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Tom Main e la storia del Cassel Hospital

di Giovanni Foresti ed Enrico Pedriali



(Questo testo è tratto dal capitolo dedicato all'area Inglese del libro: La Comunità Terapeutica . Mito e Realtà. a cura di A. Ferruta, G. Foresti, E. Pedriali, M. Vigorelli; Raffaello Cortina Editore - Milano, 1998)



Le stimolanti esperienze della psichiatria inglese in tempo di guerra misero in luce l'inadeguatezza delle istituzioni psichiatriche e dei metodi tradizionali di trattamento. Il fervore di iniziative di quegli anni ebbero un seguito e uno sviluppo nel periodo successivo al conflitto mondiale.
L'interesse per lo studio delle relazioni umane e per l'organizzazione dei sistemi sociali fece confluire molti appartenenti al gruppo di Northfield nel Tavistok Institute of Human Relations, che ebbe una parte di rilievo nella cultura psicoanalitica inglese di quegli anni; Foulkes sviluppò il filone della Gruppo Analisi e fondò la Group Analitic Society; Tom Main assunse la direzione del Cassel Hospital realizzando un modello istituzionale psicoanaliticamente orientato, destinato a diventare un punto di riferimento storico. D'altro canto, il nome di Maxwell Jones venne, a poco a poco, identificato con il movimento stesso delle Comunità Terapeutiche.


L'esperienza del Cassel Hospital

Se la storia dell'Henderson Hospital negli anni che vanno dal '46 al '59 è indissolubilmente legata a Maxwell Jones, quella del Cassel Hospital lo è altrettanto, per il periodo che va dal '47 al '76, al nome di Thomas Forest Main, personaggio veramente fuori dal comune. Eric Rayner nell'introduzione alla raccolta dei suoi scritti (Main,1989), tradotti anche in Italia con la prefazione di Franco Paparo, così ce lo descrive: "Main è a suo agio sempre, sia che tratti con un cuoco, con un addetto alle pulizie, un impiegato, una contessa, un curdo, un cileno o con la regina in persona...... Per natura (...) è un democratico interclassista, assolutamente lontano da qualunque forma di elitarismo. Uno dei suoi grandi meriti è stato quello di tener fuori dalla psicoanalisi l'arroganza, l'isolazionismo e lo snobismo che hanno sempre rappresentato per questa una maledizione ed un pericolo ricorrenti....... Mentre il suo egalitarismo e l'interclassismo sono indiscussi, egli è un leader per natura, ma è anche un tiranno..... Main è chiarissimo su questo punto: anche se crede nella democrazia in politica, è profondamente convinto che, per gestire efficacemente qualche cosa, (....) una sola persona deve essere a capo di un'organizzazione e di ogni sua parte, farsi carico del suo funzionamento e assumersene la responsabilità."
Reduce dalla brillante esperienza di Northfield, Main colse l'occasione che gli fu offerta di dirigere un piccolo ospedale privato per la cura di disturbi nevrotici con l'intento di farne una Comunità Terapeutica psicoanaliticamente orientata. Di lì a breve il Cassel entrò a far parte del British National Health Service e fu trasferito dal Kent a Richmond per iniziativa del nuovo direttore: la ferma convinzione che fosse indispensabile per tutto lo staff un training analitico rendeva necessario un avvicinamento a Londra. (Rayner, 1992).
La lettura in chiave analitica dei fatti individuali, relazionali e istituzionali stava alla base dell'impalcatura teorica e metodologica che Main voleva realizzare. Si trattava di un'estensione delle osservazioni e delle sperimentazioni sviluppatesi in maniera embrionale a Northfield, in un contesto in cui egli poteva più liberamente muoversi come regista indiscusso. Chi lavorò al Cassel in quegli anni ricorda il tentativo di qualcuno di opporsi a quei metodi innovativi, ma la grande maggioranza degli operatori rimase come catturata, oltre che dal suo carisma, dal continuo coinvolgimento a tutti i livelli e su ogni aspetto riguardante la vita dell'istituzione.
Main conosceva bene i meccanismi difensivi utilizzati nel funzionamento di un ospedale, prima fra tutti la dicotomia fra malati e sani, ed era convinto che questo assunto non fosse adatto per curare i disturbi nervosi; puntò quindi senza indugi a "realizzare una Comunità-Ospedale modello che si autoesaminasse in tutte le sue strutture" (Rayner, 1992). Sotto la sua guida il Cassel si trasformò da ospedale a indirizzo psicoterapico in un sistema che comprendeva un'area di vita comunitaria, molto simile a quella di ogni Comunità Terapeutica, in cui la figura chiave era rappresentata dalle nurses, e l'area del trattamento, condotto da psicoterapeuti, prevalentemente medici di formazione analitica.
Vi era quindi una separazione fra il mondo esterno dei ruoli sociali, dei compiti di lavoro e delle relazioni interpersonali ed il mondo interno delle fantasie e dei sentimenti dei pazienti (Kennard, 1983), senza che tuttavia si generasse conflitto fra finalità di trattamento e di riabilitazione. La creazione di due sistemi paralleli considerati parti integranti di un'unica struttura terapeutica consentiva il superamento di eventuali contraddizioni ideologiche. La chiarezza del modello teorico che Main aveva in mente consentiva un'impostazione unitaria di tutta la struttura del Cassel che si mantenne sostanzialmente inalterata nel tempo.
Per la realizzazione del suo progetto era indispensabile il consenso del comitato direttivo dell'ospedale e del personale curante. Non a caso una pedina importante fu la capo infermiera, Doreen Weddel, donna autoritaria e tradizionale che, "sedotta" dal fascino intellettuale di Main, a poco a poco contribuì in maniera determinante a una trasformazione nel modo di lavorare del corpo infermieristico, tanto che in seguito divenne lei stessa psicoanalista (Rayner, 1992). L'infermiere divenne così un professionista il cui compito era quello di "aiutare la Comunità e i suoi membri a sviluppare le attività ed a mantenere un ruolo adulto" (Kennard, 1983). Fu coniato un nuovo termine per definire questa funzione: Psychosocial Nursing, che consisteva nel lavorare "Con" piuttosto che "Per" i pazienti, in un rapporto paritetico sul piano delle responsabilità ed in piccoli gruppi, ciascuno dei quali aveva un suo referente democraticamente eletto. La funzione delle nurses non era quindi quella di uno psicoterapeuta di second'ordine, ma si avvicinava molto a una sorta di sostegno dell'Io del paziente che poteva essere aiutato ad apprendere dal loro comportamento, mantenendo tuttavia chiaro lo spartiacque fra trattamento (psicoterapico) da un lato e la vita della Comunità e del paziente stesso dall'altro. (Kennard, 1983). Tutto ciò avveniva ad ogni livello: individuale, gruppale e sistemico. Una miriade di piccoli e grandi gruppi scandiva le giornate e le settimane al Cassel; ogni circostanza era discussa da tutte le componenti coinvolte, pazienti e personale, dal portiere al direttore.
Sul versante della psicoterapia, ogni paziente era impegnato in un trattamento per lo più individuale ad orientamento psicoanalitico. Main riuscì a mettere a punto un complesso sistema di supervisioni sia per gli psicoterapeuti che per la coppia terapeuta-nurse referente del programma di ogni singolo paziente: a questo livello veniva presa in considerazione l'interazione fra i due sistemi. Questa distinzione di ruoli, sia pure integrati nella concertazione dei programmi terapeutici, differenziava il Cassel sul piano teorico e metodologico dal "blurring-role" e dall'identificazione di socioterapia e psicoterapia in uso all'Henderson e in altre Comunità Terapeutiche. Essa rappresentava piuttosto l'utilizzazione di alcuni principi della Comunità all'interno di un sistema più ampio in cui parte dello staff assumeva un ruolo psicoterapico (Kennard ,1983).
Da un punto di vista ideologico quindi il Cassel si discostava dall'etica comunitaria, ponendosi nell'ottica di fornire, con una precisa strategia terapeutica, un aiuto al paziente nel raggiungimento di una capacità di controllo dei propri sentimenti e della propria esperienza: la struttura del sistema forniva un modello per un diverso funzionamento interno del paziente (Kennard, 1983).
L'inesauribile capacità d'azione di Tom Main e la sua visione sistemica dei problemi, lo portarono ad iniziative veramente originali a quell'epoca, come l'istituzione dell'Unità Familiare che ricoverava madre e bambino o l'intera famiglia per focalizzarne i problemi relazionali, o l'utilizzazione delle psicoterapie brevi soprattutto nel campo delle disfunzioni sessuali, ma anche ad iniziative che travalicavano i confini dell'istituzione. Sul finire degli anni '50, Main cominciò a pensare all'ospedale non solo come Comunità terapeutica autonoma, ma anche come risorsa per tutta la Comunità locale (Rayner, 1992). Si sviluppò così una rete di rapporti con medici di base, specialisti dell'infanzia e dell'adolescenza cui il Cassel offriva supporto a livello istituzionale e di formazione.

Come l'Henderson, anche il Cassel attraversò momenti difficili quando Main si ritirò dalla scena. I successivi direttori, Alan Wilson e John Denford, dovettero fare i conti con problemi di ordine amministrativo oltre che coi nuovi orientamenti politici che si andavano esprimendo secondo linee ben diverse da quelle che caratterizzarono gli anni del dopo guerra, ma soprattutto, crediamo, dovettero confrontarsi con il grande vuoto lasciato dalla personalità di Main.
Leader naturale al pari di Maxwell Jones, se ne distingueva tuttavia per la diversa qualità del carisma, connessa alla loro differente formazione. Se Jones aveva fatto del social-learning la sua bandiera per scrollarsi di dosso gli orpelli di una formazione psichiatrica tradizionale, Main utilizzò al meglio la sua appartenenza culturale all' "Invisible College" (Manning...) unitamente a una buona dose di pragmatismo britannico.
Il primo "aveva la capacità di individuare un'idea ricca di potenzialità, la creatività per svilupparla nelle sua applicazioni sociali, la testardaggine (e l'entusiasmo) per bloccare i suoi nemici" (Rapoport,1991) .
Il secondo univa ad un solido impianto teorico la capacità "di cogliere in profondità il significato degli avvenimenti sia che si trattasse di un piccolo gruppo, di un'istituzione, di una manifestazione di classe o di un movimento nazionale" (Rayner, 1992).
Aveva anche il merito di riuscire a trasmettere il suo sapere in una forma stimolante e direttamente accessibile: il pensiero terapeutico, secondo lui, consisteva in una sorta di "buon senso fondato su conoscenze" (Rayner, 1991).


Bibliografia

Kennard, D. (1983) An Introduction to Therapeutic Communities. Routledge & Kegan Paul, Boston, London, Melbourn, Henley.
Main, T. F. (1983) La Comunità Terapeutica e altri saggi psicoanalitici. Tr. It. Il Pensiero Scientifico Editore, Roma 1992.
Manning,
Rapoport, R (1991) Maxwell Jones and the charisma question. Therapeutic Communities, 12, pp 2-3. In Corulli, M. (a cura di) Terapeutico e antiterapeutico. Cosa accade nelle Comunità Terapeutiche' Bollati Boringhieri, Torino 1997.
Rayner, E. (1991) Gli indipendenti della psicoanalisi britannica. Tr. It. Raffaello Cortina Editore, Milano 1995.


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