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Seminari
di Neuropsichiatria, Psicoterapia e Gruppo Analisi
2006 - 2007

La Psicoterapia Psiconeurotensiolitica

Dr. Domenico Surianello
Coordinatore Dr. Marirosa Franco
(t) testo di relazione fornita dal relatore (r) elaborazione testi dialogo a cura Dr.ssa Antonella Giordani



Cenni storici
Nasce alla fine del secolo XIX in contrapposizione alla ormai obsoleta Psicoterapia ipnotica. Sull’ipnosi come mezzo terapeutico impiegato per risolvere disturbi psichiatrici, diversi autori avevano già espresso aperto scetticismo.
Nella ricerca di una diversa psicoterapia, uno dei più attivi è stato Schultz, il quale ha preso le mosse facendo tesoro del lavoro e delle esperienze di altri medici, che, prima di lui, avevano iniziato ad apportare modifiche alla vecchia Psicoterapia Ipnotica.
Schultz ha avuto l’indubbio merito di assemblare esercizi da lui direttamente sperimentati, con esercizi provenienti da indirizzi ed esperienze diverse. Si servì degli esercizi del training autogeno psicodinamico di Jacobson - da quest’ultimo utilizzato negli stati di tensione muscolare e della pesantezza delle diverse parti del corpo - a sua volta già sperimentati da Jarreau e Klotz.
I tempi erano maturi. Con Schultz nasce una nuova tecnica psicoterapeutica personalizzata. I pazienti, e gli stessi addetti ai lavori, accettano più facilmente una psicoterapia fondata sulla presenza di esercizi muscolari associati a stati di ipotonia ed esercizi di auto-osservazione dell’immagine del proprio corpo.
Un ricco apporto al training autogeno lo ha dato Gerda Alexander con la preparazione alla riabilitazione motoria nei soggetti cerebrolesi. Alexander asseriva che per riabilitare il muscolo leso era necessario partire dal suo rilassamento, ottenuto, in particolare, attraverso gli esercizi del training autogeno.

Anatomia del muscolo
I muscoli si distinguono in lunghi, larghi e orbicolari. In relazione al numero dei ventri e alla loro disposizione in parallelo, si distinguono in: bicipiti e digastrici. Per la modalità di rapporto muscolo tendineo, si hanno muscoli a fibre parallele, pennati e semipennati.
I muscoli appartengono a due grandi aree: scheletrici (o striati) e viscerali (o lisci). Entrambi hanno in comune quattro caratteristiche di base: eccitabilità, conduttibilità, contrattilità ed elasticità.
Il muscolo è costituito da una parte fibrosa e da una parte tendinea. La fibra è l’unità elementare del muscolo ed è costituita da una serie di miofibrille di numero variabile, condizionanti i differenti stati del muscolo stesso: dall’atrofia, alla trofia, all’ipertrofia.
Le fibre striate sono presenti in tutti i muscoli scheletrici, ad eccezione del muscolo cardiaco, dove sono presenti entrambe le fibre.
Nello scheletro i muscoli si inseriscono direttamente sull’osso, oppure sui tendini, che a loro volta terminano sempre sull’osso, e provvedono all’attività motoria, cioè, alla locomozione del corpo.
La fibra del muscolo locomotore è detta striata in quanto presenta un alternarsi regolare di dischi scuri e dischi chiari, paralleli tra loro, su tutta la sua lunghezza. La presenza dei dischi scuri e chiari differenzia la fibra striata da quella liscia.
Caratteristica fondamentale degli organi deputati alla locomozione e a quelli della volontà è la presenza del muscolo striato, mentre il muscolo liscio si trova a livello viscerale, negli organi comandati dal sistema neurovegetativo.
Quindi le strutture della locomozione sono sotto il controllo della volontà, quelle viscerali sono invece controllate del sistema vegetativo.
La fibra muscolare striata risponde a stimoli nervosi, chimici, elettrici, meccanici e termici. Allo stimolo risponde con l’eccitamento che è una delle sue caratteristiche fondamentali. L’eccitamento viene condotto all’intero fascio muscolare mediante il sistema neurotrasmettitoriale della placca neuro muscolare, che coinvolge simultaneamente, in caso di necessità, anche fasci limitrofi.
All’eccitamento fa seguito la contrattilità. Al microscopio si osserva il rigonfiamento dei dischi scuri, seguito dall’assottigliamento dei dischi chiari; si verifica così l’accorciamento della fibra. Alla contrattilità fa seguito l’elasticità, ossia l’allungamento e l’accorciamento della fibra. Durante la contrattilità, alcuni elementi chimici si trasferiscono dai dischi chiari all’interno dei dischi scuri; in questa fase avviene la contrazione del muscolo. L’elasticità è la caratteristica che obbliga la contrazione muscolare. Il muscolo si allunga e si accorcia, per ritornare sempre nella posizione di riposo, o molto vicino alla posizione che precedeva lo stimolo.

Neurofisiologia della fibra muscolare
La fibra muscolare riceve la sollecitazione nervosa, termica, chimica o meccanica e risponde sempre con l’eccitazione. L’impulso giunge al muscolo mediante la placca neuromuscolare e si propaga mediante la conduttibilità a tutto il fascio muscolare. Da qui partono le fibre delle cellule propriocettive in direzione dei centri spinali; qui si forma un impulso di risposta pari o superiore all’eccitamento della fibra.
Dopo l’eccitamento e la risposta dei centri spinali intervengono altri elementi, le cellule gamma per riportare la calma dopo la perturbazione e ricondurre il muscolo a livello pre-eccitatorio o molto vicino alla normalità
E’ Cannon che dimostra che dopo l’eccitamento il muscolo deve sempre ritornare al punto di partenza, o per lo meno molto vicino ad esso (omeostasi).

Tono muscolare
Il tono muscolare è quel lieve stato di tensione e di eccitamento posseduto dalla fibra muscolare in stato di riposo.
Si tratta del prodotto di una continua sollecitazione proveniente dal sistema nervoso centrale, dal mesencefalo, dalla sostanza reticolata, dai quadranti quadrigemini anteriori e posteriori. Da questi centri nervosi partono influssi regolari e continui in direzione di tutto il sistema muscolare, allo scopo di mantenere costante il tono.
La regolazione del tono avviene a vari livelli su tutto il nevrasse, al fine di mantenere costante, aumentare o diminuire tensione; in tal modo il tono viene proporzionalmente distribuito in relazione al carico che i diversi muscoli devono sostenere.
Le cellule propriocettive informano i gangli spinali ai diversi livelli, dove hanno origine i motoneuroni, attraverso i quali viene modulato lo stimolo nervoso per aumentare o diminuire la tensione.
Il tono è controllato anche dai centri corticali, da fattori psicoemotivi mediante le vie cortico sottocorticali. L’intervento corticale ha il compito di aumentare o diminuire la tensione muscolare, secondo le contingenti esigenze del corpo.

Esercizi di rilassamento
Le prime proposte dirette ad apportare modifiche alla Psicoterapia ipnotica traggono spunto dalle considerazioni di neurofisiologi, di anatomofisiologi, di psiconeurofisiologi in ordine ai suoi limiti. I risultati della ricerca scientifica confermano la validità delle nuove tesi. Nascono e si affinano i primi esercizi psiconeurotensiolitici. Fechner nel 1873, studiando l’attività comportamentale di alcuni soggetti in terapia, stabilì il principio di costanza.
Freud, riprendendo le teorie di Fechner, ha cercato di applicare gli stessi principi al concetto dinamico del funzionamento della personalità.
Selye compie studi sullo stress: giunge a definirlo quale reazione organica messa in atto dall’individuo per difendersi da sollecitazioni endogene o esogene “stressanti”. Dopo lo stress intervengono sempre le cellule gamma, le quali provvedono a ripristinare l’omeostasi, a riportare lo stato ai livelli precedenti lo stress, oppure a livelli molto vicini alla normalità. Dopo lo stress i livelli della tensione muscolare possono rimanere superiori o inferiori allo stato che precedeva lo stress stesso.
L’attività neurofisiologica e neurotrasmettitoriale si manifesta su livelli differenti: attività motoria somatoscheletrica e attività somatoviscerale Nel primo caso il mediatore neurochimico è la noradrenalina; nel secondo caso interviene l’acetilcolina.
De Jurriaguerra ha concentrato i suoi studi sulle reazioni presentate da alcuni suoi pazienti: soggetti con reazione di tipo tonicopsicoaffettiva, dividendoli in due grandi gruppi.
Un primo gruppo con reazione tonico vegetativa, con il corpo sempre in attesa di un evento catastrofico. Sono soggetti che agli stress reagiscono con reazione di tipo isterico o isteroide. Sono persone che non sopportano le file, le attese, litigano facilmente, anche quando hanno torto.
Un secondo grande gruppo con reazione di tipo tonico caratteriale. Sono soggetti che sentono la propria aggressività nel corpo di coloro verso i quali essa è diretta. Non esternano l’aggressività, ma la introiettano. Aggressività che si deposita a livello viscerale. I disturbi presentati da questi pazienti sono di tipo somatico.
I sintomi possono interessare il corpo a diversi livelli. I più frequenti sono ipertensione arteriosa, cefalea vasomotoria e muscolotensiva, gastrite, ulcera gastrica e gastroduodenale, colite ulcerosa, colon spasmo, velocizzazione o rallentamento del contenuto intestinale. Disturbi neurovegetativi che possono interessere tutto il corpo.
In ordine alla sfera sessuale tali pazienti possono presentare eiaculazione precoce, erezione incompleta o mancanza di erezione, nel maschio. Nella femmina si riscontrano: alterazione del ciclo mestruale con anticipo o ritardo, vaginismo. Generalmente entrambi i sessi addebitano i disturbi a fattori organici. In alcuni casi ciascun componente della coppia va alla ricerca dei difetti dell’altro; i due si accusano vicendevolmente.
Spesso si tratta di soggetti che corrono ai ripari scegliendo inizialmente la terapia medica internistica per poi giungere, solo in un secondo momento, alla psichiatria e alla psicoterapia.
Il secondo gruppo (tonico viscerali) è quello che ottiene i risultati migliori, con la psicoterapia psiconeurotensiolica.
Jacobson propone un metodo psicoanalitico della fisiologia del tono muscolare, educando i soggetti al rilassamento progressivo mediante un rilassamento dinamico. Si parte inizialmente con l’attività muscolare periferica, mediante esercizi di tensione e rilassamento, per giungere successivamente al rilassamento mentale. Il metodo è considerato psicoterapia del rilassamento muscolare integrato.
Schultz con gli esercizi di livello inferiore, basati sulla pesantezza delle parti del corpo, si propone di ridurre la tensione, soprattutto nei muscoli scheletrici e nelle grandi articolazioni. Con la percezione del calore viene provocata la vasodilatazione e il miglioramento della circolazione del torrente ematico, soprattutto a livello cerebrale. La visualizzazione del corpo e il respiro, mediante movimenti del diaframma e dei muscoli addominali, provoca il rilassamento dei muscoli viscerali. Sono esercizi diretti alla neutralizzazione delle somatizzazioni di tutta la regione splancnica. La respirazione diaframmatico-addominale costituisce terapia preventiva della formazione di calcoli epatici e renali.
Dopo l’acquisizione degli esercizi psiconeurotensiolitici e dopo aver preso coscienza del proprio mondo interiore, soggetti con un grado di cultura media possono accedere al livello superiore del training autogeno o ai gruppi di psicoterapia psicoanalitica.
Nel corso delle prime sedute si forniscono al paziente elementi di anatomia e di fisiologia del sistema nervoso, sufficienti a permettergli la presa di coscienza della propria memoria genetica e di quella implicita. Lo sguardo introspettivo consente il ripescaggio dei ricordi rimossi del proprio vissuto infantile. La presa di coscienza del mondo interiore e di quello esteriore porta il paziente a conoscere e localizzare il mondo intermedio: è lo spazio dove trova alloggio l’Io.
Esistono tecniche antiche per raggiungere la distensione muscolare e la calma interiore, come la tecnica filosofica indo tibetana o l’igiene mentale mediante la razionalizzazione del potenziale corpo-mente.
Jarreau e Klotz per primi hanno evidenziato come alcuni muscoli, in sede di esercizi di rilassamento, rimanessero tuttavia in tensione (cosiddette paratonie).
Tali muscoli richiedono un tempo molto più lungo per poter giungere alla riduzione della tensione. Una lucida descrizione al riguardo la fornisce il libro sulle cefalee di Rocco A. Pisani
E’ verosimile che il mancato rilassamento di alcune parti muscolari delle spalle e soprattutto del collo, sono le vere e proprie paratonie descritte da Klotz.
Le sollecitazioni della nostra epoca legate al crescente sovraffollamento dei grandi centri urbani, che produce traffico, polveri sottili, inquinamento acustico; il cattivo utilizzo dei mezzi di comunicazione, vecchi e nuovi (l’abuso dei telefonini, l’inquinamento pubblicitario) sono tra le cause che generano incertezza e paura negli individui, soprattutto nei soggetti con l’Io debole del gruppo di soggetti con reazioni di tipo tonico caratteriale. In questi soggetti si osserva con facile ricorrenza l’alterazione del ciclo sonno-veglia, pessimi rapporti sociali. Tali soggetti presentano, oltre che instabilità comportamentale, alterazione del bilancio tra neurochimici e neurotrasmettitori.
Il cervello umano si divide in tre strutture differenti sovrapposte tra loro e ben collegate. Il più antico è il corpo striato che presiede prevalentemente all’attività motoria, posseduto anche dai rettili. Quello intermedio costituisce la struttura dei mammiferi primitivi, il sistema limbico, centro delle attività emozionali e vegetative. La parte moderna è prerogativa dei mammiferi superiori: gli emisferi, centro delle attività cognitive e decisionali. Quest’ultima, mediante l’allenamento, è in grado di condizionare le parti sottostanti, sia in senso negativo, sia in senso positivo. In negativo aumenta l’ansia; in positivo la riduce e mantiene l’omeostasi.
Gli psicanalisti e gli psicoterapisti dell’Ottocento avevano individuato i meccanismi della ipertensione mentale e muscolare mediante lo studio dei fattori emotivi e dell’autocondizionamento. Oggi sono tutti concordi nel ritenere che il massimo della tensione si concentri nelle fibre muscolari striate del sistema della locomozione e nelle fibre dei muscoli lisci della regione splancnica.
Il rilassamento dei muscoli del collo e della colonna vertebrale costituisce la base essenziale al fine di ottenere una distensione completa e piacevole di tutto il corpo. Ottenuto il rilassamento di queste parti del corpo, successivamente si passa al rilassamento mentale con la meditazione e l’osservazione dei meccanismi di tensione e di rilassamento.
L’osservazione e la percezione della forma del corpo, la visualizzazione mentale dei propri organi sono fondamentali per la commutazione mentale.
Compito degli esercizi di training autogeno è il rafforzamento della personalità. La presa di coscienza da parte del paziente della posizione dei propri organi rappresenta un passaggio essenziale ai fini del rafforzamento delle strutture neuroendocrine, neurotrasmettitoriali ed immunitarie. D’altronde, lo stato di passività, lo stato ipnotico, l’osservazione del corpo, il dolce far niente costituiscono il nucleo, la crema della psicoterapia del Training Autogeno di Schultz.
Per concludere si può affermare che con la psicoterapia tensiolitica si riporta l’omeostasi nei limiti della normalità dei soggetti. L’equilibrio neurobiologico all’interno del corpo umano, qui e ora, è la base essenziale per il ripristino dell’equilibrio dell’attività delle catecolammine nel circuito circadiano in tutti i soggetti ipersensibilii agli stress psicosociali. Il ritorno della serenità psicosomatica di ogni soggetto è compito primario della psicoterapia psiconeurotensiolitica, secondo le aspettative dell’individuo contemporaneo.


Bibliografia
1) S. Freud, Compendio di Psicoanalisi, Biblioteca Boringhieri;
2) F. Pommier, T. Pietrangelo, Corso di Sofrologia, Melusina Editrice;
3) R. Durand de Bousingen, Distensione e Training Autogeno, Edizioni Mediterranee;
4) H. Schultz, Il Training Autogeno, Feltrinelli Editore;
5) C. Maggini, Disturbo Borderline di personalità;
6 ) R. A. Pisani, Le cefalee essenziali, Edizioni Universitarie Romane;
7) P. Pancheri, Stress, Emozioni, Malattia, Mondadori Editore;
8) P. Motta e Altri, Anatomia Umana, Edizioni Ermes;
9) C. A. Keele, Fisiologia Applicata, Editrice Universo. ]


Fa seguito alla relazione il dialogo tra i partecipanti:

Il prof. R.Pisani si complimenta con il relatore per come ha presentato la relazione sulle terapie suggestive: argomento oggi abbastanza trascurato a favore delle psicoterapie. Ritiene che la psicoterapia suggestiva sia il livello più semplice di terapia rispetto a quelle di media complessità, in cui potremmo includere le terapie cognitive, le terapie familiari sistemiche, le terapie transazionali e il livello più complesso in cui includiamo le terapie analitiche e quelle che hanno a che fare con l’analisi dell’inconscio. Si chiede però quante persone siano in grado di fare un’analisi dell’inconscio sotto forma individuale o di gruppo. La grande maggioranza delle persone non vuole fare un’ analisi dell’inconscio. È una terapia così dolorosa che spaventa le persone poiché fa saltare i meccanismi difensivi. Si preferiscono terapie comportamentali o cognitive che promettono la soluzione dei problemi in cinque-sei mesi, anche se solo a livello sintomatico. Tuttavia molte persone non sono in grado di affrontare neppure terapie cognitivo-comportamentali: hanno bisogno di assistenza, di accudimento e questo significa entrare nella dimensione coorporea. Valuta che molte persone potrebbero giovarsi di un tipo d’intervento del genere che permetterebbe loro di ridurre l’uso dei farmaci: pazienti con patologie renali, cardiovascolari. Propone l’uso di questo tipo di terapia nei centri di salute mentale, negli ambulatori psichiatrici, negli ospedali, dove reputa potrebbe essere efficace.
Il dr. D. Surianello, lavorando in ambito psichiatrico, ricorda che è venuto in contatto con uno psicotico che rifiutava l’intervento dei medici e ha accettato la sua presenza dopo che lui aveva verbalmente contenuto i propositi aggressivi manifestati dal paziente. Evidenzia gli ottimi risultati raggiunti tramite la terapia suggestiva e il totale affidamento del paziente. Aggiunge che il terapeuta deve avere determinate caratteristiche che convincano la persona, e ne sollecitino la fiducia. Ha avuto in terapia pazienti con calcoli a livello renale ed epatico. In questi pazienti, dopo l’acquisizione della respirazione addominale, che comporta la compressione e la decompressione a livello diaframmatico, i calcoli sono scomparsi. Mette in relazione la scomparsa dei calcoli, ecograficamente rilevata, con la respirazione in quanto essa provoca un rimescolamento continuo tra il contenuto liquido e la parte solida dei cristalli che generalmente tendono ad aggregarsi nei dotti.
La Dr. ssa L. Taborra chiede se esistano persone non adatte alla terapia suggestiva. In riferimento al tono di voce pacato che il relatore ha mantenuto per tutta la durata della sua esposizione e ricordando come anche gli analisti suoi supervisori, si esprimessero con un tono vocale calmo, usato da lei stessa nella pratica clinica, chiede l’importanza del tono della voce nelle tecniche suggestive.
Il Dr.D.Surianello spiega che le persone non adatte alla terapia suggestiva non sono i soggetti con sintomi psicotici conclamati, ma latenti. Queste persone possono crollare durante la prima seduta. Per evitarne l’inserimento in un gruppo di terapia, viene somministrato il test MMPI che, con buona attendibilità, consente l’individuazione delle patologie. Sottolinea come la terapia suggestiva sia particolarmente adatta al secondo gruppo indicato da De Jurriaguerra, cioè a coloro che sentono l’aggressività nel corpo, ma anzichè esternarla, l’ introiettano e vanno incontro ad una serie di patologie a carico degli organi. Circa il timbro della voce è quello che usa in terapia. Spiega che la sua pacatezza può provocare sonnolenza nel paziente, per questo è attento e , con la scusa di aggiustare la posizione della testa o di un arto, si avvicina: questo richiamo ne produce il risveglio. Lui si accorge dello stato di sonno del paziente, per via della mancata emissione del segnale convenuto che consiste in un atto respiratorio addominale richiesto dopo quattro, cinque parole dirette al rilassamento, alla presa di coscienza o alla meditazione sull’organo. Chiarisce che il timbro della voce è quello che deve mantenere un campo uguale, evitando che arrivino impulsi o sottoimpulsi e che la persona senta troppo o troppo poco.
Il Dr. S. Zipparri ha trovato molto interessante sia l’enfasi sulla caratterologia costituzionale sia l’enfasi sulla tecnica. La sua formazione è analitica, ma oggi si tende a dimenticare che le psicoterapie sono nate a partire dall’approccio dell’ipnosi e che Freud stesso, quando si riferisce alla terapia psicoanalitica, parla di tecnica della psicoanalisi. Le terapie suggestive ci riportano all’alba della psicoterapia, anche se ci sono pazienti più o meno adatti ad un tipo di terapia.
Il Dr. D. Surianello valuta che l’alto numero di tecniche provochi un confusione nei pazienti e che sia necessario considerare la disponibilità sia del paziente ad una determinata terapia, sia del terapeuta che può non essere disponibile ad affrontare una psicoterapia di gruppo.
La Dr.ssa L. Di Gennaro considera la terapia suggestiva una tecnica di rilassamento, ma non una psicoterapia. Reputa che possa essere considerata come una tecnica in appoggio alla psicoterapia. Ne sottolinea l’ utilità per pazienti che non possono assumere farmaci o nel caso dei bambini cerebrolesi che, tramite una tecnica di rilassamento, possono essere aiutati nella percezione di se stessi quali esseri umani.
Il Dr. D. Surianello, che considera psicoterapia solo l’approccio psicoanalitico, ritiene che le terapia suggestiva possa essere una tecnica che prepara il paziente ad un futuro terapeutico, ad esempio l’ entrata in un gruppo analitico o comportamentale. Ricorda un paziente che con lui faceva il training autogeno e con il prof. Pisani era inserito in un gruppo analitico. Inizialmente era una persona inadatta all’analisi, ma aveva tanto desiderio di capire e conoscere e il training autogeno l’ha preparato.
Il Dr. M. Cecinelli considera il training autogeno una terapia breve. Collega la presenza di dubbi alla considerazione del solo livello inferiore del training autogeno, ma il livello superiore è quello di una psicoterapia che porta modificazioni psicofisiologiche profonde poste alla base del cambiamento. Chiede chiarimenti sul contributo di De Jurriaguerra e se è stato lui ad avviare la terapia psiconeurolitica.
Il Dr. D. Surianello chiarisce che De Jurriaguerra ha studiato dei soggetti che presentavano dei comportamenti complessi, dividendoli in due gruppi. In un gruppo ha inserito i soggetti che si aspettano di incorrere in un pericolo da un momento all’altro, persone impulsive che evitano l’agire quotidiano; ad esempio: non vanno nei posti perché potrebbe esserci fila; non si recano al colloquio con i professori dei figli, perché dovrebbero aspettare. Queste persone di solito non vanno dal medico, al limite scelgono l’internista, perché sono convinte che non dipenda da loro, ma dagli altri. Il gruppo più importante selezionato da De Jurriaguerra è quello dei soggetti che pur sentendo aggressività interiore, non l’ esternano, ma l’introiettano distribuendola a livello viscerale, con tutte le conseguenze delle nevrosi.
Il Dr. M. Cecinelli chiede se la terapia proposta da De Jurriaguerra sia o meno una scorporazione del T. A.
Il Dr. D. Surianello risponde che fa parte del T.A. anzi era l’esercizio respiratorio di Erikson per ridurre questo tipo di tensioni. Chiarisce che l’intervento terapeutico riguarda sia il livello psichico, che fisico sui movimenti per regolare l’attività fisiologica e anatomica degli organi.
La Dr. ssa M. A. Ferrante fa presente che, ascoltando la relazione, si è fatta un’idea un meccanicistica della terapia suggestiva e ha avuto l’immagine di un istruttore che segue gli esercizi. Chiede se, preventivamente, il terapeuta si rende conto se tutti i partecipanti al gruppo, saranno capaci di eseguire un certo esercizio. Cosa accade se una persona non è in grado di respirare? Va tolto dal gruppo? Il gruppo non procede se non si va avanti di pari passo, in modo meccanicistico?
Il Dr. D. Surianello spiega che le prime sedute di tipo sperimentale, sono preparatorie perché il soggetto deve imparare la respirazione addominale. Ci sono soggetti che imparano subito a respirare col diaframma, altri che non ci riescono. A questi soggetti chiede d’imparare entro la quarta seduta la respirazione addominale. Le indicazioni sono: mantenere con una mano la staticità del torace, con l’altra mano seguire il sollevamento del mantice addominale. eseguire la respirazione ad occhi aperti; emettere rumore nella fuoriuscita dell’aria; osservarsi davanti ad uno specchio, a dorso nudo. Il soggetto quindi si guarda nello specchio; osserva i movimenti eseguiti dalla mano e la staticità del torace; sente i rumori emessi attraverso l’udito e rinvia i messaggi attraverso i muscoli per fotografare l’esercizio.
La Dr. ssa L. Di Gennaro gli chiede quante persone segua in terapia.
Il Dr. D. Surianello risponde che ora, per problemi di spazio, ha quattro pazienti, ma che ha seguito anche gruppi di 30 persone.
La Dr. ssa L. Di Gennaro chiede come facesse a seguire tutti.
Il dr. D. Surianello spiega che il terapeuta si muove, anche se con il “passo del gatto”. La sua voce non deve provenire mai dallo stesso punto e per questo deve spostarsi. Deve avere anche l’accortezza di cambiare posto ad ogni seduta, per evitare l’accaparrarsi della sedia vicino al terapeuta per seguirlo meglio.Per l’esecuzione degli esercizi consiglia la posizione seduta su una poltroncina con i braccioli; gli avambracci poggiati sulle cosce; la schiena ben aderente allo schienale della sedia; la testa in equilibrio; gli occhi chiusi. In ogni caso lo spostamento del terapeuta non è avvertito perchè deve usare un passo leggero( passo del gatto). Se necessario, deve sfiorare il soggetto, ma non fare contatto.
La Dr. ssa G. Sgattoni, mentre ascoltava faceva un riferimento alla ginnastica posturale che viene consigliata per i disturbi caratterizzati da una serie di tensioni che si generano sulla colonna, o per le cefalee. Anche lì si lavora sulla respirazione e non solo. Rifletteva che le tecniche possono essere tante, ma i principi simili. La finalità della posturale è quella d’imparare a conoscere la propria postura e a disabituare da certe posture che vengono considerate viziate e che vanno a generare il sintomo. Anche qui c’è l’uso del tappeto e addirittura di palle da tennis per facilitare lo scioglimento articolare. Chiede come possa essere considerata psicoterapia la terapia suggestiva e la differenza tra le due terapie.
Per il Dr. D. Surianello è una differenza minima perché, nel momento in cui sottoponi una persona a degli esercizi posturali, metti quella persona in condizione di guardare, osservare mentalmente i muscoli. Lui sa quali muscoli deve rafforzare perché la terapia posturale consiste nel rinforzare soprattutto i muscoli vertebrali e addominali in modo che muscoli e tendini formino una sorta di capsula intorno al canale vertebrale, per evitare lo scivolamento dei dischi. La cefalea muscolo-tensiva viene inserita nella terapia posturale. E ‘ necessario mettere il cefalalgico in condizione di allentare i muscoli del collo con lenti movimenti del capo. Per la notte è utile l’uso di un cuscino a cilindro in modo che l’occipite rimanga all’esterno.
La Dr. ssa A. M. Meoni propone una riflessione conclusiva riguardo le tante psicoterapie, la cui necessità, secondo lei, discende, oltre che da patologie di varia origine, da vizi comportamentali e atteggiamenti che la civiltà orientale previene dando stili di vita basati su funzioni più armoniche tra mente e corpo. Mentre la civiltà occidentale fomenta atteggiamenti conflittuali, proponendo stili di vita ansiogeni e convulsi.]


Note di redazione:
(t) Il relatore Dr. D.Surianello ha fornito il testo integrale e rivisto il dialogo nel dibattito a seguire la registrazione vocale degli interventi dei partecipanti.
Antonella Giordani agior@inwind.it e Anna Maria Meoni agupart@hotmail.com


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