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PSYCHOMEDIA
Telematic Review
Sezione: MODELLI E RICERCA IN PSICHIATRIA

Area: Medicina di Base e Psichiatria


Curare ed assistere
Una premessa al tema ed alcune considerazioni sulla relazione medico - paziente

Francesca Marsella Guindani




Il tema della relazione medico-paziente in un'epoca con una forte complessità sociale come la nostra viene dibattuto non solo in ambito medico. Si allarga anche ad altra professioni come quella degli psicologi, dei sociologi, operatori sanitari e, naturalmente, anche ai responsabili dell'Industria Farmaceutica in quanto elemento fondamentale. Talmente fondamentale che studi prevalentemente condotti nei Paesi anglosassoni e negli Stati Uniti in particolare, hanno sviluppato il concetto di "compliance"inteso come "il grado con cui il comportamento di una persona coincide con la prescrizione medica"." Compliance" sarebbe, insomma, entrare in un campo relazionale per cui diviene compatibile un'alleanza terapeutica rispetto la prescrizione medica.
In Italia la partecipazione e non partecipazione del paziente al suo trattamento non risulta essere oggetto di studio approfondito o non ne vengono attuati sufficientemente i concetti.
Per maggiore chiarezza riferirò su un lavoro istituzionale di ricerca svolto con un approccio interdisciplinare e con particolare sottolineatura dell'aspetto clinico ed attuato presso la Divisione di Chirurgia Plastica Ricostruttiva dell'Istituto Nazionale Tumori di Milano, in collaborazione con il Direttore della Divisione Dr. A. Grisotti, con lo Psicologo Ricercatore dell'Istituto stesso Dr. A. Filiberti. A questo lavoro ho partecipato come ricercatrice esterna in quanto Psicoanalista della Soc. Italiana di Psicoanalisi componente della International Psycoanalytical Association.
Oggetto focale della ricerca è stato quello di individuare la relazione tra i vissuti della malattia oncologica e l'intervento di ricostruzione mammaria dopo intervento di mastectomia.
Ma cosa ha dato la spinta ad avviare questa ricerca? E' stata soprattutto la risposta di rifiuto o di non richiesta di ricostruzione che ha stimolato il domandarsi "perché" ? Il porsi delle domande sulla relazione che si determina tra i vissuti attivati dalla malattia oncologica e quelli della richiesta di ricostruzione mammaria nonché l'esplorazione di questo legame, è legittimo ed appropriato. Non sono poche le pazienti che mettono in relazione questi due eventi ricercando nella ricostruzione la linea di demarcazione con la malattia. Per altre, la percezione del legame tra i due eventi può essere improvvisa. Nell'ultimo caso, data la drammaticità di questa scoperta, la paziente può arrivare a rifiutare l'opportunità ricostruttiva. Quando la malattia entra nella vita di una persona, non prende solo possesso di un corpo ma, come una ragnatela, può avvolgere emozioni, affetti, sentimenti, incapacità di comunicazione che seppelliscono la speranza. L'esplorazione del legame tra i due eventi ci ha dato la possibilità di osservare come i timori e l'angoscia legata alla malattia avuta, il cancro, interferivano in modo disturbante con i desideri della paziente di trovare un riparo ai danni estetici e psicologici indotti dalla mastectomia. Ed è all'interno della relazione che è stato possibile instaurare quello spazio che portò a comprendere come, nel formulare una domanda di ricostruzione così come nel rifiutarla, le pazienti cercassero soluzioni non solo estetiche e psicologiche, ma anche il contenimento delle angosce legate alla malattia. Ed è questo andare oltre che ci ha posto la sfida di aiutare la paziente a ristabilire una continuità psicologica ed una possibilità di comunicazione interrotta dal trauma della diagnosi. L'esperienza della ricostruzione mammaria ha potuto far riprendere alle pazienti un atteggiamento accompagnato da un miglioramento della qualità di vita in quanto realizzazione del bisogno e non solo di un vantaggio estetico.
L'informazione scientifica è una cosa, ma la relazione umana è un'altra. E' la speranza che mi fa parlare così.
L'esperienza di questa ricerca, come altre su malattie gravi e difficilmente curabili, porta a pensare al significato di " salute psichica". Affinché un malato trovi la forza di reagire è necessario che la malattia venga affrontata nella sua interezza fisico - mentale nel rapporto medico - paziente e non solo nell'adattamento del paziente alla cura prescritta dal medico.

Eventi di cronaca ed esperienze individuali hanno però messo in evidenza che questo sovente non avviene lasciando esterrefatti anche coloro che per esperienze di vita e l'età adulta, di drammi ne abbiano visti e vissuti non pochi. Perché non avviene?
In base a questa domanda valga prendere in considerazione la posizione del medico di fronte ad un paziente ritenuto inguaribile o colpito da malattia considerata inguaribile. In questo caso ogni intervento sarebbe considerato lecito. Tecnicismo a costi elevatissimi, sperimentazioni cliniche non sempre attendibili e, con modalità parallela, motivazioni narcisistiche esasperate nonché pubblicitarie e mercantili distruggono la possibilità della relazione medico-paziente e della compassione rispettosa. La commistione tra pubblico e privato porta ad una inversione di ruoli:
non è il paziente che sceglie il suo medico, ma è il medico che porta pazienti all'istituzione.
Lo scandalo della Clinica S. Rita di Milano ne è un esempio eclatante.
Il medico che entra nel modello di una struttura di potere che caratterizza gli Ospedali come Aziende e che in questo senso andrebbe sovvertita, non può rispettare l'art. 35, Carta dei diritti fondamentali dell'UE che recita:

"OGNI INDIVIDUO HA DIRITTO A PROGRAMMI TERAPUTICI QUANTO PIU' ADATTI ALLE SUE PERSONALI ESIGENZE: I SERVIZI SANITARI DEVONO GARANTIRE, A QUESTO FINE, PROGRAMMI FLESSIBILI, ORIENTATI QUANTO PIU' POSSIBILE
AGLI INDIVIDUI, ASSICURANDO CHE I CRITERI DI SOSTENIBILITA' ECONOMICA NON PREVALGANO SUL DIRITTO ALLA CURA"

La valutazione di incurabilità di una malattia non può esimere né al rispetto alla qualità di vita legata all'intervento medico, né al rischio mortale che esso potrebbe far correre. La parola incurabile non è sinonimo di senza speranza. L' incurabilità è una condizione dell'organismo, mentre la perdita della speranza è uno stato della mente. Un paziente può accettare di essere incurabile, ma non disperato. In che cosa può sperare un paziente incurabile? Non nel miracolo, ma qualunque sia il tempo concessogli, è di essere aiutato nel modo di viverlo.
Esiste una realtà importante alla base della malattia cronica evolutiva con cui sovente non si fanno i conti ed è il problema della medicina moderna che non si occupa sufficientemente della qualità di vita del paziente ma prevalentemente " di quanto a lungo". In medicina vi sono stati tanti velocissimi cambiamenti e conquiste sia nella ricerca che nella tecnica. Essi portano all'entusiasmo per le nuove frontiere.
In realtà, è importante non lasciarsi trascinare dalla tecnica che ha preso spesso il posto dell'arte del curare. La medicina è anche tecnica. Necessario è darsi il tempo di vedere e comprendere la sofferenza ascoltando al di là dei risultati degli esami clinici. Il più grande nemico è la fretta.
Mi viene in mente quanto mi disse un radiologo tempo fa: " ci vuole lo stesso tempo ad essere gentili o sgarbati": un sorriso, una frase gentile potrebbero essere di grande aiuto per affrontare un altro giorno in ospedale.
Per concludere si può prendere in considerazione qualche riflessione più generale sulla posizione della relazione medico-paziente e della medicina.
Non tutto il mondo medico accetta, perché ne è mortificato in quanto strumentalizzato, di rinunciare ad essere umano e solidale con chi soffre per divenire complice della violenza e del potere economico.
In qualunque modo si vogliano interpretare i fatti sconcertanti che viviamo, quello che è innegabile è che stiamo attraversando un periodo storico con delle situazioni le più complesse che abbiano imperversato nella storia della nostra civiltà. Da una parte affermazioni di tolleranza, giustizia, nonché il rispetto della personalità che pone l'uomo al centro di ogni progetto evolutivo della società e dall'altra, sempre più pesante, l'avanzare di incontrollati aspetti economici che lo impediscono con fini di dominio e di potere a volte ostentati e confessati, a volte mascherati e negati. Tutti possiamo dare una mano per sconfiggere il mancato rispetto per la vita umana tuttora in atto, individuando i segnali che tendono a travolgerne i fondamentali valori.
In tale contesto si inserisce anche la possibilità di valorizzare o meno il rapporto medico- paziente, chiedendo al medico non solo una diagnosi o un progetto terapeutico, ma di dare un senso più compiuto al rapporto che i pazienti hanno con un'esperienza traumatica come la malattia.
Questo a vantaggio del malato ma anche del medico stesso.

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