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Seminari
di Neuropsichiatria, Psicoterapia e Gruppo Analisi
2007 - 2008

Elementi Mitopoietici nel mosaico Il Faro di Anzio di Gupart

Dr.ssa Anna Maria Meoni con la collaborazione di Federica Manieri
Coordinatore Prof. Rocco Antonio Pisani
(t) testo di relazione fornita dal relatore (r) elaborazione testi dialogo a cura Dr.ssa Antonella Giordani



Il coordinatore dell’incontro seminariale di apertura, Prof.R. A. Pisani, evidenzia di aver ripreso i seminari, programmati anche quest’anno insieme allo staff organizzativo storico la dott.ssa A.M. Meoni, il dr. D. Surianello, la dott.ssa M.A. Ferrante, per una richiesta esplicita pervenuta dalla base dei partecipanti abituali. Crede che la cosa faccia piacere anche per l’affidabilità dell’organizzazione rispetto la durata di ciascun seminario. Sono seminari diretti ad operatori del settore in ambito psicoterapico assistenziale, che forniscono degli argomenti, degli aggiornamenti, delle possibilità di discussione utili essenzialmente per la nostra attività professionale e scientifica. Sono allargati a tutti i cultori di scienze sociali ed umanistiche. La psichiatria e la psicoterapia spaziano da aspetti biologici ad aspetti sociali, filosofici, culturali, letterari: più ne sappiamo, meglio è. Ricorda che secondo Freud, la psicoanalisi era arrivata fino ad un certo punto:invitava chi volesse saperne di più a rivolgersi a letterati, poeti, narratori che ne sapevano più di lui.
Dopo aver comunicato il programma dei seminari 2007-08, introduce la Dott.ssa Meoni e la sua allieva-dottoranda in psicologia Federica Manieri, che presenteranno la relazione dal titolo: “ELEMENTI MITOPOIETICI NEL MOSAICO. Il Faro di Anzio di Gupart”
Sottolinea che si tratta di un seminario sugli aspetti artistici di un mosaico che la dott.ssa A.M. Meoni ha realizzato con l’aiuto dei collaboratori e pazienti di Aprilia. Personalmente ha già partecipato alla presentazione del mosaico che reputa un autentica delizia dal punto di vista artistico e psicodinamico. Conclude manifestando il piacere derivato dalla presentazione della dott.ssa Meoni nei confronti della quale esprime profonda amicizia e affetto che sente ricambiato e dimostrato.
La dott.ssa A.M. Meoni si dice onorata di aprire questo anno seminariale. Esprime tuttavia un po’ di ansia, rispetto ai grandi e illustri relatori che li hanno solitamente aperti negli anni precedenti. Ha pensato di ripercorrere i 20 anni seminariali: si è avvalsa del supporto informatico, laddove c’era, cliccando la parola “Archetipo”; si è letta quasi tutto il cartaceo che tratta tale argomento. Tutto quello che dirà è già stato ampiamente trattato in questi venti anni, da alcuni presenti e da altri non presenti. Cercherà di elaborare in maniera sintetica il contesto. Si riferisce al poster alle sue spalle che rappresenta un grande mosaico di 4x 5m. (fig.1), posto in un luogo pubblico e che, a tutti gli effetti, è da considerarsi un’ opera con pretese di opera artistica. Nella sua realizzazione si è avvalsa di un completo ciclo di creatività: dal disegno del bozzetto alla realizzazione a mosaico. Spiega che il mosaico si divide in arte a mosaico e artigianato, quest’ultimo, più diffuso a scopi pavimentali e per riproduzioni di quadri pittorici. Quando la creazione di un mosaico si configura dall’inizio, come in questo caso, dallo stesso autore disegnato e realizzato a mosaico, è un opera artistica compiuta. Qui però l’autore non è uno solo, ma un gruppo di 16 persone metà dei quali “matti con cartella” e l’altra metà “matti senza cartella”, cioè operatori psichiatrici. Con questa provocazione intende riferirsi al concetto ormai acclarato di normopatologia per indicare le manifestazioni conflittuali nevrotiche più o meno transitorie, anche di carattere più importante, che coinvolgono sia le persone normali, sia le persone sotto stress per la loro vita lavorativa, ma ancor di più gli operatori psichiatrici perché continuamente a contatto con una situazione particolarmente forte dal punto di vista emotivo perché direttamente connessa alle grandi patologie dell’inconscio. Fatta questa premessa di contesto, la Dott.ssa Meoni entra nel tema della relazione.

Sommario
La presentazione descrive l’analisi delle immagini presentate nel grande mosaico dal titolo “Il Faro di Anzio”, che è stato realizzato negli anni 1996/1997 da un gruppo di artisti mosaicisti alla loro prima esperienza artistica: gruppo di mosaicisti che hanno preso nome d’arte di “Gupart”.
Si presenta un approfondimento e un’analisi dei contenuti psicologici che il mosaico presenta e rappresenta e che chiameremo elementi mitopoietici, con riferimento alla teoria degli archetipi secondo C.G.Jung. Tali contenuti saranno discussi con riferimento alle dinamiche di gruppo allora osservate, così come in relazione al contributo individuale dei disegni preparatori. Per gli aspetti tecnici della realizzazione e della situazione psicoterapica e della formazione del gruppo si rimanda al Seminario della dr.ssa Meoni “Arte Mosaico Psicoterapia” www.psychomedia.it seminari AMP, già letto nel 2001 presso il Dipartimento di Scienze Neurologiche dell’Università degli Studi di Roma“La Sapienza”. La documentazione per immagini è disponibile contattando la dr.ssa Anna Maria Meoni al seguente E. mail agupart@hotmail.com o tel. 3495343365 o nel sito www.artserver.it (vedi artista Gupart).

Premessa
Il grande mosaico murale di Gupart dal titolo “Il Faro di Anzio” ha riscosso successi di critica e di pubblico che trovano ragioni, non tanto nella professionalità d’artista del gruppo, per lo più formato da persone senza studi o esperienza nelle arti figurative, ma piuttosto nella capacità di esprimere immagini cosiddette primigenie o forme archetipiche e ciò in accordo con la teoria degli archetipi secondo C.G.Jung. Stimatissimi colleghi mi hanno spesso invitato ad approfondire i possibili collegamenti della realtà clinica, individuale e di gruppo, con l’emersione di quelle forme archetipiche che il mosaico esprime e che chiamo elementi mitopoietici. Non ho dato seguito, nel corso di questi lunghi 10 anni a questi suggerimenti, fino a quando Federica Manieri, laureanda in Psicologia, è riuscita a convincermi.
La complessità fondamentale di questo studio risiede proprio nella prioritaria difficoltà nel separare concettualmente il numero indefinito delle immagini in definiti e differenti archetipi. Ho tentato quindi di descrivere dettagliatamente il processo di pensiero alla base di quest’analisi, tenendo sempre a mente la convinzione originaria che nelle immagini archetipiche, riconoscibili nel mosaico, vi è la manifestazione dell’inconscio, che, in questo caso, ha valenze di gruppo.
La presente relazione è poi frutto del prezioso contributo della discussione che ha fatto seguito alla presentazione durante il seminario e che si propone in calce così come è stata registrata.
Ho infine tentato un’ipotesi conclusiva che può richiamare dalla complessità dei differenti archetipi l’unitarietà dell’inconscio. Tale ipotesi, collegata alla realtà clinica, è certamente uno sforzo concettuale variamente criticabile dal punto di vista gnoseologico. Ciononostante è qui proposto al lettore in spirito di continua ricerca.

Introduzione
Negli anni di attività seminariale (dal 1984 al 2007), diretta dal Prof.R.A. Pisani e alla quale mi onoro di partecipare, i relatori che si sono succeduti hanno variamente trattato i temi, psicologici e psicoanalitici, connessi alla creatività, arte terapia, antropologia, miti e archetipi. Vogliamo qui ricordare i contributi maggiormente attinenti al tema e che sviluppiamo. Nel 1996 Rocco A. Pisani, nella sua introduzione al primo volume dei seminari con la presentazione dal titolo “Il concetto di Mente in Gruppoanalisi” (Pisani), parla della mente gruppale come di un mosaico “ …la “mente è in definitiva l’espressione della matrice di base, rappresentata dal patrimonio biologico e culturale comune del gruppo, una specie di combinazione unica di tessere di mosaico e nello stesso tempo una tessera del mosaico stesso”, così riportando S.H. Foulkes. E' quindi è già questa una metafora dei sassolini che vuole descrivere in modo ermeneutico aspetti psicoanalitici fondanti il gruppo e la matrice di base. E’ possibile che, nell’esperienza che descriviamo, la mente di gruppo abbia materialmente guidato la giustapposizione delle tessere che hanno composto il mosaico “Il Faro di Anzio” di Gupart e che in ognuna di esse, troviamo e ritroviamo, e rispecchia e risuona, ogni componente del Sé individuale e di gruppo e/o della totalità del Self. Non tutti, infatti, sanno che, tecnicamente, un’opera a mosaico acquista il suo maggior pregio dall’effetto riflettente che si crea nella giustapposizione delle tessere, che così acquistano luce dall’una all’altra e danno luce l’una all’altra. Una metafora quindi appropriata, quella della mente di gruppo al mosaico, in generale e a questo mosaico in particolare. Non si deve trascurare quel fattore “mirroring” di reciproca proiezione e introiezione, esternalizzazione e internalizzazione, che nel gruppo avviene e che questo mosaico raffigura. Al mirroring la Gruppoanalisi attribuisce grande importanza nel processo terapeutico e di cambiamento: avrò modo di discutere quali e tanti cambiamenti terapeutici siano accaduti nel mentre questo mosaico si svolgeva e si realizzava.
A questo proposito, e a chiarimento epistemologico, è doveroso rilevare coincidenze e differenze tra la concezione di inconscio sociale in Gruppoanalisi (S.Foulkes) e inconscio collettivo in psicologia analitica (C.G.Jung), così come nelle due tecniche psicoanalitiche l’accezione di Sé o Self. Per C.G.Jung l’inconscio collettivo è lo strato più profondo dell’inconscio individuale: resta individuale anche se partecipa di elementi comuni a tutti gli inconsci individuali, cosiddette impronte o archetipi. Preforma l’Io, perché preesistente. Per S.Foulkes l’inconscio sociale è un prodotto di processo nella matrice: appartiene al gruppo e all’individuo al tempo stesso. Una differenza sottile, anche se fondante, le due epistemologie. Vogliamo qui ricordare come il modello Junghiano dell’inconscio, a confronto con il modello Freudiano dell’inconscio, ha valenze attive e propositive, analoghe alla drammaturgia greca, e che tale aspetto attivo e costruente il Sé è recepito dalla Gruppo analisi attraverso il modello di inconscio sociale. M. Kritikou e V.Menoutis (2001), in un’ampia rassegna sulla mitologia greca, riconoscono, in accordo a P.De Marè e R.A.Pisani, che gli archetipi mitologici dell’inconscio collettivo divengono parte dell’inconscio sociale. Quanto al Sé in Foulkes resta ferma la definizione psicoanalitica, mentre G.Tedeschi afferma che Jung chiama il Sé, non solo archetipo della totalità, ma anche archetipo di Dio, perché il Sé è un'istanza psichica trascendente, che apre un mondo molto misterioso in armonia del quale noi dobbiamo vivere per la nostra salute e che la psicoterapia è un processo archetipico basato sull'archetipo del Sé e della totalità. (il fine della terapia è la realizzazione del Sé e il processo si chiama processo di individuazione). G. Bartalotta introduce, nelle sue riflessioni sulla dialettica dei Clawn (Bartalotta), un’interpretazione meno trascendente, ma altrettanto affascinante, quando si riferisce alla “partecipation mistique” secondo Llevy-Bruhl per chiarire le caratteristiche del pensiero prelogico che stabilisce autentico e profondo coinvolgimento con il mondo. Le rappresentazioni collettive dei primitivi, sono dominate dal concetto di labilità, di fluidità, e hanno alla base quella che Lévy-Bruhl definisce "legge di partecipazione". Secondo tale legge, lo stato mentale dei primitivi sarebbe caratterizzato da un'estrema intensità emozionale che induce ad una costante partecipazione mistica con l'universo. Il primitivo "sente" ciò che lo circonda. I confini tra stato di veglia e stato di sogno, nel mondo primitivo sono estremamente labili o inesistenti. La mentalità primitiva, più che rappresentare l'oggetto, lo vive e n’è posseduta. L. Taborra precisa, riferendosi ad un'altra categoria psicoanalitica quella transferale, che i fattori inconsci della psiche, non sono rappresentabili in concetti ma si percepiscono nel mondo esterno, perché proiettati sulla natura inanimata, così rendendosi riconoscibili: gli archetipi. Da una parte quindi un processo fusionale e dall’altra un processo transferale: due diverse dimensioni per spiegare un valore energetico misterioso, variamente definito mistico, nel senso di misterioso, o trascendente, in ogni modo in significato di metafisico. Vogliamo qui appena accennare alle più recenti osservazioni fisiche sull’esistenza provata di un’energia senza materia.(S.Fanelli) nelle discipline fisiche. S. Marinetti osserva che psicoanalisti e psicoanalisi stessa, come condizione di essere umano, sono trascesi da una verità, verso la quale la mente può solo disporsi, mantenere una posizione di presenza e ricerca. Riporta inoltre che lo stesso Platone scriveva che, se solo per un attimo, l'uomo uscendo dalla caverna delle immagini proiettate fosse messo a contatto con la verità delle cose, e non con le loro ombre, egli non potrebbe sopravvivere. Abbiamo recentemente osservato un’associazione da parte di un osservatore (in arte utilizzatore dell’immagine artistica) all’allegoria della caverna di Platone con riferimento al dettaglio del grande sole, che, disegnato come un girasole, domina il mosaico nel suo centrale. Sull’analisi di questo dettaglio siamo in grado di offrire il procedimento dei disegni in sequenza che allora hanno prodotto l’immagine definitiva a mosaico del grande sole. Descriveremo più approfonditamente l’elemento mitopoietico che appare di poter enucleare nel dettaglio del sole: l’archetipo immaginale e il suo contenuto da così come si è inserito nella frase pittorica.


Fig. n. 1 : mosaico come si presenta al pubblico.

Il linguaggio, attraverso metafore, è una modalità espressiva dell’inconscio, forse l’unica possibile, quale traduzione in termini sensibili di una determinata connessione di idee. Sempre nel 1996 Maria Atonia Ferrante, discute più in generale della metaforicità dell’arte e sulla metafora del corpo disteso che è per l’uomo segno di sonno, morte e malattia, contrapposta al corpo eretto quale segno di distinzione nella posizione verticale, ragione di eccellenza tra gli altri esseri viventi. Al centro di questo pannello a mosaico troviamo un corpo parzialmente disteso, nel quale crediamo di poter riconoscere un simbolo di rinascita, omologabile e simile, in maniera impressionante, all’immagine dell’iconografia cristiana di Giona, protagonista della storia dell’antico testamento. La rivisitazione, nell’iconografia paleocristiana, del Cristo che risorge, è direttamente connessa all’analogia a Giona che si trova precisamente descritta nel Vangelo secondo Matteo(Sacra Bibbia). Discuteremo in particolare gli aspetti fondanti l’elemento mitopoietico che crediamo di riconoscere nella figura disegnata dell’uomo disteso sulla spiaggia nella scena centrale del mosaico.
Sulle capacità ermeneutiche e metaforiche della mente umana, altro innegabile elemento di specificità, distinzione ed eccellenza dell’uomo tra gli altri esseri viventi, si basa essenzialmente la produzione artistica e creativa dell’uomo stesso, la critica d’arte e l’analisi psicologica delle opere d’arte e l’analisi storica interpretativa dei Miti. Nel corso di questi lunghi anni i relatori che si sono succeduti e che hanno trattato l’argomento dal 1991 al 2007(Autori Vari) si sono dimostrati concordi, e così è sintonica la letteratura sull’argomento, sull’equivalenza sociale di miti e metafore ai sogni, quali elementi rivelatori di attività inconscia. Miti e metafore, come i sogni, quindi oggetti suscettibili di interpretazione e pregni di significato da tradurre o evidenziare.
I miti sono l’equivalente dei sogni e della coscienza dell’inconscio sociale, afferma P.De Marè quando descrive la Sociocultura. M. Musacchio conferma che si può equiparare attività inconscia ed attività simbolica in ragione di quelle che sono le strutture portanti del nostro tessuto culturale, ma aggiunge che riferire la fenomenologia psichica individuale a contesti mitici deve essere un’amplificazione analogica. Il contesto mitico può solo offrire spunti di elaborazione, in ragione del precedente storico culturale da tarare e verificare attentamente sul contesto particolare e che prende luce con la tecnica delle associazioni libere. Sostiene ancora M. A. Ferrante che le metafore che resistono al tempo sono, ad esempio, le grandi metafore religiose, le metafore ontologiche che riguardano l'Essere, sono tutte metafore che rinviano agli archetipi, e aggiunge che le grandi figure archetipiche sono esse stesse metafore fondamentali utilizzabili ai fini terapeutici, così come, attraverso l’analisi di ogni attività di libera creatività, è anche possibile, non solo entrare nel mondo del paziente, ma anche abituarlo, dopo, all’uso della parola. Vogliamo qui precisare che l’esperienza terapeutica condotta attraverso la realizzazione di questo mosaico non ha adottato le classiche metodiche di stimolare una consapevolezza verbale sui contenuti emersi dalle immagini, né individuale né di gruppo. Ciononostante ciò che abbiamo osservato al tavolo di lavoro, è stata in ogni modo un’intensa fluttuante libera e spontanea attività dialogica: un chiacchierio di tutto di più là dove si alternavano contenuti profondi a elementi più superficiali. Anche in questo caso, a differenza di un setting di gruppo, i contenuti verbali non sono stati oggetto di interpretazione o di particolare stimolazione. F. Sacco, dagli studi delle immagini preistoriche, è convinto che il gruppo ha un pensiero che forma i miti e che le figurazioni animaliste, umane e composite, danno la forma a temi mitici che differiscono in significazione da una cultura ad un'altra. Il mito quindi è una forma di conoscenza nel gruppo che ha bisogno d'essere trasmessa. Formula così l'ipotesi che l'arte delle caverne ornate, è arte di sostituzione, di travestimento nella costituzione di una figurazione che maschera ed espone l'ambivalenza dei sentimenti per costruire recite mitiche. Che il salto nell’oscurità della grotta, lontano dal modello e prossimo alla finzione, lontano dai rumori ma più vicino a sé, fa apparire le deformazioni figurative che sono necessarie per poter pensare. Che le pareti delle grotte ornate possono essere pensate come riserve inesauribili d'un sapere mitico, fondo arcaico individuale e di gruppo, necessario per costituire la propria realtà attraverso la realizzazione di un oggetto psichico. La critica d’arte in ciò concorda quando esamina l’arte parietale del Paleolitico Superiore riconoscendo al supposto preistorico artista processi d’astrazione che riconducono agli elementi fondanti quelli che, storicamente, diventeranno i nuclei mitologici dei riti (Brunori). L. Taborra concorda che l’uomo, quando vede le qualità e le caratteristiche umane come se appartenessero agli oggetti inanimati, queste non sono immaginazioni arbitrarie casuali, ma immagini riflesse delle sue qualità inconsce, così come quando considera ingenuamente i fenomeni naturali, personificandoli, come nei miti, nelle favole o nel linguaggio poetico dell’arte, egli interpreta la natura secondo la propria natura: così proiettando il suo inconscio sul mondo esterno. G.Albani rileva che, con l'introduzione dei modelli archetipi, Jung mostra di preferire, per definire la psiche, un modello immaginale rispetto a quello concettuale di Freud. L’inconscio collettivo è uno strato più profondo dove è depositato il patrimonio psicologico d’esperienza che, per millenni, l'umanità ha vissuto nel corso della sua filogenesi. Le tematiche che compongono l’inconscio collettivo, si chiamano archetipi e hanno una potenzialità di senso che solo intuitivamente può essere colta. Il loro linguaggio è costituito da simboli arcaici mitologici, con i quali, per millenni, la psiche filogenetica prelogica e a temporale si è rappresentata. La loro presenza, nelle libere espressioni normali e patologiche, senza che siano state mai acquisite culturalmente, sono la testimonianza che non tutto è riducibile alle capacità fisiche sensoriali. Più volte, nel corso della realizzazione dei diversi mosaici che sono firmati con acronimo “Gupart”, che sta per Arte in Gruppo, abbiamo avuto conferma di ciò.
Appare quindi in conclusione giustificata un’interpretazione psicologica analitica ed ermeneutica dei simboli presenti in questo mosaico per coglierne il senso, così individuando gli archetipi fondamentali che emergono. Non c’è, infatti, altra scelta, per uno studio che, allo stato delle attuali conoscenze, voglia riconoscere e interpretare, gli elementi psicologici rappresentati nell’immagine che qui si presenta del “Il Faro di Anzio”: leggere, nel suo complesso, la frase pittorica e la storia-metafora del gruppo, attraverso gli elementi mitopoietici riconducibili all’inconscio collettivo e all’archetipo secondo C.G.Jung. Analogo processo è descritto da R.A.Pisani in una diversa situazione, più specificatamente terapeutica del gruppo intermedio, la dove sono documentate e interpretate simboli e metafore “parlate” nell’attività dialogica di gruppo con specifico riferimento agli archetipi riconoscibili (Pisani). Occorre qui precisare epistemologicamente che, quando si parla di metafore in psicologia, si tende a distinguere tra “metafora concettuale” e “ metafora inconscia”, ciò con riferimento alle teorie e modelli dei processi mentali che possono riguardare i processi metaforici da Freud a Matteblanco. Pisani propone, in conformità a ben documentate risultanze del gruppo intermedio, un’interpretazione dell’angoscia di castrazione e dell’invidia del pene risalente ad un’angoscia di separazione, collegata per il tramite dei grandi archetipi, all’aspetto negativo della Grande Madre e del Padre quando assente o distruttivo. L’attività dialogica del gruppo intermedio rappresenta in questi casi una metafora concettuale nella quale irrompono metafore inconscie. Il legante, non è la rassomiglianza tra due cose, come osserva Matte Blanco, ma una rassomiglianza di relazione tra due cose.
L’analisi che qui proponiamo è al tempo stesso metafora concettuale e metafora inconscia: tratteremo, infatti, la metafora della balena concettualmente e antropologicamente, mettendola in relazione alla metafora inconscia della persona che ha disegnato la balena chiamandola mamma e riferiremo come alla balena si è collegata la figura distesa sulla spiaggia, che chiameremo Giona. Oltre l’evidenza iconografica del tema del viaggio, nel profondo (inferi o ventre del gran pesce) dal quale si risorge (metafora del Cristo) e oltre il gran mito dell’Eroe, appare di poter proporre che la metafora narrata dalla frase pittorica complessiva di questo gruppo sia l’espressione dell’archetipo del Sé e della totalità all’interno del quale si realizza un’armonia d’opposti, ivi compresi i temi dei due viaggi mitologici:quello negli inferi non privo di rischi e quello successivo in superficie cosiddetto di ritorno(Guenon). La frase pittorica complessiva ricca di simboli iniziatici pare narrare una iniziazione avvenuta senza diniego dell’ombra, così in concordanza con il pensiero di C.G. Jung. Questo c’è sembrato di poter leggere nella completezza e nell’interazione di tutti i simboli rappresentati nessuno escluso: la casa faro, il lampione, il volto di profilo, la casetta, le palme, le onde, il pattino e l’omino che rema, la coppia che suona la chitarra, l’elicottero e, ma non per ultimo, il sole girasole dal grande occhio. A questo arriviamo attraverso riconosciuti legami tra immagine ed associazioni di chi ha prodotto l’opera e associazioni di chi dell’opera fruisce guardandola. Il problema epistemologico pur tuttavia non è di poco rilievo, perché entriamo in una contraddizione insanabile se sviluppiamo uno studio logico e al tempo stesso postuliamo che l’oggetto del nostro studio non risponde alle regole della logica. Potrebbero su questo essere di grande aiuto studi neurobiologici e neurocognitivi che potessero fornire evidenza di un “ragionamento metaforico” insito nella formazione del pensiero con categorie che esulano dal linguaggio, ma che sono piuttosto nessi di configurazioni emozionalmente marcati. Queste evidenze scientifiche, peraltro suggerite in psicoanalisi da Bion e in Psicologia analitica da Jung, al momento non sono disponibili. Un gran problema questo sollevato dalla Psicoanalisi alla sua origine. Con atteggiamento positivista S.Freud confidava che le sue osservazioni/intuizioni potessero avere in un futuro un riscontro biologico. N. Zurak ed E.Klain, in un memorabile seminario, discutono in modo approfondito la scoperta biologica della programmazione della cellula verso la sua morte con riferimento al postulato dell’istinto di morte che fa capo alla psicoanalisi con Freud.(Zurak-Klain) Il metodo intuitivo è ampliato nella storia della Psicoanalisi da C.G.Jung a W.Bion, nel tentativo costante di scoprire e descrivere i fenomeni dei processi endopsichici poco leggibili con la logica. Vogliamo qui ricordare come la metafora non ha alcun ruolo formale nel modello di struttura tripartita della mente che fa capo a Freud, anche se R.Jacobson prima e, poi J.Lacan, non hanno esitato a considerare i meccanismi descritti da S.Freud, metonimia e condensazione, come metafora. Cercare di comprendere un processo mentale che non risponde alle regole della logica, sposta verso metodi e modelli intuitivi nel labirinto dei quali è sempre possibile perdersi. Importanti margini d’errore e facili misconoscimenti sono la regola e ne daremo qualche esempio, principalmente attraverso il dettaglio della civetta.
Ermeneutica e metafora in questo contesto giocano un ruolo fondamentale. Dall’antropologia cercheremo aiuti interpretativi delle rappresentazioni degli archetipi nei miti. Dalla psicoanalisi cercheremo aiuti interpretativi per connettere con gran cautela immagine e vissuti attraverso le abituali tecniche psicoanalitiche: individuali e di gruppo. La relazione tra terapeuta e analizzando e/od osservatore e immagine, avviene principalmente attraverso la via maestra dell’analisi delle proiezioni in una situazione di transfert, che, nel caso presentato di questa opera a mosaico, è un trasfert multiplo e multidimensionale essendo l’autore un gruppo.
P. De Marè c’incoraggiò a suo tempo osservando( * )

“ Così è che il mondo privato e profondo dei pazienti è dispiegato in pubblico forum a tutti aperto ! ”

* Two days later we landed up in Aprilia on the outskirts of Rome where in 1989 Anna Maria had launched the service day centre of Mental Health department of the local general hospital which serves some 3000 psychiatric outpatients. There are no hostels or in-patients and most of the patients are with relations. About 50 clients attend daily or individual or group therapy. Once a month some 150 staff and patients meet together in a large group, there are also monthly staffs meeting of 25 members which Anna Maria convenes and which the ‘chief’ from the hospital attend and is obligatory. There are also family groups, a gestalt group, art groups, several art therapists and about 70 clients. There are 12 nurses who mainly work in the community, supervising medication and general support. There is also a weekly ambulance service and the inevitably overworked secretary who knows more about the overview than anyone else. The overall atmosphere was extremely lively and informal (what I saw of it). One of the most striking balances of this Day Centre is a Mosaic Laboratory which is organised by two art therapists which is operating a group project of some 10 clients, meeting twice weekly. One of their recent creations has been a very large marble mosaic on the wails of the local park - one panel is now completed and is a very impressive public decoration and there will be twelve panels altogether - measuring 12 feet high and thirty fees wide each. The private inner world of the clients is therefore being displayed in an open public forum! (Group analitic-contexts February 1998 Issue No: 12)

Descrizione
Qui di seguito procediamo all’analisi dei dettagli e della frase pittorica sotto il profilo delle immagini mito poietiche che si possono rilevare alla ricerca dell’individuazione dell’archetipo dominante con la metodologia della correlazione tra iconologia e iconografia e tra simbolo e archetipo; correlazione tra amplificazione evidente in disegni preparatori e fotografie, storia clinica e contesto, associazioni e commenti: cercando di definire messaggio e metafora e simbolo e archetipo di questa opera così come appare. Il dettaglio del Sole: al centro in alto è rappresentato un sole. L’iconografia del sole è un’iconografia iniziativa che riferisce le proprietà del sole connesse al suo sorgere e tramontare come capacità di entrare dentro la terra e di uscire ciclicamente. Un simbolo di trasformazione. Di contro e limitatamente all’aspetto giornaliero del sole in similitudine con la luce, sempre in età antica, l’iconografia del sole si riferisce anche alla capacità di differenziare e distinguere, connesse a simboli di conoscenza e consapevolezza della verità. Per questa ragione, in psicologia analitica il sole è considerato rappresentazione archetipica del Logos o del Padre, giacché luce. Sempre in psicologia analitica l’immagine del sole in questo contesto simbolico è senza raggi : a cerchi concentrici. Così appare di potersi rilevare nelle immagini primordiali costituenti archetipi arcaici come il cerchio e il mandala o archetipo della totalità e della perfezione. L’amplificazione dell’immagine del sole nel mosaico di cui trattiamo ha a disposizione il ciclo di disegni che ha portato alla attuale configurazione nel pannello. I disegni preparatori testimoniano il progressivo evolversi di una pseudo Tag (tipica dei writers), in se conclusa, verso una rappresentazione di un fiore che si apre nei petali fino ad essere sempre più un girasole. Il girasole, privato del gambo, è dalla dinamica di gruppo, relativa alla composizione del bozzetto, scelto per il sole e orientato verso il profilo che domina la scena del quadro. La storia clinica della persona che ha disegnato i girasoli presenta un disadattamento sociale e in concreto una breve frequentazione a bande d’outsiders, la cui pseudo tag, all’origine del girasole, rappresenta una sorta d’identità di gruppo contrapposta all’identificazione familiare. La persona è giunta all’osservazione psichiatrica per una crisi dissociativa, susseguente all’assunzione occasionale di sostanze, circa quattro anni prima di questo mosaico. L’evoluzione clinica e psicopatologica ha formato un inquadramento diagnostico di personalità borderline. La documentazione fotografica depone per una sostanziale serenità applicativa al lavoro di gruppo della persona, le cui caratteristiche istantanee dell’atteggiamento e dell’espressione non lascerebbero mai immaginare patologia psichiatrica. All’anamnesi del processo riabilitativo attraverso il mosaico, vi è da segnalare, per questa persona, durante la realizzazione di un precedente mosaico, una iniziale profonda espressione conflittuale con caratteri depressivi caratterizzata da un lungo, silenzioso e irrefrenabile, pianto. Il pianto si è concluso con la frase “ è bello essere insieme”. Dal brogliaccio abbiamo ripetuti commenti di questa persona volti a sottolineare come il gruppo aveva dimenticato di mettere la luce dentro il Faro e che sarebbe stato opportuno realizzare, accanto a questo mosaico, un altro mosaico con una scena notturna di Faro. Abbiamo molte associazioni da parte degli utilizzatori, sempre molto attratti dal centrale del sole, e che sono le seguenti. Un membro del gruppo, in situazione e stato d’animo non attinente ai compiti di lavoro, durante una visita ad un Museo, osservando un quadro ha ricordato il sole del mosaico e la sua progressiva elaborazione. L’associazione con la ragazza dipinta nel quadro osservato in atteggiamento di chi porta e sembra offrire un mazzo di girasoli, insieme al pensiero che il girasole è un fiore che segue il sole, suggerisce che, dal messaggio chiuso dell’iniziale tag, si sviluppa, nel gruppo terapeutico del mosaico, un fiore dalle caratteristiche espanse e protese un simbolo di capacità di entrare in relazione, così come il girasole segue il sole. L’associazione, che è amplificazione, trova conforto nel fatto che la prima iniziale e unica crisi della ragazza, che ha disegnato in progressione tag e fiori e girasoli, è avvenuta proprio al tavolo del precedente mosaico che in ogni caso rappresentava un fiore (Gup Art). L’amplificazione è indicativa di un’apertura relazionale che passa per la sperimentata capacità del gruppo di sopportare e prestare attenzione alla depressione di uno dei suoi membri: non a caso, il precedente mosaico vide quel lungo pianto ascoltato in silenzio dagli altri membri del gruppo, per potersi poi concludere con la frase “che bello è essere insieme”. Le caratteristiche del riconoscimento di quest’elemento mitopoietico avviene attraverso un’associazione controtransferale e l’intuizione ermeneutica è stata confortata dalla persona in oggetto che ha accolto l’immagine del quadro, quando le è stata mostrata, con tranquilla conferma di riconoscimento di sé nella immagine presentata di una giovane donna che tiene e offre un mazzo di girasoli. In altra situazione un osservatore psicologo e un osservatore psichiatra, chiamati espressamente ad esprimere le loro osservazioni, hanno immediatamente comunicato che erano attratti dai raggi tentacolari di quest’enorme e sovrastante sole. Dalla loro memoria intellettuale sono emersi, per associazione, da una parte (psichiatra) gli aspetti mitologici, mostruosi tentacolari dell’Idra della seconda delle dodici fatiche di Eracle, e, dall’altra (psicologo), aspetti speciali della mitologia egizia : i raggi a manine del dio sole nella raffigurazione del faraone Akhenaton, che offre un dono votivo all’unico Dio, simboleggiato dal sole. Queste due dotte associazioni rimandano a due diversi archetipi: da una parte all’Eroe che sconfigge il mostro tentacolare della grande madre terrifica (nel mosaico sole attivo e sovrastante) e dall’altra alla trascendenza aiutata dal culto (sole luce che illumina), là dove il viaggio nel regno dei morti si conclude con successo congiungendosi con il dio sole. Questo specifico della mitologia egizia storicamente incomincia a collocarsi, seppur transitoriamente, verso quel monoteismo che tende a privilegiare il Logos. Due associazioni quindi diverse tra archetipo della Grande Madre e archetipo del Padre. La benevolenza del sole, che è pronto ad accogliere l’anima rinata con i suoi raggi a manine, nel mosaico così leggendo la complessa articolazione dei raggi, lascerebbe, secondo questa amplificazione, in secondo piano l’aspetto terrifico dei raggi del sole nel mosaico che appartiene alla precedente amplificazione relativa al mostro dell’Idra. Ancora un giovane studente intuisce nel centrale del sole del mosaico come un vento, contributo di Junghiana memoria (vedi dibattito intervento di Mario Fiore). Infine altra studentessa(vedi tesi di Federica Manieri), chiamata ad elaborare un’interpretazione ed invitata ad abbandonare il logos per lasciare emergere, come semplice utilizzatore, la partecipazione emotiva, si vede emergere l’allegoria di Platone: la dove la luce appartiene alla verità, che è, per definizione, trascendente e quindi non sensibile, ma solo intuibile dall’uomo attraverso le ombre dentro la caverna. Riteniamo che la scelta per il sole di un fiore, che, nel suo ciclo vitale, segue sempre il sole nel ciclo, dal sorgere al tramontare, verosimilmente adegua la metafora del mosaico soprattutto al sole iniziatico, dagli inferi al divino, nei viaggi di trasformazione. Si noti come il mosaico, nella realizzazione, non ha trascurato l’ombra stessa che il sole paradossalmente conserva dei suoi stessi raggi. Per queste ragioni meno documentabili ci appare la presenza dell’archetipo della Madre/Padre o Eroe/Nemico nella specifica situazione dell’hinc et nunch, che retrospettivamente cerchiamo di individuare attraverso l’analisi del mosaico. Dall’interpretazione ermeneutica dell’iconologia rappresentata nel dettaglio, attraverso l’amplificazione individuale dell’autore del disegno e dei processi multitransferali del gruppo di lavoro, e attraverso la critica del gruppo sociale allargato rappresentato dagli utilizzatori, appare di poter intuire l’elemento mitopoietico di un processo di trasformazione e l’emergenza dell’Archetipo della Totalità del Self.
Vedremo qui di seguito come la medesima interpretazione appare consonante in tutti i dettagli, non per ultimo lo stesso faro.
Il dettaglio del Faro. A destra, quasi a tutto campo, è rappresentata una costruzione che dà il titolo al mosaico: un faro. La costruzione è a torre, così come ad un faro si conviene e ha caratteristiche di casa per gli evidenti accessori nella base, dalla tenda al lampione e le antenne sul tetto. Un faro dunque abitato. Sappiamo dalla storia dei fari, che peraltro risale al mondo greco antico e romano, che la loro abitazione discende dalla necessità di garantire l’alimentazione perenne della luce che il faro emana. L’iconografia e l’iconologia della rappresentazione del faro creano qualche problema oltre l’immediatezza della metafora concettuale che richiama conforto e aiuto e indicazione della strada al navigante: un avviso in buona sostanza. L’iconografia più antica pone il faro in relazione al viaggio dei morti. Non è in questo caso abitato perché contiene una luce trascendente omologabile al dio sole che si raggiunge, secondo la mitologia egiziana con quel viaggio di cui il libro dei morti è sostanziale guida. Non è quindi facile per questo dettaglio né individuare il simbolo in senso iconografico, né quello della metafora inconscia che eventualmente sottende. Tutte le torri, in accordo alla trascendenza dei simboli, secondo la psicologia analitica presentano la qualità sia di vedere lontano, così come di essere visti da lontano. L’amplificazione dell’immagine ha a disposizione una serie di disegni rappresentanti case, assai più semplici invero con tetto a capanna, una delle quali resta visibile nel panorama della scena del mosaico. La copia dal vero di questa costruzione del "Il Faro di Anzio", realizzata nella sede del reale monumento, ha sorpreso non poco per la sua complessità di elaborazione, nonostante il tratto leggero, sinuoso e delicato, ma non tremolante. Nella dinamica interattiva della composizione del bozzetto, l’immagine del faro, non solo ha dato il titolo nel finale, ma è anche stato il primo disegno ad essere scelto in apparente funzione della sua “bellezza” a detta di tutti i membri del gruppo. La persona che ha disegnato il faro è profugo dal continente Africa. La sua storia clinica presenta una sindrome postraumatica. Sofferente da oltre 30 anni al momento della realizzazione del mosaico presenta una psicopatologia stabilizzata sulla dipendenza dalle cosiddette droghe lecite, importante tabagismo e alcoolismo, in contestuale apparente assenza di qualsivoglia emozione o sentimento. Atteggiamento sempre uguale e mimica fissa : una docilità disarmante, perché completamente priva di iniziativa. Invitato a disegnare ha, con gran fatica, prodotto piccolissime case e poi all’aperto la complessa costruzione del faro. Farà poi anche qualche sole a caratteristiche di mandala a cerchi concentrici: iconografia che è stata successivamente scelta dal gruppo per altro mosaico, ma non per questo. Al miglioramento espressivo figurativo corrisponde, documentata dalle istantanee, progressiva iniziativa e scambi relazionali prevalentemente di coppia. La mimica si arricchisce d’ammiccamenti, sorrisi e cenni o accenni comunicativi. La parola non ha avuto grande sviluppo se non in un unico caso, quando ha descritto le sofferenze patite in campo profughi. Una psicopatologia del sentimento d’identità (Baiguera N.), che nel caso in questione è complicata da una dimensione transgenerazionale (Del Guerra R.), che non si può ignorare a tener conto che la persona è figlio di un uomo italiano e di una donna africana. Al momento di lasciare l’Africa, quando aveva 20anni, ha seguito la madre in Italia, che entrambi non conoscevano, mentre il padre non è mai più rientrato in Italia per ragioni non note, ma che a tutti sembravano volontarie. Un contesto grave di lutto e di abbandono con gravi problemi di identità che sembrano evolversi verso una ricostruzione attraverso le identificazioni in gruppo e la costruzione di queste case, compreso il faro casa. Non abbiamo commenti o associazioni da parte degli utilizzatori oltre la metafora concettuale. Gli utilizzatori impegnati in attività sociali, hanno ritenuto, con atteggiamento benevolo e caritatevole, che il dettaglio del faro è stato espressione di un bisogno di essere guidati ed aiutati. Tradisce a loro parere insicurezza e fragilità, così come esprime bisogno di aiuto. Sappiamo anche che ha sorpreso la scelta di un monumento di un'altra città per decorare la propria fino al punto di creare qualche imbarazzo al Sindaco di Aprilia nella cerimonia di discoperta del mosaico . D’altra parte occorre considerare che in prossimità della città dove è stato realizzato il mosaico è il lido di Lavinio, dove il poema di Virgilio narra che Enea sia approdato per poi fondare Roma e che la cultura fondante la città di Aprilia è una cultura di migrazione, con tutti i problemi che questo comporta. Pensiamo che la via maestra, ermeneutica ed interpretativa, per la metafora inconscia di questo dettaglio sia da ricercare nel paziente che ha disegnato il faro, quale simbolo della ritrovata identità attraverso validi processi d’identificazione dopo tanti anni di difficile processo migratorio. Così come la scelta del disegno del faro e la sua dominante e tranquilla emergenza nella frase pittorica ricorda la condivisione del gruppo di una comune esperienza transgenerazionale di migrazione e di ricerca d’identità. Scegliamo quindi la proiezione del gruppo sociale (Sindaco) piuttosto che la proiezione degli addetti ai lavori(operatori sociali) nel contesto della relazione e reazione dell’utilizzatore dell’opera d’arte come indicazione ermeneutica. Tutti i membri del gruppo sono prevalentemente soggetti migranti, per storia generazionale o per nuova residenza o per occasione di lavoro. L’iconografia del dettaglio e la sua amplificazione riportano agli aspetti rifondanti dell’archetipo del Self, che appartiene più alla continuazione del viaggio, dopo la discesa negli inferi, e più precisamente dall’approdo d’Enea. Questo aspetto diventa molto evidente quando si legge il mosaico invertito, così come si presentava nel bozzetto e nella realizzazione sul tavolo, prima del processo di cementificazione che, per l’adozione della tecnica indiretta, inverte la frase pittorica così come al pubblico si presenta poi definitivamente.


Fig. n. 2: mosaico come si presentava prima della cementificazione.

Nella precedente formulazione, che risulta invertita rispetto a come si presenta al pubblico, la metafora del viaggio si svolge da sinistra a destra: si lascia alle spalle proprio il faro, illuminato, più che illuminante, dalla luce del lampione e dai riflessi del sole. Questo era nella fase progettuale mentre nella formulazione reale di presentazione al pubblico per effetto della tecnica di realizzazione che lo ribalta la metafora del viaggio appare andare verso un approdo guidato dal faro.
Il dettaglio delle Palme e dei Musici. Sullo sfondo, il paesaggio è umanizzato dal dettaglio di una piccola casa con tetto a capanna chiusa da staccionata, a destra e sinistra della quale sono due palme che nel medesimo contesto si vanno a collocare a destra e a sinistra dei raggi del grande sole. Piccola casa e grande sole in modo naivees incorniciati entrambi da due alberi di palma. Non è questa la sede per discutere l’ampia letteratura sull’iconologia e iconografia della palma. La sua presenza è una costante dalle steli funerarie d’epoca greca a tutta l’arte paleocristiana e bizantina. Nello stesso tempo l’utilizzazione della figura dell’albero nei Test proiettivi propone un’analisi della configurazione dell’albero disegnato nel contesto del quale la palma indica un atteggiamento chiuso e introspettivo. Qui c’interessa evidenziare come la palma a sinistra della casa presenta un tronco esile e una chioma mossa dal vento e una collocazione all’interno della staccionata, mentre la palma a destra della casa presenti un tronco possente una chioma aperta e l’evidenziazione dell’apparato radicale. Quasi due diversi stati emozionali apparentemente in funzione dell’illuminazione del grande sole quasi a significare un passaggio di stato. Avanti alla palma illuminata a pieno dal sole la coppia di musicanti. Una scena complessa che è frase pittorica di dettaglio nella più grande evidenza della frase pittorica generale. Cercheremo quindi di comprenderne il senso dai dati d’amplificazione disponibili dal disegno al contesto, dalla storia clinica e dai commenti. Quanto al disegno, le due palme appartengono essenzialmente ad un originario disegno, vagamente esotico, che rappresentava un messicano, forse circondato di frutti che aveva raccolto, disegnato da uno dei pazienti con tradizione e operatività contadina. La casa con la staccionata appartiene ad una serie di disegni di piccole case a capanna realizzate un po’ diffusamente, ma prevalentemente dalla persona che poi ha disegnato la casa faro. La coppia appartiene, disegnata direttamente sul cartone, alla persona alla quale è attribuito il sole girasole e la figura distesa, la stessa persona che nel disegno scrive sulla maglietta “crazy mind”. Diversa clinica, diversa patologia e diverso contesto sociale e relazionale che in questo complesso dettaglio si movimentano e si fondono e si integrano in un passaggio di stato. Da un esperienza coartata successiva ad una migrazione da regione africana a regione mediterranea nella storia clinica di chi ha disegnato casa e staccionata, alla produzione fantastica di una palma rigogliosa dalla produzione di molti frutti esotici di chi al massimo si è allontanato da casa per pochi chilometri e si rappresenta come quel messicano che prende posto ai remi del pattino, da un viaggio solipsichico allucinogeno di crisi da dove si ritorna, ascoltando e suonando, la musica di una chitarra che appartiene a chi ha disegnato le figure sulla spiaggia e il sole girasole. Associazioni e commenti dei quali disponiamo sono relativi unicamente agli utilizzatori che hanno associato alla apparente incongruenza dei palmizi esotici la Gerusalemme Celeste, che evoca paradiso e resurrezione. Alla coppia che suona è stata associata la celebre coppia di Orfeo e Euridice, la cui tragica storia contiene un’ipotesi di speranza nella capacità di domare gli istinti per effetto dell’arte (Kerènaji C.). Al di là dell’evidente richiamo mitologico al viaggio e agli argonauti, che ritorna nella complessità di questa metafora di dettaglio, sorprende e un po’ confonde il condensato intreccio di nuclei mitopoietici in questo dettaglio nel paesaggio centrale, molto di sfondo e poco apparente. La principale chiave metaforica probabilmente è da cercare proprio nelle palme e nella loro posizione simmetrica rispetto sia alla casetta come al sole. In tale posizione sono state collocate durante la realizzazione del bozzetto da un disegno originario, che è stato prima smembrato scegliendo solo le palme, per essere poi come ricomposto introducendo il messicano alla guida del natante (omino che rema sul pattino in primo piano). Questa chiave metaforica ha inoltre un doppio significato secondo come si presenta e si può leggere: se da sinistra verso destra così come appare nel mosaico finale o da destra verso sinistra così come il bozzetto era prima del ribaltamento per effetto della tecnica indiretta applicata nella realizzazione del mosaico(fig. 1 e fig. 2). Nel primo caso il tragico viaggio appartiene al passato e il futuro è dominato dalla palma rigogliosa dal sole illuminata che si lascia alle spalle una casetta coartata e un Giona appena naufragato per dare risalto ad un Orfeo che ha ritrovato l’amata Euridice(fig. 1). Nel secondo caso(fig. 2), come da bozzetto, sembra proprio che Orfeo stia per perdere Euridice appena ritrovata e inconsapevolmente si avvia al tragico finale di una casa coartata e una palma ripiegata dalla chioma agitata dal vento. La scelta tecnica adottata per la realizzazione del mosaico, che certamente crea molteplici problemi interpretativi, in questo caso fornisce elementi rivelatori sul conflitto intrapsichico di fondo che universalmente appartiene a tutti i pazienti, come a tutti gli utilizzatori. La sottofrase pittorica, infatti, che si può coerentemente leggere in duplice e opposto senso, racconta di quanto sia difficile e pericoloso il viaggio di trasformazione e di come l’iniziazione non possa in ogni modo eludere la perdita. Di come si perde la dolce balena e le fantasie esotiche a favore di una relazione o di come si perde la relazione a favore della regressione. Curiosamente passa per un elemento tecnico non meditato, quello del ribaltamento nella realizzazione del mosaico, il significato più profondo del cambiamento di stato al quale i pazienti sono andati incontro nei processi di integrazione tra passato e futuro della esperienza artistica gruppo analitica. Nella soluzione finale, così come al pubblico appare(fig. 1), resta un impatto di gerarchia di simboli di grande e profonda muta eloquenza: in primo piano (sole balena) nello sfondo (coppia casetta palme).
Il dettaglio del Pattino. A sinistra in basso è rappresentata un’imbarcazione a remi detta moscone, più comunemente noto come pattino, in navigazione sotto costa davanti a figurazione di terra che ricordano grotte marine. Sul natante siede un navigante dal copricapo esotico. E’ forse questo il più complicato dettaglio da leggere in senso iconologico e iconografico. L’imbarcazione è, infatti, disarmante per la sua semplicità che, in linguaggio più che naivees, evidenzia una poppa molto stabile e una decisa prua a mò di tenaglia.


Fig. n. 4 :dettaglio del pattino

La tensione dell’azione è testimoniata dal navigante che rema, il cui braccio è tutt'uno con il remo di destra, mentre il remo di sinistra è fuso con un immaginario timone. Una assai improbabile navigazione dove la vista è impedita dalle falde del copricapo esotico e la bussola è immaginaria in un remo che è al tempo stesso timone lasciato a se stesso in un contrastante senso di sicuro galleggiamento e decisa direzione. Tra la nave e la zattera dunque questa improbabile imbarcazione che, comunque viaggia sotto costa, appare suggerire il viaggio di superficie e di ritorno anziché il viaggio verso il profondo degli inferi. Il nostro piccolo messicano appare come un’Enea che cerca un approdo, un Giona che riprende il suo viaggio, un Pinocchio che comincia la sua vera vita da bambino anziché da burattino. Tuttavia non va verso il faro,ma verso una meta apparentemente ignota non compresa dalla scena sullo sfondo di grotte che potrebbero suggerire le colonne d’Ercole e il mito dell’Eroe, il controverso Eracle, che sconta la sua pazzia attraverso le dodici fatiche. Quanto alle informazioni che attingiamo dall’amplificazione attraverso disegni e brogliaccio e storia clinica esse sono molteplici e di diverso segno. I disegni d’imbarcazioni sono stati molti, tutti dal vero durante un’escursione ad Anzio: unica eccezione un moto scouter, che è stata l’unica imbarcazione fantasticata in quel momento. Dal brogliaccio sappiamo che si è a lungo discusso sulla realizzazione delle pale dei remi per renderle realistiche nel contatto con le onde del mare finendo con lo scegliere l’oro pazzo (marcassite-pirite) per ottenere l’effetto del luccichio. (Meoni 1998) La storia clinica di chi ha disegnato il pattino è una storia senza sorprese anamnestiche, terapeutiche e prognostiche di sindrome dissociativa che evolve in un quadro sindromico di schizofrenia, con qualche superimposto abuso alcolico occasionale. In certo qual senso alla schizofrenia appartiene l’imbarcazione ma non chi la rema. Un curioso sincretismo se si pensa che chi ha disegnato l’omino messicano è anche chi ha variamente disegnato veicoli a motore siano essi da lavoro come il cosiddetto apetto o il moto scouter d’acqua, la cui storia clinica è di psicosi d’innesto in insufficienza mentale di grado medio lieve. Su questo dettaglio associazioni e commenti degli utilizzatori non sono molti, quando presenti sono univoci nella perplessità di una navigazione che non va verso il faro, ma che condivide la stessa direzione della balena che appare come seguire o inseguire l’imbarcazione. Segno questo ultimo che vi può essere attinenza al viaggio di superficie o ritorno che è appena cominciato verso una direzione ancora non nota e un approdo lontano dall’essere presente. Un dettaglio che resta un enigma sul piano della metafora e simbolo. Richiama l’archetipo dell’Eroe, anche se è un eroe come bendato: determinato e fragile allo stesso tempo. Vi è da dire che in una così ricca complessità della scena generale, non necessariamente tutto possa o debba essere appieno compreso e riteniamo che la meta invisibile verso la quale è diretta l’imbarcazione lascia aperto il senso dell’ignoto che sempre esiste, espresso con un linguaggio figurativo che si fa più poetico che poietico.
Il dettaglio del Pesce e dell’Elicottero. Al centro in basso è rappresentata una grande balena dal volto quasi umano , in atteggiamento e figurazione quale delfino. In alto a destra un elicottero rosso con un’ancora per stemma. L’iconografia del pesce è un’iconografia cristiana classica e rappresenta abitualmente il Cristo Redentore e collega le metafore di trasformazione che si ripetono ciclicamente in miti e favole attraverso il viaggio nel profondo( ventre di un pesce-antro o caverna-centro della terra). Il viaggio, per solito è un viaggio rappresentato attraverso le acque, ma può essere anche sopra le acque. Un viaggio sopra le acque, di mitico senso può considerarsi nel dettaglio dell’elicottero, che porta il simbolo marino dell’ancora delle navi : idea immagine della nave volante di mitica memoria. Vogliamo qui ricordare gli Argonauti perché sono una spedizione: un viaggio in gruppo e la storia di Giona e la gran parabola del Cristo e la favola di Pinocchio in un contesto più individuale. L’amplificazione ha a disposizione entrambi i disegni , elicottero e balena, tracciati sullo stesso foglio d’impulso,dalla stessa persona. Vi è quindi un legame iconografico soggettivo d’entrambi i dettagli che hanno trovato posto nella scena o frase pittorica del mosaico, seppur in tempi diversi. Nella interazione di gruppo che porta alla elaborazione del bozzetto prima la balena prende il posto centrale e si lega alla figura nuda distesa sulla spiaggia, successivamente l’elicottero, che viene scelto per ultimo, per una espressa logica progettuale. Il gruppo, infatti, accoglie l’elicottero perché lega il mosaico all’ambiente dove andrà a collocarsi: esiste invero un elicottero dei pompieri a margine del parco. Dal brogliaccio sappiamo che di fronte al proprio duplice disegno la persona ha commentato che la balena era la mamma e che, in relazione alle attività di realizzazione del bozzetto in gruppo, ha comunque condiviso l’idea di inserire anche l’elicottero. La persona alla quale appartengono i disegni, al momento dell’inserimento a questo tavolo di mosaico. era in trattamento da più di 20 anni per sospetti disturbi dello spettro autistico, già segnalati in ambiente neuropsichiatrico infantile. Successivamente in età adolescenziale una grave eclatante crisi ha portato alla formulazione di diagnosi di schizofrenia catatonica in ambiente ospedaliero. L’anamnesi riporta un non meglio specificabile trauma da parto. Al momento dell’assunzione in carico al servizio neuropsichiatrico adulti (CSM) il quadro psicopatologico si presentava stabile, orientato ad un pensiero rigido concreto con manierismi e sterotipia d’atteggiamento: mani in una posizione da cosiddetta “mano da ostetrico”. Tale sintomatologia si accompagnava ad una costante coartazione delle emozioni e un linguaggio con difficoltà e a tratti perseverativi. Successivi accertamenti neurologici suggeriti non si sono potuti approfondire in ragione di resistenza dei familiari e del paziente stesso. Infatti, nessuno di loro, compreso il personale di assistenza voleva ripercorrere attività diagnostiche considerate segno e simbolo di un passato troppo doloroso, proprio quando la sintomatologia si attenuava. Possiamo però escludere tetania, ipoparatiroidismo e ipocalcemia(Churchill’s M.D.). Appena immesso nel gruppo di lavoro, in modo solipsichico, il paziente si è subito espresso attraverso le immagini che ha disegnato senza esitazione alcuna( Di Temple). L’evoluzione clinica durante la realizzazione del mosaico ha portato alla scomparsa della stereotipia della mano e ad una sempre maggiore spontaneità delle sfumature emozionali nella interazione di gruppo, ben evidenziate dalla documentazione fotografica delle istantanee e dalle osservazioni del personale di assistenza. La stereotipia d’atteggiamento (Bleuler) in questo caso in mani da ostetrico è egodistonica, sintomo forse residuo d’esperienza catatonica: migliora con il migliorare della comunicazione e dell’espressione non verbale dei sentimenti, dopo anni d’impressionante stabilità. Secondo la teoria delle azioni automatiche è riferibile ad una complessualità nella quale il soma garantisce un ruolo di malato e al tempo stesso è funzionale. Ampia è peraltro la letteratura sul sintomo funzionale e di grande interesse in questa situazione il senso “artistico” di comunicazione che il sintomo può assumere da una lettura psicoanalitica (Frigoli). Da un interessante seminario di M.Lizzini, in diverso contesto, non riferibile alle grandi patologie psichiatriche o neurologiche, ritroviamo nel contesto della relazione questo atteggiamento di gestualità interpretato come : volo, vento, annunzio, fecondazione, concezione e notizia.(Lizzini) Mano dunque che parla seppur attraverso una stereotipia e che perde la scena di primo ed unico piano nella persona, quando la relazione procede e le emozioni si comunicano anche attraverso la parola, che, in questo caso diventa più immediata e meno verbigerante. Il richiamo alle pratiche ostetriche e alla fecondazione di una gestualità soggettiva e la simbologia dell’antro balena si associano quasi spontaneamente con i miti di nascita e rinascita alla balena collegati e al pesce più in generale. Abbiamo molte associazioni da parte degli utilizzatori, sempre molto attratti dal centrale della balena e che sono state le seguenti. La balena prevalentemente è sentita come rappresentazione dell’archetipo della grande madre. L’archetipo della grande madre si rifà al cosiddetto principio femminile o Eros nel senso filosofico del termine che sta ad indicare principio della relazione psichica. Madre dell’Universo e creatrice d’ogni forma di vita sulla terra significa sapienza dell’istinto contrapposta al Logos, principio maschile, che presiede alla comprensione e alla discriminazione ed è sapienza della ragione. L’immagine primordiale dell’archetipo del femminile appare relativamente tardi nella storia dell’umanità e si collega anche, ma non univocamente alle rappresentazioni di cavità animali o naturali, tutte segno e simbolo dell’organo riproduttivo femminile. La combinazione dei due termini Madre e Grande implica un simbolismo dotato di una forte componente emotiva la parola Grande esprime il simbolo della superiorità, che la figura possiede nei riguardi di tutto ciò che è stato generato (Taborra). D’altro canto il dolce volto e le molte caratteristiche del delfino nell’immagine hanno portato alcuni utilizzatori ad associare la simbologia della resurrezione e quindi l’archetipo dell’Eroe simbolo d’iniziazione e di trasformazione. Molti utilizzatori sono stati colpiti dall’aspetto volante dell’elicottero e abbiamo un’associazione con la nave volante prevalentemente centrata sull’evidente simbologia marina data dall’ancora a mo’ di stemma sull’elicottero. Sempre la balena ha ricordato a molti la favola di Pinocchio e le sue valenze d’iniziazione. Inoltre un utilizzatore, spontaneamente e inconsapevolmente, ebbe modo di notare come l’autore del disegno della balena e dell’elicottero apparisse il giorno dell’innagurazione ai suoi occhi come “pazzo di gioia”. Dall’interpretazione ermeneutica dell’iconologia rappresentata nei due dettagli attraverso l’amplificazione sorgono alcuni problemi interpretativi che rimandano a diversi elementi mitopoietici e a i diversi archetipi della Grande Madre e dell’Eroe. L’immediata simbologia, di diffusa conoscenza intellettuale, che in particolare alla balena si collega a nostro avviso può trarre in inganno sviluppando nell’utilizzatore fantasie interattive a prevalente processo proiettivo, più o meno intellettuali. Pensiamo che la presenza simultanea spaziale e temporale di balena ed elicottero, disegnati dalla stessa mano nello stesso foglio, si sia conservata nella frase pittorica interattiva del bozzetto prima e rinforzata poi nella realizzazione a mosaico. La trasformazione attraverso il viaggio verso l’integrazione, che nel caso in questione avviene in un’interazione di gruppo, appare confermarsi il tema dominante d’entrambi i dettagli. Non si può neanche però escludere la presenza simultanea del principio femminile con il principio maschile, se si collega la balena al sole, così come finiscono per trovarsi nell’asse centrale longitudinale della figurazione e così come appaiono nell’immediatezza all’utilizzatore. Il messaggio diretto e centrale, con la forza delle figure archetipiche che evoca, è certamente dominante su tutto il mosaico. Forse l’evoluzione clinica del soggetto autore dei due dettagli suggerisce una scelta nel senso dell’archetipo della totalità del Self che si costruisce attraverso l’integrazione. La stereotipia della mano, sì tanto evocativa, dei processi di nascita e dei problemi comunicativi e relazionali (Calmieri Frighi), in realtà ha lasciato la scena reale e contestuale del soggetto per dare spazio ad un sentimento totale e integrato che ci è stato segnalato come “ Pazzo di Gioia” (Meoni). In questo caso il dettaglio approfondisce e definisce gli opposti in un processo d’integrazione, anziché conflittuale.
Il dettaglio di Giona. Nel centrale sulla spiaggia si osserva una figura umana semidistesa nuda. Iconologia e iconografia di questa rappresentazione non alludono immediatamente a simboli o archetipi. Il significato metaforico può essere cercato nel linguaggio metaforico della rappresentazione figurativa, che in questo caso è metafora del corpo umano(Ferrante.M.A.): la sua posizione semidistesa indica un passaggio spazio temporale di risveglio come chi sta per alzarsi e/o si guarda intorno. Il profilo comunica la ieracità tipica delle prime rappresentazioni della figura nell’arte preistorica, qui esaltata dal tratto e linguaggio naivees del contesto. La figura è stata disegnata direttamente sul pannello, dalla stessa persona che aveva disegnato a tavolino tag e girasoli, davanti al pesce, non appena si era deciso di mantenere il pesce nel panello del bozzetto che si andava costruendo. Abbiamo una sola, ma fondamentale amplificazione da parte dell’utilizzatore, il quale vi ha immediatamente riconosciuto la rappresentazione iconografica di Giona, quale quella della Basilica d’Aquileia, di sorprendente somiglianza. L’utilizzatore, prof.ssa Annalisa Venditti, è archeologa e, al momento della visione dell’opera, era al termine di approfonditi studi sulla iconografia paleocristiana. La similitudine della rappresentazione è così impressionante da rinviare direttamente all’immagine archetipo, che riaffiora in ogni modo in diverso contesto culturale dal patrimonio di conoscenza depositato nell’inconscio collettivo. La persona che ha disegnato, infatti, la figura semidistesa non pensava affatto ad inserire il profeta Giona espulso dal pesce sulla spiaggia, così come descritto nella storia dell’antico testamento. Per quanto cresciuta in una cultura cattolica, possiamo escludere costanza nella partecipazione ai riti religiosi della confessione religiosa di appartenenza, così come possiamo escludere cultura artistica o visite alla basilica di Aquileia. La coincidenza del medesimo modello rappresentativo per la stessa metafora conduce all’approfondimento delle scelte simboliche e cristiane nella rappresentazione e alle allusioni alla storia di Giona come storia di Cristo, il quale nelle sue qualità di redentore prende generalmente il simbolo di pesce. Il Vangelo secondo Matteo ci conferma che il Cristo, come Giona, dovrà passare tre notti dentro la terra prima di risorgere e autorizza l’interpretazione simbolica di Cristo in Giona nell’arte paleocristiana secondo un procedimento corretto e logico dal punto di vista iconologico. Le componenti iconografiche, inconsapevolmente scelte nel contesto di un linguaggio figurativo naivees, richiamano e ridondano l’iconografia cristiana: dal pesce delfino, alle palme e alla Gerusalemme celeste e lo stesso Giona-Cristo in un contesto che riferisce alla resurrezione. S’individua quindi un messaggio metaforico di passaggio di stato ancora una volta, orientato alla ripresa di un viaggio che ha già più profonde ricerche o esperienze. Pensiamo che la compresenza spaziale e temporale di balena e figura distesa, disegnati da diverse mani produce nella frase pittorica interattiva del bozzetto una narrazione più completa della trasformazione post iniziatica verso l’integrazione. Appare confermarsi un processo di trasformazione attraverso l’integrazione, che non possiamo non ricondurre all’emergenza dell’Archetipo della Totalità del Self.
Il dettaglio del Profilo. Al margine destro in posizione centrale si trova un ritratto con il mento appoggiato sul profilo delle colline e lo sguardo rivolto alla scena. Il ritratto è di profilo e la testa è sfiorata dall’elicottero, che pare come delicatamente poggiarsi in piccola parte, quasi un testa a testa, là dove la fusoliera anteriore dolcemente plana sulla testa del profilo, pur rimanendo l’elicottero come sospeso in assetto di volo. Non è uno scontro, ma piuttosto un incontro tra due profili là dove l’areomobile presenta un sottolineato rosso musetto, quale quello che potrebbe essere di un animale, per altro molto simile al muso del pesce balena delfino del dettaglio centrale in basso. Sappiamo che balena ed elicottero sono stati disegnati dalla stessa mano e in certo senso potrebbero rappresentare la stessa cosa. Quasi tutte le figure, umane e non umane, presenti sulla scena sono di profilo, anche se orientate in senso diverso. A destra è orientato lo sguardo di Giona, Euridice, il Messicano, la Balena e l’Elicottero. A sinistra è orientato lo sguardo d’Orfeo e del volto del prof. Klain. Come già detto l’inversione del quadro in ragione della tecnica ribaltata rovescia di fatto le direzioni di sguardo:quindi come da bozzetto Profilo e Orfeo guardano indietro, mentre tutto il resto guarda in avanti. La coppia d’Orfeo ed Euridice si guarda l’un l’altra e quindi rappresenta anche essa un incontro di reciprocità di sguardo come Profilo e Elicottero. Per discutere iconologia e iconografia di quest’importante dettaglio dobbiamo ricorrere alla Storia dell’Arte, in relazione alla quale disponiamo della amplificazione fornitaci da un esperto d’arte che, nel dettaglio del profilo, ha riconosciuto tratti metafisici riconducibili a Giorgio De Chirico. In Arte Preistorica ed Egizia la rappresentazione di profilo è considerata scelta espressiva per comunicare la ieraticità del personaggio. Il fatto stesso che il profilo non guarda l’utilizzatore dell’opera, comporta un messaggio e un senso di direzione. Nel contesto metafisico della Storia dell’Arte, fenomeno circoscritto al novecento e ai fratelli De Chirico, la ieraticità ha i più precisi caratteri dell’enigma che è oltre la fisicità e appartiene al trascendente come nella mitologia greca la Sfinge d’antica memoria. La direzione è quindi oltre il visibile, oltre il sensibile. Il senso di direzione non è percepibile nel quadro pittorico a causa delle lenti oscurate che sembrano occhiali da sole. Invero il personaggio reale indossa abitualmente occhiali da vista con i quali originariamente è stato ritratto. Il dettaglio del profilo è, infatti, nella realtà, copia dal vero del volto del Prof.Eduard Klain, insigne Gruppoanalista, che ha partecipato, con attività di supervisione, alla realizzazione dell’opera. Iconografia e iconologia di questo dettaglio sono evidentemente molto complesse per molteplici ragioni strettamente collegate alla dinamica del gruppo e alla storia stessa del mosaico. La scelta del ritratto è quasi una scelta a priori: infatti, la prima cosa ad essere disegnata fu proprio un uomo urlante, con specifico riferimento all’opera “urlo” di Munch del quale era come una copia. Il disegno fu realizzato da persona educata all’attività artistica, restauratrice di professione, che però non ha partecipato poi alla realizzazione del mosaico. Questo disegno è conservato in archivio e non è mai stato scelto, né per questo né per gli altri mosaici. Dopo, in corso d’opera iniziale del bozzetto la ritrattistica si è riaffacciata ed ha avuto per oggetto il ritratto di due leaderships psichiatriche: due disegni uno dei quali è il ritratto del prof. Eduard Klain, Psicoanalista con ruolo di supervisione, che è entrato a far parte del mosaico ed un altro ritratto della Dirigente del Servizio Psichiatrico. Il disegno del ritratto di Klain è inoltre opera di uno degli operatori ad alta qualificazione (Psicologo Dirigente) e quindi appartenente alla leadership, dedito per hobby ad attività creative e artistiche, ha collaborato attivamente alla realizzazione del mosaico con ruolo di secondo in gerarchia. Il ritratto poi fu scelto tra i tre disponibili per essere realizzato a mosaico da tutto il gruppo e con la consapevolezza che nel mosaico era posto il Supervisore: in altre parole la persona più importante e che conosce cosa non si conosce. Non possiamo qui non ricordare i frequenti riferimenti in letteratura psicoanalitica al Mito della Sfinge per rilevare le raccomandazioni tecniche ortodosse, legate alla pratica d’astinenza e alla posizione e ai comportamenti dello psicoanalista, raccomandazioni tecniche tutte volte a nascondere all’analizzando la persona dell’analista per favorire transfert e proiezione. Per questa ragione possiamo supporre che alla luce dell’amplificazione il ritratto esprima, con la sua ieraticità ad espressione metafisica l‘enigma che al trascendente si lega, ma che si può indovinare o al quale si può alludere, è in questo caso connesso a quel qualcuno, che può indovinare o rivelare, psicoanalista e per di più supervisore. Rimandiamo a tale proposito all’intervista che il prof. Klain ha rilasciato a F.Manieri(Manieri). L’iconografia apparentemente realistica inoltre ci propone una reciprocità d’incontro con una figura antropomorfa: la macchina volante dal musetto femminile. L’analogia con la sfinge prende corpo, con tutte le dovute cautele vista la complessità, nella fattispecie di questa interpretazione, dei molteplici richiami indiretti. D’altra parte non è facile spiegare il gran profilo monumentale in un contesto simbolico arcaico quale quello che abbiamo sinora descritto. Vogliamo qui ricordare a proposito della Sfinge di Giza che gli approfondimenti archeologici suppongono la presenza di ben due sfingi (Leoni di Giza) delle quali una era orientata ad est verso il sole che sorge ed un’altra orientata ad ovest verso il sole che tramonta. Nel mosaico il profilo del Prof. Klain, con alcune delle amplificazioni più dotte disponibili assimilato alla Sfinge, guarda sempre un sole nel mosaico apparentemente immobile e del quale non si comprende orientamento, cioè se sorge o tramonta. Questo anche nel caso della inversione già segnalata dal bozzetto all’opera compiuta. Siamo quindi nuovamente di fronte ad un simbolo di trasformazione che appare tuttavia come sospeso nel suo ciclo e che si collega inequivocabilmente alle funzioni divinatorie e allusive dello Psicoanalista che interpreta. Siamo consapevoli di rimandi epistemologici non corretti tra due mitologie diverse quell’Egizia (figura antropomorfa dal corpo di leone e dal volto umano, spesso ritratto autorevole del Faraone) e quella Greca (figura antropomorfa con testa e petto di donna,corpo di leone e ali di uccello, mostro minaccioso e terrifico da sconfiggere). Molte proiezioni degli utilizzatori, soprattutto se professionisti di scienze psicoanalitiche, si sono invece orientate identificando il profilo come rappresentazione di un severo superego. In taluni casi le lenti da sole, che peraltro sappiamo essere uno scherzo tecnico riferibile alla colata di cemento, sono state sentite come oscuramento della visione del Superego per istanze paranoidee o persecutorie.


Fig. n. 3 :dettaglio occhiali del profilo prima e dopo esposizione al pubblico.

Vero è che dopo la collocazione al Parco, un esterno outsider, ha ripetutamente oscurato le lenti in susseguenti atti vandalici, o apparentemente tali. Non possiamo non tener conto anche di queste amplificazioni, che orientano verso una tematica conflittuale, che, per essere evocata, deve comunque avere un fondamento anche intrinseco. Certamente escludere una conflittualità delle istanze secondo la teoria tripartita della mente non è in questo contesto logico. Il vero problema è se attribuire a ciò la dominanza nella frase pittorica dell’opera d’arte e quindi il senso del messaggio complessivo. I frequenti richiami a decifrazioni persecutorie, che ritroviamo numerose del dibattito che segue questa presentazione anche per altri dettagli, non può non soffermare la nostra attenzione su angosce profonde, certamente presenti, in un gruppo prevalentemente costituito da persone portatrici di gravi disturbi psichiatrici. Riteniamo tuttavia che questo mosaico narra la storia di come si possano superare e quindi la storia di un viaggio di trasformazione per la quale si riconosce una sorte di guida ed interprete, grazie al quale i numerosi simboli iniziatici di contesto, che si svolgono avanti a questo profilo di margine, appaiono tollerati e non sono in conflitto drammatico direttamente con il profilo del “supervisore” , nella realtà peraltro costantemente percepito come affettuoso e benevolo anziché mostruosamente enigmatico.

Dettaglio del Lampione e dettaglio della Civetta. Ci soffermiamo brevemente su questi due dettagli accanto al faro di piccola dimensione ed in certo senso fuori contesto. Lampione ed animale notturno accanto al Faro possono evocare nella loro interazione fantasie suggestive tuttavia prive di coerenza reale nel “qui ed ora” del gruppo di lavoro. La civetta, infatti, è sostanzialmente il logo del Maestro Mosaicista Brando, che ha supportato, con tecniche di solving problem, la realizzazione dell’opera. Il Maestro Brando, coinvolto dalla creatività del gruppo, ha accettato di firmare l’opera quale coautore. La civetta, in altre parole il suo logo, è stata aggiunta in finale come a dire che lui c’era come artista. Non ha pertanto valenza simbolica in elementi mitopoietici, così come non ha valenza simbolica correlata al lampione, particolare del quale abbiamo già discusso il significato nel contesto del dettaglio del Faro. Le amplificazioni eventuali di un utilizzatore in questo caso si devono sempre ritenere elementi fantasmatici indipendenti dall’opera quali operazioni concettuali frutto d’identificazione proiettiva. Lo ha dimostrato il fatto che sono facilmente abbandonate dall’utilizzatore, quando questo è messo a conoscenza della realtà di senso nel quale il dettaglio della civetta si colloca nell’opera: la firma di uno dei membri, peraltro autorevole.

Conclusioni

A seguito dell’analisi dei dettagli e il loro collegamento, la frase pittorica complessiva appare essere di iniziazione, quale quella dei viaggi che vediamo rappresentati nella maggior parte delle figure: dalle onde del mare, alla balena, alla barca e al faro, alle figure e, non per ultimo all’elicottero. Dettaglio nel dettaglio non poco influente che conferma una iconografia meno nota per il viaggio attraverso l’uccello volante e/o la nave volante. Trattandosi, come si tratta, di un gruppo coinvolto in processi terapeutici, è possibile ipotizzare che la frase pittorica rappresenti un cambiamento. La lettura come abbiamo già spiegato in relazione a fattori tecnici di realizzazione del mosaico, è rovesciata rispetto a come appare: in realtà è stata concepita e prodotta da sinistra verso destra : quindi orientata al futuro e indicativa di un progresso. Questo aspetto, collegato alla richiesta dei componenti malati del gruppo di non apparire al pubblico come autori disabili, orienta verso una interpretazione ermeneutica di processo terapeutico:come se attraverso la creazione e realizzazione del mosaico si fosse sviluppato un cambiamento psicopatologico in positivo. L’analisi complessiva delle componenti archetipiche presenta un tentativo di armonizzazione degli opposti che lascia supporre un processo terapeutico di individuazione secondo C.G.Jung. La sottofrase pittorica del dettaglio delle palme e dei musici lo dimostra. La balena con il volto da delfino, la benevolenza del profilo dell’osservatore, la luce che emana dal sole che è un fiore che guarda il sole, la sostanziale tranquillità della navigazione sottocosta dell’omino che rema in costanza di un mare pur sempre vivace e il faro accessoriato come una casa presenta costantemente temi mitologici legati a morte e resurrezione: tutti archetipi di trasformazione di stato. L’analisi delle componenti mitologiche che la frase pittorica richiama nel suo complesso ci introducono al cosiddetto secondo viaggio in superficie, che tutti gli eroi compiono dopo il pericoloso viaggio negli inferi : da Giona, che dopo il naufragio riprende quel viaggio verso Nivive, che sostanzialmente non voleva fare; al raggiungimento della luce meta del viaggio oltretomba verso l’immortalità dagli egizi ai romani; per non parlare poi di Ulisse e Enea. Da Pinocchio ad Enea fino alla la scelta stessa del titolo “Il Faro di Anzio”. La complessità della frase pittorica e la coesistenza dei due viaggi ci orienta a considerare il complessivo contesto come l’emergenza dell’archetipo fondamentale della Totalità del Self, piuttosto che l’archetipo del viaggio o dell’eroe, così come i singoli dettagli sono tutti da inquadrare in simboli iniziatici identificativi, con sostanziale coerenza nei dettagli, di un processo di trasformazione che sembra ormai definitivamente avviato. Tutti gli elementi che compongono la frase pittorica sono elementi concordanti di progresso, maturazione e cambiamento, sostenuti da un’idea plastica di resurrezione a nuovo stato, passando per un processo d’integrazione e d’adeguamento alla realtà, senza eludere inevitabile la perdita. Questo aspetto collegato alla remissione, osservata dal punto di vista psichiatrico, di sintomi psicopatologici di grande importanza e non per ultimo all’assenza di recidive o di necessità di ricovero, supporta la convinzione che si sia rappresentato un processo di cambiamento verso la guarigione, senza modifiche dei trattamenti terapeutici individuali. L’osservazione a distanza di tempo ha sorprendentemente evidenziato come tutti questi pazienti siano divenuti assai più capaci di sopportare le perdite.(Manieri) La buona qualità artistica del mosaico, con il successo di pubblico e di critica, riteniamo abbia definitivamente confermato l’accettazione di una possibilità di guarigione, insospettata ed insospettabile nella dominante cultura psichiatrica delle organizzazioni d’assistenza e che ancora oggi sorprende a distanza di più di 10 anni. A ciò non possiamo non aggiungere come tutto ciò sia avvenuto in una situazione di contesto non specificatamente psicoterapica o psicoanalitica. Vero è che l’esperienza è stata guidata con tecniche di Gruppoanalisi applicata al lavoro sul compito. Vero è che l’esperienza sperimentalmente mette alla prova le capacità artistiche di un gruppo del quale fanno parte pazienti psichiatrici. Vero è che l’esperienza è stata altresì guidata con tecniche d’arte terapia. Vero è che l’esperienza fa parte di un ciclo di mosaici con le stesse valenze e che portano artisticamente la medesima cifra pur cambiando i membri del gruppo. Vero è che l’esperienza non è clinicamente testata.
Non si può peraltro tacere l’aspetto terapeutico osservato, anche se l’obiettivo di questa presentazione era documentare e discutere la presenza di raffigurazioni mentali che emergono nel “hinc et nunch” del gruppo, ma che appartengono all’inconscio cosiddetto collettivo.


Parole chiave

Metafora
Figura retorica di tipo semantico che consiste nello spostamento di significato da un ambito proprio a uno non proprio in base a un rapporto di somiglianza (il termine deriva dal greco metà, "oltre", e phéro, "porto") . La metafora può essere, infatti, considerata una similitudine abbreviata.

Epistemologia Disciplina filosofica che studia la conoscenza, individuandone i fondamenti e i criteri di validità. Attualmente, in Italia il termine (dal greco episteme, "conoscenza" e logos, "discorso") possiede due differenti significati. Nel primo caso, che riproduce l'uso del temine inglese epistemology, la disciplina si identifica con la gnoseologia, ossia con lo studio della definizione e della giustificazione della conoscenza rispetto ad altre forme di esperienza umana. Nel secondo, in un'accezione più restrittiva, il termine indica l'indagine filosofica sulla conoscenza scientifica e pertanto è sinonimo di filosofia della scienza.

Ermeneutica Teoria della conoscenza come interpretazione. Lo studio della teoria e della pratica dell'interpretazione. Originariamente il termine fu utilizzato in teologia in relazione all'interpretazione biblica intesa come spiegazione e disvelamento dei significati occulti e dei simboli celati nel testo, ma a partire dal XIX secolo fu esteso alle teorie filosofiche del significato e della comprensione, nonché alle teorie dell'interpretazione letteraria.

Analogia Relazione e affinità di due o più cose tra loro,ciascuna delle quali conserva proprietà distintive.

Logico Che è conforme alle leggi del pensiero razionale per trovare e dimostrare la verità.

Pre logico Che precede le leggi del pensiero razionale


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Taborra L. “ E…….senza donna “ relazione alla 2° edizione “Essenza Donna” Marzo 2007in Ficulle (TR)

Fa seguito il dialogo tra i partecipanti:

Il Prof. R. Pisani (neuropsichiatria gruppoanalista) apre la discussione: evidenzia la ricchezza dei contenuti e richiama l’attenzione sul fatto che non è che non è stato presentato un setting terapeutico gruppo analitico, ma un lavoro di gruppo analisi applicata. Principi di gruppo analisi nell’ambito di una attività, che in questo caso è l’arte del mosaico, protagonisti della quale sono pazienti in gran parte psicotici. Sottolinea come gli psicotici siano i pazienti che più colgono gli archetipi nell’ambito dell’inconscio collettivo. Come diceva il prof. Tedeschi, se vogliamo sapere che cosa esca nell’ambito di un contesto sociale, è necessario ascoltare gli psicotici che sono una fonte enorme di miti. Questo lavoro del mosaico è una fonte straordinaria mitologica a cominciare dal mito di Giona. Chi gliene ha parlato a questi pazienti di Giona o della caverna di Platone ? Lo sanno, lo sanno nel loro inconscio più profondo.
Dr.W.Lusetti (psichiatra psicoanalista) Interviene a proposito di Pinocchio del quale di solito si dimentica che in ambiente chiaramente materno, il ventre della balena nel quale il burattino si addentra, è il luogo in cui Pinocchio incontra il padre. Tutto il rapporto di Pinocchio si gioca in un rapporto persecutorio col padre: lui cresce nello scontro con quello che il padre gli dice di fare e lui non fa. In questo mosaico non si vede niente del genere però si vedono delle cose che possono richiamare questa sfera. Intanto questo sole che sembra mostruoso, tentacolare:un sole psicotico che protende i suoi tentacoli verso la figura distesa. C’è poi una bipartizione del mosaico: una parte è luminosa, accecante; una parte più scura che è la parte materna. La figura della balena più che un mostro che minaccia di divorare, sembra un rifugio. Questa parte dove è il faro, è una parte d’intermediazione, infatti, il faro illumina, senza accecare al contrario del sole che acceca. Il faro è un elemento che ordina, separa la luce dalle tenebre. In tutto questo individua l’archetipo di una persecuzione paterna rispetto al quale il figlio cerca rifugio nella madre e a volte lo trova, a volte ci ritrova di nuovo il padre, ma dentro un aspetto contenitivo che può essere rappresentato qui dalla balena. Questa cosa c’è anche in Giona: il Dio dell’antico testamento fa paura, è persecutore. La tematica di Giona con la balena è simile a quella di Pinocchio. C’è poi la figura del persecutore che osserva la scena da destra: una specie di occhio rivolto in primo luogo verso il personaggio. Il faro è articolato come una casa e può sembrare un rifugio, infatti, davanti c’è una coppia: un uomo e una donna che rappresentano un barlume di speranza, di vita riequilibrante rispetto a questi due estremi
Maurizio Giorgio (studente) è colpito dal sole nella parte centrale. Gli ha ricordato che Jung introduce gli archetipi dell’inconscio collettivo, parlando di uno psicotico che gli parla della “porta del vento” che si trova al centro del sole e si può vedere fissando il sole.
Dr.ssa G.Sgattoni (psicologa) chiede delucidazioni rispetto alla produzione dei disegni.
La dr.ssa Meoni(relatrice) spiega che i singoli disegni, non solo quelli presentati ma tanti altri, sono stati proiettati sul pannello per ingrandirli a causa della loro ridotta dimensione originaria. Sottolinea l’interesse clinico per il fatto che fossero disegni piccolissimi che sono stati ingranditi fotografandoli; poi con il proiettore sono stati proiettati sul cartone. A mano a mano che era proiettato, tutto il gruppo decideva quale disegno lasciare e quale togliere; una volta deciso quale lasciare, a seconda la proiezione, si andava a ricalcare. Nel frattempo si alzava qualcuno e faceva un altro disegno direttamente sul pannello.
Dr.ssa G.Sgattoni Chiede se sono stati presentati nella sequenzialitò.
Dr.ssa Meoni Spiega che si è trattato di casualità e non vi è stata consequenzialità progettuale.
Dr.ssa G.Sgattoni Deduce che quindi fossero delle unità prodotte che poi venivano riselezionate, per integrare.
Dr.ssa Meoni. Conferma e chiarisce che le unità erano state comunque prodotte con l'idea, chiara a tutti, che si facevano questi disegni per fare un mosaico a tema libero che sarebbe stato collocato nel parco cittadino.
Dr.ssa G. Sgattoni Conferma che nel fare queste domande pensava alle analogie con la tecnica della sabbia, tecnica di psicologia analitica secondo Jung, dove ci sono gli oggetti che vengono catalogati e poi utilizzati nella rappresentazione. Rileva com’è interessante che girando e orientando il mosaico in un altro verso, assuma un diverso significato. Si collega anche a quanto detto dal Dott. Lusetti sulla narrazione della propria condizione, su aspetti persecutori. Aggiunge che, di fronte alle persecuzioni, vede anche il tentativo di fuga dalla realtà, come testimoniano l’elicottero ed anche la balena; e che quindi possono essere tenuti insieme tentativi difensivi, ma anche aspetti persecutori, in un processo molto difficile nei processi di disintegrazione o di dissociazione. Altro elemento è il discorso della luce, del buio e l’ombra. E’ l’ombra che permette di percepirsi, di vedere se stessi; l’ombra è anche l’interazione, quindi l’aspetto terapeutico che è quello di aver partecipato, utilizzando parti di sé, frammenti di sé, ma facendoli vivere insieme. Le è sembrata bella anche l’immagine del faro che è sia la casa, come aspetto femminile, ma il faro è anche quello che accoglie i marinai, di notte e li orienta, offre un rifugio quindi fa parte di un percorso.
Dr.ssa Meoni. Commenta e integra quanto ha ascoltato. Ricorda che, quando ha presentato questo lavoro all’ospedale psichiatrico di Zagabria, sempre come attività gruppo analisi applicata al lavoro sul compito, le è stato contestato che, da un punto di vista gruppo analitico, comunque psicoanalitico, ed anche da un punto di vista di arte terapia, il processo terapeutico non può essere considerato se non è seguito dal logos, cioè da un attività dialogica e dalla presa di coscienza di quello che è avvenuto. Questo è certamente vero e metodologicamente corretto, e ritiene importante descrivere sinceramente il processo decisionale che ha portato a questa scelta e iniziativa con riferimento alla concretezza della realtà istituzionale nella quale opera. Come Direttore del Dipartimento doveva prendere qualche iniziativa nella linea delle cosiddette attività di riabilitazione. Per caso aveva notato che i pazienti s’interessavano al mosaico, che piaceva loro e ha coltivato quest’interesse in modo informale. E’ poi venuto il giorno che doveva dare una cornice tecnica per non lasciare che, come tante esperienze riabilitative, si risolvesse troppo semplicemente in un modalità spontanee e incontrollate di occupare il tempo. In quel momento aveva la fortuna di conoscere Rocco Pisani, di frequentare i seminari, di aprirsi al mondo gruppo analitico e si è orientata in quello che poteva fare: certamente non un gruppo analisi terapeutica, ma una gruppo analisi applicata. E’ stata sostenuta da Klain, da Pat de Marè, da Rocco, che hanno seguito questo tipo di iniziativa sperimentale. Riporta come altri amici e colleghi, che sono impegnati in arte terapia, come Bartolotta, in modo più rigoroso fanno eseguire liberamente il disegno, ma poi stimolano l’associazione e le emozioni per arrivare all’interpretazione dei contenuti emersi: così come accade nelle tecniche di lavoro con la sabbia. Nel suo gruppo invece tutto è accaduto spontaneamente e il personale condivideva il compito di osservare partecipando il più liberamente ed emotivamente possibile: di queste osservazioni venivano nella immediatezza lasciate fluttuanti annotazioni in un brogliaccio a futura memoria o per future analisi. E’ stato un procedimento atipico, anche se ispirato in ogni modo ai processi d’amplificazione analogica da Jung raccomandati nelle tecniche terapeutiche. Lo choc del bianco è stato un terribile inizio: vedevamo tutti con la matita in mano e nessuno che disegnava niente. Da quella situazione, ad arrivare a questo prodotto complesso è stato un passaggio enorme in un tempo relativamente breve. Ci sono voluti due anni, dei quali, tecnicamente, uno e mezzo è stato necessario solo per realizzare il mosaico. Il disegno è stato un’esplosione. Ha il piacere di dire che tutto questo materiale che irrompeva, l’ha spinta a richiedere agli operatori di scrivere tutto, perché non c’era possibilità di guida essendo gli operatori impegnati prima di tutto a disegnare insieme ai pazienti. Ha denominato questa loro attività: “Osservazioni partecipate” obbligandoli ad essere come i pazienti nelle sessioni di lavoro; poi finita la sessione, compresa lei stessa, a prendere il quaderno e a scrivere tutto quello che avevano osservato e che gli veniva in mente, senza sforzo d’organizzazione teorica o sintattica. Si sono ritrovati questo brogliaccio ricco di contenuti ed inesauribile fonte d’elementi all’analisi utili. Dal brogliaccio, sul faro ad esempio, ridonda continuamente che i pazienti si lamentavano per non averci messo la luce dentro: il pentimento finale. Poco si trova nel brogliaccio sul sole. Allora, l’utilizzatore dell’opera d’arte che è anonima, può aiutare con le sue associazioni. Si dispone così degli archetipi. Due sono le cose o il sole è l’archetipo del padre, nella sua accezione cattiva persecutoria o buona come ideale dell’io, oppure, in un ottica antropologica, è un simbolo d’iniziazione, è il sole dentro gli inferi, è il sole che nasce, tramonta, risorge. Delle due l’una perché parlando di questo elemento mitopoietico bisogna fare una scelta. Dalla realtà dei disegni sappiamo che è un’evoluzione complessa da una tag ad un fiore ad un girasole ad un sole per opera della stessa paziente che ha disegnato Giona.
Sig. G. Manieri (geometra) Si chiede se quel sole non possa rappresentare proprio la Dr.ssa Meoni ponendosi la domanda a chi è dedicata l'opera e ritenendo che il sole, centrale e non trascurabile, sia espressione di colui al quale l'opera è dedicata.
Dr.ssa Meoni Risponde evidenziando in primis il suo ruolo: capo del dipartimento, certamente un ruolo sovrastante. Tra i suoi compiti nell’esperienza vi era però la partecipazione al pari dei pazienti, come tutti gli altri operatori. Tanto è vero che ha fatto un disegno che è stato proiettato e scartato. Per mettere alla prova la tenuta e l’indipendenza del gruppo ha simulato una scena a mo’ di psicodramma: ha mostrato ribellione nel vedere scartato il proprio disegno. Con suo gran piacere nessuno ha avuto paura, nessuno si è sognato di dire “mettiamo il disegno del primario”, ma tranquillamente, con molta aderenza alla realtà hanno detto “non importa chi ha fatto il disegno, ma se il disegno serve”!
Dr.M. Muscarà (psicoterapeuta). Evidenzia la posizione di Giona che è passivo rispetto ad un Super-Io sadico rappresentato da Klain; passività nei confronti di qualcuno gigantesco che lo guarda e non si fa vedere perché ha gli occhiali neri. Giona sta tra un Super-Io che guarda, senza essere visto, e un faro che è nello stesso tempo ciò che guarda e ciò che è guardato; c è quindi nell’inconscio del personaggio Giona, che è la personalità del paziente, la ricerca di poter essere da una parte soltanto scrutato, analizzato, ma non percepito attraverso gli occhiali neri, mentre alle sue spalla c’e’ una protettività che deriva dall’ombra, dalla frescura: c’è infatti la tendina verde. C’è una posizione doppia di guardare lontano e di essere percepito e visto da lontano.
Prof.R.Pisani Personalmente crede ci sia un’ambivalenza nella proiezione dell’archetipo; non c’è dubbio che questa sia la rappresentazione archetipica perché chi gliel’ha insegnato ai pazienti? C’è però un’ambivalenza sia per quanto riguarda l’archetipo della madre che del padre perché Giona viene ingoiato dalla balena, divorato dalla balena e lì, pensando a Pinocchio, si trova con un padre. Pensa che il sole, il faro, il ritratto del Prof. Klain abbiano qualcosa a che fare con la ricerca di una figura maschile, per quanto aggressiva e psicotica; di una figura paterna che li possa salvare da una balena che li divora. In definitiva hanno a che fare col processo di separazione o perlomeno col desiderio di una separazione, dell’acquisizione della propria individualità attraverso figure maschili per quanto psicotiche; con la proiezione con l’aspetto distruttivo arcaico del padre.
Dr. Lusetti. Propone un altro archetipo letterario: quello di Moby Dick nel quale ravvede una parte psicotica. Acab vuole prosciugare il mare, vuole distruggere la parte oscura: la balena perché vede nella balena le forze del male. Acab, in quel momento impersona il sole, il sole psicotico e non si rende conto che la parte oscura è anche una parte di rifugio. Vuole assolutamente penetrare e distruggere questa parte; è questo l’aspetto inquietante del romanzo, che di solito non si coglie.
Dr.ssa Meoni chiarisce che il profilo in fase progettuale non aveva gli occhiali con le lenti scure e che questo anche è un effetto della tecnica di realizzazione e dell'opera di annerimento completata da un visitatore del parco:un outsider probabilmente writer.
Dr A.Lombardo(medico gruppoanalista). Riporta la sensazione di trovarsi davanti ad un test proiettivo in cui leggere tante cose di sé stessi. Per evitare questo rischio voleva sapere se alla fine, come gruppo, hanno dato un loro significato a questo disegno perché quello poteva essere il filo che imbastisce tutto nell'interesse dello specifico di questo gruppo.
Dr.ssa Meoni Conferma che è difficile rispondere con certezza in quanto alla fine non c’è stata nessuna elaborazione dialogica: non si sono fermati davanti al mosaico per cercare un significato. Durante la realizzazione però, in particolare durante le scelte progettuali, avevano deciso di fare una scena di vacanza al mare. Per promuovere la loro creatività avevano portato un c.d. ascoltavano i motivi di parade. Il lavoro era stato commissionato dal comune di Aprilia; quando è andata a dire che rappresentava il “Faro di Anzio”, gli amministratori di Aprilia l’hanno criticata perché voleva mettere sulle pareti il simbolo e il monumento di un’altra città! Ma la scelta progettuale dei pazienti era stata chiara: il mare di Anzio, che sottendeva la vacanza a loro più a portata di mano. I significati che ha avuto per il gruppo, sono ricavabili indirettamente da alcuni dati oggettivi. Nel momento in cui hanno saputo che il mosaico sarebbe stato presentato al pubblico, hanno detto che non volevano partecipare alla cerimonia, perché tanto sarebbe finito al solito modo e cioè che avrebbero detto: “come sono stati bravi gli psicologi del DSM a far fare questo bel quadro a quattro deficienti”. Da quel momento in poi lei si è dannata per presentare al pubblico il loro lavoro indipendentemente dal loro ruolo di pazienti psichiatrici in trattamento. Ha confermato questo loro desiderio solo perché sentiva che avevano costruito una cosa bella e che nel presentarla volevano essere sani.
Prof. R. Pisani Condivide che possa essere un test proiettivo per ognuno, però nello stesso tempo ha anche un significato interpretativo. I partecipanti a questo seminario, oltre che proiettare le proprie fantasie, stanno cercando d’interpretare anche il suo significato. Alla luce di questa discussione propone di indirizzare una copia della tesi di F. Manieri e una copia di questo seminario, compresa la discussione, al comune di Aprilia nella persona del Sindaco, per sottolineare l’importanza di questa cosa che forse non è stata compresa appieno dagli Amministratori locali.
Dr A.Lombardo. Reputa che se queste persone sono state capaci di stare in gruppo, oltre tutto quello che si voglia dire, è un gruppo armonioso. Vuole dire che sembra un lavoro che ha trovato una coesione. Aggiunge che tante volte il gioco, la vacanza è più terapeutica di altri interventi.
Dr. D. Surianello(psichiatra psicoterapeuta). Fa una considerazione sul perché queste persone artisticamente non preparate alla fine siano riuscite a mettere nel mosaico delle immagini. Parla della memoria genetica che appartiene all’uomo. La memoria genetica ci fa vedere immagini che conserviamo; possiamo vedere il viso, la testa di una persona. Sono immagini che l’uomo si porta appresso. Questi soggetti con psiche alterata hanno proiettato sul mosaico ciò che hanno geneticamente memorizzato, esternandolo in modo schizofrenico perché sono immagini dissociate; immagini proiettate da persone che hanno la mente alterata. Si riferisce a quello che diceva il dr. Lombardo circa una lettura delle immagini per capire lo stato psichico dei soggetti. Pensa che se noi facciamo leggere quello che c’è rappresentato, possiamo fare la diagnosi di ogni persona, compresi gli operatori che, nel momento in cui lavoravano insieme ai pazienti, avevano anche loro la mente alterata.
Sig. G. Manieri. Si chiede quale sia il messaggio inconscio unitario, che alla fine viene trasmesso.
Prof.R.Pisani. Risponde che il messaggio inconscio, a suo parere, risiede in profondità nella psicosi. La schizofrenia ha aspetti psicodinamici, cioè psicologici, che sono in relazione con un archetipo materno distruttivo, quando non si contrappone una figura maschile che possa in qualche modo aiutare a sganciarsi, e ad acquisire distanza da questa figura distruttiva. Purtroppo le figure maschili che emergono sono negative se non addirittura distruttive. Il messaggio di questo mosaico in sintesi ha a che fare col desiderio di uscire dalla possessività, liberarsi, emanciparsi dalla madre terribile; desiderio che non è favorito dalla figura paterna che a sua volta è distruttiva. E’ la sua personale interpretazione ed anche proiezione.
Dr.ssa L.Di Gennaro(psicologa gruppoanalista). Secondo lei hanno passato una bella giornata e siccome queste persone hanno poche possibilità di stare piacevolmente insieme, l’hanno immediatamente riprodotta; poi si possono fare tutte le interpretazioni possibili, ma senza andare troppo lontano : hanno riprodotto un bel momento.
Prof. R.Pisani Sottolinea che i partecipanti al seminario cercano di conoscere il significato analitico.
Dr.ssa G. Sgattoni Evidenzia come proprio la paura finale dei pazienti era quella dell’essere interpretati come coloro che sono dei matti, quindi banalizzati e stigmatizzati. A suo parere invece il tema presentato riguarda in generale la creatività : quale modalità per rompere gli schemi, affondare nella psicosi e poi poter riemergere. La differenza dello psicotico è che resta prigioniero della psicosi. Crede che ci sia l’aspetto creativo perché ai pazienti è stata data questa opportunità e loro hanno espresso quello che viene fuori dagli aspetti mitologici: la paura dell’uomo, il rischio, il pericolo. Sono elementi che ogni essere umano si trova ad affrontare, quindi è come se loro avessero rappresentato elementi di pericolo, ma anche la situazione attuale: in questo modo è un atto creativo.
Dr. W. Lusetti. Sottolinea come nelle opere d’arte, se chiedi all’autore cosa volesse dire, risponde che quello che voleva dire l’ha detto attraverso il quadro. Il problema è: cosa hanno detto attraverso il mosaico? Hanno manifestato la loro psicosi. E poi, perché hanno rifiutato la seconda esposizione? Si erano già esposti una volta e non c’era altro da dire.
Dr.ssa Meoni Chiarisce che una volta garantiti che non si sarebbe detto che era un prodotto del laboratorio riabilitativo, loro si sono esposti ovunque e dappertutto, con molto orgoglio. Anche lei stessa si è chiesta cosa volesse dire il mosaico e, pur condividendo quanto dice il dr. Lombardo che è una proiezione di nostri problemi perché esiste una quota di proiezione dell’utilizzatore dell’opera d’arte, pensa che la proiezione di chi guarda è anche una partecipazione amplificatoria analogica nel senso di Jung, che contribuisce non poco ad intuire il significato dell’opera. Certi messaggi si possono intuire, si può entrare in comunicazione “con”, sempre che, anziché come professionisti, ci mettiamo come utilizzatori di un quadro: in tal caso allora non diventa più una semplice proiezione, ma una interelazione che aiuta a capire.
Dr.Lombardo Vede nel mosaico la metafora della comunicazione. Oltre il fatto che il mosaico, con i suoi colori vivaci gli risulta bello. Crede che questo gruppo abbia trovato ad un certo livello una aggregazione: questo è bellissimo e gli dà il senso dell’armonia. Malgrado siano persone che non riescono ad inserirsi e a relazionarsi ad livelli più elevati, hanno trovato il modo di comunicare. Fa i complimenti a chi li ha accompagnati.
Dr.ssa L. Taborra (psicologa psicoterapeuta) Aggiunge una considerazione rispetto al pensiero di Jung relativo all’arte. La creazione artistica è dare spazio al regno dell’intuitività, dell’inconscio, alla profondità e tutto quello che è arte secondo Jung, non dovrebbe rispondere alle leggi dell’estetica, alle regole e quindi far intervenire il Logos, ma rimanere Eros. Lei ha vissuto il quadro percependo una forza prorompente di Eros e quindi Eros come elemento trasformatore. Inoltre la lettura dei simboli rappresentati richiama continuamente a simboli e rappresentazioni dei processi di iniziazione.
Dr.Lombardo Ci sono tante cose che vediamo. C’è chi ha detto che la pittura è una poesia muta, la poesia è una pittura che parla: stiamo parlando su una pittura muta.

Note del relatore: ringrazio Pier Clara Tonioli (testista) della quale consulto regolarmente gli scritti purtroppo mai pubblicati; Stefano Bottaccin (filoso e psicologo) che sempre mi aiuta a riorganizzare il materiale culturale e antropologico); Stefano Fanelli (matematico) capace di riportare questa indagine al mondo scientifico della fisica e della matematica. Tutti cari e competenti amici che condividono le mie ricerche. Questa relazione infine non avrebbe mai potuto così essere senza il prezioso apporto di collaborazione e di partecipazione, da parte di tutti coloro che hanno dato attenzione alla sua anteprima di presentazione al “Laboratorio dell’Individuazione” diretto da Angela Bartalotta il 28 ottobre 2007 e ai “Seminari di Neuropsichiatria e Psicoterapia” diretti da Rocco Antonio Pisani il 28 Novembre 2007. Infine, ma non per ultimo, grazie a Federica Manieri, della quale offriamo l’integrale elaborato di Tesi, che per alcuni versi può essere ripetitivo, ma che coglie aspetti peculiari, in ogni modo riferibili al contributo specifico della laureanda alla comprensione ed approfondimento dell’opera a mosaico e del processo terapeutico riabilitativo, che l’opera “ Il Faro di Anzio” di Gup Art sottende.

Note di redazione:
(t) testo relazione direttamente fornito dal relatore Dr.ssa Anna Maria Meoni integrato dalla registrazione vocale fornita dalla Dr.ssa Antonella Giordani.
Antonella Giordani agior@inwind.it e Anna Maria Meoni agupart@hotmail.com


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