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Dipartimento di Salute Mentale
S.O.C. Psicologia Clinica e della Salute



Storie cliniche nei legami d'attaccamento

Antonella Cannavò
Psicoanalista e Didatta S.P.P. Scuola di Psicoterapia dell'Età Evolutiva, Milano e Torino


Mi riferisco in questa relazione alla Teoria dell’Attaccamento quale è stata formulata dallo psicoanalista inglese Bowlby (1969).
Secondo Bowbly l’attaccamento è un bisogno primario dell’individuo per cui tutti i bambini, sia che siano stati riforniti di cure responsive ed amorevoli o che siano stati trascurati o addirittura abusati, svilupperanno un attaccamento. A partire da questa prima teorizzazione, successivamente, è stato possibile valutare la qualità dell’attaccamento nel bambino tra i 12 ed i 18 mesi, attraverso l’osservazione diretta del comportamento, mediante la strange situation (Ainsworth, Blehar, Waters, Wall, 1978 ); infatti, poiché il genitore è la fonte di sicurezza e protezione, in caso di pericolo, per il bambino la migliore strategia è monitorare la posizione dell’adulto continuamente, mantenendo con quest’ultimo una vicinanza fisica anche in presenza di condizioni di minaccia di lieve intensità. Nella strange situation i bambini vengono esposti a situazioni combinate di lieve pericolo costituito dal trovarsi in un ambiente sconosciuto e dal vivere l’allontanamento della madre per un breve tempo. In questo test, della durata di venti minuti, il genitore lascia due volte il bambino (una volta in compagnia di un estraneo, cioè lo sperimentatore, una seconda volta da solo) per poi rientrare nella stanza, luogo dell’esperimento. Gli episodi di separazione vengono abbreviati se il bambino appare molto teso ed inoltre sono a sua disposizione dei giocattoli. La Ainsworth ha combinato i risultati di questo test con le osservazioni fatte su un campione di coppie madre - bambino, appartenenti al ceto medio di Baltimora, osservate nella loro casa per tutto il primo anno di vita ed ha riscontrato uno stretto legame tra il modo in cui il bambino, durante il test, ha risposto alla separazione e alla riunione e l’interazione madre - figlio nella situazione domestica. La separazione e la riunione sono momenti cruciali ed evolutivi e di questo sono ben consapevoli sia gli operatori degli asili nido e delle scuole materne che il personale psicologico che si forma anche attraverso l’osservazione del bambino in questi contesti.
Sono stati individuati tre modelli di risposta del bambino.
Il modello sicuro: la Ainsworth aveva previsto che la maggior parte dei bambini avrebbe utilizzato la presenza materna come una base sicura per l’esplorazione ed il gioco, che i bambini avrebbero mostrato segni evidenti della perdita della madre durante la sua assenza (piangendo, chiamandola, cercandola), che l’avrebbero accolta attivamente al momento del ricongiungimento, in genere richiedendo vicinanza e contatto e quindi, una volta che si fossero assicurati della sua presenza, che sarebbero tornati a giocare. Due terzi dei bambini osservati ha effettivamente mostrato questo modello di risposta sicura. Quindi per questi bambini, l’esplorazione di un ambiente nuovo e piacevole è possibile finché la madre è presente, tende a diminuire, a favore del comportamento di attaccamento, quando la madre è assente ed emerge di nuovo una volta che il bambino ha ristabilito vicinanza e contatto con la madre. Questa modalità di separazione-riunione può anche essere ben visualizzata dall’osservazione dei continui aggiustamenti ai segnali affettivi-gestuali dell’altro che intercorrono nelle “buone” relazioni tra il bambino ed i suoi genitori.
Katie è una bambina di quattordici settimane e mezzo che è stata oggetto di registrazioni da parte del padre in una varietà di sequenze che vanno dal bagno all’alimentazione, al gioco, alle coccole, ии; Lichtenberg ha utilizzato questo materiale nel suo ultimo libro per dimostrare il potere comunicativo della sintonizzazione affettiva. Vi propongo una sequenza: Katie è sul seggiolone durante il pasto, la madre la imbocca e Katie apre la bocca nel momento in cui il cucchiaio si avvicina, se Katie non è pronta la mamma si ferma, rispettando il ritmo della bambina; ad un certo punto il padre si interpone tra loro e tra i genitori si avvia una vivace interazione; in questo momento entrambi i genitori non stanno più facendo attenzione a Katie; al rallentatore appare chiaro che Katie distoglie lo sguardo, abbassa la testa e allenta il tono della postura; l’impressione che fa sullo schermo è di tristezza; tutta la sequenza non dura più di trenta secondi. Non appena la madre torna a rivolgerle l’attenzione, Katie si rivitalizza all’istante ed insieme riprendono la loro coreografica interazione “simile ad una danza”, come dice Lichtenberg. Questa sequenza ci dà un’idea di ciò che un genitore autonomo e sicuro co-costruisce con un bambino dall’attaccamento sicuro come Katie: il bambino viene rispettato nei suoi bisogni e nei suoi sentimenti, non viene dominato né gli viene permesso di dominare l’adulto. Siamo nel campo della costruzione dell’intersoggettività in cui “la mia intuizione di te mi aiuta ad adattare le mie risposte ai tuoi segnali e aiuta te a stare in relazione con me”.
Il modello insicuro-evitante riguarda quella piccola parte di bambini, che ha mostrato scarso o nessun disagio alla separazione dalla madre, continuando ad esplorare attivamente i giocattoli e la stanza; al suo ritorno l’hanno evitata ed ignorata guardando altrove, rifiutando il contatto, prima di ritornare da esplorare l’ambiente. Si è osservato che a casa queste madri rifiutavano attivamente il comportamento di attaccamento allontanando il bambino nei suoi momenti di avvicinamento. Studi successivi ( Main, 1981) hanno messo in relazione l’avversione dei genitori al contatto fisico con il bambino con l’evitamento del genitore da parte del bambino in situazione di stress: ciò che si è visto è che i bambini rifiutati fisicamente riescono durante la strange situation a non mostrare disagio, minimizzando le risposte esterne. Questo però non vuol dire che i bambini del gruppo insicuro - evitante non provino stress perché le misurazioni fisiologiche del loro comportamento (battito del cuore, ecc.) mostrano che provano altrettanto stress, e forse più, dei bambini sicuri. E’ interessante notare che quest’atteggiamento è ottenuto con uno spostamento organizzato dell’attenzione dalla madre all’ambiente inanimato. Attingendo ancora alle ricerche di Lichtenberg, faccio riferimento alle sue valutazioni delle video cassette dell’allattamento artificiale di Kierra da parte della madre di sedici anni:
Kierra a un mese e ventidue giorni, durante l’allattamento, aveva sia la testa che gli occhi totalmente rivolti altrove rispetto al viso della sua silenziosa mamma, che sembrava non farci caso, non preoccuparsene. Ciò che pensavano i ricercatori era che mentre la madre stava coscienziosamente provvedendo a nutrire la bambina, non stava ponendo in essere alcuna esperienza intersoggettiva con lei; mentre la teneva in modo sufficientemente saldo ed aveva la bottiglia nella posizione giusta nella mano destra, la sua mano sinistra era totalmente lontana da ogni contatto con Kierra e non era chiaro se stesse effettivamente osservando la bambina con i suoi occhi. La scena di un bagnetto di Kierra suggerisce assai chiaramente che la mamma si rapportava a lei come se fosse un oggetto inanimato di cui aveva il compito di occuparsi. Tutto il corpicino di Kierra veniva strofinato energicamente dalla madre, che, nel suo intento di eseguire le istruzioni ricevute, sembrava non rendersi conto del pianto ininterrotto e lacerante della bambina. Il pianto di Kierra suscita in chi ascolta le registrazioni sensazioni così penose da richiedere la sospensione molto prima che la sequenza di due minuti sia terminata e ancora a diciotto mesi, mentre la madre le sta dando da mangiare, Kierra guarda la telecamera che la sta riprendendo e non guarda la madre. Poi, per un breve momento c’è un contatto oculare quando la bimba offre alla mamma una gelatina dolce; la sequenza mostra la capacità di Kierra di sviluppare un certo grado di attaccamento grazie all’inversione dei ruoli di accudimento. A ventiquattro mesi, in una sequenza di gioco all’aria aperta, Kierra manifestava il desiderio di essere presa in braccio mentre al mamma voleva continuare a giocare con i balocchi della bambina. Kierra sembra dire con i suoi gesti: “posso ricreare una consapevolezza nucleare più soddisfacente se guardo in giro per la stanza o guardo l’uomo con la telecamera che se guardo il tuo viso immobile; questo attaccamento reciproco così distante è un dato di fatto del nostro stare insieme”.
Ciò che si evidenzia in questo caso clinico è che questi genitori comunicano un senso del dovere privo di affettività e una scarsa sensibilità ai problemi del bambino; il bambino reagisce mostrando indifferenza, ma, in realtà, vivendo uno stato di forte stress, come risulta dall’aumento del livello di cortisolo, diventano osservatori ansiosi ed ipervigili poiché sono costretti a sopprimere sia il desiderio di vicinanza sia il dolore nel vederlo respinto, il loro senso di sé resta soffocato e diventa arido.
Il modello insicuro-ambivalente è caratteristico di quella minoranza di bambini che ha mostrato grande disagio durante il test, alcuni anche prima della separazione dalla madre, ad esempio entrando nella stanza della sperimentazione o all’ingresso dell’estraneo. Questi bambini rispondono alla separazione dalla madre con grande sofferenza, ma al suo ritorno non sembrano confortati, continuano a mostrare disagio e non riescono a riprendere l’esplorazione dell’ambiente. Molti esprimono rabbia, alternata o combinata alla ricerca di contatto. Dalle osservazioni a casa si è evidenziato che le madri di questi bambini non erano particolarmente rifiutanti, ma insensibili ai segnali e imprevedibili nelle risposte. I figli di genitori imprevedibili e potenzialmente inaffidabili nell’emergenza estremizzano il loro comportamento di attaccamento, anche in circostanze di minimo pericolo e sono quasi completamente assorbiti dalla figura di attaccamento.
A queste osservazioni, a questi tre modelli è stato ulteriormente aggiunto un altro modello di comportamento infantile definito disorganizzato e/o disorientato, che è diventato una nuova categoria di attaccamento messa in relazione con il comportamento che suscita paura o impaurito del genitore. Cioè questi bambini presentano comportamenti definiti conflittuali dagli etologi, nel senso che attivano simultaneamente sistemi incompatibili: ad esempio bambini che piangono ad alta voce per poi tacere improvvisamente e rimanere congelati e immobili per diversi secondi, bambini che si avvicinano al genitore con la testa voltata, si dondolano sulle ginocchia e sulle mani dopo aver interrotto l’approccio, ecc.. La connessione è con quei genitori che hanno comportamenti che suscitano paura e che hanno uno stato mentale traumatizzato o impaurito.
Attraverso l’Adult Attachment Interview, colloquio strutturato di un’ora, in cui si chiede al soggetto di descrivere e valutare alcune esperienze collegate alle sue figure di attaccamento, ai propri genitori, anche esperienze traumatiche o eventualmente minacciose, vengono studiati ed evidenziati i comportamenti di attaccamento dei genitori e gli stili di attaccamento dei genitori vengono connessi ai modelli di attaccamento dei figli secondo una catena di trasmissione intergenerazionale.
I modelli di attaccamento ci forniscono molte osservazioni utili a individuare e a meglio connotare i comportamenti difensivi precoci nei bambini. Abbiamo visto l’evitamento, l’opposizione, ma potremo anche vedere nei bambini del secondo anno di vita la trasformazione degli affetti, cioè i bambini reagiscono alla frustrazione con eccitamento, risa, manifestazioni esagerate di piacere, la cui natura difensiva è palesata dalla loro caratteristica teatrale o ridicola; sono comportamenti forse in relazione al bisogno del genitore di negare, durante il momento di riunione, la qualità dolorosa delle recenti esperienze di separazione del bambino, come se i bambini ridessero o sorridessero spinti dall’insistenza del caregiver a prendersi gioco del loro stato di tristezza. A questo insieme appartengono anche atti autolesionistici, disprezzo del pericolo ed evidente aumento della soglia del dolore, che sono chiare manifestazioni dell’inversione dell’aggressività.
Molti studi si sono indirizzati sul comportamento disorganizzato del bambino in relazione all’attaccamento perché un numero crescente di ricerche ha collegato la disorganizzazione dell’attaccamento con una varietà di sviluppi negativi durante l’infanzia e l’adolescenza; in particolare le difficoltà cognitive si ricollegano al ruolo fondamentale dello sviluppo delle capacità riflessive, come dice Fonagy, studioso di questi aspetti. Cioè i bambini che hanno sperimentato un attaccamento sicuro sono facilitati nello sviluppo della capacità riflessiva, cioè della mentalizzazione. Sono stati fatti dei test, in particolare quelli sulla falsa credenza, che si acquisisce intorno ai quattro anni, che dimostrano come i bambini sicuri risolvano più facilmente le prove loro sottoposte; inoltre l’alto punteggio della funzione riflessiva della madre risulta associata al superamento delle prove da parte del bambino.
Quindi si crea una sorta di catena: la funzione riflessiva del caregiver risulta predittiva dell’attaccamento sicuro del bambino che, a sua volta, fa intuire un buon sviluppo della mentalizzazione. Anche l’attaccamento verso il padre sembra contribuire a questo traguardo evolutivo; cioè i bambini con attaccamento sicuro verso entrambi i genitori superano più agevolmente i test di mentalizzazione.
Come avviene tutto ciò? Riepiloghiamo il processo.
Le madri che sono in grado di comprendere gli stati psichici del bambino facilitano la costruzione nel bambino della capacità di comprendere inizialmente gli atti della madre e quindi quelli delle persone del suo ambiente e così via. Da ciò deriva il disorientamento del bambino piccolo che non può capire il comportamento contraddittorio del genitore. Teniamo conto che fino ai cinque anni un bambino non è i grado di comprendere che una singola entità può rientrare contemporaneamente all’interno di due categorie: ad esempio i bambini della scuola materna non comprendono che le loro madri possono anche essere definite mogli.
Oggi ci sono sempre più studi e molte più prove sul fatto che il maltrattamento danneggi la capacità riflessiva ed il senso del Sé. Il bambino che riconosce l’odio o la componente negativa malata, implicita negli atti di maltrattamento e di abuso del genitore, è costretto a vedere se stesso come una persona senza valore o indegna di amore; inoltre, più specificatamente sull’abuso, i genitori abusanti mostrano idee, parole e sentimenti contrastanti con i loro comportamenti ed il bambino piccolo non è in grado di coglierne la dissonanza.
Un altro rilevante fattore di rischio per lo sviluppo psicologico del bambino è la depressione materna nelle prime fasi di vita del bambino: i figli di madri depresse, rispetto ai figli di madri “sufficientemente normali”, presentano livelli di sviluppo significativamente più bassi in tutte le aree. La madre depressa interagisce meno con il bambino, gli offre meno stimoli, espone il bambino a intense emozioni e non risponde ai suoi segnali di disagio; anche la depressione paterna influenza negativamente lo sviluppo psicologico del bambino e si riscontra un effetto cumulativo nel caso di depressioni materne e paterne. La precoce esposizione del bambino alla depressione dei genitori è più dannosa e più negativa rispetto ad un’esposizione più tardiva. E’ da sottolineare l’importanza di interventi precoci perché il rischio di persistenza e di cronicizzazione dei disturbi è molto alto. In particolare i bambini di madri a rischio depressivo sono meno capaci di autoregolarsi e sembrano utilizzare un minor numero di comportamenti di autoconsolazione e sono meno portati a guardare continuativamente uno stesso oggetto come si deduce dalle ricerche effettuate in questo campo in diversi ambiti universitari quali La Sapienza di Roma.

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