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Lamarckism, the Origin of Mind, and Quantum Physics: conversazione con Antonio Giuditta

Maurizio Mottola



Venerdì 4 novembre 2011 si è svolto a Napoli, all'Istituto Internazionale per gli Studi Filosofici, il convegno Lamarckism, the Origin of Mind, and Quantum Physics. Al neuro scienziato napoletano Antonio Giuditta, tra i promotori del convegno, abbiamo posto alcune domande.

Di che ha trattato il convegno Lamarckism, the Origin of Mind, and Quantum Physics? Il convegno ha avuto lo scopo di far conoscere ai biologi napoletani e più generalmente al pubblico colto le profonde istanze di cambiamento che attualmente riguardano alcuni sostanziali temi della ricerca biologica. Tra i tanti possibili aspetti si sono privilegiati il meccanismo evolutivo, indiscusso pilastro della biologia, e la natura e origine della mente umana. Il primo ha fatto riscontrare negli ultimi tempi un rinato interesse all'ipotesi Lamarckiana e quindi all'ereditarietà dei caratteri acquisiti e alla possibilità di considerare il genoma non più come sistema "read only", ma piuttosto come sistema dinamico "read and write". Il secondo tema, finora appena sfiorato, sottolinea l'opportunità di considerare la mente come problema biologico indipendente, non meramente riconducibile ai processi cellulari e molecolari del cervello. Quest'ultimo aspetto include il problema della coscienza e ha innescato diversi recenti tentativi di pervenire ad una sua rappresentazione basata su alcune delle diverse articolazioni della fisica quantistica. Da qui l'opportunità di accennarne come a possibili vie di uscita.

Che tema ha affrontato nella sua relazione On the Philogenetic Origin of Mind? Il problema posto dalle straordinarie capacità della mente umana in termini di cognizione, creatività e soggettività è stato per millenni il terreno di incontro e scontro di sistemi filosofici e religiosi. Negli ultimi tempi ci ha provato anche la scienza. Le soluzioni proposte hanno oscillato tra visioni moniste (materialista o spiritualista) e dualiste. In ambito biologico il problema non può che essere considerato alla stregua delle caratteristiche fisiche dell'uomo, da tempo analizzate sotto il profilo dello sviluppo ontogenetico e dell'evoluzione filogenetica. Tuttavia, l'odierna pregiudiziale equiparazione delle capacità mentali a quelle cerebrali ha marginalizzato il tentativo di procedere in maniera indipendente soprattutto nei riguardi della dimensione filogenetica della mente. Quest'ultimo approccio ha rappresentato il tema della mia relazione. Sulla base di deduzioni logiche e di un adatto criterio di identificazione di eventuali aspetti mentali in organismi primitivi si è giunti a proporre che tali aspetti sono riconoscibili anche nei procarioti e quindi che essi sono stati presenti lungo tutto l'arco della filogenesi biologica. Ulteriori considerazioni fanno inoltre ipotizzare che aspetti mentali ancora più primitivi potrebbero essere associati, se non altro in potenza, nelle particelle elementari comparse in seguito al big bang.

Che spazio stanno dando le attuali ricerche delle neuroscienze alle facoltà psichiche cosiddette paranormali? Gli studi sul sistema nervoso hanno finora privilegiato i processi che si verificano nei livelli cellulari e molecolari del cervello e del sistema nervoso periferico e viscerale. Solo in alcuni casi si è cercato di esaminare quale ruolo può essere svolto da entità presenti ai livelli submolecolari e in particolare quantici del cervello. Un approccio di questo tipo tende a superare il riduzionismo incompleto che ha fatto del livello molecolare l'unica base atta a far comprendere tutto quanto si manifesta a livelli di organizzazione superiori. E' plausibile che lo studio dei processi quantici in atto nel cervello, oltre a poter portare a rappresentazioni più accurate o altrimenti diverse delle convenzionali capacità della mente, possa rivelarsi capace di fornire attendibili chiavi interpretative anche dei fenomeni cosiddetti paranormali o anomali.


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