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PSYCHOMEDIA
GRUPPALITÀ E CICLO VITALE
Adolescenza


Figli del nulla. Nuove costellazioni familiari?

Arturo Casoni


Convegno organizzato da Kairòs – Centro Clinico e di Ricerca
Figli del nulla. Adolescenti, famiglie, disagio contemporaneo” – Benevento, 1° ottobre 2010, Villa dei Papi


Dalla crisi della moderna famiglia nucleare escono
destrutturate principalmente le figure della coppia parentale: la madre, ma soprattutto il padre.

Sandro Gindro1


Gli operatori psichiatrici che si confrontano con la realtà attuale degli adolescenti e delle loro famiglie manifestano la consapevolezza che gli strumenti operativi a loro disposizione – sia per ciò che riguarda l’intervento clinico sul singolo sia per l’operatività sul piano sociale e assistenziale – sono insufficienti e spesso inefficaci. Di fronte ai ragazzi e le loro famiglie hanno la sensazione di essere “disarmati”.

La mia ipotesi è che ciò abbia radici profonde, teoriche, in un ritardo che le “scienze psi” manifestano di fronte ai cambiamenti radicali intervenuti negli ultimi decenni nel tessuto sociale, quindi culturale e, in ultima analisi, per ciò che riguarda gli organizzatori mentali del loro significato, del loro essere al mondo con dei ruoli. I ragazzi non capiscono cosa gli si propone, come sentissero l’operatore uno “straniero” che parla un’altra lingua, e le famiglie si presentano come inattaccabili di fronte alla necessità di un cambiamento migliorativo.

Il convegno che ha accolto questo intervento voleva quindi fare il punto su queste problematiche.

La citazione di Sandro Gindro riportata in apertura è, si potrebbe dire, del secolo scorso, e ci segnala che la crisi della famiglia contemporanea è già in atto da molto tempo.

Scegliamo come vertice di osservazione del fenomeno lo “sguardo” dell’adolescente contemporaneo per una ragione ben precisa: sono loro che, se decriptati, saranno in grado di segnalarci con maggiore chiarezza le contraddizioni che caratterizzano l’universo degli adulti. Ciò accade per una molteplicità di fattori, tra i quali il fatto che la loro età li obbliga a leggere criticamente il mondo nel quale dovrebbero essere accolti e accettare, e perché loro sono in prima persona i soggetti portatori delle sofferenze prodotte dalle contraddizioni stesse.

Gli adolescenti possono quindi essere letti come soggetti che - drammaticamente e con una inconsapevole lucidità – segnalano a noi (genitori e operatori) gli effetti su di loro dei cambiamenti sociali, strutturali, culturali e psichici in atto. Una sorta di “fiume carsico” che sta scavando sotto la superficie della realtà delle famiglie contemporanee e che ha bisogno di essere compresa.

La relazione, facendo riferimento ai due canali fondamentali della ricerca, il lavoro clinico e quello della ricerca psicosociale, oltre ai lavori pubblicati precedentemente2, segue appunto la progressione dall’adolescente contemporaneo alla sua famiglia, indagando gli elementi di novità che sono presenti nella profondità delle contraddizioni figlio-madre-padre.

Lo stile dell’esposizione che segue - direi molto colloquiale e non accademica, quasi senza citazioni e riferimenti teorici - segnala l’intenzione di mettere il lettore di fronte a un’evidenza quotidiana e banale, che tutti noi abbiamo davanti agli occhi, ma che ci sforziamo di non vedere.

Per semplicità possiamo dire che è lo “svincolo” edipico - ovvero la capacità dell’adolescente di costituirsi come soggetto proprietario di se stesso - il compito adolescenziale per eccellenza. Ed è appunto sul suo fallimento – l’adolescenza infinita, i disturbi narcisistici e borderline della personalità così diffusi negli ultimi decenni – che si rende manifesta la contraddizione.

Centrale è la crisi del padre, della funzione paterna, ruolo e soggetto che sembrano essere in via di estinzione, sempre che siano mai esistiti pienamente.

Eccoci dunque al titolo del convegno: figli del nulla.

Si badi bene, non stiamo affermando che la famiglia è nulla, anzi. E’ perfino troppo presente, troppo consolidata, ma in modo spesso disorganizzato, perverso, disabilitante, denegante.

Il disagio degli adolescenti contemporanei ha le sue radici nella percezione che i ragazzi hanno di una sorta di gap conoscitivo e generazionale, un annullamento di verità che gli viene dai loro genitori, dagli adulti, dalle istituzioni come la scuola. Sanno che ciò che gli dicono il padre e la madre sono cose “false”, e li svalutano per questo.

Le norme sociali e culturali che regolano il loro essere un maschio e una femmina che hanno generato dei figli e che dovrebbero scandire i loro ruoli, i loro compiti, non corrispondono ai gesti che essi compiono di fronte ai figli e per i figli. Come in una pièce di Samuel Beckett i due attori (padre e madre) mettono inconsapevolmente il loro uditorio (il figlio adolescente) di fronte a gesti che portano a smarrire il loro significato, che li introducono all’assurdo.

Gli operatori rischiano lo stesso destino con loro.

Ma restiamo all’interno dell’istituzione familiare, quel luogo che – ci insegna la psicoanalisi – è generatore dei fondamenti psichici per costruire l’identità dei figli, per favorire il loro sviluppo affettivo e cognitivo. E’ all’interno del triangolo figlio-mamma-papà che si sviluppa l’avventura affettiva e relazionale che permette la nascita dell’individuo soggettificato.

La progressione dei soggetti con cui ho declinato il triangolo non è casuale: la mamma sta al centro. Mi sia concessa soltanto una citazione, da André Green: “Faremo notare soltanto che questo modello è rappresentato non tanto da un triangolo chiuso quanto da un triangolo aperto. In effetti se vi è una relazione completa tra i genitori e una relazione pulsionale a metà inibita tra la madre e il bambino, questo non ha equivalenti tra il padre e il bambino. E arriviamo ora a un’osservazione capitale: dei tre poli di questa triangolazione, la madre è la sola ad avere una relazione carnale con gli altri due, con il padre e il bambino stesso, benché differente nella sua espressione3 (il corsivo è mio).

Da questa affermazione, che si riferisce alla famiglia “tradizionale”, possiamo dedurre che il triangolo è mancante di un lato, quello che dovrebbe collegare il figlio al padre: è una sorta di “capanna” con la madre all’apice e senza base. Io aggiungerei che nelle famiglie contemporanee il triangolo diviene quasi una retta: figlio-madre-(padre). Il padre o non c’è fisicamente - è separato, è altrove - oppure è assente dalla funzione paterna, è funzionalmente altrove.

Riconosciuta questa assenza, questa beanza di ruolo nella struttura familiare, vediamo ora quali sono le azioni, i significati di ciò che rimane.

La nostra cultura – e quindi la psicoanalisi - ci racconta una storia dei ruoli genitoriali nella quale la madre è il polo affettivo, nutritivo, accogliente, protettivo. Il ruolo del padre è invece quello di introdurre il figlio a un governo del desiderio, alla legge (J. Lacan), alla disciplina, alla rinuncia per ottenere la sicurezza dell’accesso alla norma sociale, alla “castrazione” per usare la terminologia freudiana. Sto parlando quindi del c.d. complesso di Edipo, che ci racconta le dinamiche psichiche familiari per come le ha osservate e descritte S. Freud cento anni fa.

Qualcosa è cambiato nelle famiglie in questi cento anni, e le teorie che le descrivono forse sono in ritardo.

Soltanto un semplicissimo esempio. Chi lavora con adolescenti sa cosa essi dicono dei genitori, come li descrivono, come li criticano e come vorrebbero amarli. Una cosa salta agli occhi: sembra che i ruoli maschio/femmina all’interno della famiglia si siano ribaltati. Provo a descrivere prendendo alcune frasi che mi vengono dal lavoro clinico.

I ragazzi descrivono i padri (che spesso sono “fuori” dalla famiglia, ovvero c’è una separazione in atto e i figli convivono solo con la madre) come imbelli, deboli, inconsistenti, bisognosi di aiuto anche dai figli, vili, depressi, e contemporaneamente desiderosi di gratificare i figli concedendogli tutto, - comprandogli tutto! - cercando attraverso il “permissivismo” di compensare la loro assenza nella funzione genitoriale. Talvolta il padre è persino sensuoso nel rapporto con la figlia femmina, seduttorio: “incestuale” anche se non incestuoso4. Talaltra cerca di fare il “giovane”, il ragazzino, condividendo con loro la passione del computer, di Facebook o del calcio, eccetera. Non è così raro che il padre separato chieda consiglio al figlio o la figlia adolescenti su come comportarsi con la nuova fidanzata…

La madre è descritta come una “matriarca”: è lei che governa, proibisce, impone, reprime.

Il massimo di ruolo che può essere dedicato al padre è quello “esecutivo”, poliziesco, attraverso l’antica frase: “stasera lo dico a tuo padre e vedrai…”. La condanna viene dalla madre, è lei il giudice, e l’altro si limita a rendere operativa la sentenza, quando c’è.

E’ lei il rappresentante del Superio (d’altro canto, visto che il padre non c’è, o fisicamente o riguardo alla sua funzione, non ci sono alternative). I compiti e i doveri vengono sempre imposti da lei, e i ragazzi-figli percepiscono lei come “fredda” perché “governatrice”. La madre accogliente, calda, protettrice, affettuosa e affettiva è stata spazzata via dalla modernità delle famiglie nucleari caratterizzate dall’assenza del padre e dai tempi sincopati della produzione (tutti e due i genitori lavorano, e i figli rimangono soli di solito davanti a un computer, in una solitudine mitigata da Facebook).

Quindi - tornando a ciò che ho definito l’ “annullamento di verità” che gli adolescenti percepiscono nei confronti degli adulti-genitori a proposito di ruoli e significati all’interno della famiglia - gli operatori della salute che continueranno a presupporre un modello di famiglia “tradizionale” cadranno nel rischio di essere connotati dagli adolescenti come “annullatori di verità”, venendo stigmatizzati come incongrui, incomprensibili, falsi, da rifiutare. E quindi inefficaci.

Il lavoro di supervisione che portiamo avanti da molto tempo – sia riguardo alla psicoterapia sia rispetto all’intervento degli operatori sociali che si occupano di adolescenti e famiglie – ci segnala l’urgenza di una riformulazione dello scenario familiare per permettere agli operatori una buona prassi. Se così non è si rischia di essere semplicemente fallimentari.

In conclusione, una sintesi possibile per un tema che richiederebbe molto più tempo è la citazione da un libro-dialogo di Derrida e Roudinesco, un filosofo e una psicoanalista, intitolato “Quale domani?”, sul presente-futuro del quale la psicoanalisi dovrebbe cogliere il senso: “mi domando prima di tutto in che modo (e se) il modello familiare – punto di riferimento imprescindibile e fondante per la teoria psicoanalitica – sarà in grado, trasformandosi, di trasformare a sua volta la psicoanalisi. Per Freud e per i suoi successori, compreso Lacan, la teoria edipica presuppone un modello fisso: l’identità stabile del padre e della madre. E in particolare l’identità di una madre ritenuta insostituibile (…) A un certo punto sarà l’approccio psicoanalitico tipico di questa cultura che dovrà essere caratterizzato da quel movimento stesso che mette in crisi il modello familiare” 5.

Questa ritengo sia una delle consegne che la contemporaneità dedica alla psicoanalisi. E mi sembra che gli adolescenti d’oggi ne siano – nelle loro forme inconsapevoli, estreme, disordinate e confuse – i rappresentanti principali, se non altro per la loro vitalità, esposizione ai danni e precarietà.

Riformulare i ruoli di madre/padre, tra l’altro, non è cosa semplice, in quanto ci chiama a mettere in critica le identità maschile/femminile. Non è certo una sfida da poco quella che ci consegnano i nostri figli.

Note:

1 S. Gindro, La famiglia disgregata, CIC 1999

2 Cfr. A. Casoni, Adolescenza liquida. Nuove identità e nuove forme di cura, EDUP 2008; e A. Casoni, Il complesso del piccolo Hans. Nuove costellazioni edipiche? , EDUP 2010

3 A. Green, Idee per una psicoanalisi contemporanea, Cortina 2004

4 P.-C. Racamier, Incesto e incestuale, F. Angeli 2003

5 J. Derrida, E. Roudinesco, Quale domani? Bollati Boringhieri 2004



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