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Conversazione sulla psicologia clinica con Lionello Petruccioli (SIPCM)

Maurizio Mottola


Ripubblicato su Psychomedia da "Agenzia Radicale"


Giovedì 23 agosto 2007 la sezione sesta del Consiglio di Stato ha emesso la sentenza n. 4483/2007, la quale stabilisce che la specializzazione in Psicologia Clinica è accessibile unicamente agli psicologi e preclusa ai medici, che quindi non vi possono accedere. Al medico e psicologo clinico Lionello Petruccioli, presidente della Società Italiana di Psicologia Clinica Medica (SIPCM), abbiamo posto alcune domande.

Dunque la giustizia amministrativa ha dato ragione agli psicologi: come mai una specializzazione promossa e sviluppatasi storicamente in ambito medico alla fine vede esclusi proprio i medici ?
Questa è una storia iniziata da lungo tempo, e l'ultima sentenza del Consiglio di Stato si è allineata con la prima, cioè con quella di Padova del 1999. Su questo tema tutti gli ordini degli psicologi d'Italia e quello nazionale hanno destinato tempo, denaro ed energie per una battaglia che ha avuto più che altro la caratteristica di una crociata, tanto che in un recente passato ci sono state manifestazioni in piazza con slogan del tipo "via le mani dalla psicologia clinica ... no allo scippo della psicologia clinica".
Nel contempo gli ordini dei medici sono stati latitanti, così come sono stati almeno disattente le avvocature delle istituzioni chiamate in causa, per cui gli assenti hanno sempre torto. La lettura delle sentenze lasciano effettivamente perplessi, sia nelle motivazioni giuridiche, sia in quelle di merito. Infatti, se pensiamo che quasi tutte le scuole di specializzazione sono nelle facoltà di medicina e che i medici dal 2000 sono pagati dal Ministero della Salute si capisce che il senso di tale sentenza è paradossale. Inoltre, a ben vedere, essa non è affatto una vittoria per gli psicologi, che perdono forse l'unica specializzazione che consente di integrare gli aspetti organici e quelli psicologici in accordo con le tendenze scientifiche più moderne.
Cosa cambia nell'immediato nell'organizzazione e nella gestione dei corsi di specializzazione universitaria in psicologia clinica, considerato che un'impalcatura pluriennale non si smonta e ricompone dall'oggi al domani ?
Certamente questa sentenza e le altre che verranno ad allinearsi stanno creando confusione. Si prospettano al momento due scenari: o chiudere o essere aperti ai soli psicologi. Ed è paradossale che queste scuole siano nelle facoltà di medicina. E poi che fare degli studenti medici in corso ? Gli si può dire: scusate, ci siamo sbagliati, avete perso diversi anni, fatica e denaro, per niente !?!
Comunque nel documento finale approntato nel marzo 2006 dalla Commissione per i problemi della psicologia e psicoterapia della Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri (FNOMCeO) ed approvato dal Comitato Centrale della FNOMCeO nel giugno 2006, per quanto attiene la psicologia clinica si è affermato: "Obiettivo a medio/lungo termine della FNOMCeO, riguardo alla problematica "psicologia clinica", secondo la Commissione dovrà essere quello di giungere alla istituzione di una nuova specializzazione denominata "medicina psicologica", riservata ai medici, con programma formativo di indirizzo psicologico, psicodiagnostico e psicosomatico e di una ulteriore, diversa specializzazione denominata "psicologia clinica", riservata agli psicologi, con programma formativo congruo alle loro competenze; entrambe le specializzazioni preparatorie ad un inserimento nel SSN. L'istituzione di una specializzazione in linea con altre esistenti in Europa potrebbe portare ad un suo riconoscimento comunitario". Dopo la sentenza del Consiglio di Stato quale ha da essere a suo avviso la posizione dei medici ?
Il documento della Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri (FNOMCeO) è dettato dal buon senso, ma non tiene conto che la lotta intrapresa è molto aspra e si propone altri obiettivi; nei proclami scritti nelle riviste o nei siti degli organi istituzionali degli psicologi si legge di solito: è stata vinta una battaglia, ma non la guerra. Dai toni delle polemiche di questi tempi, la guerra sembra essere quella contro il potere medico, o presupposto tale, una sorta di rivoluzione. L'obiettivo verosimilmente è quello di gestire la salute e la patologia mentale.
Probabilmente a volte a ragione visto che la psichiatria accademica ha lasciato nel passato spazi enormi in questo senso. La posizione della Società Italiana di Psicologia Clinica Medica (SIPCM) è sempre stata quella di stare nella casa comune dei medici, vale a dire di riconoscersi nella formazione comune della laurea in medicina e chirurgia.
Abbiamo sempre pensato che la psichiatria, in senso etimologico abbia molte anime e che debba per questo allargarsi, cioè all'interno di questa area debbano articolarsi la psichiatria, la psicologia clinica (pardon, ormai non si può dire), va bene quindi la medicina psicologica, e la psicoterapia, ognuna in modo peculiare, ma tutte con la formazione comune che è, nel bene e nel male, la laurea in medicina e chirurgia.
In conclusione, per rispondere alla domanda, credo che la posizione dei medici sia quella di trovare unità, ma soprattutto di collaborare con il Ministero della Salute, con il Ministero dell'Università e della Ricerca (MiUR) e con il Consiglio Universitario Nazionale (CUN) per tracciare meglio i confini, che per altro già esistono, di ciascuna di quelle professioni che hanno delle aree sovrapposte o comuni, altrimenti un medico coscienzioso che "parla" e "ascolta" il paziente fa abuso di professione di psicologo, e chi invece tiene a distanza il paziente (o si limita ad una generica empatia) fa il medico.




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