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PSYCHOMEDIA
Telematic Review
Sezione: Progetto PIT - PSICHIATRIA
INFORMATICA E TELEMATICA


Area: Cibercriminologia


Relazioni digitali e comportamenti devianti

Strano M.

Relazione al convegno "Psichiatria, informatica e telemedicina. Realtà e prospettive nel campo dell'assistenza e della formazione", Velletri, Sala Micara, 29 marzo 2001



    Premessa
    L’avvento del terzo millennio rappresenta per gli studiosi del comportamento umano una fase di capillare diffusione di una modalità socio-comunicativa nuova, strettamente correlata alle tecnologie digitali. La cultura, le abitudini, la psicologia dei singoli individui e delle organizzazioni si trovano, a seguito di tale diffusione, “costrette” ad una sorta di ristrutturazione cognitiva che condurrà probabilmente entro breve tempo a vere e proprie modificazioni antropologiche stabili. Questa fase è caratterizzata dall’attività di alcuni studiosi (psicologi, psichiatri, sociologi, criminologi, antropologi) che prima degli altri hanno acquisito le competenze digitali e la capacità di correlarle teoricamente all’azione umana e alla devianza e che costituiscono una vera e propria avanguardia nel panorama scientifico mondiale. In un futuro prossimo queste teorizzazioni e la dimestichezza operativa con le interazioni digitali, dovranno essere inserite in pianta stabile nel bagaglio formativo di ogni figura professionale vicina alle Scienze dell’Uomo.


    L’adattamento al digitale
    L’uomo, come tutte le altre specie del resto, si adatta continuamente alle modifiche dell’ambiente, fornendo delle risposte adattive che dopo un certo tempo si stabilizzano in caratteristiche strutturali. In questa fase storica la sua capacità adattiva deve far fronte ad una modifica rapida che incide profondamente sulle sue modalità percettive, cognitive e affettivo-relazionali, sottoponendolo probabilmente ad un impegno evolutivo mai sopportato prima d’ora. Mai come adesso le strutture del suo sistema nervoso devono sintonizzarsi e addomesticarsi a delle modalità nuove di interazione con gli altri esseri umani, con gli oggetti, con lo spazio fisico che lo circonda e addirittura con il proprio corpo (pensiamo alla realtà virtuale delle tute erotiche-stimolanti). L’individuo è immerso in una fitta rete di comunicazioni che spesso non è semplicemente “mediata” dalla tecnologia digitale ma che in particolari condizioni di complessità progettuale sembra assumere vita propria.
    L’uomo antico, analogico era abituato alla sola breve e temporanea esposizione alla virtualità, nella situazione di persistenza retinica delle immagini (ben conosciuta e sfruttata dall’inventore del cinema) in grado di ingannare la sua decodificazione per pochi istanti consentendo la ricostruzione visiva degli oggetti e del loro movimento. Al di là che per tale momento di asincronia tra il reale e la sua immagine ricostruita, la mente è progettata per affidare solo ai suoi strumenti di mediazione sensoriale l’acquisizione dell’ambiente fisico che la circonda.
    Le nuove modalità comunicative e di rappresentazione del reale introdotte dalla tecnologia digitale non possono quindi non comportare un processo di adattamento dei sistemi di percezione e decodifica e, su un piano di maggior complessità, delle dinamiche emotive, affettive e relazionali offrendo intuitive opzioni e diversificazioni tra gli individui, nei casi estremi anche di tipo clinico.
    La diffusione di spazi virtuali nel cui ambito si snodano flussi di informazione e si costruiscono relazioni umane rappresenta del resto una modalità sociale in espansione costante. L’ambiente di lavoro ad esempio si trasforma da luogo fisico in luogo virtuale attraverso la diffusione delle reti L.A.N. e di INTRANET mentre l’ambiente sociale affida sempre più alla rete telematica la costruzione e il mantenimento delle interazioni tra gli individui. Tali condizioni necessitano dell’acquisizione di abilità nuove nello stile comunicativo ma soprattutto nei processi di pensiero a cui è chiesta sempre maggiore flessibilità e rapidità nel passaggio operativo tra dimensione reale e dimensione virtuale, tra una relazione mediata da uno spazio emotivo-fisico a una relazione mediata da uno spazio emotivo-artificiale. Molte delle categorie e dei sistemi che le persone si creano ed utilizzano per organizzare la propria immagine del mondo cominciano a essere infatti fortemente influenzati dalla logica digitale. Di conseguenza, le azioni che derivano dalle prospettive e dalle immagini costruite all’interno di un mondo digitalizzato necessitano a loro volta di nuove categorie analitiche dotate di diverse peculiarità.


    L’influenza del digitale sul crimine
    Anche la valutazione criminologica di un comportamento criminale, il tentativo ovvero di definire in termini di responsabilità del soggetto i livelli di consapevolezza correlati all’azione criminale analizzata, implica quindi attualmente la necessità di una ricostruzione dell’influenza della dimensione digitale sulla modalità percettiva del soggetto nelle varie fasi dell’azione illegale. Gli utenti di tecnologia informatica e telematica sono infatti impegnati quotidianamente nella costruzione di una vasta porzione del loro “costrutto personale della realtà”, usando un concetto di Kelly, attraverso la percezione e organizzazione di esperienze comunicative digitali trasferendolo in ambiti di vita sempre più ampi. Con queste premesse gli schemi cognitivi che hanno corresponsabilità nelle dinamiche criminali non possono non essere influenzati da tali dinamiche intervenendo anch’essi nell’attività di strutturazione dell’esperienza e nell’organizzazione e significazione delle azioni.
    Si rileva ad esempio, talvolta, in alcuni soggetti osservati, una certa difficoltà nell’identificare il limite che separa la realtà dal virtuale o nella capacità dinamica di tornare velocemente in una situazione di realtà dopo una certa permanenza in un fase di virtualità, e tale difficoltà assume rilevanza in Criminologia in special modo nello studio della fase di percezione, distinzione e valutazione, da parte dell’autore di un crimine, degli effetti provocati con il proprio comportamento.
    L’uomo “in fase di digitalizzazione relazionale” è ancora abituato ad un riscontro percettivo della sua operatività nella lettura delle modificazioni evidenti sugli oggetti tangibili, fisici, stabili nonché sull’emotività dell’interlocutore e tale riscontro sembra risultare meno efficace quando è mediato da un messaggio di ritorno digitale che pur se in continua raffinazione, costituisce ancora un simulacro imperfetto. Pensiamo ad esempio quanto la prova tangibile degli effetti negativi prodotti sulla vittima possa rappresentare un fattore di antagonismo al crimine in soggetti dotati di un quadro morale ben strutturato e come la mediazione di uno spazio virtuale tra l’autore del crimine e la sua vittima possa attenuare la percezione di tali effetti.
    Nella capacità dell’individuo di spostarsi rapidamente e con efficacia tra le interazioni digitali a quelle fisiche è quindi racchiusa, in quest’ottica, la chiave interpretativa di eventuali comportamenti disfunzionali, di interesse clinico (nelle modalità di fuga) o di interesse criminologico (nelle modalità di dispercezione delle conseguenze delle proprie azioni).


    La spiegazione del crimine in ottica digitale
    In questo inizio di secolo gli studiosi di Criminologia si stanno quindi confrontando con nuove modalità di comunicazione e di interazione, legate prevalentemente allo sviluppo e alla diffusione delle tecnologie informatiche e telematiche e con la nascita di nuove forme criminali definite genericamente computer crime. In tale confronto la dimensione cognitiva appare di evidente rilevanza essendo strettamente correlata alla dimensione simbolica connessa all’avvento del digitale.
    Le azioni criminali, così come documentato dalla letteratura specialistica risultano infatti essere frutto di dinamiche complesse, strettamente legate ai processi di interazione dell’autore con le norme penali e sociali, con l’ambiente esterno, con la vittima e, in definitiva con il proprio sé.
    I crimini vengono infatti costruiti, elaborati (e spesso impediti) da un processo di pensiero che molto si basa sull’anticipazione mentale degli effetti del proprio comportamento (effetti sociali e legali) (1). Gli uomini, ovvero, orientano il proprio comportamento in base a una serie di informazioni che provengono dalla sua esperienza e dall’ambiente esterno, soprattutto dall’interazione con gli altri individui e con le norme (giuridiche e sociali) attinenti a tale comportamento. Le sue azioni non possono quindi essere interpretate come il solo prodotto di pulsioni interne e immaginandole in un ambiente asettico ed ininfluente poiché esse risentono dell’attività del fitto “reticolo” socio-culturale che le circonda. Il contesto sociale e culturale riesce ad influenzare le azioni umane attraverso una dimensione intermedia costituita dalla percezione sociale che si “gioca” all’interno della mente dell’individuo. In tale ottica analizzare come le persone percepiscono e producono significato intorno ad un determinato comportamento criminale è assai importante poiché tale processo influenza in ultima analisi la progettazione e l’esecuzione di tale comportamento. (2)
    È possibile insomma definire il criminale, ma anche la persona comune, come "social cognizer" (3) , vale a dire una persona che seleziona, organizza le informazioni provenienti dal mondo esterno, costruendosi in questo modo rappresentazioni del contesto in cui vive. Il risultato finale di questi processi consiste in forme di attribuzione di significato a situazioni e a soggetti e, nell’ambito che ci interessa in particolar modo, a conseguenti costruzioni (o meno) di azioni criminali.
    Analizzando il crimine informatico in ottica sistemica e interazionista, proponiamo quindi una definizione di computer crime come tutti quei casi in cui “il computer si interpone tra l’autore del crimine e la vittima o comunque rappresenta lo strumento principale per eseguire una determinata azione criminale”(4) , sottolineando la sua capacità di alterare ad esempio la percezione di gravità dell’azione criminale, la percezione della vittima, la stima dei rischi di essere scoperto e catturato.


    Alcuni ambiti della cybercriminologia
    Da alcune ricerche condotte con tale approccio dall’Istituto di Psichiatria e Psicologia dell’Università Cattolica e dallo I.U.R.C. di Roma(5) . è stato confermato dalle verifiche empiriche come la percezione del crimine, in ambiente digitale possa risultare notevolmente distorta.
    In alcuni casi di pedofilia on-line le modalità di approccio dei pedofili nelle chat line evidenziano una intuibile sottostima dei rischi di essere scoperti rispetto alle modalità di approccio classico del mondo reale. Tale circostanza potrebbe costituire un fattore disinibente per taluni soggetti e in un certo senso una facilitazione per il passaggio all’atto. Questa dinamica trova delle correlazioni, pur se in ambito non criminale, con l’evidente facilitazione che offre l’ambiente della chat rispetto all’esplicitazione di tematiche sessuali da parte di soggetti timidi ed introversi, mai capaci di eseguire la stessa performance nel corso di una interazione face-to-face.
    Uno studio pilota sulle truffe condotte con le carte di credito ha evidenziato una maggiore “disponibilità al crimine” da parte di soggetti completamente avulsi alle dinamiche criminali classiche nel momento in cui vengono proiettati in un contesto digitale laddove la scena criminis si trasferisce tra i polpastrelli dell’autore e la tastiera, tra i suoi occhi e le emissioni elettromagnetiche del monitor.
    Le esperienze di ricerca sugli hackers, infine, hanno spesso posto in evidenza la frequente percezione “ludica” delle intrusioni clandestine da parte dei giovani pirati informatici con l’evidente configurazione di atmosfere tipiche dei videogame.


    Conclusioni
    Gli studiosi contemporanei stanno sperimentando l’avvento e lo sviluppo di un nuovo mondo elettronico, che rappresenta uno dei terreni di confronto culturale maggiormente vivo in questo inizio di secolo essendo portatore di modificazioni in grado di incidere sulle principali dinamiche psicologiche e sociali. La tendenza ad un agire comunicativo individuale e collettivo attraverso i collegamenti in rete implica l’insorgenza di problematiche percettive nuove che sembrano rappresentare variabili significative in ambito criminologico influenzando il processo di percezione, valutazione e attribuzione di significato che costituiscono la base del percorso che conduce gli individui dall’anticipazione mentale degli effetti del proprio comportamento alla decisione di porlo effettivamente in essere, violando le leggi.


    Riferimenti bibliografici
    Bandini T., Gatti U., Marugo M. I., Verde A.,, Criminologia, Giuffrè, Milano, 1991.
    BETTETINI G. (1996) L’impatto sociale delle nuove tecnologie in “Technology Review n. 98: 58-62
    DE LEO G., PATRIZI P., La spiegazione del crimine, Il Mulino, Bologna, 1999.
    GUEDON J.C (1996) Internet, viaggio nel cyberspazio Universal Electa/Gallimard, Parigi
    GUIDOTTI E. (1996) Internet e Comunicazione Franco Angeli, Milano
    KUTCHINSKY B., Aspects sociologiques de la deviance et de la criminalitè, in Conseil de l’Europeén, Comitè puor le Problèmes Criminels: La perception de la deviance et de la criminalité, Strasburg, 1972.
    n. 3: 307-327
    SERRA C., STRANO M., Nuove Frontiere della Criminalità, la criminalità tecnologica, Giuffrè, Milano, 1997.
    STERLING B., Giro di vite contro gli hacker, Shake, Milano, 1993.
    STRANO M., Computer crime, Edizioni Apogeo, Milano, 2000
    STRANO M., Telematica e cyberpedofilia in: CANTELMI T. et altri, La mente in internet, Piccin, Padova, 1999;
    TURKLE S., Vita sullo schermo, nuove identità e relazioni sociali nell’epoca di internet. Edizioni Apogeo.



    Note:

    (1) De Leo G., Patrizi P., La spiegazione del crimine, Il Mulino Bologna 1999:
    (2) A. Baratta, Problemi sociali e percezione della criminalità, in Dei delitti e delle pene, 1, 1983.
    (3) M. Hewstone, W. Stroebe, 1991
    (4) Strano M., Computer crime, ed. Apogeo, 2000.
    (5) Istituto Universitario di Ricerca Criminologica


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