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Seminari
di Neuropsichiatria, Psicoterapia e Gruppo Analisi
2011 - 2012

A proposito di Onfray su Freud : Psicoanalisi una scienza al crepuscolo?

Dr. Salvatore Zipparri
Coordinatore Dr.ssa Giuseppina Colangeli
(t) testo di relazione fornita dal relatore (r) elaborazione testi dialogo a cura Dr.ssa Antonella Giordani



La Dr.ssa G. Colangeli, coordinatrice dell’incontro introduce il Dr. Salvatore Zipparri sottolineando che in questa sede molti lo conoscono e non avrebbe bisogno di presentazioni. E’ psicologo e psicoterapeuta con una formazione in psicoanalisi individuale. Oltre ad esercitare la libera professione privatamente, lavora presso “Italian Hospital Group” di Guidonia dove, tra l’altro, è responsabile dell’ambulatorio di Psicologia clinica e Psicoterapia. E’ delegato nazionale dell’Associazione Internazionale di Studi Medico- Psicologici Religiosi (AIEMPR ), nonché membro dell’Associazione Europea di Storia della Psicoanalisi. Dalle sue pubblicazioni tra cui “Nel nome del padre e di Edipo” e “Psicoanalisi e cultura” editi da Armando, si evince la sua profonda conoscenza dell’opera e del pensiero freudiano. Da molti anni è assiduo frequentatore dei seminari del prof. Pisani ai quali ha apportato notevoli contributi. Questa sera ci parlerà a proposito di Onfray su Freud di Psicoanalisi: una scienza al crepuscolo? .

(t) A proposito di Onfray su Freud : Psicoanalisi una scienza al crepuscolo?

[ Qui di seguito è mia intenzione presentare una lettura critica, anche se certamente non esaustiva, del libro di Michel Onfray “Il crepuscolo di un idolo: smantellare le favole freudiane”, Ponte alle Grazie, 2011. Si tratta di un libro che ha avuto un notevole successo editoriale sia in Francia che in Italia e nel resto dei paesi in cui è stato tradotto. Quindi, piuttosto che affrontare il problema di un bilancio generale sulla psicoanalisi come scienza o fenomeno culturale (che sarebbe discorso troppo ampio ed esorbitante i più angusti limiti che mi sono proposto) desidero limitarmi a controbattere talune tesi su e contro Sigmund Freud (e le sue teorie) che sono state esposte da questo singolare filosofo francese attraverso la pubblicazione di un’opera che ha suscitato un notevole dibattito (1).

Va detto, innanzitutto, che il libro di Michel Onfray si inserisce a pieno titolo nel filone di quello che si può ormai definire come il fenomeno editoriale dei libri neri sulla psicoanalisi, tutti di grande successo. A nessuno di noi deve tuttavia preliminarmente sfuggire il fatto che di un analogo e ben più duraturo successo hanno goduto e continuano a godere le stesse opere di Freud che in questi testi vengono duramente attaccate! Esiste perciò perlomeno un punto in cui il destino delle più antiche pubblicazioni freudiane e quello dei suoi odierni detrattori sembra convergere: negli opposti casi si tratterebbe comunque di una letteratura estremamente suggestiva e di grande presa sul vasto pubblico!

Nelle pagine che seguono mi riprometto di dimostrare che questa non è forse l’unica coincidenza che lega fenomeni contrapposti ma, come spesso accade, con più di un aspetto in comune.

1. Il fenomeno dei “libri neri” sulla psicoanalisi.

Da quando più di un secolo fa la psicoanalisi ha fatto la sua comparsa nel panorama della scienza e della cultura contemporanea, il tono con cui se ne è parlato negli scritti critici o nelle biografie dei suoi maggiori protagonisti è stato spesso di tipo agiografico tendendo ad esaltare al di là di ogni limite l’impresa della scoperta dell’inconscio e sfociando spesso in idealizzazioni sproporzionate.

Da un po’ di tempo a questa parte, invece, la situazione si è diametralmente capovolta e sempre più spesso capita di imbattersi in una nuova pubblicazione che presenta le idee di Freud in modo dissacratorio e demistificante non rinunciando a mettere in risalto le inadeguatezze teoriche del suo pensiero, le speranze deluse dei suoi discussi metodi terapeutici, e addirittura le condotte disinvoltamente fraudolente di cui si sarebbe macchiato il sopravvalutato fondatore di una delle discipline maggiormente egemoni dal punto di vista culturale nel secolo appena trascorso.

Ma di psicoanalisi e di Freud si continua comunque insistentemente a parlare, nel bene o nel male!

A parte l’ormai datato “Assalto alla verità” di Jeffrey Masson (Mondadori, Milano, 1984), poco tempo fa è stato l’italiano Luciano Mecacci a denunciare le malefatte di Freud e dei suoi seguaci nel suo “Il caso di Marilyn M. e altri disastri della psicoanalisi” (Laterza, Bari, 2000) partendo da materiale biografico relativo alla Monroe - che fu in cura con Greenson – e da altri resoconti storici di vicende psicoanalitiche (peraltro già a conoscenza dei più informati essendo stati pubblicati in lavori precedenti a quello dello stesso Mecacci).

Più recentemente, oltre e prima ancora del testo di Onfray di cui ci occupiamo, è apparso sempre in Francia, di Catherine Mayer (a cura di) “Il libro nero della psicoanalisi” (Fazi Editore, 2006) - che raccoglie nella prima parte una serie di contributi fortemente critici sulla psicoanalisi, riservando alla seconda lo spazio per proporre le teorie di impronta cognitivo-comportamentale (che, a giudizio degli autori, avrebbero oramai del tutto soppiantato le superate e infondate ipotesi psicoanalitiche). Né si può qui trascurare di citare la più recente polemica sull’autismo innescata dal film-documentario di Sophie Robert “Il muro. La psicoanalisi alla prova dell’autismo” - Océan Invisibile Production, 2011.

Questi libri sono stati dei best-seller e hanno venduto milioni di copie. A parte qualche illustre eccezione, si noterà che il fenomeno dei libri neri sulla psicoanalisi è un fenomeno soprattutto francese.

C’è una spiegazione per questa preponderanza di opere contro la psicoanalisi soprattutto in Francia? Sì! e va ricercata, a mio avviso, nell’egemonia della scuola lacaniana in territorio francese (in nessun altro paese europeo la psicoanalisi ha infatti occupato così pervasivamente le istituzioni per la salute mentale come in Francia!). Questa preponderanza avrebbe soffocato ogni altra corrente psicologica e psichiatrica provocando alla lunga una insofferenza verso Freud (delle cui teorie Lacan è stato fra i maggiori sostenitori!) che si è tradotta in una vera e propria ribellione contro il pensiero del fondatore della psicoanalisi (2).

Una ribellione di questo tipo può definirsi quella di Onfray. Essa potrebbe far seguito ad una precedente fase di grande ammirazione per la disciplina perché in nessun altro modo può spiegarsi la dettagliata e minuziosa conoscenza dei testi e delle lettere di Sigmund Freud (che fa presupporre un appassionato interesse iniziale!) di cui Onfray fa mostra in questo suo lavoro non a caso definito dalla critica <<[…] un saggio forte, intelligente e sconvolgente […] abilmente argomentato [...] >>.

E con una consuetudine che si riaffaccerà nel corso di tutta la sua opera, Onfray utilizzerà spesso dati biografici per suffragare ancor più enfaticamente le carenze, le contraddizioni, i limiti e quant’altro sia venuto evidenziando dall’esame approfondito del pensiero e delle teorie di Freud.

Del resto quando si parla di quest’ultimo il materiale biografico non fa certo difetto dal momento che forse in nessun altro campo abbondano così tanto i documenti e i riferimenti storici (anche perché Freud stesso, da quel grafomane che era, per i cinquant’anni è più in cui ha svolto la propria attività professionale ed elaborato le proprie teorie, ha scritto quotidianamente decine e decine di lettere che, per la soddisfazione degli storici, vanno ad aggiungersi alle testimonianze di chi lo ha conosciuto o è stato in analisi con lui ecc. ecc.).

Al di là dell’uso denigratorio che ne viene fatto di recente, comunque, l’interesse per la ricostruzione storica appare essenziale quando si tratta di questioni psicoanalitiche dal momento che poggia direttamente su uno dei pilastri fondanti su cui è basata tutta la teoria freudiana: e cioè che è la storia biografica dell’individuo a spiegare ciò che quella persona è, è stata o diventerà in un futuro più o meno lontano.

E’ importante sottolineare questo fatto poiché tutti i detrattori della psicoanalisi che si servono di materiale storico-biografico per contestare, attaccare o denigrare la teoria psicoanalitica di Freud fanno un’operazione che, paradossalmente, va a confermare indirettamente proprio la validità del metodo storico-ricostruttivo che Freud stesso, più di chiunque altro, ha contribuito a sistematizzare compiutamente in una teoria organica.

E il lettore che si confronti con il testo di Onfray non mancherà di notare la paradossale contraddizione (giusto per fare due esempi tra i tanti!) insita nel suo tentativo di smantellare i concetti freudiani di complesso di Edipo o psicosessualità anale ricorrendo ad argomentazioni secondo cui Freud stesso aveva un particolare attaccamento alla propria madre e un carattere anale dello stesso tipo di quello da lui teorizzato!

2. Chi è Michel Onfray (…e perché parla così male di Freud)?

Già il sottotitolo che sceglie per il suo pamphlet contro Freud, con il riferimento al crepuscolo di un idolo, qualifica sopra ogni altra cosa le profonde ascendenze nietzschiane di questo brillante, singolare e alquanto eccentrico filosofo francese che si richiama a Nietzsche ma al tempo stesso ha spiccate simpatie per il freudo-marxismo e cioè per l’ala più a sinistra del pensiero psicoanalitico post-freudiano.

E’ anzi proprio su questo punto che si impernia una delle maggiori critiche da lui mosse alle teorie di Freud che sarebbero state scambiate per idee rivoluzionarie e progressiste mentre ad un esame più attento rivelerebbero la loro profonda natura reazionaria. E, in proposito, ricorderà gli ambigui rapporti tra Freud e Mussolini (cioè i “rispettosi saluti” al dittatore “eroe della cultura” apposti come dedica autografa su una copia di “Perché la guerra?” nel 1933!) come pure le simpatie neppure tanto nascoste per il cesarismo che trapelerebbero dalle considerazioni sul capo esposte nella sua celebre opera sulla “Psicologia delle masse” del 1921.

Si intravede qui un primo elemento che induce a capire quanto Onfray sia stato in un certo senso deluso da Freud. Non si spiegherebbe altrimenti la precisa e particolareggiata conoscenza dell’intero corpus teorico del maestro viennese che, assieme alla sterminata raccolta degli epistolari, viene a più riprese citata in maniera dettagliata e puntigliosa: ciò evidenzia un interesse e una passione originari per Freud (di cui in certo qual modo Onfray fa pubblica ammissione all’inizio del suo libro) che avrebbero ceduto il passo solo in un momento successivo ad un risentito capovolgimento nella valutazione della sua opera. Un atteggiamento tipico di delusione come di chi si sia sentito ad un certo punto tradito.

Perché i detrattori di Freud si dividono grosso modo in due grandi categorie: quelli che non lo hanno mai amato fin da principio e quelli che invece giungono ad osteggiarlo solo dopo una prima fase di idillio più o meno idealizzato. E Onfray rientra certamente tra questi ultimi: il che, sia detto per inciso, rende le sue critiche degne della massima considerazione non fosse altro perché provenienti da un lettore quanto mai avvertito e competente sul pensiero freudiano.

Ma deluso! In primo luogo perché, se inizialmente avrebbe potuto vedere in Freud un pensatore rivoluzionario e di sinistra, si sarebbe poi dovuto accorgere, ad uno sguardo più approfondito, di quanto il suo pessimismo sulla natura umana lo rendesse enormemente distante dalle posizioni utopistiche dei freudo-marxisti alla Reich, convinti che il disagio della civiltà non fosse affatto inevitabile ma solo una conseguenza della società repressiva.

Da qui all’idea che la psicoanalisi sia affine alle religioni (che negano la possibilità della felicità immediata su questa terra) e Freud, a dispetto della sua sbandierata professione di ateismo, fosse tutt’altro che lontano da una visione del mondo profondamente religiosa, il passo è breve!

Ed è proprio qui che va individuato il più importante e decisivo motivo di delusione di Onfray (autore che annovera tra i suoi massimi successi editoriali un fortunatissimo “Trattato di ateologia”, pubblicato nel 2005!) presumibilmente accostatosi a Freud per trovarvi un nemico della religione (così come quest’ultimo sembra professarsi ne “L’avvenire di un’illusione”) per poi constatare (pieno di risentimento?) che la psicoanalisi è invece <<strutturata come una religione>>, essendo a sua volta una <<illusione dialettica>> (laddove un’illusione è per Freud la religione stessa) o, più precisamente, una <<religione in un’epoca post-religiosa>>.

Perché è questa, in ultima analisi, la vera scoperta che fa Onfray dopo aver passato al setaccio ogni minimo anfratto della produzione teorica ed epistolare del fondatore viennese! E quando elencherà le ragioni dell’immeritato successo che, a dispetto di quella che per lui è una disciplina priva di validità, il pensiero di Freud continua a riscuotere da più di un secolo, elencherà tra queste soprattutto la sua struttura di ideologia, con le caratteristiche di una religione organizzata, per di più, in modo militante proprio come una vera e propria chiesa.

Intendiamoci: non è che quello di Onfray fosse un approdo teorico così ovvio e scontato! Né tantomeno errato o da sottovalutare! Al massimo gli si potrebbe rimproverare solo una certa mancanza di originalità, considerando che molti altri prima di lui erano giunti alle medesime conclusioni e, fra questi, proprio Erich Fromm (3) (un altro freudo-marxista della sinistra freudiana cui si indirizzano le simpatie dello stesso Onfray!).

Ma ciò che colpisce nella sua reazione (4) alla pur giusta constatazione della natura intrinsecamente religiosa della psicoanalisi freudiana è il suo giudizio di condanna e di rifiuto senza appello contro una disciplina che, allo sguardo avvertito e spregiudicato dell’esegeta esperto, non manca di rivelare alcuni aspetti sacrali nella sua reale e più profonda natura.

Se infatti la svalutazione tout-court era la reazione che più facilmente ci si sarebbe potuti attendere da parte dell’autore di un “Trattato di ateologia”, così proteso verso la causa dell’ateismo, cionondimeno tale reazione rappresenta un esito tutt’altro che inevitabile o obbligato laddove si consideri che lo stesso Erich Fromm, passando per le medesime constatazioni, giunse a rivalutare il ruolo e la funzione di protezione dall’angoscia e di salvezza individuale svolto per secoli dalle religioni in epoche nelle quali la moderna psicoanalisi era ancora ben lontana dal fare la propria comparsa.

E nei limiti di un discorso necessariamente più circoscritto, anche chi scrive ha cercato di contribuire in tale direzione ad evidenziare fino a che punto l’esatto valore della disciplina psicoanalitica sia messo maggiormente in risalto soprattutto allorché si abbandoni una prospettiva riduttivisticamente ancorata al solo dato terapeutico (le critiche al suo deficit terapeutico sono l’argomento su cui tutti i libri neri sulla psicoanalisi hanno più buon gioco!) collocandola invece in una dimensione molto più ampia entro la quale la psicoanalisi venga ad essere considerata come la versione secolarizzata maggiormente in grado di sostituire più antiche e tradizionali visioni del mondo (religione, mitologia ecc.) che, nella loro letteralità, hanno irrimediabilmente cessato di dire qualcosa all’uomo contemporaneo (5).

3. Il “successo” come criterio di validità di “narrazioni” e “visioni del mondo”.

Dopo aver denigrato a più riprese la psicoanalisi di Freud, Michel Onfray non può evitare, al termine del suo libro, di porsi la domanda cruciale delle ragioni del suo enorme successo che dura ininterrottamente ormai da più di un secolo. Allora, a parte l’attraente suggestività del discorso sulla sessualità inaugurato dalle teorie freudiane, citerà tra queste la loro natura di ideologia e di religione organizzata come una chiesa.

Sarebbe fin troppo facile contestare la risibilità di simili argomentazioni citando, solo per fare un esempio, il caso della chiesa di scientology che, pur adottando al giorno d’oggi metodi enormemente più capillari (ed economicamente più dispendiosi!) per la diffusione della propria dottrina, non mostra affatto al momento attuale un predominio culturale e una popolarità neanche lontanamente paragonabili a quelli raggiunti con mezzi mediatici molto più primitivi e rudimentali dalle teorie di Freud all’inizio del secolo scorso.

Ma, ancora di più, non si può tralasciare di osservare che le stesse concezioni di molti tra gli epigoni dello stesso Freud (con tutto il rispetto dovuto alla Klein, a Winnicott e via discorrendo) pur beneficiando del medesimo apparato logistico costituito dalle organizzazioni psicoanalitiche (per di più sviluppatosi ed ingigantitosi nel frattempo in tutti questi anni!), sono molto ben lontane dall’eguagliare il grado di penetrazione delle teorie di Sigmund Freud nella cultura, nella scienza e nell’immaginario contemporaneo.

In realtà interrogarsi su presunte cause estrinseche del successo della psicoanalisi freudiana, oltre a rappresentare un evidente tentativo di ridimensionare il valore intrinseco della sua enorme affermazione, costituisce al tempo stesso un’implicita ammissione del fatto incontrovertibile che se una determinata concezione si impone con una forza così decisiva non può essere del tutto priva di un certo qual fondamento.

Cogliamo qui un aspetto che, facendo tesoro della lezione popperiana sulla mancanza di scientificità della psicoanalisi per l’impossibilità di falsificazione dei suoi assunti e sottolineando ancora di più (e proprio per questo!) non il suo statuto di scienza quanto piuttosto la sua più profonda natura di narrazione e visione del mondo (alla stregua delle mitologie e delle religioni), individua proprio nella capacità di queste ultime e, nello specifico, della psicoanalisi di imporsi con una certa incisività nel mondo delle idee e di condizionarne gli esiti (in un parola e banalmente nel loro avere successo!) uno dei criteri fondamentali per decretarne la validità (6).

Portando cioè alle estreme conseguenze la tesi di Popper (contro le stesse intenzioni di quest’ultimo!) ed estrapolando in modo estremamente ampio il discorso da lui fatto sulla falsificabilità delle proposizioni scientifiche fin nell’ambito delle narrazioni mitologiche (nel cui novero ci si proporrà d’ora in poi di collocare la stessa psicoanalisi freudiana), si potrà allora arrivare a sostenere che non è poi del tutto vero che le visioni del mondo di tipo religioso, a differenza della scienza, non siano falsificabili dal momento che la loro falsificazione può essere fatta dipendere direttamente dall’irrilevanza con cui realizzano quel minimo di incisività nella storia delle idee laddove invece la loro validazione sarebbe conseguente al grado di penetrazione con cui entrano a far parte e sopravvivono nel patrimonio culturale dell’umanità!

E, sotto questo riguardo, non vi è dubbio alcuno che la psicoanalisi di Freud appartenga appunto alle narrazioni e visioni del mondo di gran lunga più vitali e rappresentative dell’intero novecento e oltre!, così come è dimostrato non solo da un successo che ancora non accenna a spegnersi del tutto ma persino dall’affermazione editoriale dei libri neri contro di essa che, se criticassero concezioni e teorie veramente al crepuscolo non riuscirebbero neppure loro a suscitare tutto questo enorme interesse!

Ed è questo infatti uno dei molteplici significati che a me piace cogliere nelle parole che lo stesso Onfray mette a conclusione del suo libro quando, citando Platone, sostiene che <<La fedeltà ai morti non consiste nella devozione alle loro ceneri, ma nell’esercizio della vita che essi rendono possibile dopo di loro>>.

Note:

  1. Per la verità, come altre volte è accaduto in casi analoghi, a mio avviso anche quest’opera non è stata presa in grande considerazione dagli addetti ai lavori – psicoanalisti e non solo – che perlopiù ne hanno sentenziato la risibilità argomentativa senza scendere più di tanto in un confronto dettagliato con le sue tesi di fondo! E resta da vedere se un simile atteggiamento - snobistico? - alla lunga non possa finire per essere controproducente rispetto al dover dare conto del perché recentemente le tesi contro Freud e la psicoanalisi riscuotano tanto successo, sia pure sulla base di argomenti che, se si vogliono contestabili, dovrebbero per l’appunto essere discussi apertamente e smantellati a loro volta!

  2. Anche se Jaques Lacan, a parere di molti, avrebbe travisato e reinterprentato a tal punto il pensiero freudiano da meritarsi l’appellativo di ventriloquo che avrebbe fatto dire a Freud quello che in realtà lui stesso voleva dire al suo posto!

  3. Si veda soprattutto: Erich Fromm (1950), “Psicoanalisi e religione”, Mondadori, Milano, 1987 e (1930/1963), “Il bisogno di credere”, Mondadori, Milano, 1997.

  4. Anche se ideologicamente collocato ad una sinistra piuttosto estrema, è ravvisabile nello stile di un pensatore controcorrente come Onfray - autore di una “Controstoria della filosofia” in 4 volumi (2010) - una certa natura reazionaria, laddove al termine di reazione si assegni l’originario significato etimologico di movimento in senso contrario che succede ad una iniziale proposta innovativa: in questa accezione reazionario non è tanto colui che si schiera a destra piuttosto che a sinistra quanto piuttosto colui che non pro-pone ma si op-pone!

  5. Si veda in proposito di Salvatore Zipparri, “Nel nome del Padre e di Edipo. Appunti di psicoanalisi e religione per il nuovo millennio”, Armando, Roma, 2000.

  6. Anche se, per poter sostenere un’ipotesi così ardita, non solo è necessario distinguere in modo rigoroso il successo duraturo da fenomeni più effimeri, episodici e occasionali (come per esempio l’audience!!!) ma è indispensabile e imprescindibile, tanto nel caso delle teorie di Freud come già in quello delle narrazioni di tipo mitologico-religioso, riuscire a non fermarsi al loro livello letterale e coglierne l’aspetto nascosto di verità andando oltre e sovra-interpretandole (processo ermeneutico)! ]

(r) Fa seguito alla relazione il dialogo tra i partecipanti:

Dr.ssa Ferrante : ha letto questo libro ed ha avuto l’impressione che le critiche nascano da una documentazione cioè che l’autore, prima di criticare Freud, sia andato all’archivio a leggere. Onfray riporta infatti pezzi scritti che non ha potuto inventare, per cui lei pensa che non ci siano fantasie, ma la presa d’atto di una realtà interpretata dall’autore. Per esempio: parlando della universalità della psicoanalisi, Freud ha affermato che è una teoria universale, ma questi libri suscitano interrogativi e alimentano dubbi. Si domanda fino a che punto queste letture compromettono la fiducia in Freud ? Se uno aveva già dei dubbi in precedenza questi libri aumentano gli interrogativi. Ed è logico. Quando si legge si può rimanere sempre della stessa idea, però un minimo di dinamica nella testa ci deve pure essere per almeno chiedersi “ma sarà poi così come dice? ” Freud dice “universale” ma questo non è possibile. Al momento la Dr.ssa Ferrante si trova ad approfondire l’Islam e riflette sull’incompatibilità della psicoanalisi nella cultura islamica. Come dice Onfray, la Psicoanalisi è una teoria localizzata a Vienna, in un preciso periodo storico viennese e non è esportabile. Poi quanto alle altre “ verità”: il caso de “L’uomo dei lupi” è noto che una giornalista austriaca ha intervistato questa persona curata da Freud negli anni 70, che ha risposto : “ ma quando mai, Freud si è inventato tutto, perché ad Odessa in Russia i bambini non sono abituati a dormire nella camera dei genitori, perciò io non li ho mai visti fare all’amore; Freud ha detto che per tre volte li ho visti ma si è inventato tutto”. Ha detto di non essere per niente guarito, mentre Freud, nel pubblicare il suo caso clinico, diceva che aveva avuto successo. Sulla base di queste considerazioni la Dr.ssa Ferrante si chiede se la menzogna stia tutta quanta in questi denigratori o se è vero che anche Freud, in realtà, non abbia esagerato la sua teoria? Pone una domanda al relatore, pur se reputa la risposta prevedibile, perché quale psicanalista ha detto di essere un difensore di Freud. Aggiunge che ha conosciuto parecchi giovani laureati in psicologia in questo ultimo decennio e di aver constatato che sono tutti spostati verso le teorie cognitive comportamentali. Se li si interroga e si chiede loro di Freud, non sanno quasi niente e di contro ricorda che il suo corso di studi era tutto impostato su Freud, colonna portante la psicologia. Oggi si rimprovera a Freud di non aver continuato a fare il neurofisiologo, il biologo, l’evoluzionista : forse avrebbe capito che molte malattie possono dipendere anche da problemi organici , disfunzioni, neurotrasmettitori e non solo da storie affettive, di attaccamento, di dipendenza .

Zipparri specifica che non vuole fare il difensore di Freud anche perché pensa che, se Freud potesse, non lo sceglierebbe come difensore; poi non crede di doverlo difendere perché, secondo lui, con i suoi scritti Freud si difende già abbastanza da solo. Basta leggerlo. Non crede che Onfray dica delle menzogne, anzi dice delle cose che molto ben documentate. Personalmente ha letto con piacere il libro di Onfray, perché è ricco di notizie biografiche importanti. L’autore dimostra di aver letto a mena dito tutti i carteggi e le opere di Freud. Il successo di questi libri neri per gli autori che le hanno scritte risiede purtroppo proprio nella perdurante suggestività che queste storie continuano ad avere, anche quando si mette in luce la loro parzialità e la loro relatività. Conoscere il fatto che Freud ha potuto fare “ il sogno dell’iniezione ad Irma ” perché aveva fatto un errore ( un clamoroso errore medico) non fa perdere l’interesse per la Psicoanalisi, piuttosto l’accresce, perché quello che rimane non è la teoria psicanalitica che è stata superata non una, ma mille volte; le teorie di cui parla Onfray sono teorie ormai datate e non si capisce perché, volendo attaccare la psicoanalisi lacaniana, Onfray non abbia preso di mira gli psicanalisti lacaniani vivi e vegeti che ci sono oggi : perché? Perché non sarebbero stati altrettanto suggestivi. Questa è la verità: il discorso di Freud, anche quando è sbagliato, è un discorso che mette comunque in moto la mente, e questo secondo Zipparri è la vera eredità di Freud. A riprova di ciò riferisce di aver letto “ il libro nero della psicoanalisi ” che è un libro di matrice cognitivista. La prima metà del libro cerca di denigrare la psicoanalisi in tutti i suoi aspetti con materiale assimilabile a quello di Onfray, la seonda metà del libro presenta invece la teoria cognitivista. Ebbene ricorda che quando è arrivato ai capitoli della teoria cognitivista ha chiuso il libro perché si annoiava sicuramente perché era interessante solo la prima parte.

Dr.Lusetti non ha letto il libro e quindi quello che dirà non è relativo al testo, ma a quanto detto in proposito dal relatore, che certamente rispecchia l’argomentazione del libro. Quello che di queste argomentazioni lo ha colpito, in senso molto critico, è che non gli pare che Onfray faccia un discorso che si eleva alla dignità di un discorso teorico, cioè prenda in esame la teoria freudiana anche confrontandola con i fatti clinici: lo fa solo a tratti . Gli pare di capire che l’operazione principale fatta da Onfray sia quella di correlare l’impostazione freudiana, vista molto sommariamente, con la sua biografia e di spiegare le teorie di Freud in base alla biografia di Freud, in base ad una generalizzazione di alcune sue esperienze personali . Un punto che gli sembra molto importante integrare rispetto alla presentazione del relatore è che, questa, non è l’unica maniera di criticare la psicoanalisi: esistono delle maniere molto più rigorose che sono state portate avanti (ad esempio da Popper) che prendono in esame le idee di Freud, non la sua biografia o i suoi limiti personali. Aggiunge che questo metodo di criticare le idee di Freud sulla base della biografia, riflette quella che secondo lui è la parte peggiore della psicoanalisi. Per esempio la critica che Popper faceva a Freud era proprio che Freud di fronte a certe obiezioni non rispondeva sul piano delle idee, ma rispondeva in modo personale e diceva “ tu critichi la psicoanalisi perché resisti alla psicoanalisi, resisti all’idea che sotto la mia teoria ci sia la sessualità, perché c’è un qualche cosa che ti disturba”. Allora se questo è il punto, gli sembra che questo libro sia veramente di basso livello, anche se il relatore l’ha posto al centro del discorso perché molto popolare e che ha avuto una grossa risonanza. Ribadisce che i punti su cui Freud può essere criticato sono tantissimi, ma il punto centrale è quello enucleato da Popper in base al quale esiste un edificio teorico di tutto rispetto , di grande complessità, rivoluzionario per la sua epoca. Infatti parlare di inconscio come ne ha parlato Freud è stata una rottura epistemologica enorme che tutt’oggi porta le sue conseguenze, però fare questa critica, elaborare queste teorie e poi rispondere alla critica alle teorie dicendo: “ecco tu in questo momento stai criticando la psicoanalisi perché resisti alla psicoanalisi” è la parte peggiore, la parte caduca della psicaonalisi. La cosa che lo sorprende è che Onfray fa tutto il suo discorso contro Freud proprio basandosi su questo aspetto che è la parte peggiore del freudismo, vale a dire non esaminare le idee per quelle che sono ma esaminarle in base all’idea che siano il portato di un pregiudizio su base biografica; è proprio un modo scorretto di polemizzare ed è anche un colpo basso, se vogliamo. Se un pensatore dice certe cose, vanno viste le cose che dice il pensatore non la persona del pensatore.

Prof. Majore si dichiara in accordo con quanto detto da Lusetti soprattutto per il fatto che questa critica non entra nel merito delle teorie di Freud, non è una critica su quello che lui voleva, quello che lui intendeva o perché così faceva. Eppure ci sarebbero molte cose da dire sulla teoria (e Majore stesso ne ha scritto). In nessun punto Onfray cerca di capire il pensiero di Freud: cosa veramente c’è sotto a certi accadimenti e anche gli sbagli che eventualmente ha fatto. Comunque detto questo, Freud non va criticato. Che vuol dire criticare Freud? Che significa criticare qualcosa che ormai risale a 100 anni fa ? Freud ha aperto una grande strada, ha dato un enorme impulso alla terapia; è stato uno che ha cambiato la dimensione dell’uomo. Evidenzia che se oggi gli uomini si pongono il problema di se stessi è in gran parte merito di Freud. Una riflessione che noi tutti facciamo verso noi stessi di fronte ad un problema che è che le cose non stanno così come si vedono. Non c’è in capo alla letteratura o al cinema che non risenta di questa posizione molto evolutiva delle persone : che poi Freud andasse a letto con la cognata non ce ne importa.

Prof.Pisani si collega con Lusetti e Majore su questo tendere agli aspetti umani di una persona, chiedendosi chi non ha aspetti umani? Gli viene in mente che Freud usava la coca : ma che ne sapeva della coca? Tra l’altro quanti analisti affermati fumano sigari, pipa, sigarette, bevono alcool ecc. ecc. C’è la dedica a Mussolini ma intanto ci son due aspetti importanti: innanzitutto il Presidente austriaco a quell’epoca per difendersi da Hitler stava tentando di coinvolgere Mussolini perché lo difendesse da Hitler ed è anche vero che Mussolini aveva mandato al confine l’esercito per difendere l’Austria da Hitler. Altra cosa è che, fermo restando tutte le critiche feroci sul fascismo su Mussolini il dittatore...la guerra... che ha ridotto ecce homo tutti quanti , in quell’epoca Mussolini aveva valorizzato la cultura e si faceva la pubblicità con la cultura. I littoriali erano delle gare non solo sportive, ma erano coinvolti letterati, filosofi, scienziati e le arti e le scienze erano molto valorizzati. Questo è l’aspetto positivo, magari si fosse fermato là. E poi, tra l'altro, sembra che Mussolini soldi non ne prendesse, al contrario di tanti politici d’oggi. Poi un altro aspetto riguarda l’analisi interminabile che secondo Pisani è un capolavoro di profonda umiltà, perché Freud, dopo che ha tirato fuori tutta questa teoria ha anche detto “guardate che io qua non guarisco mai nessuno”, spiegando l’esistenza della resistenza al cambiamento, dei meccanismi di difesa e non per ultimo la morte. Pisani riporta la storia che Freud fosse innamorato della madre come una cosa profondissima emersa nel corso dell’auto analisi svolta nel’97/98. Freud ha scoperto attraverso i sogni che era innamorato di sua madre e che voleva eliminare suo padre e suo fratello maggiore; tutta la scoperta dell’Inconscio si basa sulla sua auto analisi . Pisani si ferma qui perché da gruppo analista o analista di gruppo, dovrebbe dire che tutte le scoperte freudiane che riguardano il soggetto individuale, fermo restando che sono delle scoperte di base, appartengono prima di tutto al collettivo di cui l’individuo è un’espressione o per lo meno il collettivo e l’individuo sono in continua interazione per cui l’individuo è frutto del collettivo, al quale dà un ulteriore contributo in un continuo va e vieni, ma queste sono delle riflessioni di un analista di gruppo.

Dr. Lo Turco condivide che alcune critiche siano addirittura risibili ad esempio del fascismo di Freud e certamente sono anche vere le considerazioni che, per un periodo, Mussolini avesse appoggiato la cultura italiana : teatrale e architettonica. Magari lo avessero fatto dopo i neo fascisti, cosa che invece non hanno assolutamente attuato. Hanno preso un'altra strada: quella di contestare la cultura, una strada completamente diversa e scellerata.

Zipparri, commenta che, considerando lo scarso favore di cui gode oggi l’ideologia marxista, in realtà dire che Freud fosse fascista forse finisce per porlo in una luce più positiva, dati i tempi che corrono!

Dr. Lo Turco afferma che non è vero che Freud fosse fascista, anzi è semplicemente assurdo. Il fatto poi, anch’esso molto dubbio, che avesse dei rapporti con la cognata sono affari suoi: forse si può parlare di endogamia, ma questo riguarda la biografia di Freud. Certamente a noi che siamo appassionati studiosi di Freud interessano anche questi aspetti biografici, sui quali però gli pare che una critica a Freud trovi il tempo che trova. Tra l’altro la serie di critiche è vecchia ed è iniziata con “Assalto alla verità” scritto da Moussaieff Masson, ma sono critiche su fattarelli della storia della psicoanalisi, che si possono anche fare. Detto questo però la grandezza di Freud è che le sue teorie hanno influito su tutta la cultura, sul cinema, sulla letteratura, sul teatro, su tutto, sulle altre ricerche di scienze affini ecc.. Tuttavia le teorie di Freud sono passate e debbono addirittura essere studiate e criticate, perché si possono criticare le moltissime cose che sono in contraddizione e non del tutto convincenti. Ciò non toglie che la psicoanalisi fondata da Freud sia stata una cosa così importante che ha rivoluzionato la psichiatria e tutta la cultura. Lo Turco pensa che Freud abbia offerto soprattutto un metodo che serve a tutte le altre psicoterapie: è il metodo di stare vicino al paziente di seguirlo e di studiarlo. Questo ha portato a due risultati: ai risultati terapeutici (quando si riesce ad averli) e ad un metodo di studio della mente che precedentemente non esisteva. La psichiatria ha fatto dei progressi grandi, che senza la psicoanalisi non ci sarebbero stati. Lui ha iniziato all’Istituto di Psicologia di Medicina dove si studiavano piccole cose. Era profondamente deluso dalla psicologia, perché gli sembrava di studiare, di darsi da fare senza tuttavia capire assolutamente niente dell’animo umano. Quando ha iniziato a studiare la psicoanalisi ha avuto la possibilità di capire se stesso e di capire gli altri, compresi i suoi pazienti . Secondo lui questa è la grandezza di Freud. Certamente la psicoanalisi può essere criticata ma ha fondato un metodo di cura e un metodo di ricerca così importanti che deve andare avanti, altrimenti sarebbe una religione. Che si siano infiltrati nella psicoanalisi aspetti religiosi questo è indubbio come è stato anche nel marxismo e come avviene in tutte le teorie che vogliono dare una spiegazione del mondo.

Zipparri definisce giustissimo quanto detto da tutti gli intervenuti, ma rammenta il suo personale interesse per la “cultura pop”, rivendicando un atteggiamento che non sia snobistico verso ciò che è “popolare” o “pop” e per ciò considera che il fatto che Onfray abbia scritto un libro che ha avuto un enorme popolarità, significa qualcosa. Le cose che hanno un’enorme popolarità, persino quando sono sbagliate (e la psicoanalisi forse rientra fra queste ? ), non possono essere liquidate sbrigativamente. Lusetti ha detto una cosa che condivide in pieno e cioè che Onfray fa anche una operazione che in qualche modo è quella della peggiore psicoanalisi, ma che curiosamente è allo stesso tempo quella della psicoanalisi più popolare.

Si dice consapevole che al termine del seminario ognuno rimarrà della propria opinione, ci tiene quindi ad esplicitare la propria. Ritiene inappropriato un atteggiamento di rifiuto delle cose che sono popolari per il semplice fatto che sono sbagliate. A suo parere una cosa che assurge ad essere estremamente diffusa, divulgata come la psicoanalisi freudiana, quando anche biasimabile o sbagliata, come il libro di Onfray o come la religione stessa, che dura da più di 2000 anni, è meritevole comunque di analisi e di attenzione.

Dr.ssa Taborra commenta che è lo stesso discorso su cui si basa il successo delle fiction! Zipparri: gli interventi hanno succeduto l’intervento di Lusetti, hanno, a suo parere centrato in pieno il punto fondamentale di critica : il libro di Onfray parla di “cosucce”; non parla delle obiezioni vere. Ma il problema è che i libri che fanno le obiezioni vere a Freud, come quello di Popper, lo conosciamo noi, ma la gente non se lo va a leggere, la gente si va a leggere solo il libro di Onfray , il libro nero della psicoanalisi, perché questi libri, al di là delle miriadi di sciocchezze e di pettegolezzi che contengono, dicono una cosa che è molto freudiana e cioè che le idee della gente risiedono nella loro biografia e nella loro storia. Questo vogliono dire anche se poi lo dicono male.

Dr.ssa Meoni si complimenta con Zipparri perché è stata una presentazione e una relazione veramente splendida. Nell’ambito del dibattito il suo sentire, il suo pensiero è andato ad una chiave che forse è a monte non solo di Freud, ma di tutte le cose: la chiave storica. Quando parliamo di quello che è accaduto nel 900 non possiamo trascurare il terzo evento della storia dell’umanità che noi conosciamo: la trasformazione industriale della società e tutte le ricadute che questo ha avuto nei fatti, nei pensieri, nell’alimentazione, nella gestione di tutto. Afferma che, parlando con una terminologia un po’ junghiana, queste ricadute hanno creato, in questo disperatissimo secolo, una serie di processi di trasformazione a catena con una comune base conflittuale, fondamentalmente innovativa. Ora non crede che il successo di questo libro stia nella sua capacità divulgativa o comunque nell’andare incontro al gradimento, crede invece, o almeno così ha avuto la sensazione nella presentazione, che dietro questo autore ci sia uno sforzo di meglio comprendere una cosa confusa, una cosa difficile da comprendere. Certamente il successo di Freud è un po’ difficile da comprendere. Dal punto di vista culturale e intellettuale richiede lo sforzo del filosofo, che ha di per se un pensiero rigoroso. Questo pensiero rigoroso l’autore di questo libro ha difficoltà a mantenerlo nello sviluppo del suo pensiero e cerca di stare con i piedi per terra e si ancora sull’elemento biografico.

Nessuno nega la presenza dell’elemento biografico in tutti i processi di pensiero, creativi o non creativi, perché il mondo non si muoverebbe se ognuno di noi non partisse dalla propria biografia, ma dal punto di vista dell’esame critico o comunque di comprensione di qualcuno, l’elemento biografico serve per capire meglio, fermo restando che ognuno è un fatto e non è la chiave del tutto, è solo una chiave che apre una porta e stimola una riflessione che ti potrebbe portare a capire di più. Ribadisce il proprio pensiero: l’avvenimento della psicoanalisi è uno dei tanti fatti del ventesimo secolo che sono il frutto di una profonda, profondissima trasformazione storica avvenuta in una precisa area geografica.

Dr. M. Musacchio si richiama ad alcune osservazioni che sono già state fatte nel corso della discussione, ma in modo molto più radicale nel senso che l’ accusa a Freud di essere un fascista ha prodotto uno sforzo cospicuo per dire che non era fascista. Secondo lui “chi se ne importa” perché anche se qualcuno è fascista ciò non esclude che possa dire delle cose sensate. Porta l’esempio di Giovanni Gentile che diceva delle cose che possono essere condivisibili. Personalmente non condivide la teoria dello stato etico, che però considera uno stimolo, uno spunto. Sono tematiche organizzate, ricche, profonde molto più di quello che, con tutto il rispetto, può argomentare il metalmeccanico leninista (onde evitare dubbi personalmente chiarisce di essere politicamente dalla parte del metalmeccanico leninista). Insomma il fatto che uno sia fascista non significa che sia un cretino e non possa dire delle cose sensate. Questo è il primo punto. Secondo punto è che facendo questa accusa Onfray divide il mondo in due: gli eletti e i reprobi , e Freud era un reprobo perché andava a letto con la cognata, si faceva di cocaina, prendeva 450 euro a seduta e quindi badava ai quattrini. Non sa se è vero, ma sottolinea che tale è l’ideologia cristiana del pauperismo, considerato una virtù tanto da dire “è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago che un ricco vada nel regno dei cieli”. Reputa che questa prospettiva ebraico cristiana, soprattutto cristiana, non dovrebbe far parte del panorama di Onfray, per quelle che sono le sue dichiarazioni metodologiche e di principio ed invece ne fa parte. Di tutte le critiche che questo signore ha fatto a Freud quella che incide maggiormente è che fosse un filosofo piuttosto che uno scienziato. Ebbene oggi gli scienziati e gli epistemologi sanno che la cosiddetta oggettività scientifica non c’è e che anche nel materiale di osservazione l’attenzione si concentra su quello che il paradigma soggettivo spinge ad osservare. Non se la sente di dire “biografico” perché biografico rinvia a un a-priori che è quello dell'empirismo inglese. Che cosa è l’intelletto? La tabula rasa? La biografia determina ciò che c’è nell’anima, che è già una cosa molto più organizzata e strutturata. Per quello che lo riguarda pensa che ci siano delle fantasie a priori che governano l’esperienza. Si chiede se la psicoanalisi debba necessariamente essere una scienza : cioè le discipline che si occupano dell’anima devono aspirare ad assurgere ad uno stato scientifico? O sono mitologie? O sono storie? O sono racconti? Questo è il problema metodologico di fondo con cui secondo lui vale la pena confrontarsi, perché è vero che Freud aspirava a dare una versione scientifica e quindi universale, oggettiva della psicoanalisi, però è anche vero che nella corrispondenza con Einstein diceva: “come puoi vedere caro Einstein anche la nostra è una mitologia ed è anche molto lieta per la verità”. Cioè in Freud l’elemento mitico ancor che non esplicitato, e soprattutto non valorizzato da lui stesso, è presente. Musacchio afferma di non voler confutare Onfray che dice che non è vero che la costruzione della psicoanalisi è scientifica, perché secondo lui c’è da fare un altro tipo di operazione che è l’esatto opposto : negare, contrastare questa pretesa di scientificità che poi è una pretesa cartesiana (sottolinea la mancanza del professor Callieri che ci poteva dare degli spunti in questo senso). Musacchio si conferma che se Onfray ce l’ha con qualcuno ce l’ha proprio con il suo background francese e cartesiano.

Dr.ssa Sgattoni riflette sul fatto che i livelli sono doppi : uno è l’analisi del pensiero freudiano e di quella grande rivoluzione che ha provocato e poi c’è l’utilizzo collettivo che si è imperniato su questo pensiero e che ha agito anche con una certa confabulazione. Il suo pensiero va un elemento che potrebbe aver scatenato questa ribellione, e quindi anche il successo di questo best seller,. Per esempio l’ indagine della patologia dell’autismo che un tempo, in base alle conoscenze disponibili, per l’influenza della psicoanalisi è arrivata alla colpevolizzazione della madre reale : adesso si sa che ci sono vari tipi di autismo e sono provate disfunzioni specifiche (di tipo genetico, altre indagate con le ricerche sui neuroni specchio ecc.) Il pensiero della psicoanalisi è stato dirompente, ma per quanto sia stato estremamente forte, non poteva essere così onnicomprensivo. Ci sono state poi anche le lobby che non potevano trattare alcuni pazienti in presenza di una problematica di tipo neurologico perché non erano pazienti puri. Quindi c’erano i puri e gli impuri in contraddizione col pensiero psicoanalitico che ha aperto proprio la strada al pensare, a porsi le domande, non tanto a considerare ciascun individuo come qualcosa di statico bensì a coglierne anche le differenze. In sintesi reputa che la scoperta sul piano delle nuove ricerche abbia rotto quel ghetto, in particolare nella scuola francese e in aree di quella nostra italiana, dove certi lavori erano appannaggio esclusivo della impostazione freudiana .

Dr.Muscarà pone la richiesta di approfondire la critica a Freud da una fonte non pop ma popperiana (da Popper che ha sviluppato una critica più teorica).

Zipparri reputa che la critica di Popper a Freud sia una critica assolutamente condivisibile se ci si pone dal punto di vista della scienza, perché effettivamente la psicoanalisi non è falsificabile. Il suo amico Matteo Musacchio ha detto una cosa con la quale concorda pienamente cioè che la psicoanalisi è una mitologia. I miti non sono falsificabili come la scienza, ma questo che cosa vuol dire? Che non sono degni di grande interesse? Se questo è per dire che la psicoanalisi non è una scienza, certamente non è una scienza, come la scienza a cui fa riferimento Popper. Bisogna però anche precisare che se si paragona Freud a Lacan emerge che non è scienza nessuna delle due teorie e che Lacan, francamente, è molto “meno scienza” di Freud. Allora anche di questo bisogna parlare e cioè del fatto che esiste un modo di fare mitologia rigoroso e metodologicamente corretto, mentre esiste anche un modo di fare mitologia più vaporoso e confuso .]

Note di redazione:

(r) dialogo nel dibattito a seguire la registrazione vocale degli interventi dei partecipanti rivista dal relatore Dr. Salvatore Zipparri.

Antonella Giordani agior@inwind.it e Anna Maria Meoni agupart@hotmail.com


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