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Seminari
di Neuropsichiatria, Psicoterapia e Gruppo Analisi
2007 - 2008

Persecutorietà e ambivalenza nell’anoressia: un approccio clinico

Dr. Salvatore Zipparri
Coordinatore Dr.ssa M. A. Ferrante
(t) testo di relazione fornita dal relatore (r) elaborazione testi dialogo a cura Dr.ssa Antonella Giordani



La coordinatrice, Dr.ssa M. A. Ferrante presenta il Dr.Salvatore Zipparri che è Psicologo, Psicoterapeuta. Lavora presso l’Italia Hospital Group, un Istituto di Scienze Neurologiche e Psichiatriche che si occupa anche dei disturbi dell’Alimentazione.
Il Dr. Salvatore Zipparri presenta una relazione (t) sull’anoressia, dal titolo: Persecutorietà e ambivalenza nell’anoressia: un approccio clinico.

ll Dr. Zipparri introduce la relazione spiegando che, nell’ambito della sua collaborazione presso l’Italia Hospital Group, che si occupa di questi problemi, ha avuto l’opportunità di seguire qualche caso, ma nell’istituto non si occupa di queste patologie. Il caso, seguito privatamente, riguarda un aspetto specifico che ha incontrato nella sua attività di psicoterapeuta.
Una donna di circa 40 anni richiede un aiuto psicologico per un problema di insoddisfazione coniugale che, tra le altre cose, comporta anche una persistente forma di “vaginismo” (con dolori intensissimi durante la penetrazione) a causa della quale in tredici anni di matrimonio non ha mai avuto rapporti sessuali con il marito (parallelamente segue presso uno specialista di chiara fama un programma di esercizi di dilatazione dell’orifizio vaginale che arriva a prevedere persino l’eventualità di un intervento chirurgico!).
Molto tempo prima, durante l’adolescenza, aveva sofferto di una forma atipica di anoressia caratterizzata da “avversioni alimentari elettive” (era disgustata da alimenti di odore particolarmente intenso, come i formaggi stagionati) che la portava ciclicamente ad assumere una condotta caparbia e oppositiva di rifiuto generalizzato del cibo: sosteneva che se avesse mangiato in tali condizioni avrebbe sicuramente “vomitato” (cosa che la terrorizzava e la terrorizza tuttora: la paziente non ha quasi mai vomitato in vita sua!).
E’ possibile ipotizzare una qualche forma di collegamento tra questa originaria condotta testarda durante i pasti (che comprendeva anche uno spasmo isterico degli organi della deglutizione) e le attuali dolorose costrizioni della muscolatura vaginale che impediscono l’inserimento del pene?
Più o meno alla stessa epoca in cui da ragazza era impegnata nelle sue ostinate “resistenze” a tavola, veniva tormentata nel sonno da un incubo ricorrente: sognava “l’uomo che si mangia i piedi”. “L’uomo che si mangia i piedi” era descritto come una persona sudicia (con evidenti connotazioni anali) e minuta (lei stessa era ed è di corporatura gracile) che, in una posizione impossibile da assumere nella vita reale, innaturalmente arrotolata a formare un cerchio che si chiude sul davanti con i piedi dentro la bocca, si autofagocitava a partire dalle estremità più basse. Ogni qual volta quest’incubo si ripresentava, in preda ad un grande spavento si svegliava e andava (spesso camminando carponi e, talvolta, addirittura strisciando per non essere vista dai suoi genitori che disapprovavano severamente questo tipo di comportamento) verso la camera da letto di un fratello col quale aveva un rapporto “psicologicamente incestuoso” per coricarsi al suo fianco fino a che non si fosse tranquillizzata del tutto.
Con l’immagine dell’ “uomo che si mangia i piedi” si esprimeva innanzitutto un complesso ideativo riconducibile al simbolo dell’”uroboro” (il serpente che si morde la coda). L'uroboro (dal greco “_____ó___") è un simbolo molto antico: il serpente che si morde la coda, che vi è rappresentato, si ricrea continuamente e forma un cerchio ma anche un ciclo. È un simbolo associato all'alchimia, allo gnosticismo e all'ermetismo. E’ in relazione alla natura ciclica delle cose, alla teoria dell' eterno ritorno, e a tutto quello che è rappresentabile attraverso un ciclo che ricomincia dall'inizio dopo aver raggiunto la propria fine.
Nella psicologia analitica junghiana l’uroboro è stato messo in rapporto all’archetipo dell’indifferenziazione e dell’indistinzione che precede lo sviluppo della personalità e nel quale si manifesta la coesistenza degli opposti (ambivalenza). Si presenta come “il rotondo che contiene” e in tal senso sarebbe un simbolo del ”femminile”: ma in quanto “serpente” rappresenta anche il principio “maschile”. In quanto maschile e femminile al tempo stesso è dunque un “contenitore degli opposti”. E richiama altresì “la condizione infantile sia dell’umanità che del bambino”. Inoltre “è in sé autarchico”: da qui la sua “autosufficienza”, la sua indipendenza da ogni “tu” e da ogni “altro”.
Come scrive Erich Neumann: “Uccide se stesso, sposa se stesso e feconda se stesso. E’ uomo e donna, genera e concepisce, divora e partorisce, è attivo e passivo, è sopra e sotto contemporaneamente” (1).
Ambivalenza sessuale, autosufficienza, aggressività contro se stessi ecc. Sono tutte caratteristiche che si possono agevolmente riconoscere – e che difatti la letteratura scientifica non ha mancato di evidenziare - nel comportamento delle anoressiche (anche di quelle più “tipiche”). In particolare è stato detto che alla base della condotta di rifiuto generalizzato del cibo vi sarebbe un conflitto relativo ai “bisogni di dipendenza” che da un lato spingerebbe l’anoressica a negare tali bisogni così drasticamente da rinunciare persino ad alimentarsi (come se dicesse: “non ho bisogno proprio di niente e di nessuno, addirittura non ho neanche bisogno di mangiare!”) mentre dall’altro, al contrario, la condurrebbe a causa del dimagrimento ad uno stato di salute così precario da renderla bisognosa di un accudimento totale quale è quello che solitamente si può riservare solo a una creatura neonatale.
Ora è chiaro che, con la terribile immagine di un uomo che si auto-divora a partire dal basso, veniva efficacemente rappresentato persino lo stesso processo di “scarnificazione” che è alla base del dimagrimento anoressico. Mentre per quel che riguarda la regressione alle fasi più precoci dello sviluppo del neonato si può dire che il simbolo dell’uroboro si presta molto bene ad esprimere, nel linguaggio della psicologia analitica junghiana, la medesima condizione psicologica che la psicoanalisi freudiana designa invece con il termine di “narcisismo”.
Per inciso sottolineeremo in questo contesto che, al di fuori dell’incubo di cui stiamo parlando, esiste in realtà un’ epoca nella vita dell’uomo in cui l’operazione di mettere i piedi in bocca risulta effettivamente possibile: tra il settimo e il nono mese di vita, infatti, alcuni neonati riescono a portare il piede alla bocca aiutandosi con le mani e quindi, tra le altre cose, dietro l’immagine dell’”uomo che si mangia i piedi” si può riconoscere agevolmente anche la nostalgia della sognatrice per una fase “narcisistica” e “infantile” di totale onnipotenza vissuta tanto più angosciosamente quanto più nella realtà questa era percepita come ormai definitivamente superata nella sua storia personale.
Nell’anoressia è tuttavia presente in modo molto marcato anche una condizione ideativa fortemente persecutoria e caratterizzata da ambivalenza che proprio l’incubo dell’“uomo che si mangia i piedi” può servire ad esplicitare in modo estremamente esemplificativo. Si tratta di aspetti che accomunano notevolmente, per quanto ciò possa apparire a prima vista sconcertante, l’organizzazione psicologica dell’anoressica a quella delle perversioni sessuali. Non è un caso, infatti, che alcuni autori abbiano fatto riferimento al concetto di “perversione alimentare” per indicare innanzitutto un sotto-tipo di disturbo dell’alimentazione caratterizzato da ritualità, disordine e manovre oltre il limite del disgusto ma talvolta anche per sottolineare una caratteristica che si ritroverebbe comunque invariabilmente non solo nell’anoressia ma, più generalmente, nella totalità di forme in cui si esprimono i disturbi della condotta alimentare (anoressia, bulimia ecc.).
E’ perversa, tanto per cominciare, l’idea persecutoria che l’immagine di un uomo con i piedi vicino alla faccia sembra esprimere per dare forma concreta (il linguaggio “concretistico” è tipico del pensiero arcaico) alla preoccupazione “vittimistica” che gli altri possano abusarsi di qualcuno (un’evidente proiezione dell’Io della sognatrice) mettendogli letteralmente “i piedi in faccia”.
Ma, ancora di più, l’immagine di un uomo con i piedi in bocca è molto facilmente collegabile ad una chiara “fantasia di fellatio”. Il piede, infatti, è un antichissimo simbolo sessuale. Dal momento che solitamente è fatto oggetto di morbosa attenzione in quel tipo di perversione sessuale cui si dà il nome di “feticismo” (laddove le scarpe o le pantofole possono al contrario simboleggiare il genitale femminile) e che secondo alcune “teorie sessuali dei bambini” può addirittura sostituire compensatoriamente la supposta perdita del pene che le femminucce sentono inconsciamente di aver subito in quella articolata e complessa costellazione psichica cui Freud ha dato il nome di “complesso di castrazione”, è stato spesso considerato in psicoanalisi come “simbolo fallico”.
Più esattamente, proprio perché si presenta in una fase dello sviluppo psicosessuale infantile intermedia tra l’“analità” e la definitiva “genitalità”, il piede si carica di valenze al tempo stesso “falliche” ed “anali”, acquisendo così le caratteristiche di un vero e proprio “fallo anale” (in particolare l’odore intenso e spesso sgradevole che promana da tali basse estremità rafforza facilmente nell’inconscio infantile l’equazione simbolica tra piede e feci).
Nell’incubo che stiamo considerando abbiamo così una commistione “polimorficamente perversa” di sessualità pre-genitale infantile in cui trovano posto al tempo stesso non solo gli elementi tipici dell’”oralità”, che anche il senso comune considererebbe ovvi nel caso di disturbi che hanno a che fare con la sfera dell’alimentazione, ma anche le pulsioni “anali” e “falliche”, il cui contributo può invece a prima vista apparire meno scontato.
E’ stato però ipotizzato che una commistione indistinta ed indifferenziata tra “oralità” ed “analità” sia alla base anche di tali patologie: dall’anoressia (dove la cavità orale attraverso il vomito acquisisce quelle caratteristiche espulsive che sono invece peculiari della parte terminale dell’intestino) fino alla bulimia (in cui il cibo può caricarsi di valenze simboliche “escrementizie” e viene ingerito tanto più smodatamente quanto più appare disgustoso, avvicinando in tal senso questa condotta ad un atto coprofagico).
All’opposto, nell’anoressia, il cibo può venire rifiutato anche a causa della medesima equazione simbolica con il materiale “fecale”, anche se questa volta al contrario suscita schifo. Come è noto, poi, non mancano le forme miste che alternano la fase bulimica a quella anoressica e che troverebbero proprio in questa ipotesi di ambivalente attrazione e repulsione verso l’analità una comune radice eziologica dal punto di vista psicodinamico.
Questa ambivalente attrazione / repulsione verso il piede puzzolente come le feci è poi, in questo caso particolare, facilmente collegabile anche al comportamento contraddittorio verso l’intenso odore dei formaggi stagionati in una donna dotata di uno spiccato senso dell’olfatto che, invece, in età adulta è divenuta particolarmente ghiotta di questo tipo di alimenti.
Quanto all’ambivalenza, essa vi si trova espressa, oltre che come ambivalenza sessuale (in quanto nell’”uomo che si mangia i piedi” si può agevolmente riconoscere la “proiezione”, da parte di una giovane adolescente di sesso femminile, della propria parte maschile), soprattutto nel contrasto “ossessivo” tra la sfera spirituale - alta (simboleggiata dalla testa) e quella pulsionale – bassa (simboleggiata dai piedi). Anzi, a questo riguardo, si può aggiungere che l’atto di “mangiarsi i piedi” presenta un evidente legame con l’onicofagia: l’abitudine ossessiva, cioè, di mangiarsi le unghie delle mani (e, talvolta, dei piedi!) durante periodi nervosismo, stress o noia che è molto comune tra i bambini e gli adolescenti.
Sono esplicitati inoltre in quest’incubo anche degli spiccati contenuti deliranti. Di norma nelle avversioni alimentari elettive è facile riscontrare come i cibi che danno luogo ad una idiosincrasia specifica – come i formaggi stagionati nel caso che stiamo considerando - vengano investiti di contenuti deliranti e persecutori. Qui tuttavia la rappresentazione di un atto di auto-cannibalismo, quale è quella di un uomo che si mangia a partire dal basso, mette in particolare risalto la compresenza simultanea, nel medesimo soggetto, delle personificazioni antitetiche tanto del “persecutore” quanto del “perseguitato”, essendo colui (o colei!) che si autofagocita al tempo stesso carnefice e vittima di se stesso.
Quest’ultimo aspetto, vero e proprio “ossimoro psicodinamico” con valenze “sadomasochistiche”, può essere colto anche nella contorta psicologia del “nazi-skin”, anch’essa vicina al mondo simbolico delle perversioni sessuali ed a cui francamente l’organizzazione di personalità dell’anoressia, nelle sue forme più gravi, non può non essere accostata (si pensi soltanto a quanto frequentemente la figura dei deportati denutriti nei campi di concentramento nazisti risulti sovente presente in modo esplicito o implicito nell’immaginario delle anoressiche – forse più di quella superficialmente collegata al mondo della “moda”!!!). E contrariamente a quanto si potrebbe pensare a prima vista, anche nel “nazi-skin” si esprime un’identificazione ambivalente non solo con l’aguzzino nazista ma anche con lo stesso prigioniero di un campo di sterminio (come dimostrano la testa rasata, il tatuaggio della svastica e tanti altri segni collocabili a metà strada tra le antitetiche identità del “persecutore” e del “perseguitato”).
Così è nel caso dell’”uomo che si mangia i piedi”, un incubo che, in ultima analisi, segnala la paradossale compresenza nel medesimo soggetto tanto della “vittima” quanto del “carnefice”: al punto che in conclusione si potranno qui citare molto a proposito i versi del poeta maledetto: ”Sono la piaga e il coltello, la guancia e la percossa! Sono la vittima e il boia, lo slogatore e le ossa!” (2).


Note
1. Erich Neumann, op. cit., p. 31.
2, Charles Baudelaire, Héautontimorouménos (21-24), « Les fleurs du mal » (1861), in Opere, Meridiani, Mondadori, Milano, 1996 pp. 158-161.


Bibliografia

BRUSSET Bernard, Psicopatologia dell’anoressia mentale, Borla, Roma, 2002.
CHASSEGUET-SMIRGEL Janine, Creatività e perversione, Raffaello Cortina, Milano, 1985.
NEUMANN Erich, Storia delle origini della coscienza, Astrolabio, Roma, 1978.
TESTONI Inees, Il dio cannibale. Anoressia e culture del corpo in occidente, UTET, Torino, 2001.

Fa seguito alla relazione il dialogo (r) tra i partecipanti

La Dr.ssa M. A. Ferrante apre la discussione dopo aver sottolineato la ricchezza di stimoli offerti dalla relazione attraverso la presentazione di concetti nuovi, come quello dell’ambivalenza nell’anoressica tra autosufficienza-bisogno di aiuto, fino alla ricerca di similitudini tra il dimagrimento provocato e subito dai deportati e quello volontario delle anoressiche.
Il Dr. V. Lusetti si complimenta per l’approccio inedito e molto originale della relazione in cui sono state dette delle cose abbastanza diverse da quelle che solitamente si dicono, anche perchè non è vero che queste cose sono contenute nel pensiero freudiano. Chiede un’ impressione su questo aspetto a circuito, nell’organizzazione anoressica. L ’organizzazione a circuito è qualcosa che non riguarda solo l’anoressia, ma nella relazione è stato enucleato bene il circuito sado-masochistico in cui è in gioco l’istinto sessuale, non quello alimentare.
Afferma poi che, oltre il sistema della psicopatologia, qualcuno sa che una parte della psichiatria ricorre al disturbo bipolare; la bipolarità è un circuito talmente importante che la psichiatria di oggi tende a farlo diventare una sorta di buco nero che assorbe tutta la patologia psichiatrica, per inquadrare i disturbi ossessivo fobici, alimentari. Questa organizzazione a circuito è parte integrante della mente umana. Si riferisce ad un prossimo seminario di Ignazio Maiore che parlerà della sua teoria della psicoanalisi e analisi mentale in cui ipotizza che esista, all’interno della mente umana, un circuito di tipo persecutorio articolato su temi sessuali, in cui la sessualità serve ad arginare la persecuzione, a governarla: è anche il modo analogo che il relatore ha assegnato alla funzione alimentare che viene mobilitata per arginare un aspetto persecutorio. Nel disturbo bipolare elementi persecutori, in qualche modo vengono padroneggiati, arginati.
Evidenzia che la cosa che più l’ha colpito nella relazione è questa organizzazione autarchica dell’anoressica che cerca la dipendenza, ma la rifiuta; fondamentalmente la rifiuta per quanto non la cerchi. Costruisce un’ organizzazione mentale interiore che le consente di fare da sola. E’ rimasto molto colpito da un filmato di anni fa dal titolo “ Il cacciatore di anoressiche”, storia abbastanza singolare, in cui questo circuito persecutorio anziché essere interiore è esterno. C’è un uomo psicopatico che cerca le anoressiche, ma non in quanto tali percependole per quel che sono, cioè donne rifiutanti; a lui serve qualcosa di più: prende di mira delle donne magre e contratta con loro pesi decrescenti e in pratica le affama. Una specie di cannibalismo: una persona che avvicina le donne mettendole alla fame. Questo filmato illustra tutta il senso del circuito anoressico ed è comprensivo della ciclicità come tentativo di gestire la persecuzione anziché subirla dall’esterno: autosomministrarsela per arginarla, per governarla, con varie forme che possono essere sessuali, alimentari o possono essere impegnate sul circuito della colpa. Ringrazia ancora per le sollecitazioni ricevute dalla relazione.

Il Dr.S.Zipparri lo ringrazia a sua volta, per aver aggiunto qualcosa che fa parte della psicopatologia dell’anoressia. Crede che l’originalità del lavoro che ha presentato, non stia tanto nella sua capacità di maneggiare la psicopatologia, quanto nella dimestichezza, che ha affinato nella sua esperienza, col linguaggio simbolico di cui si sente traduttore. Sottolinea l’ importanza del confronto con chi si occupa della psicopatologia che lo ha spinto a mettere nel titolo “un approccio clinico”. Reputa il suo approccio limitato: le osservazioni che può fare uno psicoterapeuta nel corso di una vita professionale, sono numericamente circoscritte, non sono quasi mai tipiche, ma quasi sempre atipiche. Sottolinea quindi l’ esigenza di complementare questo tipo di osservazioni, con quelle numericamente più rilevanti che uno psichiatra può aver fatto nel corso della sua esperienza, a prescindere da quelle fatte come psicoterapeuta. Lo stare in un servizio di frontiera permette collegamenti. C’è questa esigenza di rendere complementari delle osservazioni, dei modi, dei contesti culturali nelle quali vengono ad originarsi. Evidenzia questo limite che si riscontra nelle nostre professioni, questa difficoltà ad avere la possibilità di dialogare serenamente. Considera un’oasi felice i seminari del Prof. Pisani, ma nei servizi si tende a parcellizzare, a settorializzare le informazioni. Ad esempio il film citato in cui c’è la figura del persecutore, non sa se possa essere riconducibile alla questione nazista.

Il Dr. V. Lusetti considera significativa questa tendenza che sia la moda a produrre anoressia; che la modella magra sia la modella anoressica. Ma chi fa la moda? Sono gli omossessuali che hanno un rapporto persecutorio col sesso femminile per cui propongono un modello femminile che ha lo stesso tipo di rapporto persecutorio. Valuta legittima questa ipotesi.

La Dr.ssa L. Di Gennaro ringrazia per la relazione che le ha ricordato la sua prima pubblicazione e il suo primo seminario sull’anoressia, in cui si è occupata in particolare dell’influenza della figura paterna nell’insorgere del disturbo anoressico. Dall’ascolto del seminario, concorda sul fatto che tra la moda e l’anoressia non ci sia alcun collegamento perché un’anoressica vera, non farebbe mai la modella. Si è abusato in questi ultimi anni della modella per dare spazio alla patologia anoressica che però non c’entra affatto.
La cosa con cui non concorda, che è un errore sovente, forse d’impostazione terapeutica, è quello di considerare l’anoressica anche bulimica. E’ un errore terapeutico per cui molto spesso i cognitivo-comportamentali si sono occupati di curare le anoressie e hanno dato rilevanza all’aspetto cibo, piuttosto che alle problematiche dell’ anoressia che non hanno nulla a che fare col cibo. Il cibo è un sintomo per cui l’errore terapeutico è che, parlando di cibo continuamente, si rafforza la patologia dell’anoressica che è molto sensibile e, per accontentare il terapeuta, da anoressica diventa bulimica.
Un altro aspetto che l’ha colpita del caso presentato, è che ci fosse un rapporto tra la paziente e il fratello che forse, in questo caso potrebbe essere il sostituto del padre.
L’ insorgere dell’anoressia, in base alla sua esperienza ventennale, ha a che fare con una volontà dell’anoressica a voler rimanere bambina per mantenere il rapporto privilegiato. Chiede al relatore se nello svolgimento del suo lavoro si sia accorto di questo aspetto.
Ha trovato infine interessante il discorso del sogno nel quale è stato valutato il rapporto del padre con questa ragazza perchè il fatto di mangiarsi i piedi, anche se è un uomo che mangia i piedi, è un gioco che molti padri e madri fanno con i bambini e quindi ricondurrebbe l’anoressica alla fase dell’infanzia in cui il rapporto richiama la perversione sessuale tipica di tutti i bambini.

Il Dr. S. Zipparri, rispetto alle obiezioni portate, ripropone la premessa che aveva fatto: non ha visto un caso di anoressia tipica; non è un’esperienza diretta, né la più importante, però c’è la preminenza del rapporto col proprio corpo, rispetto al problema del rapporto col cibo. Qui non c’è anche perché questa donna, da ragazza non ha mai avuto una perdita di peso drammatica. È un’anoressia atipica, un disturbo alimentare con avversione elettiva per un certo tipo di alimenti. Molte delle obiezioni portate sono collegate al rapporto col cibo. Anche la letteratura lo dice: nelle aggressioni specifiche c’è il contenuto delirante del cibo, rispetto al quale c’è un’idiosincrasia particolare, ma nell’anoressia tout court, è d’accordo con la Dr.ssa Di Gennaro. E’ vero anche che problema preminente è il rapporto con il proprio corpo. A questo proposito racconta di aver rivisto una collega di Frosinone che dirige un “Servizio per i disturbi dell’alimentazione e rettifica del sesso anatomico”: servizio che rivela le “perversioni delle ASL”. Hanno cioè trovato e messo insieme due problematiche che hanno a che fare con l’accettazione del corpo: il problema del transessualismo e il problema dell’anoressia. Chiaramente non giustificativo per creare un servizio di questo genere. Anche il modo in cui è entrato in contatto con questa storia adolescenziale: è ricostruita a partire dal vaginismo in cui il padre e il fratello erano figure ormai scomparse, c’era invece il rapporto col marito.
La Dr.ssa Di Gennaro chiede se la paziente abbia mai avuto rapporti col marito.
Il Dr. S. Zipparri risponde di si, ma non rapporti penetrativi. Valuta che non è infrequente, per chi lavora nei contesti psicoterapeutici, affrontare questo tipo di situazioni coniugali.
La Dr.ssa L.Di Gennaro chiede se abbia sperimentato che l’anoressica predilige rapporti orali.
Il Dr. S. Zipparri è certo che questo incubo abbia a che fare con una fantasia di fellatio.
La Dr. L. Taborra si riferisce all’incubo che la paziente ha portato in terapia come incubo pregresso. Trattandosi del primo stadio dello sviluppo psicoaffettivo, si chiedeva a proposito del linguaggio simbolico, se da questo primo incubo ci siano stati sogni successivi che evidenzino una certa evoluzione dallo stato uroborico; qualcosa che mostri una maturazione, malgrado il poco tempo di analisi (1anno).
Il Dr. S. Zipparri sottolinea come questa interpretazione dell’incubo possa apparire felice, ma la storia di collaborazione non lo è altrettanto nel senso che questa persona non segue molto bene il lavoro psicoterapeutico. Parallelamente, per il problema di vaginismo, si è rivolta ad una specialista di chiara fama, che fa trattamenti di dilatazione dell’orifizio vaginale fino al rilassamento chirurgico. Lui non conosce il valore di questi interventi e non si permette di criticarli, però segnala che esiste una svalutazione del mentale, tra l’altro tipico di chi ha avuto problematiche di questo tipo, a favore del corporeo. Da questo punto di vista non ha portato la storia terapeutica, perché sarebbe una storia conflittuale e abbastanza perdente. Sottolinea come talvolta si arrivi a delle ipotesi interpretative che possono essere molto valide, ma che purtroppo non incontrano successo terapeutico; magari non sono accettate, ma rifiutate, esattamente come il pene del marito; chiaramente questa persona dice che è il marito ad avere dei problemi. La vede in modo discontinuo da un anno; due volte a settimana, ma con brevi periodi di rottura poi di ripresa. E’ insomma una storia difficile. Quelle che lui considera interpretazioni, possono essere anche sue associazioni, come quella coi naziskin, che gli è venuta in merito alla carica di aggressività notevole delle anoressiche.Per il momento non c’è un aspetto di progressione felice.

Il Prof. R.Pisani è d’accordo rispetto alla necessaria rivalutazione delle fasi di sviluppo psicosessuale, non solo dal punto di vista pulsionale, ma anche dal punto di vista relazionale. Le fasi di sviluppo hanno certamente a che fare con un tipo di comunicazione in quanto da una parte soddisfano delle esigenze pulsionali di tipo biologico e dall’altra soddisfano certe esigenze relazionali: mettersi in contatto attraverso la bocca, attraverso gli organi genitali. Cosi come è d’accordo che questa storia tra freudiani Junghiani, kleiniani dovrebbe finire: dovremmo cercare di capire in che cosa possiamo integrare i vari aspetti delle indagini sull’inconscio. Ricorda che G. Tedeschi ha scritto un libro bellissimo “Freud e Jung, un dilemma inattuale”. L ’inconscio individuale è complementare con quello collettivo, si combinano, si integrano. Sottolinea la ricchezza del caso clinico presentato dal relatore che personalmente ha vissuto attraverso una raffigurazione di tipo pre-genitale. Fa notare che emerge una oralità, un’ analità, una fallicità, ma di genitale non c’è nulla. Si chiedeva se quell’immagine maschile del bimbo non sia, in definitiva, un’immagine fallica: è la paziente stessa che si vede in quanto tale, nel bimbo; contiene in sé l’oralità e l’analità: la puzza, i piedi, però si mangia i piedi. E’ un atteggiamento pre-genitale ambivalente, nel senso di mangiare e contemporaneamente aggredire l’oggetto del desiderio. E’ vero che questa è una situazione circolare di tipo uroborico. Anche lui ha letto il libro di Noiman “All’origine della coscienza”, un libro bellissimo, stupendo. ( il Dr.Zippari evidenzia che è stato scritto quando Jung era ancora vivo, tanto è che è sua la prefazione). L’uroboros è l’archetipo arcaicissimo della madre, che contiene in sé i simboli maschile e femminile; è il serpente che si morde la coda, ma è un serpente materno. L ’uroboros ha a che fare con il caos-: nella ricostruzione che ne ha fatto Noiman, viene immediatamente dopo il caos. Si chiede se sia una rappresentazione di sè come l’archetipo più arcaico della madre.
Il Dr. S. Zipparri si dichiara completamente d’accordo con questa lettura. Anche il discorso cannibalico, l’agire le conflittualità attraverso la sfera alimentare.
Il Prof. Pisani aggiunge che è la madre terribile che si mangia i figli.
Il Dr. S. Zipparri ritiene che nella mitologia ci siano molti riferimenti del forte arcaismo in chi agisce i disturbi nella sfera alimentare: c’è una organizzazione arcaica. Considera poi che il fatto stesso che ci avviciniamo, come in questo caso, ad universi teorici che non ci appartengono, come il testo di Noiman, che non rappresenta uno dei suoi testi di riferimento, rimanda al discorso del Prof. Pisani sulla parcellizzazione delle nostre culture di provenienza che si riscontra curiosamente nei servizi, ma anche nelle scuole di formazione in cui c’è la scuola rivale o concorrente. La crisi odierna della psicoterapia a lungo termine farà anche bene: forse sta cominciando a far cadere degli steccati per cui è giocoforza comunicarsi esperienze tra persone che non hanno avuto un percorso comune di formazione. Riconosce al Prof. Pisani di aver promosso gli incontri su basi interdisciplinari e gruppali.

Il Prof. R.Pisani pensa che la paziente abbia a che fare con un’identificazione dell’archetipo della madre cannibalica; l’uroboros è quello che si divora i figli; è vero che c’è Urano che glieli manda dentro, però lei se li mangia.

La Dr.ssa L. Taborra parla di una sua paziente anoressica in trattamento da 7 mesi, che le ha portato dei sogni a cui lei ha dato da una lettura junghiana. Dal primo sogno, al secondo e al terzo di una settimana fa, c’è stata un’evoluzione della “Grande madre”. Nel primo sogno c’era la grande madre terrifica e lei, che ha parlato con i genitori, ha potuto constatare che la madre della paziente, è proprio una grande madre vorace.

La Dr.ssa M.A. Ferrante si collega alle grandi mistiche segnalate nell’ambito della religione. Una volta andò alla biblioteca di medicina a vedere queste storie delle grandi mistiche; non sa quanto siano enfatizzate da parte della chiesa queste quasi sante, ma sembra addirittura che fossero capaci di sopravvivere un mese intero con poca acqua e pane. In questi casi c’è un alimento speciale che sostituisce l’alimento materiale: l’amore di Dio. Si chiedeva di cosa si nutra l ’anoressica: di niente o ha nella testa un qualcosa che sembra sostituire l’alimento? Forse andrebbe approfondito il loro nutrimento ideale, che nelle mistiche era l’amore di Dio. Anche nell’innamoramento si riesce a dimagrire: quando si è innamorati ci si nutre d’amore. Si chiede se le anoressiche si nutrano di qualcosa per poter fare a meno del cibo.

Il Dr. S.Zipparri riferisce che su questo argomento c’è un libro: “Le sante anoressiche”, scritto da uno storico del medio evo; c’è poi un capitolo finale scritto da uno psicanalista/psichiatra che parla proprio di un legame possibile fra i digiuni ascetici e quelli delle anoressiche o delle ragazze che vogliono fare le modelle. Lo scrittore sostiene che oggi vediamo le suore come donne fuori dal mondo, mentre nell’epoca in cui queste sante erano ascetiche, erano molto nel mondo, in quanto nel medioevo monaci e monache erano fra le persone che accedevano alla cultura; sapevano scrivere; facevano una vita che oggi, nel contesto culturale trasformato, potrebbe essere paragonata ad un successo mondano. C’è un’ideale dell’io estremamente elevato in queste persone, così come c’era anche nelle ascetiche che digiunavano. Spesso sono entrate in contrasto con le istituzioni ecclesiastiche che vedevano in queste forme di ascetismo, un rapporto privilegiato.
Condivide l’associazione con la situazione d’innamoramento legata all’ideale dell’io che diventa onnipotente: sono condizioni vicine l’una all’altra.

La Dr.ssa G.Sgattoni dice che l’ideale dell’io così alto, la fa pensare ad alcuni comportamenti dei disturbi alimentari che si possono trovare in alcune esperienze iniziali dell’ alimentazione dei bambini, quando le mamme lamentano che il figlio va a cercare tutte le minuzie, per cui alla fine bisogna frullare i cibi. Può essere questa un’aspirazione alla fusionalità, che è anche persecuzione, dove non c’è una separatezza e dove non si può provare neanche la paura. Quindi l’anoressica che non vuol crescere è anche l’anoressica spaventata. In questa ambivalenza il persecutore è anche il perseguitato. Associa al film della Cavani “Il portiere di notte”, dove c’è questa estrema coazione che c’è anche nel masochismo: un tentativo di tenere a bada ciò che in qualche modo è segnalato come effetto pericoloso; forse il timore d’individuare le diversità, non potendola integrare.

Il Dr. S.Zipparri osserva come nel film della Cavani la protagonista sia abbastanza denutrita.

La Dr.ssa A.M.Meoni pone una domanda sugli aspetti deliranti. Considera sicuramente condivisibile, l’associazione con la perversione come quadro interpretativo, ma nel singolo caso; la sua estensione al problema anoressia, va invece guardata con attenzione. L ’anoressia e la perversione, come categorie psicopatologiche e nosologiche, hanno in comune una buona struttura dell’Io,ma il nucleo dove non tornano i conti nell’anoressia è apparentemente questa buona struttura dell’io, per cui si parla di psicosi monotematica. La sua domanda è sugli aspetti deliranti presenti in questo singolo caso o in generale.
Il Dr. S.Zipparri evidenzia che nella letteratura gli aspetti deliranti vengono segnalati quando si parla di idiosincrasie alimentari; quando c’è un alimento specifico verso cui si prova avversione e che si carica di valenze persecutorie. In questo caso c’erano odori intensi che non permettevano di mangiare. Non vuole certo presentare una teoria dell’anoressia, ma l’organizzazione delle perversioni sessuali è stata definita come una paranoia agita; una sessualizzazione di rapporti di odio: è una interpretazione della perversione sessuale che lui trova abbastanza interessante. Nell’anoressia ci sarebbe questo spostare sull’alimento il vissuto persecutorio, presente anche nelle perversioni sessuali masochistiche.

La Dr.ssa L. Taborra osserva che tra l’altro il formaggio è un derivato del latte e il suo odore cattivo è assimilabile all’odore del latte andato a male: il latte materno.

La Dr.ssa A.M.Meoni chiarisce che lei si riferiva all’aspetto dismorfofobico dell’anoressia che poggia su una interpretazione delirante, ma che il relatore non ha trattato,]


Note di redazione (t+d): a cura di Antonella Giordani con revisione del relatore,
(r) elaborazione testi da registrazione vocale
(t) testo relazione direttamente fornito dal relatore
(d) testi dialogo da registrazione vocale
Antonella Giordani agior@inwind.it e Anna Maria Meoni agupart@hotmail.com


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