si fa un vero e proprio contratto".
Gli incontri, dice, avvengono in uno spazio limitato di tempo, da 10 a 20 settimane (un colloquio la settimana). "C'è un minimo di tre colloqui iniziali, che può arrivare anche a dieci. Preferisco vedere prima i genitori, potenziali "nemici" da trasformare in alleati, poi il ragazzo. Seguono tre-quattro sedute con la psicologa che fa i test, e un paio per restituire al ragazzo il suo "ritratto". Da ultimo c'è un colloquio finale coi genitori. Tutto è più facile se il ragazzo collabora, ma se si rifiuta, questo rifiuto va accettato.

Continuo cambiamento
"E' un'operazione compiuta in sé, e saperlo serve ai genitori e all'adolescente: perché per lui una delle più grandi difficoltà è accettare un rapporto che non si sa quanto durerà. Non sa cosa vuole, ma vuol sapere quello che si fa e perché. Per questo è così importante il contratto. Occorrono estrema lealtà e sincerità, per riuscire a "determinare" la sua libera scelta. Sembra un paradosso: se la scelta è libera, come possiamo determinarla? Ma è così: lo scopo ultimo è che I' adolescente accetti il fatto di essere incompiuto in una situazione esistenziale continua di cambiamento: la sua identità è la non identità. E' il passaggio obbligato per diventare "qualcuno"..
Questo passaggio comporta inevitabilmente una guerra contro i genitori? "La trasformazione degli affetti da infantili ad adulti avviene in sei-sette anni, fra i l2-l3 e i 18-20, e richiede un'autentica rottura dei rapporti. E tanto più è forte l'amore infantile, tanto più la trasformazione è difficile. Spesso l'adolescente proietta questa difficoltà sui genitori, pensa che lo ostacolino, che vogliano tenerlo impigliato nell'infanzia. Quindi è portato ad opporsi a loro, in crisi che in alcuni casi sono drammatiche e possono diventare patologiche, ma se contenute sono assolutamente normali".
Cosa avviene nell'adolescente, sul piano della psicologia del profondo? "Deve compiere due operazioni mentali fondamentali: "individuazione" e "separazione"". Vale a dire?
"Cominciamo dall'individuazione. Tutte le persone che ci circondano, oltre a stare "fuori" di noi, sono anche "dentro", come "oggetti interni": e spesso l'"oggetto interno" non corrisponde esattamente a quello reale. Il ragazzo non "sta" coi genitori solo quando realmente parla con loro: ci sta anche nelle sue fantasticherie, pensando ai torti o alle gratificazioni subite. "Parla" con loro: e questo dialogo interiore è parte importantissima del suo patrimonio psicologico. Nella raggiunta maturità, l"'oggetto interno" deve essere il più possibile corrispondente alla realtà Per "individuazione" si intende dunque l'individuazione corretta" degli "oggetti interni'

L'individuazione di se stessi
"Fra i processi di "individuazione", uno è più importante degli altri: l'individuazione di se stessi, (giacché ognuno di noi rappresenta se stesso al suo interno). E' indispensabile per vivere: tutti i nostri rapporti con gli altri, tutto quello che facciamo dipende da quanto e come siamo informati su noi stessi e sui nostri "oggetti interni", da quanto siamo liberi da "deformazioni fantasmatiche".
"Ora, l'adolescente, poveretto, che immagine può avere di se stesso? La sua è l'età dei cambiamenti per definizione. Si avventura in un mondo adulto, torna indietro, si riaccuccia. I genitori vedono questo essere che a momenti è un bambino, a momenti ha il mondo in mano. Ha un'immagine di sé che muta continuamente, gli oggetti interni a volte sono "reali", a volte risuonano degli echi della sua storia personale. Deve far fronte continuamente a piccoli"lutti",le perdite degli antichi amori. Quando, per consolarsi, torna alle sue cose di bambino, non trova più il legame che aveva prima, deve farsi forza, staccarsi di nuovo. E quanto più la storia della prima infanzia è stata faticosa, tanto più tornano al pettine nodi non risolti ed esplodono situazioni patologiche".
Lei però è contrario a vere e proprie, lunghe, psicoanalisi. "Sì, è così,salvo casi eccezionali. L'analisi prende troppo spazio nella mente. Il transfert con l'analista diventa il punto di riferimento più importante, può restringere le possibilità di usare i tanti transfert spontanei di cui, nella sua realtà variegatissima, il ragazzo ha bisogno: insegnanti, fratelli, genitori, amici.
In questi quattro decenni gli adolescenti sono cambiati? "Sostanzialmente no, perché i processi mentali che presiedono alla trasformazione sono sempre gli stessi da quando esiste una società basata sulla famiglia. Gli strumenti che utilizzano sul piano dell'elaborazione della "separazione" appaiono diversi, ma servono sempre allo stesso scopo" -
Questi "strumenti" però sono cambiati proprio tanto. Il tenore di vita è cresciuto, molti più giovani studiano. Per non parlare dell'assedio della droga... "Certo, prevalgono gli "investimenti narcisistici" dei genitori: sull'immagine del "Sé", e non sul "Sè". Vogliono nel figlio il vincente ad ogni costo, lo vedono come il proprio riscatto: ed è pericoloso, così come è pericolosa l'importanza data all'intelligenza e alla tecnologia-scienza rispetto alla sfera affettiva e dei sentimenti. Nella nostra società c'è uno scarto drammatico Ira le due dimensioni: abbiamo la bomba atomica, ma non siamo affettivamente maturi per servircene. E il problema, come lei ben sa, è attualissimo...".
Un'ultima domanda. Attualmente è di moda criticare tutto quello che si faceva e sì pensava nel "ventennio libertario", gli anni Sessanta-Settanta. Alla luce della sua esperienza è più efficace l'educazione libertaria o quella autoritaria?
"Tutto dipende da quanto i genitori sono "amici" della libertà dei figli. C'è un'autorità esercitata in funzione della libertà, e ce n'è una che ha caratteristiche possessive, "narcisistiche" basata sull'apparire e non sull'essere L' educazione antiautoritaria è preferibile a un'autorità non usata per amore della libertà del figlio; ma se invece è questa la preoccupazione costante, l'autorità può essere matrice di creatività e di libertà. Una volta, d'estate, ero sulla spiaggia di Camogli. Sulla riva del mare giocava un bambino piccolo, poteva avere due-tre anni. Lo vedevo pericolosamente in bilico, avrei voluto correre a prenderlo per mano per paura che cadesse nell'acqua. Non mi ero accorto che sotto un ombrellone la madre, senza parere, lo guardava. Ma non interveniva. Intervenne solo nel momento in cui il bambino rischiò di annegare. Quella madre mi ha dato una lezione di educazione alla libertà,anche a costo,per il genitore, di forti trepidazioni"

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