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PSYCHOMEDIA
GRUPPALITÀ E CICLO VITALE
Infanzia



Papà Doc

(Racconto dell'orrore)

di Gianni Guasto

(Vice Presidente Nazionale dell'Associazione "ROMPERE IL SILENZIO"
Associazione senza fine di lucro per lo studio delle problematiche adulti-minori)



INTRODUZIONE

Nel Novembre 1997, l'Associazione "Paola Dei" di Genova, mi ha invitato a partecipare ad un Convegno intitolato, "Quante Storie", in occasione del quale sono stati premiati alcuni racconti scritti da operatori dei servizi socio assistenziali e delle professioni di aiuto in genere.
L'idea di base dell'incontro stava nel fatto che chi lavora in questo settore professionale viene a contatto con storie di vita spesso estremamente ricche, quasi sempre drammatiche, a volte persino incredibili, che sono oggetto di studi e di riflessioni da punti di vista diversi ma sempre tecnici, quando molte volte essi contengono ricchissimi spunti narrativi.
I racconti presentati al convegno sono stati selezionati da una giuria e premiati.

Durante la stessa giornata, alcuni relatori, tra i quali il sottoscritto, si sono avvicendati al microfono per trattare argomenti consoni al tema del Convegno.
Per parte mia, ho scelto di presentare, fuori concorso, un testo narrativo in forma di dialogo, la cui composizione è stata ottenuta assemblando, a mo' di collage, brani tratti dai materiali preparatori di una Consulenza Tecnica d'Ufficio che ho svolto per conto del Giudice per le Indagini Preliminari di un Tribunale di una città del Nord Italia.
Tale consulenza è stata prodotta nell'ambito di un procedimento penale svoltosi contro un uomo accusato di aver abusato sessualmente della figlia, per un periodo di parecchi mesi, all'epoca in cui la bambina aveva da poco superato i due anni.

La vicenda è risultata in qualche modo emblematica: una insegnante di scuola media già un po' in là negli anni, conosce e sposa un uomo, di condizione culturale modesta, di otto anni più giovane.
La signora ha mantenuto fino a quel punto della sua vita un rapporto di dipendenza dalla famiglia di origine piuttosto stretto, ed ha avuto alcune relazioni che, per diversi motivi, non si sono concretizzate nel matrimonio.
All'epoca delle nozze, la famiglia di lei manifesta una forte ostilità nei confronti della scelta del partner operata dalla figlia, anche per via di certe informazioni non rassicuranti sulla vita del futuro genero (sulla natura di tali informazioni non si avranno, nel corso della perizia, informazioni più precise).
Il conflitto con la famiglia di origine della donna si risolve in tempi abbastanza rapidi, perché dopo due mesi dal matrimonio, gli sposi prendono a frequentare normalmente la famiglia di lei.

L'osservazione del rapporto tra la donna e la propria madre (il padre è nel frattempo morto) effettuata anche retrospettivamente nel corso della perizia non lascia intravvedere una relazione spinta fino al limite della simbiosi, quanto piuttosto un'adolescenzialità protrattasi a lungo, rispetto alla quale la donna appare affrancata.
Ciononostante, la gelosia del marito per i rapporti della moglie con la madre e con il fratello scapolo (che vive con la madre e dirige efficacemente l'azienda agricola familiare) presenta da subito livelli inequivocabilmente patologici, che si evidenziano soprattutto nella tendenza, da parte dell'uomo, a vivere le relazioni familiari della moglie (che per lungo tempo non si renderà conto della patologia del marito) in termini francamente persecutori.

Durante la gravidanza, i rapporti tra i coniugi continuano ad essere tesi, in relazione all'aumentato bisogno della moglie di ricorrere alla collaborazione materna. Tale collaborazione avviene soprattutto attraverso contatti tra madre e figlia che avvengono nella casa di origine della signora, in quanto la madre di lei non è bene accetta dal genero.

Dal momento della nascita della bambina, il padre cambia completamente atteggiamento, diventando estremamente partecipe dell'educazione della bimba, non però in una posizione collaborativa, bensì assumendo un atteggiamento dapprima antagonistico ed intrusivo e poi, man mano che l'acquisizione del linguaggio verbale da parte della bambina procede, francamente ostile nei confronti della moglie.
Per tutto questo tempo la donna assumerà un atteggiamento passivo, incapace di contrapporsi all'invasività del marito, tendente ad annullarla in tutte le funzioni materne primarie allo scopo di sostituirla. L'uomo arriverà a "sconsigliare" alla donna (che accetterà l'imposizione del marito) l'allattamento materno.

Sentendosi a disagio in tale situazione la donna proverà a reimpossessarsi ripetutamente del proprio ruolo, senza alcun successo. L'uomo instaura una relazione sempre più esclusiva con la figlia denigrando platealmente la madre e suggerendo alla bambina atteggiamenti aggressivi nei suoi confronti.
In svariate occasioni, allorché la madre tenta di imporre alla bambina qualche regola (ad esempio: impedirle di giocare con le piccole viti di un orologio che avrebbero potuto essere ingerite; imporle attraverso pazienti tentativi di tenere il bavaglino per non sporcarsi troppo) non appena la bambina dà segno di essersi adattata alle richieste materne, il padre interviene, slacciandole il bavaglino o restituendo le vitine alla bambina.

I contrasti tra moglie e marito proseguono anche per altri aspetti che riguardano l'educazione della bambina. L'uomo, che a causa del suo lavoro di dipendente pubblico ha tutti i pomeriggi liberi, passa decisamente troppo tempo a casa, rimanendo a letto con la bambina, sia quando la moglie è al lavoro, sia quando è in casa.
La notte, l'uomo impone, nonostante il parere contrario della moglie, che la bambina dorma in mezzo a loro.
La donna interpella vari specialisti nella speranza che essi riescano a persuadere il marito a modificare il proprio rapporto con la bambina, ma senza ottenere alcun risultato.

Verso i due anni e mezzo, la bambina presenta un episodio caratterizzato da imponenti crisi di pavor nocturnus, enuresi, encopresi, unite a regressione delle capacità linguistiche acquisite, con balbuzie e inversione di sillabe.
L'episodio dura circa venti giorni, e poi regredisce spontaneamente. Uno specialista interpellato dai genitori (che tuttavia non riuscirà a vedere la bambina) ipotizza una sindrome scatenata dal conflitto genitoriale, caratterizzato da confusione di ruoli.
Successivamente, la bambina inizia a svelare, attraverso racconti e disegni, la natura dei rapporti con il padre.

Rivoltasi a svariate agenzie, la donna viene dapprima non creduta e trattata con ostilità da parte dei servizi sociali e di neuropsichiatria infantile, poi sconsigliata di fare alcunché da parte di un legale che paventa la possibilità che un'eventuale evoluzione giudiziaria del caso possa risolversi con un allontanamento della bambina da casa. Infine, il primo specialista interpellato, si adopererà efficacemente per convincere la donna ad andarsene di casa con la bambina e a denunciare i fatti.



RACCONTO

(avvertenza: i nomi non corrispondono a persone reali)

I. A casa, Novembre 1993

"Siediti". Anna indica alla madre il divano.
"Siediti". La donna ha un moto di sorpresa, subito frenato da una smorfia, come una saracinesca che cala di colpo sulla sua angoscia. Sa che non può passare oltre, adesso, che forse è venuto il momento di sapere. "Vogliamo amarci?".

"Vogliamo amarci?" ripete la bambina, salendo a cavalcioni sulle ginocchia della madre. La donna fissa la piccola, senza parlare. Anna le circonda il collo con le sue braccine, non ha ancora compiuto tre anni, ma sembra che abbia un anno, forse un anno e mezzo di più (questo pensiero che fino a poco tempo fa inorgogliva la madre, si accompagna adesso a un sentimento d'inquietudine: forse quel fare un po' da grande ... chissà).
La bambina appoggia le labbra su quelle della madre, poi va a cercarle con la punta della lingua, poi entra nella bocca ad esplorarla tutta, come la donna si è sentita fare per la prima volta, quando era già un po' in là negli anni, dopo l'università.
La donna si stacca: "Chi ti ha insegnato a dare questi baci?" Anna non risponde.
"Dimmelo: chi ti ha insegnato a dare questi baci?"
"Papà, quando tu non c'eri"
La donna si sente gelare. Da qualche tempo ha rinunciato a scacciare quel pensiero insistente che le ritornava ogni volta che Anna si avvicinava al padre, come quella volta che lui era sdraiato sul letto a petto nudo e in mutande, e la bambina gli si era avvicinata e poi aveva incominciato a dargli con grande intensità, baci su tutto il volto, e poi aveva incominciato ad accarezzargli il petto con le mani, poi aveva appoggiato il viso sul petto di lui, prendendogli i capezzoli tra le dita. Il padre non aveva fatto nulla per ritirarsi, mentre lei, la madre, aveva avuto l'impulso di andare a togliere Anna da quella posizione, ma si era controllata. Di quell'episodio, al Perito nominato dal Tribunale avrebbe poi detto: "è prevalso il mio .... mi sembrava di turbarla".
O come quella volta (era la fine di settembre) che la bambina si era messa a correre verso di lui. gridando: "qui c'è il pisello! fammelo toccare", e lui: "adesso dorme. Dopo".
Lei gli aveva detto: "cerchiamo di pensare un po' assieme al da farsi, per dissuaderla". E lui: "sei retrograda, parli per invidia. E' meglio che lo veda a tre anni, piuttosto che a diciotto diciannove" Quelle parole dure, taglienti come un trincetto, l'avevano come imbambolata. Erano tanto insensate da fare paura.

"Ti ha insegnato qualcos'altro?"
"è un segreto"
La madre è in piedi, non dice nulla. Fatti alcuni passi nella stanza, Anna torna indietro all'improvviso, si avvicina al divano e dice: "io sono stesa sul divano e papà mi viene sopra e fa così". La bambina si sdraia a pancia in giù e mima i gesti di qualcuno che bacia e lecca su tutto il corpo la persona che sta sotto: "Mi bacia anche la patatina".
Anna scende dal divano, correndo. Va all'angolo della stanza, tra il televisore e la credenza, si gira verso la madre: "poi papà fa così, guarda!" Con entrambe le mani sulla parte anteriore del corpo, gesticola come qualcuno che si tocca furiosamente i genitali, muovendo il bacino, avanti e indietro.
La madre rimane in silenzio.

II. 20 Dicembre 1993, nello studio del dott. Bàuli, primario della Divisione di Neuropsichiatria Infantile dell'Ospedale.

"Signora, che cosa aspetta? Deve andare al Tribunale per i Minorenni e sporgere denuncia: subito! Suo marito può arrivare all'incesto. Altrimenti, la denuncia devo farla io.
Lasci passare le feste, e poi se ne vada via da quella casa, con la bambina"
La donna piange. Non sa cosa pensare, è confusa. Ha parlato con un avvocato che ha cercato di dissuaderla. Le ha anche detto che, se la cosa va in mano ai giudici, potrebbero allontanare Anna da entrambi i genitori, e metterla in una comunità.

III. 31 Dicembre 1993, a casa.

Una cena di capodanno con una coppia di amici. Dopo mangiato, tutti si spostano in salotto. Lui si siede per terra, con la schiena appoggiata al divano. Anna gli va vicino, addosso, e comincia ad accarezzargli, attorcigliarli i capelli. Lui: "Stammi lontana ("non succedeva mai che l'allontanasse", racconterà la madre al perito), perché papà ha bevuto. E' pericoloso".
Il giorno dopo a tavola, Anna dice al padre: "bevi il vino, papà". E lui: "hai paura?". La madre, come afferrando un'occasione che si è vista passare tante volte davanti, troppo rapida, troppo intensa per poterla fermare: "Non ti ricordi quello che le hai detto ieri sera?". Lui: "meglio dirglielo, che darglielo". Silenzio. Gelo. Tomba.

IV. Al Servizio Sociale.

L'assistente sociale Rosa Sinedrio continua a tormentare la coda di un dinosauro di gomma che le serve da portachiavi per lo schedario.
"E' stato dopo il colloquio con il Dr. Bàuli, dice la donna piangendo, che mi sono decisa a venire. Prima non volevo, non sapevo ..., oggi ho chiamato di nuovo il professore, che mi ha detto <<ma che cosa aspetta?>>. Il professore dice che devo andar via di casa al più presto, ma io ho paura, ho paura di lui. Mi dovete aiutare, io devo andarmene;".
"Prima di qualsiasi decisione, lei deve parlare della cosa con suo marito".

V. Al Servizio territoriale di Neuropsichiatria Infantile.

Sulla tavola del test, che la dottoressa Mangiarotti porge ad Anna, si vede Blacky, la cagnolina, ritratta di spalle mentre guarda i genitori che stanno accarezzando sulla testa la sorellina Tippy.
"Blacky sta guardando il resto della famiglia. Che cosa immagini che stia pensando?"
Anna rimane in silenzio.
"Che cosa pensa Blacky, qui?" insiste la dottoressa Mangiarotti.
"E' ... arrabbiata. Vede che i suoi genitori fanno l'amore ... con Tippy. E' arrabbiata. Anche lei vuole fare l'amore".

VI. Sintonica nel rapporto con l'adulto

" .... dalle ripetute osservazioni, non emergeva nessuna indicazione che confermasse i dubbi della signora. La bambina appariva serena, adeguata alle situazioni, sintonica nel rapporto con l'adulto. Durante la somministrazione dello Sceno-Test non emergevano tematiche sessuali, e anche quando si è guidato il gioco, predisponendo situazioni che avrebbero potuto stimolare proiezioni in tal senso, Anna ha reagito con estrema tranquillità e naturalezza, creando situazioni che testimoniavano un rapporto sereno con entrambe le figure genitoriali..
Alla madre, i cui dubbi persistevano, venne comunque sottolineata la necessità che tali problematiche fossero affrontate all'interno della coppia coniugale.
Infatti, dai racconti della storia familiare emergeva un rapporto molto teso, che poteva essere comunque di pregiudizio per la bambina; il Servizio consigliò un colloquio con entrambi i genitori.
La signora non ricontattò più il Servizio di Neuropsichiatria Infantile."

VII. Nello studio privato della dott. Cristina R.

"Sai, a me le tette fanno proprio schifo. Anche le tette della mia mamma"

VIII. Cristina/2

"Ma che cosa fa esattamente questo signore per essere così cattivo? Fammelo vedere con le bambole"
La bambina prende una bambola maschio e una femmina: "Questi due sono sposati, e lei è la mamma della bambina. La bambina fa così:" Prende una bambola bambina e la mette in piedi davanti alla bambola-marito della mamma. La faccia della bambina è di fronte ai genitali dell'uomo. La bambola bambina mima con chiarezza un rapporto orale.

IX. Cristina/3

"E' il colmo che mi avete svegliata!": la bambina afferra la bambola mamma e ripete, prima con fastidio, poi con tono sempre più rabbioso: "E' il colmo che mi avete svegliata! E' il colmo! E' il colmo!"

IX. Cristina/4

Anna entra nella stanza di Cristina; è il terzo incontro.
Prende in mano le bambole con cui ha giocato la volta precedente. "Giochiamo di nuovo ad arrabbiarci con il papà", dice.
"Si faceva sempre ciucciare il pisello e il sedere", dice come se stesse continuando un discorso interrotto la volta precedente, come se non fossero passati sette giorni, ma pochi minuti, o come se per tutto questo tempo avesse continuato a raccontare a Cristina, a gridare e a picchiare il padre bambolotto, che aveva fatto a pezzi, sbattendolo contro il tavolo, in un violento accesso di rabbia, dopo che Cristina le aveva chiesto se la bambola bambina provava piacere, quando il bambolotto papà le leccava la patatina.
"Come mai la bambina non chiede aiuto alla mamma, per far smettere papà?" chiede Cristina.
"No, no, questa cosa la mamma non la sa .... per favore, non dirglielo. Non posso dirti perché la bambina non svegliava la mamma, se no la mamma si arrabbia moltissimo".
"Vuoi che la mandiamo via, così non sente?"
"Sì, dai"
Cristina mette la bambola-mamma sul balcone, e poi richiude la porta.
"Anche il papà devi metterlo fuori, perché si arrabbia anche lui a sentire questa cosa"
Dopo aver controllato che la porta sia ben chiusa, Anna si mette la bambola-bambina proprio davanti alla bocca, come per nascondersi dietro di lei e dice: "Vedi, la bambina cercava di svegliare la mamma, la chiamava, diceva "mamma!", ma sua mamma non sentiva.
Poi la bambina si è fatta coraggio e l'ha proprio svegliata, e la mamma si è arrabbiata moltissimo, l'ha picchiata e l'ha mandata a letto senza cena. Anche il papà si è arrabbiato molto. Io ero molto triste, e ho capito che non mi volevano bene, e allora sono scappata nel bosco da sola. La mamma è cattiva.
E' la bambina questa qui che parla. Hai capito vero? Non sono mica io che dico queste cose".

X. Nello studio del dottor Giobatta G., perito del Tribunale

"Stasera vorrei che mi parlasse un po' di quello che sa, circa le accuse che le sono state rivolte".

"Tutto quello che so, lo so dal dottor Bàuli, che mi ha detto che Anna aveva sognato il pisello del padre, che andava qui, qui, e qui". Qui, qui e qui non vengono accompagnati da alcun gesto. Le mani dell'uomo rimangono immobili.
"Non ho capito di che cosa mi si accusasse", conclude.

XI. Papà ha giocato col computer

"quante volte è stato dal dottor Bàuli?"
"A febbraio novantatré, la prima volta, con mia moglie, perché la bambina non parlava più. Poi dopo un anno, quando lei è scappata"
"Chi, è scappata?"
"Mia moglie. Non gliel'ha detto? E' scappata e ha portato via la bambina. Da Bàuli ci sono andato anche un'altra volta con mia sorella, mio cognato e un'amica, la signora Ruffolo. Io non capivo, ha parlato sempre mia sorella.
Quando è tornata dalle visite alla USL dove le avevano fatto i test e non c'era niente, Anna diceva: <<Papà ha giocato col computer>>"

XII. I bambini non hanno sessualità

"Eravamo stati dalla professoressa Nunziata, la psicologa, perché mia moglie non voleva che la bambina dormisse con noi. La Nunziata diceva che i maschietti se dormono troppo vicini alla madre, dopo i tre anni, possono avere l'erezione. io allora ho pensato che mia figlia non era un maschietto, io non ero la madre, che aveva ancora due anni e sette mesi, e che non poteva avere nessuna erezione"

"Quindi ha pensato che la cosa non la riguardasse! non è così?"

"Certo. Come poteva riguardarmi?"

"vediamo se ho capito: lei va da una specialista per avere un parere. Questa persona, parlando, si riferisce a cose che non c'entrano niente con il suo caso: è così?"

"Sì, è così"

"E lei non ha pensato di chiedere alla professoressa che cosa c'entrasse quel discorso sull'erezione con sua figlia?"

"No"

"Non ha chiesto nessuna spiegazione?"

"Non ho chiesto nulla. Poi c'é la storia dei capezzoli. Prima dell'estate, Anna non aveva ancora tre anni, io ero seduto in pantaloni corti, a torso nudo e in ciabatte che la stavo pettinando, e lei mi dice: -cosa sono questi qui?- e io: 'sono i capezzoli di papà- Tutto qui, non ricordo altri episodi.

"E' mai capitato che Anna cercasse di toccarle il pene?"

"No, non è mai capitato. Anche perché Anna dai tre anni in avanti andava all'asilo!"

"Che c'entra?"

"I bambini piccoli non hanno sessualità, non distinguono i capezzoli, il pene, eccetera. Io non sono come tanti genitori che fanno il bagno nudi con i loro figli. Io non l'ho mai fatto! Se avessi voluto lo avrei fatto dalla nascita, e non dopo i tre anni!"

"perché fa questa precisazione?"

"Un esempio! Non lo avrei fatto dopo i tre anni, perché capiva. Non l'ho mai fatto per rispetto, pudore, igiene! Io non ho mai baciato in bocca la bambina, perché il pediatra ci disse <<non fatelo per igiene>>

"e come mai al pediatra è venuto in mente di dire questo?"

"non lo so. E' venuto che era piccolina e ci ha detto: <<non c'è niente di male, ma non fatelo, più che altro, per igiene>>"

XIII. Che cosa fare in attesa che ce l'abbiano

"Non avrei mai pensato che mio marito potesse arrivare a questo. Certo, fin dall'inizio lo sentivo un po' troppo incombente, voleva fare e disfare, per quanto riguardava la bambina, senza tenere in alcun conto le mie obiezioni.
Quando la bambina aveva circa un anno e mezzo, dovendo imporle qualche regola educativa, come farle tenere il bavaglino, farle bere le goccine, impedirle di giocare con oggetti molto piccoli, tipo vitine o altro che avrebbe potuto ingoiare, lui diceva che non bisognava proibirle niente. Una volta che la stavo imboccando e lei si sporcava molto perché non voleva tenere il bavaglino, quando finalmente ero riuscita dopo molta insistenza a farglielo tenere, lui viene e glielo slaccia. La bambina mi guardava come se io fossi cattiva. Lui si avvicinava e cominciava a sussurrarle lell'orecchio: "di' zitta, taci, alla mamma" "picchia la mamma" "mordila". Lei lo faceva. Mi allontanava con la manina quando ero presente, e lui: "fa bene, tu sei cattiva". Io non ritenevo giusto che lui venisse a contrastarmi, ma non riuscivo ad impormi. Avevo paura di ... danneggiarla. Quando io la lavavo, la cambiavo, lui era sempre lì, sempre a intromettersi.

XIV. Come una maternità

"Sì, li conosco bene entrambi. Sono venuta qui da lei perché lui me lo ha chiesto. Lui ha vissuto la nascita della bambina più come una maternità che una paternità. Dopo la nascita del mio bambino, quando lo incontravo, mi sembrava di parlare con una donna: mi consigliava i pannolini, questo va bene, questo non vale niente, dove mettere il fasciatoio. Certe esagerazioni mi facevano ridere: quando eravamo presenti io e la madre di Anna, se la bambina piangeva, era sempre lui il primo ad arrivare vicino alla culla, non ci dava nemmeno il tempo di intervenire".

XV. Cristina/5

"Per un po' di tempo non ci vedremo. Ti mando da un mio amico che si chiama Giobatta".

XVI. a casa

"mamma!"
"che c'é, hai fatto un brutto sogno?"
"si: ero andata da Giobatta. Era severo. Mi voleva dare da mangiare, ma io avevo paura. Sono scappata, sono tornata a casa con il treno. Voglio parlare solo con le donne, non con gli uomini, perché anche lui ha il pisello".
"hai paura? pensi che anche lui possa tirar fuori il pisello?"
"sì, ma io gli darei un calcio".

XVII. Giobatta/1

Anna rimane aggrappata alla madre: non intende entrare da sola.
"E se facciamo entrare anche la mamma, ci vieni?"
Anna fa cenno di sì, continuando a guardare per terra.
Entra nella stanza e rimane in silenzio, con lo sguardo obliquo, sul pavimento. Per un breve istante alza lo sguardo, incontra quello di G., e subito se ne allontana. Ha paura.

XVIII. Giobatta/2

Disegna quattro persone: una bambina, tra la mamma e lo zio. Più lontano, un po' defilata, la nonna.

"manca qualcuno?"
Il viso di Anna si contrae in una smorfia, fissando G. con ansia.
"e il papà?"
"non c'é"
"come mai?"
"perché ha fatto quelle brutte cose".

XIX. Giobatta/III

"Bene. Per oggi può bastare. Mi ha fatto piacere conoscerti. Ci vedremo ancora due o tre volte al massimo, perché poi dovrai ricominciare ad andare da Cristina".

Anna si dirige verso il divano, si sdraia, si muove lentamente, stirandosi, rannicchiandosi e girando su se stessa, ora sulla schiena, ora sulla pancia. Poi si volta verso G. e schiude le cosce, mostrando l'inguine.
G. e la madre di Anna rimangono in silenzio.

XX. Giobatta/4

"Chi sono? E' la tua famiglia?"
"Sì"
"e papà?"
Anna storce la bocca con angoscia
"l'altra volta mi hai detto che papà non c'era, perché ha fatto quelle brutte cose .... "
"te le racconto la prossima volta"
"va bene"
Entra la mamma. Anna va a sdraiarsi sul divano, ricominciando a dimenarsi come l'altra volta. Poi smette, si alza e va a sedersi su di una seggiolina. Dice, rivolta alla madre: "E' la seggiola piccola".
G.: "Sì, Anna vuol farci vedere che è ancora una bambina. E' piccola".

XXI. Giobatta/5

"Oggi non voglio disegnare, voglio parlare".
G. rimane in silenzio.
"Quel papà mi faceva ciucciare il pisello, mi faceva bere la pipì. Mi faceva ciucciare il sedere, mi faceva ciucciare le tette, mi metteva la lingua in bocca. Poi mi ciucciava le tette, mi leccava la patatina.
Mi metteva il pisello qui. Posso chiamare la mamma?"
"Certo"
Entra la mamma.
G.: "Oggi Anna mi ha raccontato delle cose molto brutte. So che per lei è stato molto difficile". Anna si sdraia sul divano e inizia muoversi come se si masturbasse. Poi si arresta all'improvviso. Si alza in piedi sul divano, e comincia a giocare con una vecchia macchina da scrivere, appoggiata sopra uno scaffale. La mamma tenta di rimproverarla, ma G. le fa cenno di lasciarla fare.
Quando è ora di andare, Anna non vorrebbe smettere.

XXII. Un sogno del dottor G.

Si trova in un campo di concentramento. Non sa bene se è lì per caso, forse non lo hanno veramente preso, forse nessuno lo ha notato. E' impossibile scappare. In ogni caso, bisogna nascondersi, prima che le SS lo vedano. Non c'è nessun posto, nemmeno una baracca. Si accorge di essere nudo. Non ha niente per coprirsi. Così lo noteranno sicuramente. Due guardie si avvicinano. Ha letto di quella sua collega che ad Auschwitz si era salvata, dicendo: "artzin ... ich bin artzin", sono un medico. No, così non va bene, così vuol dire "sono una dottoressa", lui non sa il tedesco. Gli ordinano di entrare dentro un cilindro che assomiglia a una campana della spazzatura, di quelle per la raccolta differenziata. Ha un coperchio a chiusura ermetica come le pentole a pressione. E' un forno!....." Si sveglia. Anna! Deve consegnare la perizia, deve ancora finire di scriverla. E' come a scuola, quel maledetto tempo che non basta mai. Anna, il sogno. Primo Levi ....
Una volta, nel lager, Primo Levi sogna di tornare a casa, suona, e sua sorella non lo riconosce e non gli apre la porta. Si sveglia. Come è possibile desiderare di svegliarsi, uscire dal sogno per ricadere nel lager? E' perché non l'hanno riconosciuto, è terribile non essere riconosciuti, non essere nella mente di nessuno. Come nel suo sogno, non c'é nessun posto per ripararsi. Anna. Non trovava nessuno a cui dirlo, ma perché, se sua madre c'era, se sua madre poi l'ha salvata? Già, in quel tempo sua madre era morta. Uccisa nella mente di Anna dal padre che le slacciava il bavarino. Ma non proprio morta, forse solo tramortita. E' il colmo che l'abbiano svegliata.
E' sveglio, è ora.

XXIII. Fuori dell'aula del Tribunale.

"Avvocato!"
"Dottore, giusto lei cercavo. Ci sono grosse novità"
"Quali?"
"Ha cambiato i difensori e sembra che patteggino. Certo, se continuava con quelli di prima rischiava grosso. Loro erano convinti che fossero tutte invenzioni della madre"
"Pensavo che, dopo l'incidente probatorio, avessero capito".
"Certi miei colleghi ... mah ... anche i suoi, però ... anche loro hanno il .... come l'aveva chiamato?"
"Irsutismo pericardico. Pelo sul cuore. E adesso?"
"Gli daranno quattro anni, che con il patteggiamento scendono a due, e siccome è incensurato ... Mi viene una rabbia ... "
"e la patria potestà?"
"Be', quella la perde proprio, e per sempre. Anna non lo vedrà mai più, e si potrà farle cambiare il cognome. Ma con la condizionale, lui non farà nemmeno un giorno di galera"
"Be', la cosa ha i suoi vantaggi: Anna non avrà mandato in carcere suo padre. Almeno questo senso di colpa non l'avrà. Ne ha già tanti ...."


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