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Psichiatria - Documenti



Quando il medico diventa paziente

Maurizio Mottola


Ripubblicato su Psychomedia da "Agenzia Radicale"


La scelta di diventare medico viene vissuta spesso dagli studenti come una "vocazione", con un complesso intreccio tra istanze "conoscitive" ed istanze "riparative", dal cui equilibrio dipende lo svolgersi stesso del percorso che ogni studente si trova ad affrontare. In tale percorso il giovane studente di medicina dovrà confrontarsi con la malattia e la morte, toccare persone malate con il rischio di provare repulsione per un corpo malato e con l'eventuale disagio rispetto a procedure che possono causare dolore allo scopo di alleviare un sintomo, entrare in contatto con il corpo di una persona morta, affrontare il dolore dei suoi familiari od anche toccare un corpo sano in aree (quali -ad esempio- quelle genitali) e con modalità che possono determinare disagio.
Dunque c'è una specifica problematicità insita nell'iter formativo degli studenti di medicina. Desiderio di conoscere ed approfondire i segreti della vita e della morte, curiosità infantili e voyeurismo, ricerca iniziatica di un sapere che conferirà la podestà di ergersi a baluardo della vita, particolare forza delle pulsioni sadiche e soprattutto un potente impulso alla riparazione di un danno primario relativo al sé e/o agli oggetti d'amore sarebbero gli elementi profondi sottesi al costituirsi della motivazione a diventare medico.
Nodo di svolta del percorso formativo è l'esame di anatomia, che costituisce un ineliminabile impatto con l'angoscia di morte; successivamente lo studio delle manifestazioni patologiche e gli iniziali e sporadici contatti con i pazienti stimolano aree traumatiche, conflittuali ed inelaborate, avendo da tenere sotto controllo l'identificazione con il paziente, la qual cosa tende ad essere vissuta come molto minacciosa.
Nella fase conclusiva degli studi, con il procedere delle conoscenze relative agli strumenti ed alle possibilità terapeutiche, i giovani vengono posti in modo piuttosto consistente di fronte alla problematica del limite della "riparatività" associata alle cure mediche e questo costituisce un ulteriore nodo cruciale -una sorta di "resa dei conti"- nel loro percorso formativo, perché li pone di fronte al ridimensionamento delle proprie fantasie magiche, alla ridefinizione delle motivazioni, al confronto con le aspettative ed infine alla valutazione delle competenze raggiunte. Il buon esito del processo formativo si raggiunge oltre che con la laurea, soprattutto con l'acquisizione di una equilibrata identità e funzione medica.
Eppure dopo la recente esperienza personale di degenza in reparto di cardiologia, mi sono reso conto che il medico completa la sua formazione - veramente e paradossalmente - quando anche lui diviene paziente ed attraversa il percorso diagnostico e curativo che ordinariamente è lui a prescrivere agli altri.
Quando il medico diventa paziente incontra più difficoltà degli altri pazienti, in quanto ha emotivamente più difficoltà ad attivare quella fiducia e quell'affidamento che sono costitutivi della relazione terapeutica. Sono le sue stesse conoscenze tecniche, il suo apparato logico-razionale, la sua abitudine a dare indicazioni e prescrizioni che lo inceppano nell'affidarsi a chi lo cura, nell'accettare che in quanto paziente riceve indicazioni e prescrizioni che ha da recepire ed attuare.
E' tra le più significative esperienze esistenziali che possano capitargli come opportunità di confrontarsi profondamente con la sua emotività, con la sua capacità di relazionarsi ed anche di accettare la propria vulnerabilità. L'esperienza umana e professionale del medico ammalato richiama il mito del centauro Chirone, il "guaritore ferito" che smette di soffrire solo diventando mortale.
Negli ultimi decenni si è assistito a progressi della medicina più numerosi e profondi di quelli avvenuti nel corso dei secoli precedenti, occorsi con una rapidità tale da determinare il rinnovamento o addirittura il ribaltamento di quelle che di volta in volta erano state considerate acquisizioni stabili. Ciò che era ritenuto assolutamente incontrovertibile è stato poi dimostrato falso. Allora -in ambito medico- in base a quali principi si stabilisce la verità scientifica ?
Marcel Proust affermava che "essendo la medicina un compendio degli errori successivi e contradditori dei medici, appellandosi ai migliori di essi, si hanno ottime probabilità di imparare una verità che sarà riconosciuta falsa qualche anno dopo". Dunque e paradossalmente affidarsi alla medicina sarebbe una follia e non affidarsi alla medicina sarebbe una follia più grande !
Certo è che - prima del sintomo, durante la manifestazione del sintomo e dopo la scomparsa del sintomo - c'è sempre indubitabilmente l'individuo. E qui la medicina può completarsi dando ulteriore spazio alla relazione ed alla interazione, recependo ed integrando le conoscenze e le acquisizione di altre discipline.
Comunque, essendo la gratitudine un'emozione non sempre manifestata dai pazienti nei confronti di chi li cura, esprimo il mio grato apprezzamento all'equipe medico-infermieristica della cardiologia dell'ospedale Santa Maria di Loreto Mare di Napoli, diretta dal collega Bernardino Tuccillo: sono stato un fiducioso paziente ed ora mi sento anche più completo come medico.


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