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Adolescenza errante

Maurizio Mottola


Ripubblicato su Psychomedia da "Agenzia Radicale"


Famiglie multiproblematiche che presentano un mix di problemi a più livelli: livello socio-economico basso, un elemento della famiglia spesso in carcere, problemi di salute, problemi psicologici e di inserimento nel tessuto sociale, bambini con problemi di apprendimento (alcuni addirittura non vanno a scuola), nuclei familiari con problemi di violenza e di abuso fisico e psichico, genitori assenti o inconsistenti, disagio giovanile, dipendenze da sostanze ed altro ancora.
Napoli è una città particolarmente esposta al fenomeno della migrazione dei bambini e degli adolescenti, che non hanno più casa, né famiglia o tradizioni alle quali riferirsi. Migrazione non significa soltanto spostamento nello spazio, ma anche nel tempo: significa passaggio da una storia ad un'altra storia ed a nessuna però sentire di poter appartenere.
Ne deriva uno sbandamento, un'erranza appunto, che è innanzitutto una perdita di quel minimo di continuità che costituisce l'ancoraggio di ogni individuo e che è indispensabile per garantire la crescita dei bambini e degli adolescenti.
C'è un mercato di ragazzini che si svolge di notte in corso Novara (come documentato recentemente da un reportage): sono immigrati, forse nordafricani, ma anche ragazzi dell'Est, rom e slavi, e questo mentre il Comune - in enorme difficoltà - è costretto a tagliare i finanziamenti e si chiudono i centri che si occupano dell'accoglienza per i minori in stato di abbandono sul territorio di Napoli.
Queste situazioni sono in risonanza con la degradazione del legame sociale nella città: quartieri che non sono più quartieri se non per le targhe che li indicano e li delimitano, quartieri che non costituiscono più la città, scuole che sono scollegate completamente dalla vita della città.
Sullo sfondo di saracinesche abbassate e di muri sporchi sui quali si intravedono delle scritte graffitare, le strade della periferia di notte sono deserte, abbandonate dalle attività del giorno, e così appaiono irriconoscibili ed anonime.
Sono questi i non luoghi -"luoghi senza memoria"-, che i ragazzi migranti e quelli esclusi nel cuore stesso del loro territorio, finiscono per abitare come "abbozzi di territori", e che segnalano con scritte per indicare delle appartenenze, sia pure paradossali, che sono come punti di repere in uno spazio urbano che non gli appartiene, o non gli appartiene più: una maniera creativa di rivolgere una richiesta al mondo degli adulti ed alla società, un "indirizzo all'altro".
Nella situazione napoletana evocata, i ragazzi in questione vendono il loro corpo nel modo forse più estremo di utilizzarlo, corpo che, in adolescenza, è sottoposto a tensioni particolarmente violente e si presta ad essere usato direttamente come comunicazione, soprattutto quando gli spazi per operare trasformazioni simboliche sono carenti, se non inesistenti.
Ma sono tanti i modi di usare il corpo per non sentirlo come proprio o perché non si può sentirlo come proprio.
Si tratta di intervenire in situazioni non ortodosse, nelle quali poter offrire la propria presenza in quanto "altro affidabile", "adulto in buona fede", per riaprire alla possibilità di un contatto affettuoso, di base, nella speranza che ne sorga, in seguito, una relazione di parola e di pensiero.
I problemi dei ragazzini migranti di Napoli, come di quelli che vi sono nati ma non hanno avuto la possibilità di crearvi dei legami d'appartenenza, non sono comunque diversi da quelli che abitano nelle periferie europee, né da quelli delle città africane o cinesi.
Nella nuova collana varata dall'editore Guida, dal titolo Diari di Psicologia, il primo libro Sportello Famiglia tra rumori, echi e ascolti (a cura di Anna Patrizia Caputo e Monica Vitolo, pagine 164) riguarda l'indagine sul fenomeno del "disagio giovanile" attraverso l'esperienza sul campo dello Sportello Ascolto per la famiglia, in una difficile realtà periferica come S. Giovanni a Teduccio di Napoli.
Un'indagine socio-psicologica sul mondo dei giovani e sui loro problemi sociali, familiari ed educativi, in grado di mettere in atto interventi efficaci al servizio della comunità. L'emergenza giovanile è qui analizzata sia con approccio multidisciplinare, sia dal punto di vista del disagio degli operatori, di chi vorrebbe aiutare a cambiare le cose, ma è costretto a scontrarsi con una realtà difficile e, spesso, con problemi così radicati da sembrare insuperabili.


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