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C.I.S.M.A.I.
Coordinamento Italiano dei Servizi
contro il Maltrattamento e l'Abuso all'Infanzia

DICHIARAZIONE DI CONSENSO
IN TEMA DI ABUSO SESSUALE ALL'INFANZIA



Roma, 21/03/98

Premessa

Gli enunciati di questa Dichiarazione di Consenso costituiscono linee-guida per gli interventi dei professionisti psicosociosanitari in tema di abuso sessuale all'infanzia.

1) DEFINIZIONE

1.1 Che cos'é l'abuso sessuale?

a) E' il coinvolgimento di un minore, da parte di un partner preminente in attività sessuali anche non caratterizzate da violenza esplicita.

b) E' un fenomeno diffuso.

c) Esso si configura sempre e comunque come un attacco confusivo e destabilizzante alla personalità del minore e al suo percorso evolutivo.

d) L'intensità e la qualità degli esiti dannosi derivano dal bilancio tra le caratteristiche dell'evento (precocità, frequenza, durata, gravità degli atti sessuali) e gli interventi protettivi e riparativi esterni, che si attivano in relazione all'abuso.

1.2 Il danno é tanto maggiore quanto più:

a) il fenomeno resta nascosto, o non viene riconosciuto;

b) non viene attivata protezione nel contesto primario e nel contesto sociale;

c) l'esperienza resta non verbalizzata e non elaborata;

d) è forte il legame di dipendenza fisica ed affettiva della vittima dall'abusante.

2) VALIDAZIONE

2.1. E' necessario sviluppare sistemi validi ed affidabili per far emergere il fenomeno. Infatti:

a) il perpetratore quasi sempre nega;

b) spesso mancano evidenze fisiche e testimonianze esterne;

c) spesso il bambino rappresenta l'unica fonte validabile.

2.2. In ogni caso la validazione va portata avanti analizzando almeno tre aree: indicatori e segni sul piano fisico e sul piano psicologico, racconti e affermazioni della presunta vittima.

2.3.1. Per quanto riguarda gli indicatori e i segni fisici:

a) l'ipotesi di abuso sessuale va sempre presa in esame in presenza di lesioni, pur di carattere aspecifico, dell'area ano-genitale, e di altri segni rilevabili con esame obiettivo compatibili con l'ipotesi di abuso;

b) i segni specifici (gravidanza, presenza di spermatozoi, malattie sessualmente trasmesse) sono rarissimi;

c) l'assenza di lesioni non può mai portare il medico ad escludere l'ipotesi di un abuso, in quanto numerosi atti di abuso non lasciano segni fisici.

2.3.2 Conseguentemente:

a) la visita medica va effettuata esclusivamente da medici specificamente competenti, in grado di valutare correttamente e completamente le lesioni e di evitare la ripetizione delle indagini.

2.4.1. Per quanto riguarda gli indicatori e i segni psicologici dell'abuso:

a) l'ipotesi di abuso sessuale va tenuta presente di fronte a una vasta gamma di sintomi cognitivi, emotivi e comportamentali anche se aspecifici e anche in assenza di rivelazioni;

b) le conoscenze sessuali improprie e i comportamenti sessualizzati sono riconosciuti come indicatori con maggior grado di specificità, ed esigono approfondimento.

2.4.2 Conseguentemente è opportuno:

a) approfondire la conoscenza del mondo interno del bambino per dare significato alle espressioni sintomatiche;

b) approfondire la conoscenza del contesto relazionale, per completare la comprensione del quadro individuale situandolo sia rispetto alla storia familiare del minore sia rispetto ai più ampi parametri di riferimento socio-culturali in cui il minore é inserito;

c) adottare la procedura di ampliare il più possibile la raccolta anamnestica sul piano individuale e relazionale, anche ricorrendo alle informazioni pregresse e alla rete dei servizi;

d) che durante il percorso valutativo sia in ogni momento salvaguardata la protezione fisica e psicologica del minore garantendo, se necessario, percorsi paralleli di intervento per lui e per i suoi familiari.

2.5.1 Per quanto riguarda le rivelazioni del minore va notato che:

a) la rivelazione é la conseguenza della presa di contatto con la propria esperienza traumatica;

b) tale momento é estremamente importante e delicato e, per quanto potenzialmente benefico, comporta il rischio di una riacutizzazione della sofferenza; la gravità di tale rischio é diminuita dal grado di riconoscimento, nell'ambito delle relazioni familiari o comunque protettive, dei bisogni psicologici e fisici del bambino;

c) quanto più il bambino é stato danneggiato dall'abuso, tanto più può essere compromessa la sua capacità di ricordare e raccontare;

d) la rivelazione è un processo e passa per fasi che possono non risultare lineari e logiche.

2.5.2 Conseguentemente:

a) la rivelazione va sempre raccolta e approfondita, anche se si presenta frammentaria, confusa, bizzarra;

b) essa va accompagnata, mettendo in atto congrui interventi di protezione e sostegno;

c) essendo l'abuso sessuale un fenomeno fortemente improntato dall'ingiunzione (esplicita o allusa) del segreto e del silenzio e dall'attivazione di sentimenti che inibiscono la narrazione (quali colpa, vergogna, tradimento,...), la raccolta delle rivelazioni dovrà accompagnarsi a una grande attenzione nell'evitare elementi di "suggestione negativa" (squalifiche, ripetizione di domande, confronto con dubbi e perplessità dell'adulto, ricatto morale);

d) sarà necessario porre grande cura anche nell'evitare elementi di "suggestione positiva" nel dialogo, sovrapponendo idee, ipotesi e sentimenti dell'adulto alla narrazione del bambino, anticipando situazioni o particolari che possano condizionare il minore e alterare l'acquisizione dei dati.

3) TESTIMONIANZA DEL MINORE

3.1 Per quanto riguarda l'eventuale testimonianza del minore durante l'iter giudiziario é utile considerare che:

a) il minore somma interiormente tutte le occasioni in cui ha effettuato delle dichiarazioni circa l'esperienza traumatica, ravvisando nelle richieste di ripetizione di esse un basso indice del credito ottenuto;

b) la sua capacità di rendere testimonianza dipende dal grado di elaborazione del trauma;

3.2 Conseguentemente:

a) é opportuno non moltiplicare tali occasioni;

b) é imprescindibile garantire al minore effettive condizioni di protezione nel momento in cui viene richiesto di rendere dichiarazioni circa l'abuso;

c) é auspicabile che tale richiesta venga subordinata, nella scelta di tempi e modi, al rispetto del grado di elaborazione del trauma raggiunto dal minore;

d) è necessario tenere conto, nella valutazione della validità delle dichiarazioni, della loro contestualizzazione (tempi, modi, luoghi, interlocutori, aspetti emotivi).

4) FALSE DENUNCE

4.1 Non si conosce l'incidenza reale di false denunce. E' utile considerare che:

a) le difficoltà validative in campo clinico e giudiziario e l'esistenza frequente di ritrattazioni si sommano e ampliano probabilmente l'area delle denunce non comprovabili;

b) ritenere autentica una denuncia non vera espone il bambino, i suoi familiari e chi é falsamente accusato a gravi conseguenze dannose; d'altra parte le false ritrattazioni provocano conseguenze altrettanto dannose;

c) e' stato individuato un numero limitato di dinamiche personali e relazionali che possono dare origine ad una falsa denuncia;

d) le separazioni coniugali altamente conflittuali sono indicate come una condizione di particolare rischio per le false denunce, ma possono essere anche occasioni che favoriscono rivelazioni autentiche.

4.2 Conseguentemente:

a) i professionisti dovranno incrementare le competenze diagnostiche, per evitare che i bambini vadano incontro ad un'eperienza doppiamente traumatica (essere abusati e non trovare protezione) oppure a strumentalizzazione fortemente pregiudizievole;

b) il rischio di trovarsi di fronte ad una falsa denuncia deve essere sempre preso in considerazione da chi si occupa di questa materia;

c) di fronte al rischio di falsa denuncia sarà necessario evitare un generico atteggiamento di dubbio, ma vagliare precise alternative diagnostiche;

d) e' auspicabile un confronto puntuale e permanente tra esperti circa le eventualità più frequenti di falsa denuncia.

5) ORIENTAMENTI DEL PROFESSIONISTA

5.1 Quanto ai criteri di acquisizione e di esercizio delle competenze professionali di chi opera nell'area dell'abuso sessuale ai minori, é utile considerare che:

a) è auspicabile che tutti i professionisti di area medica o psicosociale che operano o nel campo della tutela del minore o come consulenti giudiziari, abbiano acquisito competenze culturali e tecniche specifiche nel campo dell'età evolutiva, delle dinamiche individuali e famuiliari e delle peculiarità dell'abuso sessuale;

b) per tutte le professioni sanitarie o equiparate, l'obiettivo della protezione e della cura del minore, o comunque della salvaguardia delle esigenze cliniche dello stesso, é prioritario rispetto a qualsiasi altro obiettivo richiesto dalle circostanze, in accordo con le norme deontologiche;

c) va tuttavia tenuto conto del frequente incrocio tra esigenze cliniche ed esigenze giudiziarie.

5.2 Conseguentemente:

a) anche se l'intervento sul minore nasce in un quadro giudiziario, esso dovrà rispettare i criteri comunemente riconosciuti in ambito clinico;

b) in particolare, poiché la cura é il naturale sbocco della diagnosi, non può esistere controindicazione intrinseca a che lo stesso professionista svolga ambedue gli interventi, in qualsiasi quadro istituzionale siano stati richiesti;

c) é altresì necessario che il professionista, oltre ad osservare con rigorosa consapevolezza le disposizioni giuridiche e deontologiche, si renda disponibile a portare il proprio contributo in ambito giudiziario, così come è opportuno apprendere regole e linguaggio di tale ambito;

d) il professionista che opera con obiettivi clinici sceglierà responsabilmente gli strumenti e la documentazione del proprio operato che ritiene più opportuni, dando ovviamente conto dei criteri che utilizza a tal fine;

e) quando l'obiettivo é di natura giudiziaria, strumenti e documentazione verranno concordati con l'autorità competente, purché non in contrasto con le esigenze cliniche del minore;

f) va presa in considerazione l'eventualità che, in casi particolarmente complessi sul piano della prova giudiziaria, sia opportuno ricorrere ad una pluralità di professionisti che si dividano gli interventi di tipo probatorio e di tipo clinico. E' in ogni caso necessario che l'integrazione tra i professionisti renda minimo il disagio che tale organizzazione degli interventi può arrecare al minore.

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