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PSYCHOMEDIA
TERAPIA NEL SETTING INDIVIDUALE
Modelli e Tecniche in Psicoterapia



Il trattamento dei disturbi sessuali. Antinomie epistemologiche e successo clinico: nuove prospettive nella scelta terapeutica

Claudio Fasola



Introduzione. Gli anni sessanta come periodo di svolta nelle terapie sessuali
Il periodo a cavallo fra gli anni 60' e 70' ha rappresentato un momento di forte cambiamento nella matrice culturale occidentale, modificazioni avvenute sia sul piano culturale che sociale hanno abbracciato in modo radicale numerosi ambiti della vita relazionale. Il mutare dei costumi sessuali avvenuto nel nord America, fra i ricordi della cultura beat e le promesse del movimento hippy e nell'Europa occidentale, con l'illusione del maggio parigino, è stato accompagnato, in ambito accademico - scientifico, dallo svilupparsi della moderna sessuologia clinica(1). Grazie ai lavori di William Master e Virginia Johnson (1966, 1970), di Mary Jane Sherfey (1972) e di Hellen Kaplan (1976), la terapia delle disfunzioni sessuali ha iniziato a produrre risultati sempre più interessanti, portando alla costruzione di protocolli di trattamento costantemente più efficaci(2). La natura pragmatica e centrata sul sintomo di tali approcci, ha escluso dalla prassi operativa (in modo più evidente in alcuni rispetto ad altri) la ricerca delle cause profonde del disagio; rendendo facile pensare che sesso e archeologia avessero dato il loro meglio nella Vienna dei primi decenni del novecento; appariva chiaro come il modello di intervento psicoanalitico non fosse necessariamente il più adeguato per il trattamento dei disturbi di natura sessuale (Pavan, Angelozzi 1980).
Il paradigma causalistico non era comunque abbandonato nella sua interezza; la visione di uomo che aveva guidato questi autori rimaneva comunque debitrice della teoria comportamentista da una parte e di quella psicodinamica dall'altra. é sufficiente pensare allo sviluppo del lavoro della Kaplan, che grazie agli studi di Abraham (1979) e di Rifelli (1990) in Italia, si strutturò in una forma di psicoterapia detta "integrata" che sebbene fosse molto distante dalla prassi analitica ne rivendicava fortemente l'eredità. Alla luce di quanto detto pare che molte delle scelte operate da questi autori, oltre ad andare nella direzione della costruzione di modelli di intervento sempre più raffinati, fossero anche attente opere di maquillage, considerando anche la disinvoltura con cui furono successivamente utilizzati contributi derivati da scuole, quali quelle sistemiche - relazionali e cognitiviste.
Data l'efficacia del trattamento di alcuni disturbi sessuali, si pone il problema di capire se le pratiche della moderna terapia mansionale possano essere inserite all'interno di una realtà di tipo concettuale, tipica delle prospettive interazioniste, costruttiviste e strategiche, oppure se un'operazione di questo genere possa aspirare al massimo a diventare una brillante manovra di marketing. Per procedere in questa direzione diviene utile individuare attraverso quali modalità si dipanino I diversi successi terapeutici.

Differenze fra una approccio eclettico ed un atteggiamento pluralista
La via tracciata da una scelta pluralista e pragmatica (Fiora E., Pedrabissi L., Salvini A. 1988) sarà il criterio attraverso il quale vagliare le possibilità di una integrazione. L'alternativa al dogmatismo dell'empirismo e di certo razionalismo è individuata nel pluralismo teorico, nell'uso di teorie e metodi alternativi, anziché nell'adozione di un solo punto di vista o di una singola visione ed esperienza. Questa pluralità di alternative non deve essere concepita come lo stadio iniziale della conoscenza, da abbandonarsi quando nel futuro si assumerà una Unica Teoria Vera, ma può essere considerata come un processo essenziale in ogni attività conoscitiva. La ricerca scientifica non dovrebbe mirare a teorie vere, ma a teorie efficaci, facendo proprio il metodo della ricerca artistica da una parte, e quello della competizione dall'altra.
Sebbene le teorizzazioni di Feyerabend (1975) si avvicinassero ad un totale anarchismo conoscitivo e a una visione del "progresso scientifico dove tutto è concesso" non bisogna dimenticare come un approccio eclettico, caratterizzato dalle sue evidenti antinomie epistemologiche, rappresenti un terreno sdrucciolevole dal quale bisogna stare lontani, se si vuole garantire una sorta di dignità artistico - scientifica al lavoro di ricerca.

Terapia Mansionale: Uno sguardo d'insieme
Per procedere con maggiore cautela è opportuno ricordare le caratteristiche di base della terapia mansionale, questa si basa su un insieme di prescrizioni che vengono presentate al cliente, sia singolarmente che in coppia, attraverso le quali si avvia una sequenza di esercizi tesi ad eliminare il problema presentato. é evidente il debito che una procedura di questo tipo ha verso i protocolli di terapia comportamentale (basti pensare alla desensibilizzazione sistematica, il cui protocollo di base si avvicina non poco al trattamento dei casi di vaginismo o di eiaculazione precoce), ma se un tale processo avvenisse all'interno di una matrice terapeutica, che vada ad intervenire sul sistema di significati dell'individuo potrebbe aumentare la propria efficacia? Oppure non sarebbe possibile ipotizzare che un processo di questo tipo garantisce il proprio successo grazie ad un cambiamento indiretto dei costrutti dell'individuo.

Un cambiamento di cornice: la Terapia Sessuale come Psicoterapia
Un primo passo, sebbene apparentemente ardito, consiste nell'eliminazione della distinzione fra terapia sessuale e psicoterapia, per arrivare ad includere l'approccio mansionale all'interno di un quadro tipicamente psicoterapeutico. Dalla presentazione del modello di Masters e Johnson si è aperto un aspro dibattito (è sufficiente pensare alle posizioni arroccate di numerosi psicoanalisti nei primissimi anni 70') rivolto alla definizione di che cosa siano le terapie sessuali, di come queste possano essere inserite nel mondo delle psicoterapie e di quali debbano essere i loro confini.
Considerando come nel modello interazionista definire un problema come sessuale, ossessivo o psicosomatico viene considerato esclusivamente come un artificio linguistico, capace di configurare una certa realtà, e consapevoli comunque che tale visione, durante la seduta, esiste solo nelle rappresentazioni e nei racconti del terapeuta e in quelli del cliente, risulta difficoltoso definire una terapia come sessuale e non come terapia tout court.
Considerando il terapeuta come un gestore del cambiamento, si ipotizza che l'utilizzo di qualsiasi prescrizione, avvenga parallelamente ad un lavoro teso alla modificazione dei costrutti dell'individuo, con l'obbiettivo di poter meglio sostenere ed integrare i cambiamenti della vita sessuale dello stesso (e questa non è forse psicoterapia?).
In questa cornice si abbandonano alcune posizioni (Veglia, 1998) che delineano psicoterapia e terapia sessuale come strumenti adeguati per l'esecuzione di un assolo e non destinati ad armonizzarsi in un inevitabile concerto di voci.
La possibilità di far agire un successo può rivelarsi la strada principale verso il cambiamento, allo stesso modo di come l'approccio strategico ha costruito le sue modalità di intervento terapeutico

Apprendere dall'esperienza, la rottura di un circolo vizioso: la costruzione di una nuova via fra approccio strategico e terapia mansionale(3)
Echi della terapia mansionale possono risuonare nel trattamento strategico, sebbene le premesse teoriche e le modalità di intervento si dipanino in strade apparentemente senza incroci (l'uso di stratagemmi, inganni velati e suggestioni cino - giapponesi mal si coniuga con l'utilizzo di dilatatori vaginale di scuola anglo - americana), la struttura operativa evidenzia alcune assonanze. Entrambi gli approcci partono da una ridefinizione chiara ed univoca del problema in modo tale da poter meglio individuare il protocollo di intervento più efficace; questo si organizza attraverso l'uso di prescrizioni che, indicativamente, sono suggerite al cliente alla fine della seduta.
Gli interventi di tipo strategico e mansionale, sebbene i primi appaiano superiori per efficacia ed efficienza, potrebbero possedere un processo comune sottostante ai loro successi.
L'insieme delle prescrizioni che il cliente mette in atto fornisce una chiave di lettura, che mostrando direttamente la propria efficacia, da avvio a un cambiamento della punteggiatura attraverso la quale veniva scandita una certa sequenza di azioni.
La capacità di rinarrare un evento e di ricostruire una realtà condivisa offre al cliente un nuovo tessuto narrativo all'interno del quale collocare gli eventi che hanno perturbato una visione di sestessi che appariva ormai immutabile. Un processo che riesca ad attivare un'erezione in un uomo, che rappresenta la propria virilità come un'immagine sempre più scolorita, equivale ad un piccolo pensiero che riempie una pagina di uno scrittore, per troppo tempo accerchiato e poi sconfitto dalle infinite possibilità di un foglio bianco.
Si sposta quindi l'attenzione dal perché l'inchiostro rimane bloccato in quella penna al come rendere quell'inchiostro nuovamente compagno della carta che lo stava aspettando. Si potrebbe ipotizzare che nel trattamento dei disturbi sessuali, più ancora che in altre forme di disagio psicologico, il momento cardine del trattamento consista nel generare nel cliente l'idea di aver sperimentato direttamente un ritorno o un approdo alla normalità che ricerca. Questo presupposto potrebbe essere inteso come un punto di partenza attraverso il quale vagliare le possibili mosse per affrontare forme di disagio o sofferenza legate alla sessualità.

Conclusioni. La psicoterapia fra approccio strategico e della complessità
Per meglio presentare le possibili conclusioni di questa preliminare analisi del trattamento dei disturbi sessuali diviene necessario compiere una digressione. Nella forme di psicoterapia generate dalle teorizzazioni delle psicologie postmoderniste si possono individuare due modalità principali di intervento, la prima chiamata strategica o delle tattiche, la seconda definita della complessità. Dove la prima si concentra sull'elemento problematico non interessandosi, direttamente, dei sistemi di costrutti personali, la seconda focalizza il suo interesse sulla comprensione del sistema di significato dell'altro. I due modelli non appartengono a prospettive teoriche differenti eppure sono presentati distintamente, la ragione di questa decisione non appartiene tanto all'ambito dell'epistemologia quanto a quello del trattamento.
L'esperienza clinica ha, infatti, mostrato la difficoltà di integrare i due approcci e di conseguenza come per lo stesso terapeuta si riveli arduo convivere con due amanti senza scontentarne nessuna.
Riprendendo il tema di questa lavoro si può affermare che la possibilità di integrare le due diverse modalità di trattamento è coerente e possibile da un punto di vista teorico. Il maggiore aspetto critico risiede nel trovare uno psicoterapeuta capace di spostarsi, con disinvoltura, nelle due dimensioni, ma considerando come la vita quotidiana allena costantemente la capacità di spostarsi fra dimensioni opposte da figlio a padre, da amante a collega, da accogliente ad intransigente, ci si augura che questa abilità, che sostiene il mondo delle relazioni, possa sostenere anche il modo delle "relazioni terapeutiche".


Bibliografia
Abraham, G. e Porto, R. (1979) Psicoanalisi e terapie sessuologiche, Feltrinelli, Milano.
Ferenczi, S. (1928) Interpretazione analitica e trattamento dell'impotenza psicosessuale nell'uomo. Fondamenti di psicoanalisi, Guaraldi, Firenze, 1973.
Kaplan, H.S. (1976) Nuove terapie sessuali, Bompiani, Milano.
Kinsey, A.C., Pomeroy, W.B. e Martin, C.E. (1948) Il comportamento sessuale dell'uomo, Bompiani, Milano, 1950.
Kinsey, A.C., Pomeroy, W.B., Martin, C.E. e Gebhard, P.H. (1953) Il comportamento sessuale della donna, Bompiani, Milano, 1956.
Kraft Ebing, V.R. (1886, 1894) Psychopathia Sexualis, Ferd. Enke, Stuttgard.
Masters, W.H. & Johnson, V.E. (1966) Human Sexual Response, Little, Brown & Co, Boston.
Masters, W.H. & Johnson, V.E. (1970) Patologia e terapia del rapporto coniugale, Feltrinelli, Milano.
Fiora, E., Pedrabissi, L., Salvini, A. (1988) Pluralismo teorico e pragmatismo conoscitivo in psicologia della personalità, Milano, Giuffrè
Feyerabend, P.K. (1975), Contro il metodo, Feltrinelli, Milano, 1979
Pavan, L., Angelozzi, A. (1980) Psicoterapia psicoanalitica nei disturbi sessuali, in Rassegna di Studi psichiatrici, LXIX, 6, pp. 1181 - 1198.
Ribelli, G., Moro, P. (1990) Impotenza sessuale maschile, femminile e di coppia, Clueb, Bologna.
Sherfey, M.J. (1972) The Nature and Evolution of Female Sexuality, Random House, New York
Veglia, F. (1998) I disturbi sessuali in Manuale di psicoterapia cognitiva, a cura di B.G. Bara, Bollati Boringhieri, Torino.


Note:

1 E' opportuno ricordare come convenzionalmente ci si riferisce all'anno 1886 come data di nascita della moderna sessuologia; allora venne pubblicato infatti il trattato di Richard von Krafft-Ebing Psychopathia sexualis. Questo volume rappresentò per l'epoca una vera e propria rivoluzione in quanto per la prima volta venivano affrontati, in termini espliciti, argomenti spesso misconosciuti dalla scienza ufficiale, ma nonostante questo apparente rigore le pagine del libro erano ancora terreno fertile per preconcetti e moralismi. Per meglio capire lo stato dell'arte da cui partirono gli studi della coppia medico - psicologo Master e Johnson è necessario soffermarsi sul monumentale lavoro di Charles Kinsey il quale tre il 1948 e il 1953 pubblicò due volumi, costruiti attraverso migliaia di interviste rivolte a uomini e donne, che ribaltarono numerose convinzioni relativamente a omosessualità, relazioni pre e post matrimoniale, masturbazioni e parafilie varie; grazie ai dati evidenziati da questo testo la natura stessa delle idee di senso comune che avevano permeato la ricerca scientifica iniziavano a cadere.

2 Va comunque ricordato che numerosi studiosi nel tentativo di replicare i modelli di intervento di Master & Johnson non sono riusciti a raggiungere i medesimi successi, fra gli studi di più importanti ricordiamo: Levin, Angle, 1978; Zilbergeld, Evans, 1980; Rosen, Beck, 1988.)

3 E' opportuno sottolineare una distinzione preliminare fra i due modelli, in modo tale da non creare dubbi. Mentre la tecnica mansionale sostiene di utilizzare delle tecniche, i modelli mutuati dal paradigma antropomorfistico (di cui l'approccio strategico fa parte) si rifanno all'uso di strategie. Con il termine tecniche ci si riferisce ad uno strumento che mantiene inalterate le sue caratteristiche indipendentemente dal contesto, è il fruitore che deve adattarsi allo strumento; al contrario con il termine strategia ci si riferisce sempre alla costruzione di un percorso costantemente in relazione con le mutevolezze del contesto.




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