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Tecnica neuro-emozionale secondo Roy Martina e successive evoluzioni

Maurizio Mottola


Ripubblicato su Psychomedia da "Agenzia Radicale"


Sabato 4 e domenica 5 ottobre 2008 si è svolto a Napoli lo Stage pratico-esperienziale in tecnica neuro-emozionale secondo Roy Martina e successive evoluzioni, promosso dall'Associazione Medica Italiana di Omotossicologia (AIOT) e tenuto da Tatiana Rivkina, medico specialista in dermatologia.
Sappiamo con certezza che gli esseri umani sono attrezzati per affrontare con successo difficoltà e stress. Discendiamo da gente che è sopravvissuta ad un'infinità di predatori, guerre, carestie, malattie e catastrofi. Siamo costruiti per convivere quotidianamente con lo stress. A questo scopo possediamo dentro di noi un insieme di risorse che abbiamo ereditato dal passato: è la resilienza ad essere la norma negli essere umani, non la fragilità. La resilienza psicologica è la capacità di persistere nel perseguire obbiettivi difficili, fronteggiando in maniera efficace le difficoltà. La resilienza può essere potenziata e nella nostra cultura esistono vari ambiti e modalità che la possono sostenere e promuovere in modo strutturale. Infatti la funzione essenziale del sistema nervoso è dare all'organismo la possibilità di agire, di realizzare la propria autonomia motoria rispetto all'ambiente, allo scopo di conservare la struttura dell'organismo. Per far questo, necessita di due fonti di informazione: le informazioni sulle caratteristiche mutevoli dell'ambiente che vengono captate e trasmesse ad esso dagli organi di senso, e le informazioni sullo stato interno complessivo dell'organismo (omeostasi), di cui è incaricato di proteggere la struttura, permettendone l'autonomia motoria.
Ebbene le emozioni costituiscono il passaggio dall'automatismo dell'arco riflesso alla varietà delle risposte propria della specie umana e dunque sono risposte socio-biologiche di adattamento. La maggior parte delle ricerche empiriche riporta dati su specifiche emozioni indicate come primarie -rabbia, disgusto, paura, tristezza, gioia, sorpresa -. Mentre meno numerose sono le ricerche su emozioni non primarie, quali la vergogna, la colpa, l'orgoglio, l'imbarazzo, il rammarico, e simili, indicate come secondarie o complesse. Questa distinzione è molto antica e risale alla tradizione filosofica, dalla quale le emozioni primarie erano generalmente considerate il fondamento di tutta la vita umana. Recentemente ci si è soffermati su questa distinzione in conseguenza dello sviluppo di un filone di ricerca sull'espressione facciale delle emozioni. Secondo i risultati di queste ricerche esistono elementi costanti nell'espressione emozionale umana, che si ritrovano in tutte le culture e corrispondono ad un ristretto gruppo di emozioni, indicate generalmente in numero di sei (rabbia, disgusto, paura, tristezza, gioia, sorpresa).
Tali emozioni sarebbero specificazioni di modalità generali di risposta che l'individuo impara durante il suo sviluppo, usando le abilità cognitive acquisite nel corso dell'apprendimento sociale. Le emozioni singole sarebbero dunque secondarie rispetto alle dimensioni di organizzazione della risposta, ritenute innate. Inoltre secondo il punto di vista storico-sociale, le emozioni possono essere considerate non solo come il frutto dell'evoluzione biologica, ma anche in relazione alle trasformazioni sociali e storiche che contribuiscono a formare la personalità. Le risposte emozionali di base, cioè le emozioni primarie, si sono evolute per fornire risposte di adattamento efficaci ai problemi posti dall'ambiente. Queste emozioni, inoltre, costituiscono le componenti elementari a partire dalle quali si costruiscono tutte le emozioni secondarie. Il presente è il tempo di espressione delle emozioni rendendo immediato e concreto l'adattamento. Se l'emozione non viene espressa e non contribuisce ad attualizzare l'adattamento, essa si cronicizza, cioè la sua carica energetica non espressa si deposita nel sistema e lo rende disfunzionale. Ad esempio la rabbia che è un'emozione a difesa dell'integrità dell'individuo e che nel nostro sviluppo filogenetico ed ontogenetico ha contribuito a preservare individuo e specie dagli attacchi dell'ambiente circostante, se viene accumulata disturba l'equilibrio dell'individuo e lo rende inappropriato nelle risposte di adattamento. Utilizzando tecniche neuro-emozionali è possibile far sì che le emozioni conservino la loro funzione adattativa e quindi indispensabile per l'essere umano, senza accumularsi nel sistema mente-corpo disequilibrandolo e disarmonizzandolo.


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