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PSYCHOMEDIA
MODELLI E RICERCA IN PSICHIATRIA
Psicoterapia - Documenti e Comunicati



Le emozioni ferite

Maurizio Mottola



Dal 4 al 6 settembre 2009 si è svolta a Sarzana (La Spezia) la sesta edizione del Festival della Mente, nel corso della quale lo psichiatra Eugenio Borgna ha presentato un suo studio tradottosi nel libro edito dalla Feltrinelli dal titolo Le emozioni ferite, "da chi nega il valore della vita affettiva, dall'indifferenza, dalla noncuranza, dalla distrazione, dalla fretta, dalla mancanza di introspezione". Qual è il ruolo delle emozioni nella vita quotidiana ed in particolare nelle relazioni terapeutiche ? Le emozioni sono risposte socio-biologiche di adattamento e negli esseri umani rappresentano il passaggio dall'automatismo dei riflessi condizionati alla composita e differenziata articolazione dell'interazione con l'ambiente circostante. Le emozioni sganciando l'essere umano dall'automatismo dell'arco riflesso gli consentono una varietà di risposte di adattamento -propria della specie umana- ed il sistema limbico permette l'accumulo della memoria. Tramite il sistema limbico infatti le esperienze risultanti dal contatto dell'organismo con il mondo circostante vengono immagazzinate e possono venire evocate all'interno dell'organismo senza relazioni di causalità evidente con le variazioni che sopraggiungono nell'ambiente esterno. Vengono registrate come piacevoli o spiacevoli: sono esperienze piacevoli quelle che permettono di mantenere la struttura dell'organismo ed esperienze spiacevoli quelle pericolose per esso. Le piacevoli tendono ad essere ripetute e questo viene chiamato rinforzo, mentre le spiacevoli tendono ad essere evitate e questo viene chiamato evitamento. La maggior parte delle ricerche empiriche riporta dati su specifiche emozioni come rabbia, disgusto, paura, tristezza, gioia, sorpresa, indicate come primarie. La vergogna, la colpa, l'orgoglio, l'imbarazzo, il rammarico ed altre vengono indicate invece come emozioni secondarie o complesse. Questa distinzione è molto antica e risale alla tradizione filosofica, dalla quale le emozioni primarie erano generalmente considerate il fondamento di tutta la vita umana. Secondo i risultati di un filone di ricerca sull'espressione facciale delle emozioni, esisterebbero elementi costanti nell'espressione emozionale umana, che si ritrovano in tutte le culture e corrispondono al ristretto gruppo di emozioni indicate generalmente come primarie: rabbia, disgusto, paura, tristezza, gioia, sorpresa. Le risposte emozionali di base, cioè le emozioni primarie, si sono evolute per fornire risposte di adattamento efficaci ai problemi posti dall'ambiente. Queste emozioni, inoltre, costituiscono le componenti elementari a partire dalle quali si costruiscono tutte le emozioni secondarie. Comunque le emozioni possono essere considerate non solo come il frutto dell'evoluzione biologica, ma anche in relazione alle trasformazioni sociali e storiche che contribuiscono a formare la personalità. In ambito clinico talvolta l'atteggiamento del terapeuta può essere invece caratterizzato dalla freddezza e dalla distanza dal vissuto emozionale del paziente. Certamente il continuo contatto con la sofferenza porta al logoramento di coloro che sono impegnati quotidianamente nelle relazioni di aiuto. Secondo la rigorosa logica freudiana, anzi solo se non c'è interazione emozionale tra paziente e terapeuta il rapporto è curativo. Ma l'analisi approfondita del rapporto terapeutico ha portato ad una diversa valutazione delle emozioni. Infatti se non c'è una "esperienza emozionale correttiva" il paziente comprende cognitivamente ma non cambia necessariamente atteggiamenti e comportamenti. Ed una vera "esperienza emozionale correttiva" può avvenire solo in un contesto relazionale in cui non ci siano freddezza e distanza. é laddove il terapeuta si mette in gioco anche lui emotivamente che si determinano quelle condizioni favorenti lo sblocco emozionale del paziente. é ovvio che poi il terapeuta ha da sostenere l'elaborazione cognitiva dell'emozionarsi da parte del paziente, per far sì che quest'ultimo sia in grado di integrare emotività e cognitività. Capire senza emozionarsi è come nella trama di un film di fantascienza:" In una tranquilla cittadina iniziano a verificarsi strani avvenimenti: in pochi si accorgono che gli abitanti, uno dopo l'altro, hanno cominciato a comportarsi in maniera anomala, come se ad un tratto non fossero più capaci di provare emozioni. Tutto sembra coincidere con la comparsa, in un vicino campo, di ...". Spesso l'organizzazione dei servizi sanitari somiglia a tale scenario, in cui gli automatismi comportamentali possono sostituirsi all'impegnativa e complessa interazione tra terapeuta e paziente. Solo se il terapeuta (medico o psicologo, od anche infermiere) ha fatto i conti con la propria sfera istintivo-emotiva e l'ha integrata equilibratamente con la sfera cognitiva e con la competenza di saperi e tecniche potrà concretizzare relazioni che siano operativamente terapeutiche e curino il malato e non riduttivamente la malattia.

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