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Psicoterapia - Documenti e Comunicati



La valutazione della psicoterapia, conversazione con Maurizio Ricciardi

Maurizio Mottola



Il 27 novembre ed il 4 e 11 dicembre 2009 si è svolto al Distretto 31 dell'Azienda Sanitaria Locale (ASL) Napoli 1 Centro il corso La valutazione dell'intervento psicologico-clinico e psicoterapeutico nelle Unità Operative di Psicologia Clinica, promosso dal Dipartimento di Psicologia. Allo psicologo e psicoterapeuta Maurizio Ricciardi, Referente del Dipartimento di Psicologia dell'ASL Napoli 1 Centro e tra gli organizzatori del corso, abbiamo posto alcune domande.
Che ruolo ha l'assistenza psicologica e psicoterapeutica nel servizio pubblico? La crescita culturale degli ultimi decenni, rispetto alla quale il contributo delle scienze umane ed in particolare della psicologia non è stato e non è irrilevante, ha portato al cambiamento di prospettiva per quanto riguarda il concetto di salute. Questa infatti non è più appiattita sul concetto di salute come assenza di malattia, ma si allarga ad indicare lo stato di completo benessere fisico, psichico e sociale, e la qualità di vita della persona diventa parametro di riferimento per la valutazione di un sistema sanitario (OMS, 1995). E così la figura del paziente oggetto di cure ha lasciato il campo a quella di persona, che nella sua dignità di soggetto relazionale e autodeterminantesi collabora attivamente al proprio processo di cura. Si comprende allora come l'assistenza psicologica -e quando necessaria psicoterapeutica - siano una risposta ineludibile agli stati di disagio più o meno strutturati, che caratterizzano la persona sia a livello individuale che nelle relazioni che si generano all'interno delle istituzioni - sanitarie e non -, in cui si realizza il suo vivere quotidiano. E' quindi necessario guardare alla persona nella sua generalità di soggetto sociale, e questo è un compito che solo il servizio pubblico può affrontare, anche tenendo conto della rilevanza dei costi di una psicoterapia, che altrimenti sarebbe preclusa alle fasce di popolazione meno abbienti.
Quali sono criteri e metodi di valutazione dell'intervento psicologico-clinico e psicoterapeutico nel servizio pubblico? La limitata presenza di psicologi nel servizio pubblico non ha ancora permesso di mettere a punto criteri adeguati per valutare l'intervento psicologico e psicoterapeutico. Certamente possiamo dire che un'adeguata individuazione di criteri non potrà che essere di tipo quali-quantitativo, dovendo rispondere a criteri di efficacia, di efficienza e di economicità. Nell'Azienda Sanitaria Locale (ASL) Napoli 1 Centro da tempo il Dipartimento di Psicologia sta lavorando per individuare criteri adatti. Così sono state censite tutte le molteplici modalità di intervento e di prestazioni che vengono poste in essere dalle Unità Operative di Psicologia Clinica ed è stata elaborata una griglia che traducendo in termini di tempo le attività censite, permette di leggerne la complessità. Certo questo è uno studio che richiede ulteriore riflessione e necessita di approfondimenti. Infatti la valutazione dell'intervento psicologico, specialmente quando esso assume le caratteristiche di trattamento ed in particolare per quanto attiene alla psicoterapia non può limitarsi a semplici rilievi quali-quantitativi, numero dei casi trattati, numero di sedute di psicoterapia, durata e tipo di trattamento offerto in relazione alle problematiche dell'utente, numero di operatori coinvolti nella gestione del caso, eccetera. Essa richiede necessariamente un'approfondita analisi qualitativa, che sia per lo stesso operatore una possibilità di ulteriore riflessione sull'andamento del proprio lavoro. E' quindi importante individuare strumenti analitici, che rispettando le diversità di approccio che caratterizzano il panorama della psicologia clinica siano in grado di cogliere e valutare ciò che è alla base delle varie metodologie utilizzate. E' cioè necessario che questi strumenti abbiano un elemento di generalità tale da renderli utilizzabili nella valutazione di approcci psicologici diversi, mantenendo al contempo un'adeguata capacità discriminativa. Sempre con questo obbiettivo il Dipartimento di Psicologia ha organizzato vari corsi di formazione, di cui quest'ultimo - conclusosi in questi giorni - proprio sul problema della valutazione dell'intervento clinico. In particolare sono stati approfonditi metodi come la Diagnosi psicodinamica operazionalizzata (OPD) e la Symptom Checklist - 90 Revisited (SCL-90), che mentre permettono di valutare l'intervento psicoterapeutico sono nel contempo per l'operatore occasione di riflessione sul proprio operato e quindi mezzo per migliorare la qualità del proprio operato. E sempre nella stessa occasione è stato approfonditamente discusso il metodo della Rendicontazione nell'intervento clinico, che ben può prestarsi alla riflessione sugli interventi di carattere preventivo presso istituzioni esterne.
Come mai in Italia c'è una pletora di scuole di formazione in psicoterapia e di psicoterapeuti? Ad una domanda del genere verrebbe da rispondere: come mai un Italia c'è una pletora di corsi di laurea, molti dei quali frequentati praticamente solo dagli stessi docenti che li hanno istituiti? E perché è stata introdotta la così detta "laurea breve", per la quale non è previsto alcuno sbocco occupazionale? E perché il legislatore ha attribuito alla Commissione tecnico-consultiva per il riconoscimento delle scuole di formazione in psicoterapia del Ministero dell'Istruzione Università e Ricerca (MIUR) prerogative così ristrette, tanto da ridurla ad un ruolo puramente notarile, lasciando così in mano al privato - senza nel contempo istituire controlli adeguati - una questione così delicata come la formazione degli psicoterapeuti? Ma lasciamo da parte questi interrogativi e limitiamoci ad alcune considerazioni. La prima è che la psicologia e la psicoterapia a livello mediatico sono molto presenti; non c'è fatto di cronaca in cui non venga richiesto il parere dello psicologo o dello psicoterapeuta. Questo induce a pensare che quella psicologica sia una professione di prestigio e possa offrire spazi occupazionali adeguati. Così molti giovani intraprendono questa strada. Pensano che lavoreranno nelle scuole, negli ospedali, nei servizi sociali, eccetera. Ma quando - laureati ed abilitati - non trovano spazio nei servizi pubblici, sono di fatto costretti a riversarsi nel privato e quindi pensano alla psicoterapia come possibile fonte di reddito. E così si specializzano con notevole investimento di tempo e di denaro, pensando tra l'altro che il titolo acquisito permetterà loro anche di partecipare ad eventuali concorsi nel servizio sanitario nazionale. Ma nessuno garantisce loro la qualità della formazione ricevuta, che di fatto si differenzia notevolmente da una scuola all'altra, con buona pace anche dell'utente. E non va dimenticato che quello della formazione è un mercato non indifferente, visto con quanta rapidità è cresciuto il numero delle scuole di psicoterapia abilitate. Con questo non voglio fare di tutt'erba un fascio e tanto meno svalutare il sincero interesse ed impegno dei giovani che si muovono su questa strada, ma non può essere taciuto; e qui il discorso torna al legislatore, presso cui le proposte a suo tempo avanzate dalla Commissione tecnico-consultiva del MIUR in termini di adeguati controlli sull'operato delle scuole e sulle effettive necessità formative non hanno per il momento trovato adeguato riscontro. A questo punto chiederei io al Presidente della Commissione tecnico-consultiva: pensa che la Commissione da lei presieduta avrebbe potuto fare qualcosa in più per ovviare a questa triste situazione? E cosa?


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