PSYCHOMEDIA --> HOME PAGE
SNP --> HOME PAGE

Seminari
di Neuropsichiatria, Psicoterapia e Gruppo Analisi
2013 - 2014

“Ciao Marco. Pezzi e pezzetti di Ferreri in TV”

di Dr.ssa Silvana Palumbieri - film documentario RAI TECHE doc.TV 2008 - Durata: 50’
Presenta e Coordina Dr.ssa Anna Maria Meoni
(t) testo di relazione fornita dal relatore (r) elaborazione testi dialogo a cura Dr.ssa Antonella Giordani


La Dr.ssa A. M. Meoni, coordinatrice dell'incontro, introduce la Dr.ssa Silvana Palumbieri regista RAI TECHE dicendo che trova molto bella e simpatica l'abitudine di questi seminari di aprire in anteprima con un documentario, sia dal punto di vista del taglio interdisciplinare, così come per poter apprezzare anche un modo di comunicazione piuttosto speciale qual è quello che rappresenta la professione di Silvana Palumbieri. Quasi inutile presentarla perché la conoscono tutti in quanto assidua frequentatrice dei Seminari, ma vorrei riportare anche che in occasione del convegno su Freud a Orvieto, convegno al quale Silvana Palumbieri ha partecipato con un documentario e una relazione http://www.psychomedia.it/pm-proc/orvieto2013/index.htm. ho compreso tante cose in più del suo lavoro e ve ne partecipo. La sua produzione come regista e autrice di più di 40 documentari, si avvale di una tecnica il found footage film http://www.psychomedia.it/pm-proc/orvieto2013/Palumbieri.pdf che è stata adottata da grandi registi tra i quali Tinto Brass, Pier Paolo Pasolini, la Cavani, per dire i nomi più importanti. La tecnica, con la quale è stato realizzato anche questo documentario, è molto complessa e richiede un grosso lavoro progettuale. Cosa si intende per progettuale ? Progettuale cosa significa? È un lavoro su commissione nel quale le viene dato un tema. Lo conosca o non lo conosca, sicuramente lo deve conoscere e quindi progettuale significa che deve farsi una cultura sull’argomento. Poi tecnicamente parlando è un linguaggio per immagini che vengono collezionate, quindi immagini già create da qualcun altro che fanno parte di una video teca, in questo caso prevalentemente della videoteca RAI, si tratta di scegliere, in un oceano di immagini, quelle che si possono adattare. Dalla relazione che ha presentato l’altra volta, l’aspetto importante di questo tipo di scelta, che forse interessa anche noi, è la scelta tra il contenuto manifesto e quindi la puntualità dell’attinenza al tema ed il contenuto non manifesto, il che poi vuol dire anche in questa operazione di scelta, optare essenzialmente tra il significato e il significante, mantenendosi ovviamente aderenti al tema e dando la comunicazione esatta. Questo è un lavoro creativo e un lavoro di artista, anche se si lavora su immagini prodotte da altri. La Dr.ssa Meoni evidenzia che ha cercato di dare un elemento per seguire questo documentario ancora più approfonditamente dal punto di vista tecnico, sapendo un po’ il lavoro che c’è dietro. Il tema di oggi è un documentario del tempo passato sul regista Ferreri, la cui personalità è di grande interesse anche per noi per alcuni aspetti di conflittualità dell'artista, che riporta nei personaggi.

(t) [ Alla proiezione del documentario brevi note introduttive :


Ciao Marco.

Pezzi e pezzetti di Ferreri in TV

Film documentario TV 2008 della produzione di Rai Teche con la regia di Silvana Palumbieri, ricerche di Giancarlo Biondi, montaggio Massimo d’Onofrio e voce narrante Piera Degli Esposti, presentato al Festival del Cinema di Roma. “Ciao Marco”, dall’intrigante sottotitolo “pezzi e pezzetti di Ferreri in TV”, è dedicato a Marco Ferreri. Calzolaio e cacciatore di farfalle, Ferreri racconta il proprio far cinema. Esprime anche il suo pensiero su solitudine, paure e morte, come rivela il materiale delle teche Rai. Ma il suo cinema è anche lavoro sulla materia: cibo, escrementi e auto distruttività. Ci sono gli spazi e gli attori che li attraversano, il bisogno d’amore e la necessità di possesso eterno con la forma estrema del cannibalismo, la rappresentazione sontuosa della scimmia, del bambino e della donna. Ferreri parla della morte del cinema e del suo rifiorimento con nuovi autori, riflette su libertà, povertà, felicità e società. Il capitolo sul suo rapporto con la “maestra di tutte le immagini” sono due documentari e la interpretazione televisiva di opere di Garcia Lorca, Platone, Rabelais. Veterinario immaginifico studia la femmina e il maschio dell’animale uomo . Infine dichiara che, con la fine della cultura, le parole non hanno più ragione di esistere: è il momento del fischio.]

(r) Fa seguito alla relazione il dialogo tra i partecipanti a seguito della proiezione del cinedocumentario:


Prof. Majore chiede se Ferreri era un autore che la interessava oppure è una cosa che le hanno proposto.

Dr.ssa Palumbieri premette che i suoi lavori in RAI Teche sono esclusivamente su proposta. In questo caso è stata la Festa del Cinema di Roma, il Festival all’Auditorium, che ha chiesto a Rai Teche di realizzare un’ opera filmica per celebrare il decennale della morte di Marco Ferreri avvenuta nel 1998 (questo documentario è appunto del 2008). Quando mi sono documentata non esisteva un lavoro del genere, basato sulle sue parole e ho capito che Ferreri era un personaggio molto denso, ricco di concetti, pieno di sfumature, complesso, personaggio che inquieta in fase di approccio conoscitivo per lavorarci poi sopra . Scorrendo le interviste ho preso coscienza di trovarmi di fronte ad una personalità difficilissima da gestire: dice tutto e il contrario di tutto, prima afferma una cosa e poi ne afferma un’altra, e poi un’altra, e poi un’altra ancora. Per esempio nella risposta alla domanda che gli ha rivolto il critico cinematografico ci si deve domandare necessariamente quello che lui voleva effettivamente comunicare. In conclusione una sfida alla capacità di penetrare, di evincere e di collegare.

Prof. Pisani chiede se abbia usato una tecnica particolare.

Dr.ssa Palumbieri: qui c’è lavoro di montaggio spaventoso, ma si tratta di operazione connaturale al found footage film, la tecnica narrativa usata per quest’opera.

Pina Meoni : osserva che Ferreri racconta “la solitudine asociale” e adopera solo due parole per esprimere il concetto.

Dr.ssa Palumbieri: Ferreri parla per immagini, ha un linguaggio poetico, molto sofisticato, è stranissimo; però devo dire mi è piaciuto tanto fare questo lavoro. È una personalità che scava nelle cose, penetra la realtà , non ha paura di avvicinarsi anche alle cose più orrende , più dolorose. Tratta queste materie con levità , coi modi dell’ ironia, gioca con questa materia anche se tragica, riesce sempre a veleggiare nonostante i temi che tratta creino disagio e scompenso.

Dr.ssa S.Reginelli : Ferreri ha anche un modo un po’ sfuggente di porsi, di trattare le cose, come è reso anche da questo montaggio piuttosto sfuggente; anche le voci non sempre si capiscono. Questi fatti combinati insieme sottolineano proprio un carattere sfuggente della persona, perché dice una cosa per poi dirne subito un’altra, e un’altra ancora.

Prof. Majore : Ferreri si nasconde, mostra che si esprime e invece si copre continuamente.

Dr.ssa Palumbieri: è una personalità che si nasconde di continuo. Dice tante parole, ed io per cavarne il succo ho dovuto spremere e ho ottenuto questa aranciata .

Dr. V. Lusetti : chiede se lo abbia mai conosciuto personalmente.

Dr.ssa Palumbieri: No, non l’ho conosciuto. Ma ho operato alcuni avvicinamenti. La voce narrante è di Piera degli Esposti, della quale il romanzo “Sole di Pietra” di Dacia Maraini racconta la vita e il rapporto che Piera ha avuto con Ferreri. Io, che dal romanzo sapevo di questo legame, l’ho chiamata e lei mi ha confermato che per quattro anni era stata la sua donna e che era stata una storia importante. Poi ha accettato di fare l’oversound di “Io Marco Ferreri”. Dopo mi ha confessato come per lei sia stato emozionante partecipare a questo lavoro Si è sentita onorata che io l’avessi coinvolta. Oltre al legame con lui, di lei mi piaceva questa voce un po’ roca, questa voce un po’ spezzata, volutamente femminile che creava contrasto con la voce maschile che incombe sul documentario. Una volta finito il documentario, gliene ho fatto dono e mi ha detto che le ho fatto scoprire un Ferreri che non aveva colto, pur essendoci vissuta insieme tanto tempo. Alla fine mi ha detto che aveva capito tante cose di lui che prima non riusciva a decodificare.


Dr. S. Zipparri : questo titolo “Pezzi e Pezzetti”, in un certo senso è un po’ riferito al film “La carne” in cui lui fa a pezzetti la Dellera, il personaggio del film, però forse è anche indicativo di una frammentarietà del personaggio Ferreri, cioè quello che si coglie anche da questo documentario è una certa frammentarietà, una difficoltà di essere unito anche dentro se stesso.

Dr.ssa A. M. Meoni : tutto il documentario è un po’ come un caleidoscopio, cambia continuamente, frammenta ricompone. Di Silvana Palumbieri ha visto 5/6 documentari, sono uno diverso dall’altro e questo fa pensare che ogni documentario ha un lavoro per conto suo e soluzioni tecniche diverse.

Dr.ssa Palumbieri: Mi avvicino molto ai personaggi, cerco di immedesimarmi nella profondità del loro animo e cerco di tirarla fuori. Penso che il mio atteggiamento debba essere quello di avvicinarmi al mondo di queste personaggi singolari, di far venire alla luce e far emergere la personalità in tutte le sfaccettature ed anche in tutte le contraddizioni.

Dr. Lusetti : nota che il materiale dell’ultimo Ferreri e si domanda se è una scelta o una conseguenza della disponibilità di materiale d’archivio.

Palumbieri: ho utilizzato tutto il materiale disponibile in RAI, più recente e più lontano, anche un Ferreri così giovane, rarissimo, addirittura ancora in interviste in bianco e nero.

Dr. Lusetti : osserva che quindi è un fatto proprio oggettivo perchè ci sono più filmati di quando era vecchio rispetto a quelli di quando era giovane. Nei filmati di quando era vecchio viene fuori di più la persona nel senso che lui era più disinibito, a tratti sembra anche un po’ deteriorato. Il Ferreri giovane appare più coperto, poi, da anziano, si scopre di più.

Dr.ssa Palumbieri: ripropone il tema e sostiene che all’inizio sembra più divo, ma domanda a Lusetti quale piace di più?

Dr. Lusetti: conferma di non essere un fan di Ferreri, anzi non può dire che gli piacie. Comunque osserva che il Ferreri giovane sembra cognitivamente più a posto, il Ferreri anziano come più malato.

Dr.ssa Reginelli: chiede se sa di quale malattia è morto.

Dr.ssa Palumbieri: ricorda di averlo saputo, ma non lo ricorda. Ammette finiti i lavori, tende a rimuovere e questo documentario è molto tempo che non lo rivedeva. Ferreri per di più è come indigesto, lavorare con lui è stato come fare una grande abbuffata.

Prof. Majore: osserva la conflittualità del personaggio con tutti questi dilemmi tra maschile e femminile e amore e morte.

Prof.Pisani: considera che è un trattato di psicopatologia.

Dr. Lusetti: parlando del cinema di Ferreri, chiarisce che, pur non essendo un suo grande appassionato, ha però visto i suoi film. Osserva che nelle opere di Ferreri, a suo parere, non c’è nessun barlume di poesia, come se ci fosse tutto eccetto che l’aspetto poetico. Ci sono sono trovate ingegnose e ricchezza tematica, però poesia proprio zero assoluto. Sembra quasi un anatomista, che taglia ed esamina al microscopio e che mette insieme, non si sa bene con quale criterio. Pensa a un un paziente, che invece è fanatico di Ferreri, e si rammarica di non ho pensato ad invitarlo per questa proiezione di documentario, sicuramente ci avrebbe parlato di lui con entusiasmo.

Dr. Impicciatore : commenta che dopo tutto ha fatto anche veterinaria. Di questo documentario lo ha colpito che lui ha detto che avrebbe voluto lasciare il cinema, ma non ci riusciva, però poi in contraddizione ha detto anche che raccontava delle storie e lui racconta delle storie. Rivolgendosi all'autrice del documentario le dice : “ Hai raccontato proprio tu una storia e, al di là del personaggio di Ferreri mi domandavo quanto in te fosse viva questa contraddizione che tu hai portato. Quindi ti ringrazio perché io non conoscevo bene Ferreri e questo documentario mi ha dato modo di conoscerlo, ma non so se c’è qualcosa di tuo”.

Dr.ssa Palumbieri: “ Penso che chi fa questo lavoro, come lo scrittore e come giornalista, è attratto sempre da storie nuove e da modi diversi di recepire queste storie, di pensarle e di viverle ed è tutto plausibile, questo perché nel mondo delle storie di racconti tutto è plausibile. Io sono ingorda di storie, di film: mi piace vederli, non mi stanco mai. Per cui storie a volte anche contraddittorie, anche con scene raccapriccianti, possono turbare solo fino ad un certo punto perché tu sai che comunque è sempre un metalinguaggio, è metafisica, non è la tua vita, non è realistica. Io le vivo tutte come racconti. Poi anche in alcuni frammenti ci puoi ritrovare spezzoni di tuo, di profondo e ciò confesso in questo luogo che è abitato completamente da psicanalisti ”.

Dr. Muscarà: osserva che gli intervistatori non appaiono, chiede le ragioni di questa scelta.

Palumbieri: risponde che di norma non fa apparire gli intervistatori, per meglio evidenziare le testimonianze del personaggio narrato.

Pina Meoni: osserva che l’intervistatore non c’è perché di fatto è lei, la regista che fa un’intervista.

Dr.ssa Palumbieri: No, non è perché la faccio io ma solo per mettere in risalto il protagonista, mentre l’intervistatore mette in ombra il protagonista. Io sono proprio sempre contraria a queste persone che quando vanno a fare l’intervista si fanno vedere, perché così diventano protagonisti. Se per esempio oggi facessi un' intervista ad Ignazio Majore, come tipo di regia, farei la domanda senza apparire come stimolo a lui che si esprime.

Pina Meoni: forse anche perché in questo caso il documentario è una creazione.

Dr.ssa Palumbieri: No, è proprio perché il giornalista che fa la domanda, distoglie dall’entrare in modo empatico ed emozionale con la persona che vogliamo ascoltare.

Pina Meoni : riconferma la sua opinione che non è solo un documentario tradizionale, ma è anche opera sua, una sua creazione nuova .

Dr. Zipparri si dice preoccupato per la latenza dell’intervento di Fabio Lo Turco.

Dr. Lo Turco: Ferreri è uno che con le proprie parole purtroppo non aggiunge qualcosa al suo cinema; le cose migliori cercava di raccontarle con le immagini e lo dice anche. Ci sono autori che a sentirli arricchiscono con le loro spiegazioni. Fellini aveva un suo modo, rispondeva un po’ tangenzialmente però aveva la sua ricchezza nell’intervista; Ferreri no, quello che ha fatto lo ha fatto con le immagini. La sua opera è varia ed è anche di vario valore che però è nelle immagini, mentre le sue interviste non arricchiscono assolutamente, ne lo fanno conoscere meglio. In certi film ci sono alcune cose belle, ma quando viene intervistato sembra una persona poco colta, poco ricca, poco intelligente. A me pare che non gli piacciano le parole e non ce l’abbia. Nel documentario ha apprezzato molto di vedere alcune cose di cui non sapeva l’esistenza, ad esempio i lavori per la televisione. Pensa che certe sue cose lui stesso non le sa spiegare e forse non le ha neanche capite, però le ha fatte e questo spesso succede agli artisti. Non sanno bene quel che fanno, ma fanno, ciò è tipico dei pittori, dei registi (ma lui in particolare), è tipico di chi lavora con le immagini, sia quelle ferme della pittura sia quelle in movimento del cinema; quello che c’è dentro lo vedi tu spettatore, però poi se ci parli loro non te lo sanno dire. Spesso questo succede in Ferreri. È assolutamente evidente che lui aggiunga poco, non è uno che arricchisce il proprio lavoro, non è un autore consapevole, ci sono stati autori consapevoli, anche se in generale l’autore non è che ne sappia molto di più degli altri di quello che fa. Domanda Lo turco agli altri se possono essere d’accordo.

Dr. Zippari: in linea di massima condivide le osservazioni di Lo Turco, però due, tre illuminazioni nelle cose che dice ci sono. Per esempio si coglie un suo tratto bulimico, che si sarebbe colto comunque con La grande abbuffata e poi è abbastanza illuminante anche quel discorso che fa sulla morte.

Dr. Lo Turco: c'è anche il discorso sulla morte, sul rapporto tra animale e uomo e sul rapporto a livello alimentare, però in fondo è poco, rispetto al complesso dei temi trattati in tutta la sua opera.

Prof. Majore: Ferreri, tra le altre cose, non ha un metalinguaggio. Generalmente nelle immagini di un film, al di là dell’espressione, senti in sotto fondo chi parla, lui non ce l’ha per niente, lui è come se ti sbattesse davanti le cose e basta. Non ci trovi appunto quello che si chiama poesia, non ce l’ha, gli manca la risonanza profonda, lui butta tutto all’esterno ma in una maniera piuttosto, non diciamo banale, ma comune. Insomma quando si vede un film poi in genere lo si interpreta e si sente la sensibilità del regista, dell’autore: di lui senti solo quello che mostra e basta.

Dr.ssa Palumbieri: chiede a Majore se gli piace e lui risponde certamente no.

Dr. Lusetti: gli piacerebbe ascoltare qualcuno a cui piace Ferreri.

Dr. Lo Turco: riconosce la difficoltà ad interpretare certi suoi film ed anche a capirli e approfondirli, ma non sempre è così. Ci sono film riusciti e film non riusciti, però le sue immagini costruiscono qualcosa ed eventualmente potremmo pure far vedere qualche film di Ferreri scelto e magari cercare di commentarlo, però non sa se ne valga la pena.

Prof. Majore: c’è di meglio.

Dr. Muscarà: parla dell’ultimo romanzo di Kundera, uscito oggi, dal titolo “La festa dell’insignificanza” nel quale afferma proprio che la morte non ha senso e l’eros non ha senso. Propone l’interpretazione in Ferreri che la carne non ha senso, se non per mangiarsela. C’è questa bulimia che praticamente è l’unica cosa comprensibile, altrimenti non ha senso. E’ come se quando le cose non hanno senso io le devo soltanto introiettare per sentirne il gusto, se no non ha senso. L’associazione è nel titolo sembrerebbe proprio dire l’insignificante; è chiaro che dopo non ci piacciano neanche le immagini anche se sensuali o piacevoli.

Dr. Zipparri: si chiedeva l'intervento di qualcuno a cui piace Ferreri, ma deve premette di non esser tale. Però pur non essendo un ammiratore in toto di Ferreri non riesce effettivamente a non vedere una grandezza in alcune cose che ha fatto. La Grande Abbuffata è un capolavoro assoluto, soprattutto visto con il senno di poi. E’ da vedere perché è denso di significati, probabilmente di un significato di cui lui stesso non è consapevole, che però lui ha messo in quel film. Poi anche negli altri film ci sono delle scene nel segno dell’estremismo, non presenti nel documentario di stasera perché questo era il Ferreri della TV. Ferreri è un personaggio estremo come per esempio la castrazione che Gerard Depardieu fa su se stesso “Nell’ultima donna”. Ferreri ha l’effetto del pasto abbuffante che lui ha gestito nel film, cioè veramente produce vomito in chi lo riceve, produce nausea, è un personaggio a suo modo indigesto.

Dr.ssa Reginelli: c'è una specie di identificazione basica fra lui e questa emozione angosciosa che ha vissuto durante la preparazione della tesi universitaria, con i cani che abbaiavano e non avevano più la voce, cioè è come se anche lui facesse la mossa e però disgraziatamente non potesse uscire la voce normale ma solo sofferenza, solo impotenza fisica di base; sembra che anche lui abbia questa impossibilità, questo dolore, questa rabbia e quindi alla fine anche questo infischiarsene di qualsiasi cosa perché la cosa naturale che avrebbe dovuto esserci non ci può essere, cioè come se si fosse identificato col cane senza voce.

Dr. Zipparri: ha ripensato ora alla scena finale di “La grande abbuffata”. Effettivamente il film finisce con dei cani che latrano: sono tutti morti lì e ci sono questi cani che stanno abbaiando.

Dr.ssa Ferrante: non ha mai visto un film di Ferreri, ma ricorda che una decina di anni fa un suo paziente si doveva laureare in Lettere Cinematografiche. Il professore lo aveva obbligato a preparare la tesi sulla “La Grande Abbuffata” e questo ragazzo, psichicamente sofferente non riusciva a scriverla. Veniva alle sedute disperato perché questo film lo faceva rovesciare. Allora questo film è adatto probabilmente ad un pubblico limitato. Non ho visto il film e non posso commentare, però ascoltando gli interventi nel dibattito questa sera si può pensare che il regista consideri che il corpo materiale null’altro che carne, carne tartassata con cibo e tagli. Non piacevole sostanzialmente.

Dr. Lusetti: spezza una lancia in favore di Ferreri, criticato severamente nel suo primo intervento. “Dillinger è morto” è un film importante, dove sembra che il regista riesca a fare l’operazione del trascendimento di questa sua bulimia, nel senso che nel film l’insignificanza della realtà arriva in maniera molto articolata, cioè lui riesce a distaccarsi. È un bel film perché si sente questo suo sforzo, questo suo dolore, ma c’è anche quel metalinguaggio a cui prima accennava il Prof. Majore. Quello è l’unico film di Ferreri che ha apprezzato.

Dr. Lo Turco: a suo parere Ferreri all’inizio prometteva bene, poi pian piano andando avanti è diventato più greve, più pesante, forse più pieno di morte ecc. ad esempio uno dei primi film (non ne ricorda il titolo) è un film di una coppia. Tutto il film si svolge lungo la spiaggia, lungo il mare. Siccome è l’ultima coppia rimasta, c’è questa distruzione del mondo per contaminazione. Ad un certo punto però c’è questo amore e la coppia che si ritrova (poi fa un figlio) e la vita che continua.

Prof. Majore: probabilmente da giovane c’era ancora un po’ di amore.

Dr. Lusetti: riflette sulle cose impressionanti che Ferreri dice, parla anche di “bagno nella carne”, una la metafora del suo rapporto con la realtà.

Dr. Lo Turco: osserva che “Chiedo asilo” è un film confuso, anche se ci sono delle belle scene ad esempio l’ultima scena che in realtà si tratta di un suicidio. L’interprete (Benigni) che segue un bambino autistico si infila nel mare dove sparisce.

Dr.ssa Sgattoni: evidenzia che per certi aspetti, in alcuni momenti, è facile pensare a un mondo autistico, come una specie di dissociazione dove la voce non c’è e appaiono le immagini, quindi assenza di metacomunicazione, come se ci si astraesse e si finisse nel nulla.

Dr. Lo Turco: aggiunge che a lui dà l’impressione che fosse afasico, se non addirittura autistico. Tuttavia non gli pare giusto giudicare nel merito, perché Ferreri anche se afasico, anche se è il cane senza voce di cui parla, recupera con le immagini che crea e con le quali racconta.

Dr.ssa Meoni: interrompe la discussione perché il tempo è trascorso, ma anche perché rischia di rimanere nelle nostre fantasie come una discussione interminabile. Interminabile è la difficoltà di comprendere o di svelare o di manifestare le contraddizioni di tutti: uomini, animali o che cosa sia di questo mondo. Vuole concludere sottolineando con flash, condiviso con Silvana Palumbieri, pregando di non fare ulteriori commenti. Crede abbia qualche attinenza con il dialogo sviluppato che entrambe avevano erroneamente pensato che la morte di Ferreri fosse stata per suicidio e questa risonanza sembra significare che il contenuto trasmesso era un contenuto altamente drammatico, può non piacere ma il dramma esiste.

Prof. Pisani non può fare a meno di commentare i seminari sono bene cominciati con un grave caso clinico.]


Note di redazione:

(t) Abstract di Rai Teche fornito dalla Dr.ssa Silvana Palumbieri (r) dialogo nel dibattito a seguire la registrazione vocale degli interventi dei partecipanti rivista dalla relatrice Dr.ssa Silvana Palumbieri.

Antonella Giordani agior@inwind.it e Anna Maria Meoni agupart@hotmail.com

 


PSYCHOMEDIA --> HOME PAGE
SNP --> HOME PAGE