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PSYCHOMEDIA
Telematic Review
Sezione: MODELLI E RICERCA IN PSICHIATRIA

Area: Medicina di Base e Psichiatria


Il rapporto medico-paziente: un rapporto terapeutico

di M. I. Ramos Fuentes, J. I. Fernandez, I. E. Gonzalez, L.F. Vaz




Introduzione (a cura di Francesco Benincasa)

Ho rintracciato casualmente l'articolo "Patient-Physician relationship: a therapeutic relationship" della dott. Maria Ramos Fuentes e coll. sulla rivista "European Psychotherapy" di cui è stato di recente pubblicato il primo numero. La decisione di tradurlo nella nostra lingua e pubblicarlo su PM è derivata da alcune considerazioni; lo scritto prende in esame un argomento ormai entrato nel luogo comune: "L'importanza della psicologia nel rapporto medico paziente" è quasi di uno slogan utilizzato ad ogni piè sospinto per enfatizzare la necessità di una "umanizzazione" delle discipline cliniche come se non fosse piuttosto necessario rimettere in discussione il paradigma stesso su cui la medicina odierna poggia.
Al di là dell'apparente prevedibilità dei contenuti, nell'articolo che vi presento il medico non appare come lo spettatore e il giudice delle emozioni del malato, ma viene coinvolto come soggetto centro di apprensioni, sentimenti e angosce analoghe a quelle del paziente. Negli ultimi anni ci si è quasi abituati a leggere infinite serie di consigli, ricette, prescrizioni, esercizi, attraverso cui il medico impari la tecnica "giusta" per relazionarsi al paziente senza troppo coinvolgimento, per diventare efficace ed efficiente, mostrarsi gradevole e riuscire a togliere di mezzo al più presto l'elemento di disturbo più tipico per la concezione clinica tradizionale: la soggettività del paziente.
Nello scritto in questione viceversa, il lettore deve porsi alcuni problemi; considerare i suoi limiti e riflettere (se non l'ha mai fatto prima) su come le emozioni del curante influenzino in maniera spesso inaspettata, qualità e modi del rapporto con il paziente. Finalmente non si tratta più di elencare una serie di abilità che il medico deve imparare passivamente, ma viene messo in rilievo come accanto ad una necessaria acquisizione di tecniche di ascolto e attenzione, vi sia un processo che implica l'osservazione di sé e l'esperienza di stati d'animo la cui conoscenza è fondamentale per riconoscerli nel paziente. Se queste affermazioni sono scontate per chi si occupa di psicoterapia, lo sono molto meno per i medici di famiglia abituati ad aggrapparsi alle presunte certezze della oggettività scientifica.
Il lettore non troverà nulla di nuovo rispetto alle affermazioni di Balint, ma percorrerà un efficace excursus che ribadisce come l'esigenza di un approccio relazionale e dinamico non sia mai venuta meno nel corso degli anni ed anzi, caso mai si sia accresciuta mano a mano che l'evoluzione tecnologica della medicina si è ampliata.
Nell'articolo si trovano alcune schematizzazioni che se da una parte possono apparire semplicistiche, dall'altra facilitano l'identificazione delle tipologie dei pazienti, mentre altre classificano un po' rigidamente ma in maniera adeguata e salutare gli stereotipi emotivi che i medici più frequentemente mettono in atto nel loro rapporto con il malato. Il pregio globale del brano consiste nella sua essenzialità, nella sua sostanziale correttezza e nello stimolo che può fornire ai medici di famiglia quotidianamente esposti ai malesseri propri e altrui.
Ringrazio gli Autori e il dott. Serge Sulz, editor and publisher di "European Psychotherapy" al cui indirizzo http://cip-medien.com/journal/jindex.htm gli interessati potranno trovare abstracts di altri articoli apparsi sulla rivista.




Il rapporto medico-paziente: un rapporto terapeutico

M. I. Ramos Fuentes, J. I. Fernandez, I. E. Gonzalez, L.F. Vaz


Nella letteratura specialistica odierna il rapporto medico-paziente è considerato uno strumento tecnico di grande rilievo in ogni genere di attività clinica. (Bain, 1976; Anderson e Zimmerman, 1993; Levinson e Roter 1995; Laine et al, 1996; Dorssman,1997)
Ciò è dovuto al fatto che una buona relazione medico-paziente agisce come fattore curativo poiché influenza direttamente o indirettamente l'intero spettro dei processi e delle attività coinvolte nell'agire clinico ed in particolare i risultati ottenuti nel processo terapeutico (Rubio,1996; Sledge e Feinstein, 1997).
Si può affermare che il medico è l'agente che nella relazione può rendere questo fattore operativo, in modo adatto alla sua obbiettività clinica (Farber 1997; Inui, 1998).


Evoluzione Della Relazione

Il valore attribuito alla relazione non è sempre stato rilevante come oggigiorno; nel corso dei secoli sono avvenute variazioni storiche dei concetti di salute e malattia con differenti interpretazioni (Gomez, 1989). In epoca primitiva il concetto di salute-malattia, ad esempio, faceva parte dell'ordine soprannaturale delle cose; la salute era un dono, la malattia un castigo e la relazione tra il paziente e la cura era basata sulla magia.
Negli scritti Ippocratici, nell'epoca della Grecia classica, si rinvengono i primi documenti scritti sulla necessità che il medico attribuisca una certa attenzione alla vita interiore del paziente. Tale atteggiamento era influenzato dalla concezione naturalistica dell'epoca, in cui l'organismo era considerato contemporaneamente un tutto complesso ed unitario. Nel VI e V secolo a.C. cominciarono ad emergere concezioni tecniche della medicina e la relazione medico-paziente era considerata una "relazione amichevole" basata sulla fiducia del paziente nel medico e nella medicina (Lain 1978). In era cristiana l'aiuto al malato veniva considerato un dovere etico e religioso, spesso regolato e perseguito penalmente dalla legge. Nel XV e XVI secolo le progressive divergenze confessionali liberarono i medici da una simile pressione laica e religiosa; questo fatto, assieme ad una generale consapevolezza della nozione di progresso, diede impulso ad un atteggiamento di ricerca clinica basato su un concetto scientifico naturalistico della medicina.
Nel corso di questo periodo storico, la relazione medico-paziente assume un ruolo di secondo piano e la malattia come entità diviene il principale interesse nel corso del XVIII secolo, quando un decisivo mutamento della mentalità medica chiarisce che è il paziente a dover essere trattato e non la malattia. Così il medico cessa di essere semplicemente un uomo di scienza (Lain, 1983). I più rilevanti progressi nella considerazione del rapporto medico paziente ebbero luogo nel XIX e XX secolo e sono la base della medicina contemporanea. Questi cambiamenti, causati da alcune circostanze avvenute in quel periodo, sono stati riassunti da ciò che Weizsaker (1930) definì "L'introduzione del soggetto nel pensiero e nell'agire medico". I seguenti tre eventi in particolare influenzarono questi progressi:

a) La rivoluzione politica, sociale ed economica di questa epoca, diedero luogo ad un atteggiamento di dissenso che reputò il soggetto degno di essere considerato come tale e non come un oggetto.
b) La medicina cominciò ad essere applicata ad altre scienze come l'antropologia e la psicologia. Lain Entralgo (1983) sostiene che il nuovo approccio di Freud all'isteria (1895), vista come soggettiva a specifica realtà, si situa nel concreto contesto storico nel quale il soggetto fu introdotto nella medicina e considerato come un oggetto di studio passibile ad un approccio scientifico. Questa premessa ora è diventata una esperienza generale per la pratica medica. Nel 1955 lo psicoanalista e medico inglese Balint pubblicò "Medico, paziente e malattia" nel quale, oltre a fare persuasive affermazioni sugli aspetti psicologici del paziente, diede rilievo alla necessità di considerare gli aspetti psicologici del medico stesso nel suo rapporto con il paziente.
c) Il rapido progresso della medicina psicosomatica favorì la comparsa del paradigma bio psico sociale umano (Engel, 1962) che costituisce l'attuale concetto di salute sostenuto dal WHO (1978) e sul quale è basata la teoria dell'attuale pratica clinica.
d) L'influenza del punto di vista interpersonale nell'ambito della teoria psicoanalitica. Il punto di vista interpersonale sottolinea come il soggetto possa essere compreso solo in un contesto interpersonale (Sullivan, 1953; Stern, 1985). Negli ultimi 40 anni il modello di rapporto Medico-Paziente è passato da una concezione di relazione paternalistica da parte del medico, ad un modello di rapporto che rafforza l'autonomia del paziente (Balint e Sheldon, 1996). Ci si dovrebbe avviare verso una basilare educazione sia del medico che del paziente ed una mutua alleanza tra loro al fine di trattare le infermità.


Il paradigma attuale

L'attuale paradigma è ampiamente fondato sulla presa in carico del paziente, quindi l'approccio clinico terapeutico dovrebbe essere applicato in sintonia con questo concetto. Ciò implica che il medico (o il professionista della salute) dovrebbe avere un certo atteggiamento mentre si occupa del paziente, prendendo in considerazione l'uso di ogni possibile risorsa e strumento terapeutico che agisca sui livelli bio psico sociali di salute-malattia. Abbiamo già notato che uno di questi strumenti si trova nella stessa relazione medico-paziente. Se attivata, essa aumenterà le probabilità di successo di ogni strategia terapeutica volta ad accrescere la disposizione del paziente ad accettare i consigli del medico e ad una generale favorevole collaborazione nell'evoluzione positiva e nel trattamento della malattia. In questo senso la relazione diventa un elemento centrale e strutturale della cura clinica (Cassel, 1996). La sua attenta valutazione aiuta a promuovere obiettivi terapeutici specifici (Faiber et al, 1997). La relazione Medico Paziente è qualcosa più che una relazione interpersonale, dato che possiede alcune caratteristiche che, tra le altre, la definisce come una relazione istituzionalizzata in uno specifico contesto, cioè nel contesto sanitario. In tale contesto ciascuna delle parti in relazione possiede ruoli assegnati. L'asimmetria tra sapere e potere di ciascun ruolo, denota una significativa diseguaglianza o complementarità, che è senza dubbio necessaria perché entrambe le parti siano unite nel comune obbiettivo di un trattamento vantaggioso. Al fine di comprendere questa relazione nella sua specificità possono essere accennate alcune linee guida in grado di aiutare i professionisti della salute a raggiungere un livello relazionale e psicologico con i loro pazienti e perfino con sé stessi. Una sintesi di tali linee guida potrebbe essere ciò che Balint (1961,1966 e 1979) definì "Modello d'aiuto" o "Relazione terapeutica nella pratica medica". Alcune di queste linee guida coincidono con quei fattori -in alcuni casi considerati molto più delle abilità cliniche (Laine et al, 1996)- con cui professionisti e pazienti valutano l'assistenza medica che forniscono o ricevono, in termini di soddisfazione o insoddisfazione (Winefield e Murrel, 1992; Rosemberg e al, 1997).

1) Comunicazione medico-paziente: negli anni recenti la comunicazione è stata uno degli argomenti principali di studio in medicina (Ruckdeschel et al, 1996; Gilligan e Raffin, 1997; Skenderis, 1997; Inuit, 1998; Sixsma et al, 1998). Ad esempio l'aspetto informativo è il fattore soddisfazione- insoddisfazione più valutato dai pazienti (Bain, 1976; Matin e Bass, 1989;Laine et al, 1996; Dossman, 1997; Torio e Garcia, 1997). Una buona informazione su fatti e possibilità induce a maggiore comprensione e chiarezza; nel campo della psicologia essa aiuta il paziente ad adattare le sue fantasie alla realtà riducendo in questo modo l'ansia (Mangalith e Shapiro, 1997). Nei questionari che i pazienti compilano a proposito della soddisfazione sulla salute, essi valutano positivamente l'aiuto ricevuto per riuscire a specificare e localizzare le emozioni confuse (Tizon, 1998; Martin e Bass, 1989). In quei casi il medico deve comprendere gli stati d'animo (Treadway, 1983) ed aver ascoltato i pazienti. Le attività relazionali di "ascoltare", "comprendere" e "spiegare" sono abilità cruciali perché favoriscono il rapporto medico-paziente (Balint, 1961; Singer e Koch, 1997) così come l'evolversi della cultura dei professionisti della salute. Tutte le scuole di psicologia hanno approfondito la comunicazione tra il paziente ed il suo curante. Tra di esse sussistono una serie di conclusioni condivise riguardo il fatto che una buona comunicazione paziente medico dovrebbe essere basata non solo sugli aspetti informativi ma anche su quelli emozionali (Stern, 1985) inerenti la sicurezza, il rifiuto della paura e le false concezioni mitiche su malattia e processo terapeutico. Esempi di questi aspetti comunicativi inclusi nei cosiddetti "interventi supportivi" (Novel, 1991) o di "aiuto terapeutico" ( Tizon, 1988) sono i seguenti:

a) Comunicazioni che assicurano un rapporto psicologico attraverso atteggiamenti che agevolano la relazione e tecniche di intervento terapeutico come ad esempio l'uso dell'empatia (relazione emozionale) e atteggiamenti di apertura e accettazione.
b) Comunicazioni che incoraggiano l'espressione e l'esperienza di stati d'animo connessi alla malattia e il suo processo terapeutico con la certezza del riserbo.
c) Comunicazioni che favoriscono un'atmosfera terapeutica e che permettono al paziente di non focalizzare l'attenzione esclusivamente sui propri aspetti sofferenti, ma di usare le risorse sane a sua disposizione.
d) Comunicazioni che incoraggiano atteggiamenti adattativi e maturativi da parte del paziente rinforzandone l'autonomia (Gol, 1977; Font, 1976; Tizon, 1982; Balint e Sheldon, 1997)

2) Un atteggiamento positivo e recettivo alle componenti emozionali (Tizon, 1988; Levinson e Roter, 1995). Questo atteggiamento da parte del medico implica lo sviluppo di capacità di ascolto e osservazione (Singer e Koch, 1997) che assicurano il contatto psicologico con il paziente (relazione interpersonale) e con se stesso (relazione intrapersonale). Queste capacità sono le basi del terzetto terapeutico di ogni atto medico: "Saper come essere", "Sapere come ascoltare", "Sapere come agire" (Tizon, 1988). Il primo elemento equivale ad affermare che la relazione Medico-Paziente è uno strumento diagnostico che rende possibile l'investigazione sui segni della malattia. Contemporaneamente è un fattore terapeutico che permette l'investigazione della vita emozionale del paziente e un metodo di impostare la migliore relazione possibile. Il medico lavora nell'area della soggettività e dell'oggettività. La seconda è l'area della comunicazione ma in entrambe vi sono comunicazione verbale ed emotiva. La terza "Sapere come agire" è l'area degli atti medici terapeutici in cui si trattano i sintomi e si contengono le ansie del paziente. Una delle componenti psicologiche o emotive che più di frequente capita nelle relazioni di cura è la variante psicologica dell'ansia. Sia il medico che il malato avranno esperienza dell'ansia malgrado le loro differenti personalità, capacità, conflitti, limiti, risorse etc., entrambi sono uniti di fronte alla malattia nel loro sforzo di vincerla. L'ansia del paziente è centrata sulla malattia stessa ed ogni realtà oggettiva che la riguarda, compreso il contesto sanitario. L'ansia del medico sorge dalla sfida clinica e da tutto ciò che vi è associato, come la relazione con il paziente e la sua famiglia, le risorse e le abilità proprie del medico. Incontriamo sostanzialmente tre forme di ansia che emergono dalla relazione medico paziente.

a) Ansia Confusionale che subentra quando non c'è sufficiente comprensione o chiarezza a proposito di ciò che accade al paziente, al medico o alla relazione.
b) Ansia paranoide che compare quando c'è la percezione di attacchi, sia esterni al medico che al paziente, sia interni a ciascuno dei due, reali o fantasticati dentro la relazione o dentro il contesto del benessere.
c) Ansia Depressiva che sopraggiunge quando entrambi i partecipanti divengono consapevoli che certe loro azioni hanno avuto effetto negativo sull'equilibrio della relazione. Il "Contenimento" (Bion, 1963) è una tecnica terapeutica che permette al medico di avere a che fare con l'ansia psicologica presente in tutte le relazioni medico-paziente. Contenimento è definita la capacità di mantenere e trattenere la propria e l'altrui ansia divenendo consapevoli che certi aspetti emotivi di essa potrebbero portare verso azioni non elaborate o acting out (Tizon, 1988).

3) La percezione individualizzata della relazione. (Anderson e Zimmerman, 1993) Questo è un altro fattore assai considerato quando si prende in considerazione la soddisfazione nell'assistenza medica. Vi sono compresi il guardare negli occhi il paziente, sapere il suo nome, ascoltare ciò che egli ha da dire, prendere in considerazione i fattori psicosociali che egli considera importanti (Gol et al, 1984). Potrebbero essere coinvolti alcuni fattori ancora più complessi in relazione alla condizione di malattia, dato per scontato che le reazioni psicologiche al disturbo possono variare in ciascun paziente.
Le due reazioni più frequenti sono quelle regressive e quelle depressive. Le prime reazioni, con limiti ragionevoli, possono essere terapeutiche giacché la regressione implica una più o meno conscia accettazione della malattia e una diminuzione della normale capacità che il paziente possedeva prima della indisposizione (Font, 1984;Col, 1977; Tizon, 1982). Questo è il primo passo verso l'assunzione del "ruolo del paziente" che significa, tra le altre cose, permettere a sé stesso di essere aiutato e che ci si prenda cura di lui. Con la regressione il soggetto perde indipendenza, maturità e capacità adattative, regredendo progressivamente verso stadi più infantili di dipendenza, egocentrismo, impazienza e desiderio di attenzione e aiuto, aggressività etc. Di fronte a questa scena, il medico ha il "ruolo del professionista", il cui compito è trattare la regressione del paziente evitando di accrescerla, ed anzi concentrando il suo interesse su quegli aspetti più adattabili, maturi e indipendenti che il paziente riesce a conservare.
La depressione, la seconda delle due reazioni, è una diretta conseguenza psicopatologica della situazione di malattia, che deriva dinamicamente dalla diminuzione dell'autostima mentre il paziente si confronta, attraverso la malattia, con le limitazioni e le debolezze proprie della condizione umana.
Ovviamente la questione di come i fattori psicologici agiscono nella relazione Medico-Paziente avrebbero tante risposte quanti sono gli incontri che tra curante e malato hanno luogo, specialmente se ciascuna relazione di questo tipo è considerata unica e irripetibile (Novel, 1991). Tuttavia è possibile trovare qualche modo per capire come i fattori psicologici agiscono nelle relazioni medico paziente. L'esame della classificazione di Kahana e Bibring (1964) sulla tipologia dei pazienti ci fornisce qualche riflessione sul modo in cui essi trattano la loro malattia, l'attenzione e la terapia medica in modo differente a seconda che la situazione di malessere faccia apparire in loro particolari aspetti della personalità.

A. Il paziente dipendente prova un enorme bisogno di essere accudito come un bambinetto (con una forte paura di abbandono). Inutilità ed impotenza, caratteristiche della situazione di malattia, accrescono questa paura e questa pretesa che il paziente tenta di soddisfare con richieste di cura e protezione sproporzionate. Finché questi bisogni sono così grandi è molto difficile entrare in rapporto con lui. In qualche caso il suo egocentrismo gli impedisce di realizzare che anche altri possono avere le sue necessità.

B. Il tipo ordinato accumula aggressività repressa e piena di paura che può liberarsi e dominarlo. In questo prototipo si trovano particolari aspetti della personalità come la metodicità, la precisione, l'ordine, il perfezionismo e la meticolosa indagine degli altri.

C. Il tipo teatrale è altamente narcisistico e utilizza le attrattive personali per stabilire e mantenere una affettuosa, intensa e idealizzata relazione ( in stile con il rapporto mantenuto con le figure parentali). Egli teme la malattia perché lo danneggia fisicamente e gli provoca una perdita di fascino. Si rapporta al medico calorosamente, con grande affetto e fa grandi sforzi per assicurarsi la sua attenzione, sebbene sia capace di manifestare intensa gelosia nel caso il curante dedichi il suo interesse ad altri pazienti mentre si occupa di lui.

D. Il tipo sacrificato offre una immagine di autosufficienza nella sofferenza e tenta senza legame, di fare in modo che gli altri si accorgano dell'intensità della sua sofferenza e della sua forza nel sopportarla. Lo scopo della sua fantasia è l'attenzione, l'affetto e l'accettazione. Il suo senso di colpa è intenso ed il suo atteggiamento chiaramente masochistico. Ottiene una certa soddisfazione narcisistica dalla sua tribolazione e dal dolore. Il suo comportamento sottomesso ha lo scopo di ottenere l'attenzione sul suo Sé sofferente.

E. Il tipo sospettoso reprime la sua debolezza vigorosamente. Egli teme la sua malattia perché lo può lasciare in una situazione di grande vulnerabilità nella quale chiunque può danneggiarlo. La sua difesa fondamentale è la proiezione che egli usa per mettere dentro gli altri i suoi impulsi negativi, a volte aggressivi. Egli è sempre in guardia e trae vantaggio dalle situazioni spiacevoli per gettare sospetti sugli altri. È molto sensibile alle critiche e accusa gli altri di essere la causa della sua malattia, del suo decorso o dei danni che ne derivano.

F. Il tipo orgoglioso credendosi indispensabile per gli altri, ha un esaltato senso del suo potere e del suo valore. La malattia è una minaccia per il suo concetto di sé dato che ne diminuisce il potere, così egli la teme. Quando è in buona salute egli si crede quasi invulnerabile, ma la sua malattia gli dimostra, facendo emergere la sua debolezza e causandogli intensa ansia, che le cose non stanno come egli crede. La sua condotta è orgogliosa, vanagloriosa e arrogante, ed egli cerca di assicurarsi che i più prestigiosi professionisti si occupino di lui e di stabilire con loro una intensa relazione personale.
È altresì vero che i fenomeni psicologici riguardano i professionisti della salute nel loro modo di occuparsi del paziente. Anche i medici e gli altri professionisti della salute fanno esperienza dell'ansia ed hanno particolari maniere di percepire la malattia e le relazioni con il paziente. È possibile quindi costruire una analoga classificazione tipologica a proposito dei fattori che influenzano il medico nella sua relazione con il paziente:

I. Il professionista superidentificato è onnipotente, onnivedente, ordinato e dominante: egli si aspetta obbedienza e dipendenza dal suo paziente.

II. Il professionista organicista si occupa solo del corpo o di sue delimitate parti disinteressandosi di alcunché si trovi fuori dall'obbiettivo centrale dei suoi sforzi terapeutici.

III. Il professionista imparziale si astiene dall'onnipotenza e non viene influenzato dal paziente o dal suo nucleo familiare; egli aderisce strettamente alla tecnica.

IV. Il professionista premuroso è catturato da una parte dall'onnipotenza che ritiene il paziente si aspetti da lui e dall'altra dalla consapevolezza dei propri limiti riguardo il compito in corso. Egli tende a diventare depresso e rassegnato ed incapace come è di fornire l'onnipotenza richiestagli, proietta questi atteggiamenti nel paziente, vissuto come un indifeso angosciato individuo, degno di compassione.

V. Il professionista ambivalente non rinuncia al senso di onnipotenza, ma conosce i suoi limiti. Si sente insicuro ed esercita un controllo eccessivo sui suoi pazienti vissuti come potenziali infidi nemici .

Di fronte a questo ventaglio di tipologie e di loro possibili combinazioni, non ci resta che chiederci: qual è il più appropriato genere di relazione al benessere? Come ci si deve comportare con ciascun genere di paziente? Come ci si può adattare a ciascuno dei suoi particolari aspetti?


Una relazione medico-paziente terapeutica: qualche suggerimento

Nel complesso, potremmo dire che il più appropriato tipo di rapporto medico-paziente è quello centrato sul paziente (Tizon, 1988), il cui oggetto ed obbiettivo è il paziente, con ogni altra cosa, compreso il fatto di porsi in secondo piano rispetto a lui. Una relazione Medico-Paziente terapeutica è quella che favorisce quanto più possibile in ciascun caso, sollievo emotivo nel paziente, poiché questo ha un importante effetto positivo in tutti i tipi di trattamento (Cassel, 1996).
Con questa premessa non si ottiene solo la cura emotiva del paziente, ma anche la cura psicologica di se stesso come professionista e di conseguenza della relazione con il paziente. Tizòn (1988) ha dato rilievo a due tipi di cura fondamentali che dovrebbero essere mantenute in una relazione terapeutica, per fare in modo che sia centrata sul paziente. Attenzione psicologica superficiale o struttura psicologica esterna costituita da tutto ciò che associato con lo spazio fisico nel quale ha luogo la relazione: l'organizzazione personalizzata dell'incontro, la considerazione globale del paziente, la difesa della sua privacy etc.
attenzione psicologica interna o struttura psicologica interna, costituita da tutto ciò che avviene nello spazio psicologico del rapporto; considerazione di ciò che deve essere esplorato, contenimento dei propri conflitti e dell'ansia del paziente, atteggiamento recettivo verso il dolore e la sofferenza etc.
In conclusione, potremmo puntualizzare come al giorno d'oggi prendersi cura di un paziente possa essere fonte di stress; il fenomeno conosciuto come "Burnout syndrome", tipica di tutte le relazioni d'aiuto, si verifica quando il professionista è incapace di risolvere certi aspetti della relazione, coinvolgendosi emotivamente in maniera eccessiva. Nonostante il contesto di Stato Sociale così come è predisposto giochi un ruolo importante in questa condizione, è essenziale per il medico (o ogni alto professionista) essere in grado di mantenersi in ogni situazione su un livello psicologico e relazionale, specialmente riguardo la questione dell'ansia. In questo modo si ottiene la protezione emotiva del paziente e del professionista, con il risultato di un miglioramento nella relazione. La soddisfazione di entrambi i membri della relazione, paziente e medico, è strettamente connessa ed ha una influenza determinante sul grado di soddisfazione terapeutica e di efficienza istituzionale.


Maria Isabel Ramos Fuentes, Ph D
Joaquin Ingelmo Fernandez, MD
Departamento de Farmacologia y Psyquiatria.
Faculdad de Medicina.
Universidat de Extremadura

Dra Ramos
Dpto. Psyquiatria. Av DE Elvas s/n.
06071 Badajoz (Spain)
Phone: 924-289456
e-mail:miramos@unex.es


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Abstract
Oggi il rapporto medico paziente viene considerato, nella letteratura specialistica, uno strumento tecnico di grande rilevanza in ogni genere di pratica clinica. Una buona relazione paziente-curante funziona come un fattore terapeutico perché esso assume rilievo, in maniera diretta o indiretta, sul processo curativo. È stato puntualizzato che il medico è l'agente che può mettere in moto questo fattore all'interno del rapporto, in un modo adatto alla sua obbiettività clinica.
In questo scritto si tenta di rimarcare che i rapporti tra medicina e psicologia sono essenziali se si vuole usare un paradigma integrale nell'area della salute. La psicologia aiuta medici e professionisti della salute a comprendere i fenomeni mentali e relazionali che sorgono nella relazione con il paziente.

KEY WORDS: Patient-physician relationship-therapeutic relationship-anxiety-communication


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