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PSYCHOMEDIA
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Psicoterapia - Documenti e Comunicati



Psicoterapia: scienza o congettura?
In Italia è affidata a scuole private autorizzate dallo Stato. Ma con quali criteri?

Vincent Kenny: "Una psicologia scientifica é un illusione"


Raffaele Cascone


Ripubblicato su Psychomedia da "Agenzia Radicale"


Dal 1990, da quando la psicoterapia è stata regolamentata da legge dello stato e tenta di costruirsi un identità ed uno status riconoscibile tra le altre discipline istituzionali, l'interrogativo cruciale ed irrisolto sulla collocazione della psicoterapia tra le scienze umane o tra le scienze naturali sembra essere stato deliberatamente accantonato.
Ci riferiamo alla questione della "scientificità" della psicoterapia, sulla quale l'evidenza a favore o contraria è tanto scarsa quanto è vasto il ventaglio di opinioni e credenze circolanti in Italia nel variegato mondo di quelli che contano, il think thank italiano della psicoterapia, composto dalle università, dalle 300 scuole di psicoterapia riconosciute, dalla commissione ministeriale di valutazione, dalla ormai potentissima associazione delle scuole riconosciute, dagli ordini regionali degli psicologi e dagli ordini dei medici.
Questa questione della scientificità non è la solita querelle accademica poiché in essa si gioca la formazione dei quadri della psicoterapia che sono l'interfaccia tra il disagio ed il bisogno di crescita del soggetto da un lato e la società civile dall'altro, intesa come portatrice di cure e soluzioni umanitarie finalizzate al benessere ed alla crescita personale, familiare e sociale.
Inoltre lo Stato, da quando ha iniziato ad autorizzare le scuole di formazione, è divenuto di fatto responsabile e garante del servizio che le scuole erogano o che eventualmente mancano di erogare. Se si riscontrasse inoltre che non si riesce a svolgere questo servizio essenziale autorizzato e delegato dallo Stato, l'effetto potrebbe equivalere ad un omissione o a un danno, di cui lo Stato sarebbe corresponsabile.
Quali sono gli orientamenti ed i parametri di valutazione della commissione? Agli inizi circolavano voci che il criterio di valutazione risiedesse nel giudizio sulla scientificità del modello di psicoterapia delle scuole candidate. Ma si trattava solo di voci non sostenute da dichiarazioni o documentazioni esplicite da parte del ministero, che evitava di impegolarsi nella questione.
Quale ministero o quale università della repubblica si rivestirebbero infatti dell'autorità e dell'autorevolezza per prendere atto delle perplessità di Wittgenstein sulla scientificità delle scienze umane o per deliberare una volta per tutte sulla verificabilità scientifica della psicoterapia? Nel dubbio, come è costume nostrano, si è navigato a vista, tanto poi in qualche modo ci si arrangia. Tantè che i criteri con cui la commissione ha messo in circolazione i formatori degli psicoterapeuti italiani sono probabilmente altrettanto nebulosi quanto i modelli "scientifici" delle scuole che ha autorizzato.
Quello della formazione è un business in cui si arrangiano tutti, sia i titolari, di solito in numero di tre per scuola, che si dividono il grosso della formazione e le rette di un ottantina di studenti all'anno (dai 4000 agli 8000 euro all'anno a studente, a seconda delle scuole, più l'indotto), sia i vari docenti universitari e gli esaminatori, "ci avete fatto caso che sono sempre gli stessi?", che turnano da una scuola all'altra.
Si arrangiano tanto bene che si è creato un sistema chiuso. Ciò non tanto perché si sono esaurite la domanda e la necessità di formazione ed è stata già espressa l'intera varietà dello scibile umano, ma perché si sono sistemati tutti quelli che fanno parte della rete.
Ma il corpus conoscitivo della psicoterapia ahinoi non è un codice da applicare o una merce che una volta accumulata viene riversata immutata nelle molteplici fattispecie della pratica. E' conoscenza e pratica in continua crescita ed evoluzione, in uno scambio continuo e circolare tra tecnica, teoria della tecnica ed esperienza clinica. Scambio che si allarga alle aree esperienziali e disciplinari, scientifiche e culturali confinanti da cui la psicoterapia trae riferimenti ed alle quali ne fornisce, in osmosi continua.
La commissione ministeriale inoltre, dopo avere autorizzate le scuole, ha innanzitutto il compito di vigilare sul loro operato. Ma come? Come verificherà che le scuole non stiano formando degli incapaci o dei deliranti? Poi deve svolgere in permanenza il compito di divulgare il suo operato, rendere pubblica la problematicità del suo lavoro e dei suoi interrogativi. Non facendolo mancherebbe di esercitare il suo ruolo irrinunciabile di risorsa nei confronti del dibattito sociale oltre che scientifico e culturale. Ed infine la commissione deve confrontarsi con tutto ciò che è nuovo ed emergente nel campo della psicoterapia, verso cui le scuole già riconosciute, per interessi costituiti, nutrono una decisa e viscerale diffidenza.
Un contesto di tal genere, lasciato alla sua deriva, rischia continuamente di trasformarsi in una struttura autoreferenziale di tipo paranoide, caratterizzata da proliferazione e cristallizzazione dei codici interni, nonché da isolamento ed ostilità verso il mondo esterno. Una tale crescita zero della psicoterapia se si determinasse, sarebbe una iattura per l'Italia, oggi in pieno choc da futuro in un mondo in cui gli ambienti scientifici e culturali produttivi si relazionano liberamente con il nuovo e con l'innovazione, apportati dalle intelligenze e dai flussi informativi, e ne beneficiano integrandoli e restituendoli alla società civile in una continua crescita.
Allo scopo di traghettare la faccenda della psicoterapia insegnata nelle scuole riconosciute dallo Stato. dall'oscurità delle conventicole e delle lobbies professionali, alla luce del sole della discussione pubblica e della controversia scientifica e culturale lanciamo tre interrogativi vincolanti:

A quali criteri di validità e di qualità ed a quali vincoli un metodo deve rispondere?
Ogni metodo deve essere sottoposto ai vincoli della prova scientifica? Se si, a quali e da parte di quale altra scienza? Neuroscienza o biochimica molecolare?
Se lo stato invece afferma che la psicoterapia per sua natura non è verificabile o falsificabile secondo i criteri della prova scientifica, quali criteri di valutazione para o extra scientifici la commissione deve applicare alla valutazione di ciascun metodo e di ciascuna scuola candidata?



INTERVISTA A VINCENT KENNY

Sulla situazione della psicoterapia in Italia, e sull'impresa psicoterapeutica in generale, ho intervistato Vincent Kenny, già Direttore dell'Istituto di Psicologia Costruttivista di Dublino, una delle figure più autorevoli del pensiero costruttivista sistemico in psicoterapia e nel miglioramento delle condizioni di vita nelle organizzazioni, nella famiglia e negli individui, per eliminare l'inerzia, i dilemmi ed i paradossi che sorgono nelle reti di conversazione e raggiungere la costruzione di un rinnovato, condivisibile e vitale futuro per l'uomo

E' possibile valutare la scientificità di un metodo psicoterapeutico?
Vincent Kenny: Tra filosofi della scienza e filosofi della psicologia é risaputo che la psicologia non é una scienza anche se vorrebbe esserlo. La scienza richiede metodologie, linguaggi ed approcci specifici. Il tentativo da parte della psicologia, in questi ultimi cento anni, di copiare la scienza si é rivelato un fallimento. La psicologia può provare ad imitare la scienza ma questa copia é un falso. Anche l'uso da parte della psicologia di metodologie scientifiche come la statistica e la sperimentazione non riesce a coprire il fatto che la psicologia non é un scienza.
Una psicologia scientifica é un illusione. Wittgenstein fu il primo ad indicare che i metodi usati in psicologia ed il suo oggetto, l'uomo, sono come due navi che nella notte passano vicine ma non si toccano mai. L'umano ed i metodi scientifici non si incontrano. Questa pretesa di scientificità é un grosso problema per tutti: fingere di essere scientifici é un problema sia per gli studenti che per gli stessi docenti, crea doppie realtà, i dipartimenti di psicologia per cercare di assomigliare ad un laboratorio scientifico sono costretti ad avere apparecchiature tecnologiche: le tesi degli studenti vengono disegnate secondo le caratteristiche dell'hardware disponibile.
Il soggetto della materia, l'essere umano, é messo sempre in secondo piano, rispetto all'hardware. Queste sono le regole e devi pubblicare secondo questo linguaggio ed nelle relative riviste specializzate. Ciò vanifica tutta l'utilità potenziale della psicologia per la vita: c'é stato pochissimo contributo in cento anni di psicologia alla all'esperienza vissuta. La filosofia e la letteratura sono state molto più utili a risollevare lo stato d'animo dell'umanità di quanto abbia fatto la psicologia. La psicologia non può più fingere di essere utile.

Bruno Latour ed Isabelle Stengers hanno definito la scienza come un'impresa ed un'attività umana tra le altre che non ha alcuna superiorità conoscitiva rispetto alle altre pratiche sociali, né ha titolo per porsi in una posizione privilegiata dall'alto della quale possa valutarle e giudicarle.
V.K. Anche questo é problematico: oggi la scienza stessa ha mostrato di non essere scientifica, nel senso della definizione tradizionale delle scienze dure, della fisica e della meccanica quantistica. E' molto più simile all'arte o al modello buddista dell'universo: la scienza stessa ha dovuto accettare che anche gli esperimenti sono organizzati su valori costruiti, su presupposti ed interferenze umane non sull''oggettività, ed ha adottato un punto di vista costruttivistico molto rapidamente.

C'é scambio culturale e scientifico tra le varie figure del mondo della salute mentale?
V. K. Un altro problema della psicoterapia é che tanti professionisti che lavorano con i pazienti, non usano la ricerca psicologica, non si riferiscono alla psicologia scientifica, non leggono le riviste scientifiche e non vedono nemmeno l'importanza dell'aspetto scientifico nelle sue ricadute sulla loro vita personale e sugli interventi nella relazione terapeutica fanno con i pazienti.

Che fanno gli psicoterapeuti per migliorare la loro professionalità dopo la loro formazione?
V. K. Si rendono conto che qualcosa d'importante manca nella loro vita professionale, alcuni cerano delle risposte ma non riescono a trovare niente di rilevante. Perciò non sono preparati a cercare ciò che potrebbe servirgli per elaborare la loro pratica in modo riflessivo, in modo da produrre della ricerca utile per sé e per gli altri colleghi. Si sentono in una posizione di sudditanza rispetto all'immagine scientifica di ciò che la loro ricerca dovrebbe essere. Il risultato é che quello che fanno nella loro pratica terapeutica deriva dalle loro abitudini, dal loro modo di essere convenzionale, più che da quello che hanno appreso nelle loro scuole. Pochissime scuole insegnano agli allievi che cosa si fa praticamente nel lavoro con i pazienti.
Ricevo richieste continue da psichiatri e psicoterapisti anziani sul cosa fare in terapia, cercano aiuto perché nelle terapie si bloccano, non sanno che fare, non sanno come analizzare questo blocco, come aiutare i loro pazienti e sé stessi, né sanno a chi chiedere aiuto: anche se molti sono già in supervisione, continuano a non sapere che fare. Questo ci dà evidenza su come funzionano le scuole di psicoterapia, su quello che non insegnano e quello che dovrebbero insegnare.
Queste scuole o insegnano poco riguardo alla pratica terapeutica con troppe astrazioni teoriche oppure si concentrano sulle sole tecniche spesso senza un modello di riferimento, come i comportamentisti che negano la possibilità e la necessità di un modello di riferimento. In entrambi i casi gli psicoterapeuti sono lasciati senza sapere ciò che può servire nella pratica. Non sanno come andare avanti per fare evolvere la loro pratica professionale.
Già trent'anni fa nell'insegnamento nel mio dipartimento di psicologia nell'università di Dublino utilizzavamo mezzi audio visivi, con le famiglie, con i pazienti, con i colleghi, un modo attraverso cui tutti potessero vedere tutto quello che facevano gli altri, discuterne e perfezionarsi: un continuo processo di essere coscienti dell'immagine di voi stessi in quanto terapista in relazione ai pazienti ed ai colleghi, può essere di grande aiuto. Sono stupefatto che in Italia a distanza di trent'anni, é ancora raro che i terapisti si vedano al lavoro, che dispongano di analisi organizzate sul loro lavoro reale con i pazienti, e che non si vedano docenti esperti che lavorino su materiale video.
Questo è l'unico modo di produrre il materiale necessario a fare ricerca in psicoterapia. C'é una mancanza clamorosa di materiale ed esperienza concreta disponibile per ricavare conoscenza su cosa succede realmente in terapia. Non credo che sia possibile istruire e formare alla terapia senza utilizzare queste attrezzature ormai d'uso comune nel mondo.
Mi sembra che in Italia in generale ci sia poca attenzione alla metodologia di insegnamento, di perfezionamento e di sviluppo dell'efficacia, qualunque sia la scuola di terapia che prendiamo in considerazione, fatta eccezione per alcune scuole illuminate di terapia familiare in cui il video e lo specchio unidirezionale sono parte integrante della metodologia. Queste carenze mi sembra nascano da una contraddizione fondamentale che circola nel mondo delle scuole di psicoterapia e che crea impossibilità di risoluzione: credere e far finta che la psicologia sia una scienza, laddove non lo é, fa si che lo psicoterapeuta, l'allievo ed il docente si aspettino che la loro qualificazione e le linee guida della loro pratica debbono arrivare da una mitica scienza della psicoterapia, che si immagina esista da qualche parte per i soli iniziati e che prima o poi sarà svelata, ma che in effetti non esiste.
Viceversa tutta la ricerca scientifica fatta sulla psicoterapia, attraverso meta-analisi, mostra che l'efficacia di un terapeuta non dipende dalla scuola di provenienza. Spesso porre un paziente in una lista di attesa può produrre risultati analoghi ad una terapia. Gli psicoterapeuti sono rinomati per la loro tendenza a sottovalutare le capacità innate di recupero dei pazienti e perché tendono ad esagerare nella valutazione della quantità di tempo necessaria affinché le persone cambino.
Questo mentre gli stessi scienziati delle cosiddette scienze dure hanno accettato di dover fare i conti, in senso costruttivistico, su un esame delle procedure attraverso cui costruiscono la loro scienza. Michael Polanyi ha detto che la psicologia non é una scienza ma é una questione di opinioni. Ed allora dobbiamo sviluppare modi di parlare e conversare sulle nostre opinioni e formazioni che preparino a questo e non fingere e lasciar credere che le nostre pratiche siano delle operazioni scientifiche.
Nel paese di Gianbattista Vico, le doti tradizionali di organizzazione della conversazione degli Italiani non sono coltivate in nessuna delle scuole. Sembrano bloccate in tecnicismi e comportamenti idiota e riduzionisti che isolano dalla ricchezza culturale del paese.

Accantonato il criterio "scientifico" come strumento di validazione per la psicoterapia, una commissione ministeriale in base a quali criteri potrebbe effettuare una valutazione di una scuola di psicoterapia?
V.K. Se mi costringessero a far parte di una tale commissione potrei dire che ogni scuola dovrebbe essere approvata, non essendoci alcuna base per giudicare: come in "Alice del paese delle meraviglie" si potrebbe fare una specie di gara senza regole ed alla fine dire "Hanno vinto tutti!". Ci si potrebbe anche basare soltanto su di un criterio di decenza ed intelligenza minime garantite, oppure, se si decidesse di essere restrittivi, su criteri di valutazione all'americana della produttività e della economicità, di efficacia rispetto al costo. Che altro può fare una commissione?
Inventare un sistema per misurare l'intangibile, la personalità dei terapeuti o la loro affidabilità? Con quali criteri? Oppure assicurarsi che almeno la psicoterapia non faccia male a nessuno, che non ci siano strani rituali, pratiche settarie, culti. O anche fare come per i farmaci, non approvare o eliminare quelli che si sono rivelati dannosi in altri paesi.
Poiché la psicologia accademica non offre alcuna certezza scientifica per i terapeuti, neanche può essere d'aiuto per quelli che sono chiamati a stabilire criteri per selezionare il tipo di scuola che sarà approvata. Quindi devono essere individuati criteri presi dal senso comune. Ne indico quattro: il tipo di tradizione a cui appartiene quello specifico approccio terapeutico; lo status accademico attuale, vale a dire il far parte del mondo accademico; la presenza nella scuola di figure socialmente riconosciute; avere differenze caratterizzanti rispetto alle altre scuole (market branding).

Tutti questi criteri sono sociali e convenzionali, non obbiettivi e scientifici, in quanto costituiscono una rete di conversazione sull'accettabilità sociale dell'approccio terapeutico preso in considerazione. Il suo lavoro psicoterapeutico più recente si sta orientando verso l'esperienza corporea..
V.K. Il testo della vita é inscritto nel corpo in un modo molto fisico come un coltello che taglia il corpo e lascia cicatrici. Nei primi due, tre anni della nostra vita, prima che siamo in grado di parlare e possiamo solo ascoltare, chi ci circonda inscrive profondamente nei nostri muscoli, nel corpo e nelle viscera dei copioni molto fondamentali, non possiamo evitarlo. Sto sviluppando una tecnica per ritornare a queste abitudini, a queste convinzioni radicate nei muscoli, in modo da farle evolvere in qualcosa d'altro. Trattandosi di interazioni tanto complesse al livello preverbale, nei muscoli, nella fisiologia, nei visceri, é estremamente difficile creare una via di aperture fisiche che permettano di de-iscrivere il testo o di ri-scrivere un testo differente, é come volere eliminate un tatuaggio indelebile.

Quali sono i limiti della psicoterapia verbale?
V.K. In genere la psicoterapia arriva solo al trattamento della superficie del testo, perche' non ha a che fare col corpo, Tanti terapisti credono che, standosene seduti col paziente, restando al livello verbale, la parola riesca a toccare. La terapia. non riesce a muovere niente finché non determina un esperienza viscerale per il paziente e per le persone che sono di rilievo per lui.
Sto tendando di creare un cammino con varie fermate lungo il percorso, usando anche tecniche degli attori, per far uscire fuori abitudini viscerali nascoste. Chiedo per esempio di disporsi in posizioni fastidiose per sedersi, in configurazioni fisiche irritanti e porre attenzione sull'esperienza. In terapia abbiamo superato i metodi cosiddetti catartici: la catarsi non é costruttiva: é un modo di esprimere una vecchia convinzione e di fissarla, non costruisce una novità non é un modo di sostituire, di migliorare.
Le esperienze catartiche ed anche quelle attraverso droghe come LSD e ketamina etc. sono come le esperienze traumatiche: disintegrano e si reintegrano o solo dopo anni di psicoterapia o mai. Abbiamo bisogno di un altro approccio: un intervento che crei una nuova struttura che a sua volta non vada in conflitto con la vecchia.



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