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A. M. P.
SEMINARI STRAORDINARI 2000

"Il pensiero di P. Bion Talamo e W. R. Bion"
Dedicato a Parthenope Bion Talamo

Giovanni HAUTMAN

Riflettendo sullo splitting cognitivo primario


Quando comincia il pensiero? Nell’aprile del 1998, Parthenope Bion mi invitò a Torino, al centro di psicoanalisi, per parlare del lavoro che di lì a poco avrei presentato qui a Roma al nostro XI congresso che avrebbe rivisitato il sogno a cento anni dalla traumdeutung. Era una rilettura in termini Bioniani del “sogno dell’uomo dei lupi”. La discussione, per desiderio di Parthenope, fu limitata alla introduzione teorica che assai ridotta nel testo pubblicato sulla rivista di psicoanalisi, aveva invece interessato Parthenope nella stesura estesa. Essa è ora a disposizione come sintesi teorica con cui apro il sesto capitolo del mio libro: “Il mio debito con Bion” - Borla 1999. Parthenope mi chiese se ritenevo che all’elemento si potesse attribuire già qualche carattere proprio del pensiero. Intuii che Parthenope aveva in mente una serie di considerazioni che avevo portato avanti in un modo un po’ avveniristico nel 1978 al congresso di lingue romane a seguito di un ampio materiale clinico con cui contribuivo ad un discorso sui borderline. Spero di poterlo riproporre in un mio libro prossimamente. A Torino il nostro scambio di idee lasciò aperto il discorso. Al congresso qui a Roma in giugno, presi dai lavori, con Parthenope ci vedemmo appena. Poi l’inizio delle vacanze ce la portò via. Nell’occasione di questo seminario che intende ricordarla, il nostro scambio di interrogativi mi si è ovviamente rifatto presente. Allora proverò a ripercorrere quanto da tempo sono venuto prospettando sulla formazione della mente primitiva, pensando a questo incontro di Torino con Parthenope e con gli amici di quella sera. Pellicola di pensiero e formazione del Sé. Una delle conseguenze degli apporti che Bion ci ha fornito con la sua teoria del pensiero è costituita dalla possibilità di una migliore configurazione del Sé sia da un punto di vista fenomenico, che dal punto di vista organizzativo-funzionale. Infatti, in Bion il pensiero è visto come un tutto unico che va dall’emozione al giudizio. La gamma dei diversi livelli genetici e degli usi funzionali di esso che la griglia di Bion rappresenta è l’elaborazione in forme di pensiero di una attività mentale asimbolica o comunque presimbolica. Con gli inizi della simbolizzazione, già nei suoi aspetti più elementari, possiamo parlare di formazione del Sé. Il suo organizzarsi è quindi leggibile in termini di formazione del pensiero nei suoi complementari aspetti della coscienza e dell’inconscio. Agli albori della sua formazione il Sé può essere inteso come una pellicola di pensiero che, come la pelle definisce l’individuo fisico rispetto all’ambiente, così essa individua il formarsi del Sé rispetto al non Sé, il pensiero rispetto al resto dell’attività mentale. Questa condizione primitiva della mente concerne, dal punto di vista psicogenetico, una condizione preparatoria della necessità psichica cioè della differenziazione nel Sé della struttura dell’Io e della creazione del vissuto dell’oggetto con cui l’Io istituisce e recepisce modalità relazionali e comunicazionali ed il sentimento del Sé si complica e si sostanzia delle funzioni dell’Io e delle relazioni con l’oggetto sottese dalla intenzionalità pulsionale. L’assunzione nel Sé della strutturazione relazionale e delle sue conseguenti espressioni comportamentali, può essere esemplificata proprio da quel caso clinico dell’uomo dei lupi che fu, come dicevo, occasione di scambio di idee con Parthenope. Infatti Freud aveva raccontato come nel momento, a quattro anni, in cui l’uomo dei lupi bambino fece il sogno, ed aveva sottolineato che si era trattato di un sogno, e nel momento, come ho scritto, in cui l’uomo dei lupi adulto raccontò in analisi quel sogno, si determinasse, a causa di questa elaborazione onirica e poi transferale, un cambiamento del paziente. Questo cambiamento riguardò la struttura ed il passaggio da una prevalente perversità ad una prevalente sintomatologia nevrotica e nell’attualità della relazione di transfert da una condotta vicina all’agire ad una migliore collaborazione a livello di ricerca ricostruttiva e funzionamento simbolico. Il cambiamento notato nei due ambiti storico-infantile e attuale nell’analisi è secondo me imputabile al fatto che le condizioni strutturali incentrate sull’angoscia di castrazione e la scelta primaria difensivamente elaborata in vari modi ampiamente ripercorsi da Freud, venivano, attraverso una elaborazione conscia ed inconscia, assunti nel Sé diventando costitutivi del sentimento della identità. Del resto la ricerca e la teorizzazione sui fattori terapeutici in analisi non credo possa prescindere dalla riflessione sulla assunzione nel Sé, nei suoi primordi di funzionamento prerappresentazionale e prepercettivo, dei nuclei costitutivi dell’Io, delle sue funzioni, dell’organizzarsi dell’oggetto come altro da Sé e del suo investimento pulsionale. Se l’apporto dell’Io all’integrazione nel Sé porta il pensiero a quel salto di complessità evolutiva data dalla funzione di rappresentazione e di percezione, l’apporto del Sé già nei primordi della sua pellicola simil-onirica di organizzazione nella duplice matrice protomentale emotiva e sensoriale, conferisce alla nascita psichica, intesa come mente separata, la vitalità del sentimento dell’esserci, con cui già la mente primitiva si afferma come risvolto asimbolico, presimbolico e simbolico della vitalità biologica. Sé, gruppalità, protonatale. Ma il contributo di Bion a dare sostanza e spessore al concetto di Sé non viene solo dalla teoria del pensiero. Viene, secondo me, anche dal suo lavoro sui gruppi quale noi possiamo particolarmente intenderlo da esperienze nei gruppi, ma anche dalla memoria del futuro. Dall’apporto di Bion sui gruppi e dalla “memoria” infatti si rileva una concezione della mente primariamente gruppale, strettamente connessa col concetto di protomentale, per noi diventata importante anche per collocare nell’analisi dell’individuo quanto ci appare riferibile al “collettivo” ed al “transgerenazionale”. Potremmo citare, tra l’altro: “non si può capire la sfera degli avvenimenti protomentali riferendosi agli individui soltanto ed è invece negli individui riuniti in gruppo che si trova il terreno adatto a capire la dinamica dei fenomeni protomentali”. “Il gruppo è essenziale per lo sviluppo della vita psichica dell’uomo, almeno quanto lo è ovviamente per le attività economiche o la guerra”. Ed infine: “vi è una matrice di pensiero che si trova all’interno del gruppo di base, ma non all’interno dell’individuo”. Gli assunti di base inoperanti, così come gli elementi a questo livello protomentale appaiono elementi già avvicinabili ad una letteratura di tipo psicologico anche se molto partecipi di un livello biologico e naturalmente dei suoi metodi di influenzamento. Del resto già ai tempi del caso e della necessità Morod parlava, movendo invece dal piano biologico, dell’intelligenza della cellula. Fino dalla seconda metà degli anni ’70, ho scritto di una organizzazione gruppale primitiva del Sé. Nel pensiero di Bion trovava infatti conferma l’esperienza della mente dell’analista al lavoro quando deve saper restare in quella sorta di capacità negativa sul confine di elementi dispersi e prerappresentazionali e prepercettivi, probabilmente simile allo stato corrispondente al sonno non-REM, e che mi è sembrato un modello illuminante per rappresentarsi l’oscillazione e l’evoluzione della mente fetale alla mente del lattante nel rapporto con la madre. Questa area protomentale che assumerei come costituita da elementi ed elementi dispersi, un insieme di elementi asimbolici e presimbolici, è prevalentemente costituita da elementi visivi sotto cui apparenze fenomeniche si trasformano tutte le afferenze sensoriali e le afferenze emotivo-motorie. La denominazione “pellicola di pensiero” mi è sembrata anche pertinente per questa incipiente simbolizzazione visiva, che nell’insieme rimanda genericamente all’idea di pellicola fotografica. Elementi Beta ed elementi Gamma. Mi sembra che aiuti la concettualizzazione dell’area asimbolica distinguere tra il lavoro della funzione Alfa sugli elementi sensoriali e su elementi pre-emozionali probabilmente connessi con le varie efferenze motorie. Quindi potremmo dire elementi ed elementi . Questo mette al centro della funzione un lavoro d’integrazione nell’elemento della radice sensoriale e della radice pre-emozionale. Il protomentale è quindi rappresentabile come sul confine di una dispersione di elementi in equilibrio più o meno instabile con elementi asimbolici distinguibili in Beta e Gamma. Mi sembra anche importante in questo passaggio integrativo dell’elemento Beta e dell’elemento Gamma a dare luogo all’elemento Alfa, cioè all’elemento che acquisisce un primo livello di simbolizzazione, riflettere sulle condizioni di natura economica. Cioè valutare in questo passaggio lo statuto energetico. Come da tempo ho proposto, tenendo conto della clinica, mi pare che si possa pensare ad una sorta di de-energizzazione che accompagna la direzione ed il verso del processo trasformativo che dagli elementi Beta e gamma conduce all’elemento Alfa. Passando da un ambito strutturale economico e funzionale ad un ambito anche fenomenico per quanto riguarda questi aspetti primitivi in cui si organizza il Sé, è appunto in primo luogo da sottolineare la qualità visiva della pellicola di pensiero con cui il Sé si forma. Contribuisce a così raffigurarla l’esperienza delle condizioni di sfondo della nostra mente di analisi nella attiva esclusione di memoria, desiderio e conoscenza, come pure l’esperienza di tipo ipnagogico sul confine tra vigilanza e la sua perdita, sempre nell’ascolto analitico, o l’esperienza di immagini oniriche catturate da forzati risvegli e fotografate all’istante prima dalla cancellazione operata da un pensiero di veglia ancora impossibilitato a memorizzare. Ma in secondo luogo credo che il passaggio dallo stadio primitivo gruppale del Sé all’organizzarsi del Sé individuale, sia segnato da un combinarsi di un sentimento soggettivo delle dimensioni (unidimensionalità, bidimensionalità, tridimensionalità ecc. a proposito dello spazio, della sensorialità dell’emozione ecc.) con una impressione di oggettivazione di questi vari aspetti del Sé. Stadio dello specchio, fenomeno del doppio o condizioni mentali gemellari hanno probabilmente qui la loro prima radice. Del resto vale la pena ricordare che Bion trattò nel suo primo lavoro analitico, mentre era ancora in analisi, del gemello immaginario: collegò visione binoculare, sviluppo intellettivo e parte gemellare immaginaria in funzione di una ancora insufficiente capacità di rapporto con una realtà vivibile come altra da sé. Venendo a riflettere sulla formazione della pellicola di pensiero costitutiva del Sé da un punto di vista dinamico direi che la trasformazione in Alfa degli elementi Beta e Gamma è promossa da forze che hanno a che fare col narcisimo libidico e con l’evitamento di angosce di base. Il primo comporta nel processo integrativo della funzione Alfa una emozione particolare dipendente dal senso dell’esserci e che mutando da condizioni adulte in cui tale effetto coinvolge l’intera personalità non lasciamo spazio ad altre emozioni, mi è sembrato giustificato chiamare “passione”. E’ un affetto appunto soggettivamente confermante il senso dell’esistenza e dell’identità che in un percorso continuativo fonda il sentimento soggettivo di Sé dalle forme primordiali del suo organizzarsi alle forme adulte di rifondazione che anche nell’analisi si accompagnano, o si esprimono anzi, con una emozione di vitalità e con una qualità di tipo energetico. Il secondo elemento attivante il processo integrativo della funzione Alfa è costituito dalla capacità di evitamento di una angoscia troppo forte di dissoluzione di Sé nell’aprirsi alla polidimensionalità propria della simbolizzazione e dalla capacità di evitamento del rischio di annichilimento nella calamitazione dell’area asimbolica. Vale a dire nel processo integrativo degli elementi e a formare gli elementi e poi degli elementi tra di loro fino ad acquisire manifestabilità fenomenica, un certo grado di angoscia attiva il processo trasformativo verso la complessità simbolica, mentre il livello eccessivo di angoscia può creare una spinta oscillante tra la fuga da una dispersione in spazi dimensionali patiti come infinito e vuoto e una fuga da una contrazione puntiforme nell’asimbolico. Nelle analisi queste angosce connesse con movimenti di organizzazione e disorganizzazione del Sé, prendono l’aspetto del terrore senza nome di cui parla Bion o, ad un livello qui integrato dal Sé individuale fortemente implicante la corporeità, del dolore mentale. Mi sembra importante distinguerli dalle angosce persecutorie e depressive proprie di quando vi afferma la strutturazione dell’Io e delle relazioni con gli oggetti con maggiore o minore loro integrazione nel Sé. Così come è importante distinguere tra l’universo del desiderio connesso alla pulsionalità relazionale e quindi allo strutturarsi dell’Io e degli oggetti, e la dimensione della passione intesa come affermazione vitale dell’esserci. La patologia grave e la mente primitiva Cause intrinseche all’ambito di vita od intrinseche al soggetto, a cominciare coll’intenderlo come “organismo”, possono invece ostacolare o compromettere questo processo trasformativo-evolutivo di forazione della pellicola di pensiero costitutiva della mente primitiva ed influire sulle modalità di realizzazione della mente separata con disturbo consequenziale della struttura egoica e relazionale con gli oggetti, ma anche delle difficoltà che si presentino susseguentemente a livello di quest’ultima strutturazione egoico-relazionale possono interferire sulla avviata formazione del Sé. La sofferenza della pellicola di pensiero, che ho chiamato splitting cognitivo primario, comunque determinata, mi è apparsa collegata con un eccesso delle angosce di base ed una insufficienza dell’investimento vitalizzante, tali da determinare disturbi del processo di simbolizzazione. La non integrazione sufficiente degli elementi Beta e Gamma o la insufficiente integrazione degli elementi Alfa dispersi, oppure movimenti disintegrativi ai suddetti due livelli, mi sono apparse rintracciabili nelle patologie autistiche ove si può prospettare un nucleo di aggregazione di elementi Gamma (e fuori dalle patologie probabilmente nel pensiero mistico) così come la sofferenza melanconica mi è particolarmente sembrata connessa con la perdita di parti del Sé nel “buco nero” dell’asimbolico. La eccessiva dominanza di elementi asimbolici non trasformabili ed integrabili, investe la struttura egoico-oggettuale, ed alimenta la tendenza a sintomatologie ad espressione comportamentale psicosomatica e psichiatrica sostenute da violente identificazioni proiettive nel corpo sociale, nel proprio fisico, nella sfera ideativa ed emotiva, tutte secondariamente lesive ed inibitive del Sé. Esse comportano angosce depressive e schizo-paranoi di con insufficienza delle funzioni dell’Io. Pensiero ed atto di fede Questa parte del mio discorso, contrariamente a quanto progettato, non è in realtà che un inizio. Capiterà di poterlo sviluppare. Comunque per rifarmi al punto di partenza del mio dialogo con Parthenope Bion, metterei come punto fermo che il pensiero, inteso nella sua unitarietà Bioniana, cominci con la forma più primitiva di simbolizzazione, l’elemento Alfa disperso, senza apparenze fenomeniche, a chi potrebbe addirsi il termine di “presimbolico” per poi acquisire, come nella fila C della griglia, qualità fenomeniche grazie all’oscillazione PSD e ?? (contenitore e contenuto), ma direi anche, naturalmente, che l’attività mentale è qui più ampia, è l’ambito del protomentale, dell’asimbolico, che pure costituisce una esperienza umana fondante quando anche al suo livello due menti, di cui una con tutte le sue disponibilità di pensiero, vengono in contatto: allora atto di fede ed esperienza dell’unisono, trasformazione in “O”, nella situazione analitica e negli aspetti più indicibili del contatto madre-bambino già come feto, ne sono probabilmente testimonianza.

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