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A. M. P.
SEMINARI 19999 - 2000
Marinetta Ferrante

Sulla "coazione a ripetere"




Introduzione

Il senso più pregnante del termine "coazione" è quello della costrizione ad agire, o a pensare, contro la propria volontà.
"Coazione" è anche termine giuridico indicante il costringimento.
L'aggettivo "coatto" si traduce anche con "sforzato", "imposto". Il domicilio coatto impone l'allontanamento dei pregiudicati, i coatti, in luoghi isolati.
Sono detti coattivi i comportamenti di alcune specie di animali, i quali, in massa, periodicamente, distruttivamente, secondo il nostro punto di vista, vanno verso la morte dopo aver assolto alla funzione riproduttiva. Lo stato di coazione è rilevabile perfino nella materia inanimata, in alcuni solidi che, pur non ricevendo stimoli esterni, sono soggetti ad una "tensione interna". (1)


L'eterno ritorno nei miti cosmologici

I miti cosmologici sono di ordine circolare, nel senso che narrano di eventi mai conclusi, ma tendenti a ripetersi all'infinito.
Mircea Eliade, storico delle religioni, nella sua opera: "Il mito dell'eterno ritorno" (1949), afferma che le società tradizionali si rivoltavano contro il tempo storico, lineare, segnato da un inizio e da una fine per accedere al tempo mitico delle origini, degli archetipi e della ripetizione.
La grande, sostanziale differenza fra la coazione a ripetere secondo il concetto freudiano e la ripetizione di un'azione mitica risiede nella mancanza di automatismo in quest'ultima. L'uomo arcaico imita e ripete un archetipo celeste per scelta deliberata e non perché è costretto da una pulsione.


Genesi del concetto di "coazione a ripetere" nelle opere di Freud

Nel saggio "Psicopatologia" del 1885, Freud ci ragguaglia circa il fenomeno della "coazione isterica", dichiarando che essa: "si genera da rappresentazioni sovraintense, che è incomprensibile, insolubile attraverso il processo del pensiero, incongrua nella sua struttura". (2)

Nel 1889,Freud, curando l'isterica signora Emma von N., con l'ipnosi, riconobbe nella paziente quella che egli, allora definì: "la coazione a guastarsi con il medico ogni volta che la cura sortiva un effetto positivo".
Questo comportamento, aggiunge lo psicanalista, è la tipica coazione a ripetere" (3)
Nel 1904, Freud recensì il lavoro di un neuropatologo di monaco, Leopold Lowenfeld, "I fenomeni psichici di coazione". Sembra che si debba a questo medico il conio del termine "coazione psichica" con il quale egli indicò un buon numero di comportamenti coattivi rilevabili nella malattia ossessiva, nelle fobie, in alcune forme di abulie e in molti stati nevrotici di angoscia.
In tutte queste patologie, la coazione, a suo avviso, è caratterizzata "dall'immutabilità", dall'impossibilità di essere rimossa per influsso della volontà". (4)

Freud criticò l'esclusione dal novero dei fenomeni coattivi, elencati dal Lowenfeld, della sintomatologia isterica.
Nell'opera "Totem e Tabù", del 1912-1913, nel paragrafo "Animismo, magia e onnipotenza" lo psicanalista confronta i tabù degli aborigeni con la malattia ossessiva avvertendo che l'analogia fra i due fenomeni è, tuttavia, "puramente esteriore" e pertanto non intacca la sostanza dei due comportamenti: "La concordanza più immediata e vistosa tra i divieti ossessivi e i tabù consiste nel fatto che questi divieti, al pari dei tabù, sono immotivati e misteriosi".(5)
Più oltre aggiunge: "l'isterico ripete nei suoi attacchi e fissa mediante i suoi sintomi esperienze che si sono svolte in quel certo modo soltanto nella sua fantasia, anche se in ultima analisi, esse risalgono a eventi reali o sono state costruite a partire da tali eventi. (6)

E' del 1913-1914 il lavoro "Nuovi consigli sulla tecnica della psicoanalisi". Nel paragrafo "Ricordare, ripetere e rielaborare" il concetto di coazione viene ampliato.
Freud comunica, qui, le trasformazioni apportate alla tecnica psicanalitica: dalla cura catartica di Breur alle libere associazioni, dall'atteggiamento critico dei pazienti nei confronti delle stesse al riconoscimento delle resistenze e alla loro possibile soluzione attraverso il ritorno del ricordo. A questo riguardo dice: "L'analizzato non ricorda assolutamente nulla degli elementi che ha dimenticato e rimosso, egli piuttosto li mette in atto, li ripete, ovviamente senza rendersene conto" (7). Il paziente non si libererà, finché rimane in trattamento, da questa coazione a ripetere e alla fine ci si rende conto che proprio questo è il suo modo di ricordare". (8)

Il concetto di coazione rivestirà una grande importanza nella successiva teoria freudiana delle pulsioni che compare qui per la prima volta in maniera chiara, essa sarà utilizzata da Freud in senso clinico nello scritto "Il perturbante" del 1919, ma soprattutto costituirà il fondamento teorico del paragrafo 3 dell'opera "Al di là del principio del piacere" del 1920. Ne "Il perturbante", lo psicanalista utilizza la frase: "il perpetuo ritorno dell'uguale" per indicare l'identificazione di un soggetto con un'altra persona, il sosia, fino al punto di un "raddoppiamento" dell' "Io", di una permuta dell' "Io" (9), ciò che è perturbante e perfino demoniaco.

In "Al di là del principio del piacere" questa frase è ripetuta riferendosi l'autore a "quegli uomini i cui rapporti amorosi con le donne attraversano tutti le medesime fasi e terminano nello stesso modo".
Secondo Strachey, "il perpetuo ritorno dell'uguale" evoca l'opera "Così parlò Zarathustra" di Nietzsche (1885) il quale in termini filosofici e suggestivi tenta di vincere, qui, l'estremo nichilismo, il non senso del vivere, nel suo ritorno continuo e obbligato, attraverso il superamento dello stesso".
"Il nichilismo, al culmine della sua crisi, si rovescerebbe in una dottrina non più distruttiva dell'eterno ritorno.
Dopo essere sprofondato nell'estrema malinconia, l'uomo nuovo, il superuomo, risalirebbe verso il "dire di sì dionisiaco", verso la spensieratezza e la felicità (11), pur nella ripetizione senza fine degli stessi eventi.

Nell'articolo "Ricordare, ripetere, rielaborare" del 1914, Freud riprende il tema dell' "eterno ritorno", della coazione a ripetere vedendola alla luce del fenomeno traslativo.
"Ci rendiamo conto subito, dice, che la stessa traslazione rappresenta un elemento della ripetizione e che la ripetizione è la traslazione del passato dimenticato, non soltanto sulla persona del medico, ma su tutti gli altri ambiti della situazione attuale.
Dobbiamo perciò rassegnarci a che l'analizzato soggiaccia alla coazione a ripetere che ora sostituisce l'impulso a ricordare, non soltanto nei suoi rapporti personali con il medico, ma anche in tutte le altre attuali attività e relazioni della sua vita". (12)
Tanto più marcata sarà la resistenza, tanto più il ricordare verrà soppiantato dal ripetere. Ma quali sono i comportamenti che il paziente mette in atto ripetutamente?
"Sono le sue inibizioni, i suoi atteggiamenti inservibili, i tratti patologici del suo carattere, egli ripete i suoi sintomi". (13)


Al di là del principio del piacere

E' in questa opera del 1920 che Freud tratta esaurientemente il tema della pulsione di morte e delle pulsioni sessuali di vita, concetto dualistico, come lo definisce, delle pulsioni.
La seconda parte di questa opera, di ordine speculativo, è, anche il frutto di una accurata ricerca. Lo psicanalista si interessò degli studi condotti da eminenti scienziati che avevano già affrontato l'arduo problema della genesi della vita e della sua ineluttabile conclusione.
Il mistero della morte, è, in questo scritto, dominante. Lo afferma lo stesso Freud quando, scrivendo alla sua allieva Lou Andreas Salomé, nel 1919, le comunica che il tema della morte favorì la revisione della sua teoria delle pulsioni.

"Al di là del principio del piacere" impegnò al massimo livello, sia fisico che psichico l'autore, il quale, fra l'altro, si preoccupò del fatto che l'argomento trattato potesse essere collegato a due lutti dolorosi che lo avevano appena colpito: la morte del caro amico Anton von Freund e quello contemporaneo della propria figlia Sophie.
Sta di fatto, sebbene Freud lo smentisca, che il suo umore non era dei migliori: gli stenti del dopo-guerra, l'idea dell'incipiente vecchiaia e la morte delle persone care incisero sulla formulazione della pulsione di morte come coazione organica mirante a ristabilire lo stato di quiete assoluta, della inorganicità iniziale.

In questo scritto, pilastro della teoria delle pulsioni, lo psicoanalista modifica l'assunto secondo il quale le pulsioni sono dominate e guidate solo dal principio del piacere.
"Nella vita psichica, afferma, agisce una coazione a ripetere indipendente dal principio del piacere".
Tale coazione è evidenziabile soprattutto nei giochi ripetitivi dei bambini, (vedi il caso del nipotino di Freud che nascondendo e ritrovando il rocchetto e ripetendo più volte il gioco drammatizza l'allontanamento della madre e il suo ritorno. Il gioco ripetitivo tiene a bada l'angoscia della separazione e sostiene la speranza del piacere prossimo) nei comportamenti traslativi dei pazienti in analisi e nei sogni traumatici causati da eventi dolorosi o dalla guerra. Sogni che, rinnovando l'esperienza nefasta, contraddicono qui l'assunto che il sogno sia sempre espressione di un desiderio.

La costatazione che la coazione a ripetere è svincolata dal principio del piacere obbligò Freud a formulare una teoria circa la sua genesi.
Si avvalse, in questo senso, della lettura di molte opere ove il problema viene trattato sia pure secondo ottiche differenti.
Prese in esame, fra le altre, un'opera di August Weismann il quale afferma che la materia vivente si scinde in due parti: una mortale, il soma, il corpo, e una parte costituita da cellule germinali che potenzialmente è immortale. (Weismann, "Uber Leben und Tod, 1884).
Vicina all'analisi biologico-genetica della coazione di Weismann, con le dovute differenze, è quella di Sandor Ferenczi il quale nel 1924 preparò l'opera "Thalassa. Saggio sulla teoria della genitalità". A riguardo Ferenczi dice: "Abbiamo tentato, come già in precedenza, per le diverse modalità di manifestazione del senso di realtà, di ricondurre le manifestazioni pulsionali della sessualità alla tendenza a ristabilire la situazione prenatale, come fossero una sorta di compromesso tra questa tendenza, in apparenza del tutto abbandonata nella vita reale, ma di fatto soltanto messa da parte e gli ostacoli che essa incontra nella realtà." (14)

Il coito, a suo avviso, è un ritorno, in parte reale, in parte fantasmatico, nel ventre materno; un ritorno intriso di angoscia, perché bisogna nascere e la nascita comporta una separazione, ma anche di vittoria, perché nascere è anche vincere.
La pulsione erotica, afferma Ferenczi, genera un dispiacere iniziale allo scopo di trasformarlo, subito dopo, in un piacere di godimento.
Freud è d'accordo con Weismann solo in parte e ciò vale anche nei confronti di Ferenczi. Egli è interessato soprattutto alle forze che agiscono nella materia vivente, cioè alle pulsioni, a quelle che spingono la vita verso la morte, le pulsioni dell'Io e quelle che provano e riescono continuamente a rinnovare la vita, le pulsioni sessuali.
La prima pulsione, a suo avviso, si oppose alla vita allorché la materia inanimata divenne, per una forza sconosciuta, animata. Tale pulsione di morte tese all'annullamento della vita.

"L'organismo elementare non avrebbe mai voluto cambiare il suo stato iniziale. L'inerzia è propria della vita organica. Esiste, dunque, una coazione a ripetere organica".(15)
Tuttavia, dopo quanto detto, Freud non poté disconoscere che, a dispetto della pulsione di morte, gli esseri viventi si evolvono spinti da una forza che guida verso obiettivi di vita. L'uomo è capace di sublimare, è capace di conquiste di ordine morale, religioso, estetico. Perché, allora, mirerebbe a civilizzarsi, a progredire, a raggiungere anche lo stadio del super-uomo, se poi, è la morte che lo preme soprattutto?
La risposta di Freud è coerente con quanto ha affermato e forse è qui il limite della sua teoria delle pulsioni, della pulsione di morte soprattutto, esasperata in un momento particolare della sua vita. Dice: "La spinta a progredire è la conseguenza della rimozione pulsionale su cui si fonda la civiltà.

La pulsione rimossa non rinuncia mai a cercare il suo pieno soddisfacimento che consiste nella ripetizione di un'esperienza di soddisfacimento". (16)
"Una pulsione è la spinta insita nell'organismo vivente a ripristinare uno stato precedente al quale questo essere vivente ha dovuto rinunciare sotto l'influsso di forze perturbatrici provenienti dall'esterno" (17).

Karl Gustav Jung ha focalizzato il concetto della coazione a ripetere in un suo breve scritto del 1909, ristampato più volte fino alla pubblicazione definitiva avvenuta nel 1949.
Il titolo, già di per sé significativo, è: "L'importanza del padre nel destino dell'individuo".
Nella prefazione all'ultima edizione, Jung riconosce che nel comportamento dell'uomo agiscono, a causa della sua struttura biologica innata, delle forze che inducono istintivamente a ricalcare i percorsi sperimentati già, non solo dai propri genitori, ma addirittura dai parenti di un passato molto lontano.

Padre e madre influenzano con il loro aspetto fisico e con le loro tendenze il destino dei propri figli, e in questo senso il ruolo del padre sarebbe ancora più determinante.
Cita, nello scritto, il caso clinico di due donne il cui destino di nevrotiche era da addebitare all'impronta indelebile ricevuta dalla figura del padre. Tutte e due, legate da una estrema dipendenza al genitore, rincorsero un compagno di vita che il più possibile gli rassomigliasse, senza riuscirci, fino alla malattia. Coattivamente "trascorsero la vita intrappolate nel cerchio magico della costellazione familiare". (18)

A suo avviso, la coazione a ripetere esperienze infantili è una potenza demoniaca, secondo quanto afferma anche Freud nell'opera "Il perturbante". "La vediamo, qui, dice Jung, in queste oscure e silenziose tragedie che lentamente e dolorosamente si consumano nell'animo malato dei nostri nevrotici". (19)
L'accordo con il concetto freudiano di coazione lo si rileva nella misteriosa forza della tendenza a ripetere.
Ma, mentre in Freud, la causa prima di tale fenomeno è rinviata alla prima pulsione, a quella che tentò di riportare la materia inorganica, divenuta organica, alla sua condizione di morte, di non esistenza, in Jung, il concetto di coazione a ripetere rinvia soprattutto all'archetipo. "Io ho chiamato archetipo, dice, il modello istintuale preesistente, ossia il pattern of behaviour" . (20)

Così continua: "Come nell'uccello l'istinto migratorio e l'istinto di costruire il nido non sono mai appresi o acquisiti individualmente, così anche l'uomo, alla sua nascita, racchiude in sé la trama fondamentale del suo essere, non solo della sua natura, ma anche di quella collettiva". (21)
Jung è del parere che la personificazione della coazione rinvii soprattutto al padre, non solo a quello reale, ma ad una "imago paterna" portatrice delle tracce di sistemi organizzati e risalenti a milioni di anni di evoluzione.
Istinkt-Trieb, sembrano significare lo stesso concetto, sia in Freud, sia in Jung. Nel caso della coazione a ripetere , il concetto junghiano è forse di più ampio respiro, così mi sembra, nel senso che include nella genesi del fenomeno l'indelebile imprinting genitoriale, insieme alla struttura genetica innata.

Ma forse, lo stato d'animo di Freud, allorché lavorò sulla teoria dualistica delle pulsioni, era proprio dell'uomo provato duramente dal lutto.


Note

"Enciclopedia Motta", 1971, vol. I, p. 378
Freud S. (1885) "Psicopatologia". Trad. it., Boringhieri, Torino, 1992, vol. 2, p. 247/248
Freud S. (1889) "Casi clinici". Trad. it., Boringhieri, Torino, 1991, vol. 1, p. 262
Freud S. (1904) Recensione dell'opera "I fenomeni psichici di coazione" di Leopold Löwenfeld". Trad. it., Boringhieri, Torino, 1989, vol. 4 , p. 423
Freud S. (1912/13) "Totem e Tabù. Alcune concordanze nella vita psichica dei selvaggi e dei nevrotici". Trad. it., Boringhieri, Torino, 1990, vol. 7, p. 35.
ivi, p. 92
Freud S. (1914) "Ricordare, ripetere e rielaborare". Trad. it., Boringhieri, Torino 1990, vol. 7, p. 355/56
ivi, nota 1, p. 355
Freud S. (1922) "Il perturbante". Trad. it., Boringhieri, Torino, 1992, vol. 9, p. 95
Freud S. (1920) "Al di là del principio del piacere". Trad. it., Boringhieri, Torino, 1992, vol. 9, p. 208
Löwith K. (1956) "Nietzsche e l'eterno ritorno". Trad. it., Laterza, Bari, 1985, p. 58
Freud S. "Ricordare, ripetere e rielaborare". Trad. it., Boringhieri, Torino, 1990, vol. 7, p. 356
ivi, p. 357
Ferenczi S. (1924) "Thalassa. Saggio sulla teoria della genitalità". Trad. it. Raffaello Cortina, Milano, 1993, p. 65
Freud S. (1920) "Al di là del principio del piacere". Trad. it., Boringhieri, Torino, 1992, p. 223
ivi, p. 228
ivi, p.222


Bibliografia

Bateman A. Holmes J. (1995) "La psicoanalisi contemporanea". Trad. it. Raffaello Cortina, Milano 1998
Eliade M. (1949) "Il mito dell'eterno ritorno". Trad. it., Jaka Book, 1998
Ferenczi S. (1924) "Thalassa. Saggio sulla teoria della genitalità". Trad. it. Raffaello Cortina, 1993
Freud S. "Opere", Boringhieri, Torino, 1989/92, vol.mi 1 e 2
Jung K.G. "L'importanza del padre nel destino dell'individuo" (1909-1949), trad. it. Boringhieri, Torino, 1998, vol. 4
Löwith K. (1956) "Nietzsche e l'eterno ritorno". Trad. it., Boringhieri, Torino, 1976
7) Shur M. (1969) "Il caso Freud". Trad. it., Boringhieri, Torino, 1976


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